Archivi tag: Installazione

I LOVE COSENZA, nuova istallazione lungo Corso Mazzini

COSENZA – Una nuova installazione fa bella mostra di sé a Cosenza lungo Corso Mazzini, nell’ultimo tratto dell’isola pedonale. I LOVE COSENZA, nuovo simbolo di amore, pace, accoglienza.

L’istallazione, fortemente voluta dall’amministrazione comunale di Palazzo dei Bruzi, punta anche alla promozione della città attraverso il web, favorendo in rete la diffusione si selfie con le più belle attrazioni della città che intende valorizzare il territorio con tutta una serie di iniziative volte ad aumentare la Destination Cosenza.

 

 

 

Brainstorming e fotografia concettuale nell’istallazione “Unical Colors”

ARCAVACATA DI RENDE (CS) – Si svolgerà giovedì 19 luglio alle ore 15:00, presso l’aula Iana dell’Università della Calabria, l’inaugurazione dell’installazione “Unical Colors”. Il progetto, promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici, è stato realizzato all’interno del Laboratorio di Fotografia coordinato dal professor Marcello Walter Bruno e afferente al Corso di Laurea in DAMS.

All’inaugurazione dell’installazione saranno presenti il direttore del Dipartimento di Studi Umanistici Raffaele Perrelli e Roberto De Gaetano, coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in “DAMS. Cinema, Fotografia, Performance”.

L’installazione “Unical Colors” chiude un anno accademico ricco di appuntamenti a carattere laboratoriale, all’interno dei quali gli studenti dei corsi di laurea triennale e magistrale DAMS hanno potuto sperimentare diverse attività pratiche.

Il progetto messo a punto durante il Laboratorio di Fotografia, nel quale Marcello Walter Bruno è stato affiancato dalla dottoressa Caterina Martino, ha dato vita all’installazione di alcune vetrofanie dedicate a un modello di università che vede la presenza di studenti provenienti da tutti i continenti. Il termine “Colors” rappresenta, infatti, i colori che contaminano e arricchiscono il bagaglio culturale degli studenti all’interno del Campus.

Durante il Laboratorio si è realizzato un brainstorming stimolante, che ha coinvolto i ragazzi dei Corsi di Laurea in DAMS e in Comunicazione e Tecnologie dell’Informazione. Dopo una serie di sopralluoghi per definire la location, si è scelto di realizzare un’opera che potesse valorizzare l’aula Iana, posta al quarto piano del ponte coperto dell’Unical, presso il cubo 19B. Il Laboratorio è stato un tentativo di riflettere nei termini in cui ha ragionato la fotografia concettuale, studiando come in maniera collettiva si possa elaborare un progetto di tipo “artistico”, lavorando sul concetto di site specific.

La scelta che ha convinto i partecipanti, tra le tante proposte venute fuori durante il Laboratorio, è stata quella di lavorare sui volti di chi vive quel ponte ogni giorno. Con l’ausilio degli studenti del progetto Erasmus, coinvolti in una piccola rappresentanza nel laboratorio, si è realizzato un vero e proprio casting per selezionare i volti che avrebbero “osservato” dalle vetrate la vita di tutti i giorni del Campus, tra esami, lezioni e corse frenetiche. Un pomeriggio produttivo che ha portato alla selezione di venti volti, mescolati a due a due, cercando l’armonia tra espressività e occhi che hanno visto posti esotici e meravigliosi. Il risultato, come sperato, ha dato forte soddisfazione al team, costituendo fonte di orgoglio per il Dipartimento di Studi Umanistici e il DAMS.

Al Museo dei Brettii e degli Enotri l’installazione permanente “Capovolto” di Giuseppe Negro

