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Leggenda di Alarico, inaugurata la scultura Paolo Grassino

COSENZA – Cupi a notte canti suonano Da Cosenza su ‘l Busento, cupo il fiume gli rimormora dal suo gorgo sonnolento. Su e giù pel fiume passano E ripassano ombre lente: Alarico i Goti piangono Il gran morto di lor gente. Ahi sì presto e da la patria così lungi avrà il riposo, mentre ancor bionda per gli omeri va la chioma al poderoso!Del Busento ecco si schierano Su le sponde i Goti a prova, e dal corso usato il piegano dischiudendo una via nuova. Dove l’onde pria muggivano, cavan, cavano la terra; e profondo il corpo calano,a cavallo, armato in guerra. Lui di terra anche ricoprono E gli arnesi d’or lucenti; de l’eroe crescan su l’umida fossa l’erbe de i torrenti! Poi ridotto ai noti tramiti, il Busento lasciò l’onde per l’antico letto valide spumeggiar tra le due sponde. Cantò allora un coro d’uomini: “Dormi, o re, nella tua gloria! Man romana mai non violi La tua tomba e la memoria!” Cantò, e lungo il canto uditasi Per le schiere gote errare: recal tu, Busento rapido, recal tu da mare a mare.

Dal ponte Mario Martire si possono vedere con un po’ di fantasia i secoli di storia di Cosenza e quel punto dove si incontrano i fiumi crati e busento nella cui confluenza la mente corre sulla leggenda di Alarico. In quel punto il poeta tedesco Von Platen dedica un’ode al re dei visigoti tradotta poi da Carducci in cui sentiamo l’emotività di un popolo piangere il proprio capo scordando le atrocità perpetrate da una stirpe barbara e dalla storia che la fa giungere a Cosenza: Una storia che appartiene al passato e come tutte le storie che appartengono ad un popolo, nel bene e nel male non possono essere dimenticate.

Ora, per volere del sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, quella leggenda assume un significato, una intuizione, un segno che messo insieme ad altri tasselli potrebbe  candidare la città dei bruzi a capitale della cultura italiana  2018 attraendo decine di migliaia di turisti a favore del territorio e dei suoi abitanti.

Una cerimonia alla presenza di cittadini e di autorità ha accolto la scultura di Paolo Grassino raffigurante Alarico, il suo cavallo e le radici di una cultura ben radicate nel territorio dove la leggenda vuole la sua tomba. E vede cosenza custode di un tesoro saccheggiato a roma dal precursore della distruzione dell’impero romano.

Radici che stanno ad indicare che non bisogna rinnegare e dimenticare un passato, anche doloroso, dove però ci piace immaginare che proprio li dal ponte mario martire, è possibile ascoltare i cupi canti notturni dei goti aspettando di vedere riaffiorare un segno dalle placide acque del Busento.

Fiorenza Gonzales