COSENZA – Giovedì 29 marzo, alle ore 11.00, presso il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza avrà luogo la presentazione dell’intervento “Capovolto” di Giuseppe Negro, nell’ambito del progetto Ceilings, promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro e finanziato dalla Regione Calabria.
Si tratta dell’installazione di un’opera permanente negli spazi espositivi del Museo.
Saranno presenti, oltre all’artista Giuseppe Negro, la direttrice del Museo Maria Cerzoso, il Direttore dell’Accademia Vittorio Politano e la curatrice del progetto “Ceilings – Musei in rete” Simona Caramia.
Alla presentazione dell’installazione si accompagna un workshop riservato agli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro e dell’Università della Calabria di Cosenza, che partirà dal presupposto di identificare la decorazione come una metodologia liquida. I partecipanti saranno dunque stimolati, nelle loro capacità critico-percettive e pratico-artistiche, a fare ricerca in modo trasversale. L’attività è in linea con il progetto artistico di Giuseppe Negro: ad ogni partecipante sarà chiesto di realizzare un intervento partendo da una forma geometrica-bidimensionale che evochi “Capovolto”, ovvero una struttura composta da un assemblaggio di tessere, dipinte di colori scuri (che richiamano il colore nero del legno bruciato che è solito usare l’artista nei suoi lavori). Nell’opera, le tessere sono metaforicamente unite dallo sviluppo di linee intrecciate, giustapposte ed aggettanti rispetto alla struttura, realizzate in metallo e rivestite in foglia oro. Il richiamo visivo è quello delle fibule serpeggianti in ferro, presenti come reperti nella collezione permanente del Museo.
Durante l’attività laboratoriale, agli allievi sarà, inoltre, richiesto di sviluppare l’andamento probabile delle fibule, partendo da una tessera, per ricomporre successivamente la complessità di Capovolto. Intervento site specific, l’opera è per l’appunto un’architettura capovolta che si intreccia in un dialogo serrato con la collezione permanente del Museo, tracciando l’anima di una nuova struttura ambientale ed atmosferica. L’installazione, di grandi dimensioni, sovrasterà lo spazio, senza invadere, ma adagiandosi ed inglobandolo gradualmente, sino ad abbracciare metaforicamente anche il fruitore. Parte del tutto, il visitatore è incitato a raccogliersi in un momento di riflessione, caratteristica costante nella ricerca di Negro, per cui la meditazione in silenzio è il presupposto di ogni azione: poiché per poter agire è necessaria una sorta di spontaneità che implica una difficile e silenziosa pratica di annullamento, di presa di distanza dalle cose del mondo, fino al punto in cui la mente abbraccia in uno stato di quiete la totalità della propria esistenza.

“EARTH, due parole sul futuro” al Museo di Paleontologia dell’Unical

unnamed

ARCAVACATA DI RENDE (CS) – Dal 6 al 24 marzo il Museo di Paleontologia dell’Università della Calabria ospita l’istallazione “EARTH due parole sul futuro”, creata da Ornella Ricca e Pietro Spagnoli, pittori e scultori che a Veroli (FR) hanno fondato il MAC, interessante esperimento che unisce museo, casa e laboratorio. Un progetto nato nell’ambito della Settimana del Pianeta Terra con l’intento di stimolare riflessioni e confronti sui problemi che minacciano il nostro pianeta e sulla speranza di salvarlo. Due parole sono incise su frammenti di terracotta, ostraka, una da “esiliare”, da non usare più, altra da “accogliere” e quindi da sostenere, per il bene del Pianeta Terra. Le parole sono state suggerite da studiosi e uomini di cultura di 90 tra Accademie, Università e Centri di Ricerca di buona parte del mondo.

Michelangelo Frammartino presenta P.P.P.

COSENZA –

È prevista per venerdì 23 gennaio 2015, alle ore 16:00 e fino alle 18:00, presso il Teatro Auditorium Unical del Campus di Arcavacata (CS), l’inaugurazione dell’installazione frutto del laboratorio tenuto dal regista Michelangelo Frammartino con gli studenti.

Il primo regista ospite della nuova programmazione del Teatro Auditorium dell’Università della Calabria, impregnato da lunedì scorso in un progetto per un’installazione dedicata a Pier Paolo Pasolini, si appresta a concludere il laboratorio condotto con un gruppo di studenti Unical. Il titolo del progetto, “P.P.P.”, gioca sulla coincidenza tra le iniziali di Pasolini e l’indicazione tecnica del Primissimo Piano nel linguaggio cinematografico e audiovisivo. Lo spunto di partenza è il film “La ricotta”, che Pasolini realizzò nel 1963. L’installazione propone le riproduzioni in scala 1:1 di due capolavori manieristi, le famosissime deposizioni del Pontormo e del Rosso Fiorentino che, nel film pasoliniano, un pretenzioso regista si ostina nel voler riprodurre, mettendo in scena dei veri e propri tableaux vivants.

Il progetto è curato dal docente Dams Daniele Dottorini, con la partecipazione di Marco Pucci, e l’ausilio tecnico di Pietro Carbone, Pietro Scarcello, Maria Furfaro e Gianfranco Donadio. L’intera iniziativa è promossa dal Centro Arti Musica e Spettacolo in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici.

All’indomani dell’inaugurazione, l’installazione resterà aperta al pubblico anche nei giorni 26-27-28 gennaio, con un orario differente: dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00. L’ingresso è gratuito.

Catanzaro: una banda “agguerrita” clonava carte di credito

 

CATANZARO – E’ stata sgominata dalla squadra mobile di Catanzaro,  una banda ‘agguerrita’ che clonava carte di credito e bancomat nella zona catanzarese. La banda era composta da tre persone, Milorad Bogdanov Popov, 47 anni, Lyuben Dimitrov Kochev, 52 anni e Yordanov Nikifor Vasile (51), tutti bulgari.  I poliziotti hanno fermato questi tre uomini accusati di associazione per delinquere, tentato furto aggravato, danneggiamento e installazione di apparecchiature per intercettare comunicazioni informatiche.

La performance di Walter Carnì – così il MACA ha celebrato la “Giornata del Contemporaneo”

Acri (Cs) – Lo scorso 6 ottobre il MACA (Museo di Arte Contemporanea di Acri),
che per circa tre mesi ha ospitato la prestigiosa rassegna di pittura dal titolo “Richter, Dada fino all’ultimo respiro”, dedicata appunto al poliedrico artista, tra i massimi esponenti dell’avanguardia storica, ha celebrato – oltre al finissage della retrospettiva – la “Giornata del Contemporaneo”; e lo ha fatto in piena linea con lo spirito avanguardista custodito in questi giorni entro le sale del museo, con una performance dal vivo di un giovane artista calabrese.

Ad esibirsi, Walter Carnì, artista di origine reggina (Caulonia – Rc, ’79), giovane talento partecipante all’esposizione “Young at Art”, ospitata in questi giorni dal museo, insieme alle opere di Richter e finalista del premio Terna dedicato all’arte contemporanea.

“Le installazioni di Carnì trovano la loro origine nell’estrema attenzione che da sempre l’artista volge alla materia e alle sue infinite declinazioni. Dopo un iniziale approccio al gesso, al polistirolo e alla resina, indirizza successivamente la sua ricerca ai materiali di recupero, intesi non come opera in sé, ma come materia,appunto, capace anche di riscattare il lavoro manuale dell’artista”.

Il rapporto tra Stato/mafia/Chiesa cui Carnì sta dedicando un’intensa ricerca estetica è stato oggetto della performance in perfetto stile dada, cui lo stesso, assieme ad altri cinque performer, ha dato vita sotto gli occhi di un pubblico stupito e inevitabilmente rapito dall’esibizione.

Il Dada nasceva agli inizi del Novecento, come uno tra i più eversivi movimenti d’avanguardia, allo scopo di sovvertire le logiche tradizionali dell’arte stessa e dell’estetica, criticandone i canoni e i mezzi per giungere a una soluzione che “scuotesse” il senso critico del singolo stimolandolo alla libera e soggettiva interpretazione. Un’esaltazione dell’anticonvenzionale, che ora come oggi, ha il suo soggetto nella società.

La performance di Carnì, in perfetta linea con gli intenti appena descritti – ma lontana da facili anacronismi – ha rievocato quello che è delicato equilibrio e gioco di relazioni tra le tre “istituzioni” su cui oggi si regge la società italiana: lo Stato e la Chiesa, istituzioni canoniche e riconosciute, e la mafia che, seppur possa definirsi impropriamente un’istituzione a tutti gli effetti, per via della sua onnipresenza e pervasività, lo è in via informale.

Uno spago legato a un pezzo di legno a tracciare una circonferenza ideale – uno spazio chiuso entro il quale la performance potesse compiersi –, lungo la quale perfettamente allineati si posizionavano due piedistalli su cui erano esposte le due parti di un cranio di un cavallo tinto d’oro. Poi otto tuniche bianche, a evocare quelle usate dalle sette religiose (e non), accoppiate a otto corone di spine,intrecciate con l’asparago selvatico (nella tradizione popolare simulacro del dolore di Cristo); queste le componenti della performance, che ha preso vita nel momento in cui tra queste componenti si è insinuata la presenza degli artisti.

Indossate le tuniche e lambite le corone di spine, immobili e a piedi nudi, per qualche minuto i perfomer hanno intonato le orazioni ai santi, non a caso scelti tra i nomi che vengono invocati in occasione delle celebrazioni del battesimo “’ndranghetista”. «Santa Liberata – ora pro nobis», «San Pietro – ora pro nobis », «San Michele Arcangelo – ora pro nobis »… e così via fino al concludersi dell’esibizione in un fragoroso applauso che ha scosso i presenti dalla tensione emotiva da cui per qualche momento si erano lasciati rapire.

In questi casi, chiedere all’artista di dare un’interpretazione all’esibizione, oltre che essere inutile, è riduttivo, perché lo stesso, come è avvenuto nel caso di Carnì, è disposto a concedere giusto qualche nozione indicativa, invitando il fruitore alla libera interpretazione.

Compiendo una breve rassegna degli elementi utilizzati nella performance, salta subito all’occhio l’uso del cranio dell’animale, scomposto in due parti (mandibola superiore e inferiore), poste l’una di fronte all’altra. Questa ha voluto evocare la reliquia, da secoli prezioso (da qui si presume la ragione dell’uso dell’oro) oggetto di venerazione religiosa – che spinge alla personale riflessione sul misticismo insito nel culto religioso votato all’irragionevole fede, ma così legato al materialismo –; ma allo stesso tempo l’uso del cranio di un cavallo, che rimanda agli atti intimidatori di matrice mafiosa,che molto spesso in passato si sono scagliati contro gli animali domestici delle vittime.

L’oscillazione tra i sacro (la reliquia) e il profano (l’evocazione del cavallo decapitato), ritorna nell’invocazione ai santi, intonate dai performer cinti in ambigui abiti che evocavano al contempo pratiche al limite del lecito religioso. E infine la corona di spine, simbolo della passione di Cristo, ma qui anche evocazione della figura della regina – il potere istituzionale – : talvolta indossata, talvolta tenuta in mano con le braccia lungo i fianchi: corona che vuole essere citazione da uno dei film più celebri di Hans Richter, 8×8 (1957) – brillante gioco di variazioni sul tema degli scacchi – ove la regina uccide a colpi di arco e frecce proprio un cavallo.

Come accennato, la performance, si inquadra in un percorso di ricerca dell’artista, di cui fanno parte anche altre opere, tra cui ricordiamo: Ecce Homo, in concorso al premio “Terna” e 1920072012.

L’installazione di Carnì, fa parte delle sette opere vincitrici del premio Young at Art, indirizzato ai soli artisti Under 35 residenti e operanti nel territorio calabrese. A seguito di una prima mostra tenutasi tra i mesi di aprile e maggio all’interno delle sale del museo di Acri, le opere dei sette artisti vincitori – Walter Carnì (scultura, installazione, performance), Giuseppe Lo Schiavo (fotografia), Armando Sdao (pittura), Valentina Trifoglio (body-art, performance), Giuseppe Vecchio Barbieri (digital-art) e il duo {movimentomilc}, formato da Michele Tarzia e Vincenzo Vecchio (video-arte) – hanno poi preso parte alla rassegna Aspettando la Biennale, presso il Collegio Sant’Adriano di San Demetrio Corone (Cs). Questo l’iter, per poi ritornare il 15 settembre al MACA e “arricchire” la retrospettiva su Richter prima della partenza prevista nel mese di novembre alla volta di Torino, dove verranno esposte in due differenti spazi espositivi, in concomitanza con l’importante fiera d’arte contemporanea Artissima.

Grande la soddisfazione per il progetto, l’installazione ospitata dal museo espressa da uno degli organizzatori della mostra “Young at Art”, Massimo Garofalo e da Silvio Vigliaturo, il celebre artista di cui il MACA porta il nome, entrambi presenti alla performance.

 

Giovanna M. Russo