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Marlane, i carabinieri sequestrano lo stabilimento di Praia

PAOLA (CS) – I carabinieri del Noe di Catanzaro hanno sequestrato lo stabilimento della Marzotto-Marlane di Praia a Mare, dismesso nel 2004, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Paola sul decesso di 30 operai e la malattia di altri 12 provocati, secondo l’accusa, dalle esalazioni tossiche sprigionate dalla sostanze usate nella produzione. In particolare, secondo gli investigatori, le cause di decessi e lesioni sarebbero legate ad una serie di omissioni in ragione delle quali i dipendenti non sarebbero stati adeguatamente protetti nel processo di lavorazione del tessuto, compresa la tinteggiatura con l’uso di sostanze ritenute cancerogene.

Una precedente inchiesta si è conclusa nei giorni scorsi con 12 assoluzioni in appello, per casi antecedenti a quelli presi in esame adesso. Il sequestro è stato disposto dal procuratore di Paola Pierpaolo Bruni e dal pm Teresa Valeria Grieco. Nei confronti dei sette indagati sono ipotizzati i reati di omicidio colposo e lesioni gravissime colpose. 

La nuova inchiesta ha portato al sequestro dello stabilimento

Ora sono indagati l’ex sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco, coinvolto in qualità di responsabile dello stabilimento dal 2002 al 2003; l’ex amministratore delegato del gruppo Marzotto dal ’97 al 2001 Silvano Storer; il responsabile dello stabilimento dal ’96 al 2001 Vincenzo Benincasa; il responsabile del reparto tintoria dall’89 al 2003 Salvatore Cristallino; l’amministratore delegato e vice presidente della Marzotto Spa dal 2001 al 2004 Ernesto Antonio Favrin; il responsabile dello stabilimento dal 2003 al 2004 Attilio Rausse; il responsabile del reparto finissaggio dall’86 al 2004 Ivo Comegna.

Il sindaco di Praia a Mare dice no alla presentazione del libro sulla “Marlane” nella Sala Consiliare del Comune.

Praia a Mare ( Cs) – Il sindaco di Praia a Mare, Antonio Pratico’, ha detto no alla richiesta dello scrittore Francesco Cirillo, di poter presentare la ristampa del volume “Marlane, la fabbrica dei veleni” nei locali della Sala Consiliare. Il libro, scritto a quattro mani, dal giornalista e ambientalista di Diamante, insieme ad un operaio, Luigi Pacchiano, ripercorre l’annosa vicenda che ha visto coinvolta la Marlane, la fabbrica di tessuti del gruppo Marzotto, accusata dai familiari delle vittime ( oltre il 10% di queste morte per tumore)  come principale responsabile del decesso dei propri cari. Il volume, su richiesta del comitato delle Bonifiche dei Fiumi, mari e terreni della Calabria, sarebbe dovuto essere presentato il 20 febbraio prossimo. Il sindaco Praticò ha dichiarato che la Sala Consiliare del comune di Praia a Mare è utilizzata solo per questioni istituzionali e non per eventi di altra natura. Dichiarazione sulla quale non è affatto d’accordo Cirillo, il quale ribadisce che Praticò non è nuovo a questo genere di comportamento. Già in passato, infatti, aveva  apposto il suo diniego per la presentazione di altri volumi di Cirillo nelle sale dell’assise comunale.

 

Raffaella Aquino

Appello per la manifestazione del 1° dicembre a Praia a Mare

Cosenza –  Il comitato per le bonifiche dei terreni, dei fiumi e dei mari sorto a Praia a Mare, fa appello a tutti i comitati contro le discariche, le biomasse e gli inceneritori, ai centri sociali ed ai sindacati di organizzare, ognuno nei propri territori, nel mese di novembre, iniziative di conoscenza e rilancio sul tema delle bonifiche, dei tumori, della sanità e dei veleni, in vista della partecipazione alla manifestazione regionale di Praia a Mare di sabato 1 dicembre.

Il concentramento è previsto per le ore 15 davanti ai cancelli della Marlane con interventi di operai e familiari delle vittime. Dalle 15,30 il corteo percorrerà il perimetro della fabbrica e dei terreni avvelenati. Come ad Amantea, il corteo vedrà avanti i cittadini, gli operai delle fabbriche avvelenate ed i comitati ambientalisti, chiuderanno il corteo i partiti ed i rappresentanti dei Comuni e delle istituzioni che vorranno aderire; si proseguirà poi all’interno del paese. La fine del corteo è prevista in piazza Italia dove faranno i loro interventi i rappresentanti dei comitati provenienti da tutta la regione.

La manifestazione si concluderà con una rappresentazione teatrale di Ulderico Pesce.

 

 

Temi della manifestazione:

per chiedere verità e giustizia per le vittime della Marlane di Praia a Mare;

per la bonifica dei terreni della sibaritide avvelenati dalla ferrite di zinco;

per la città di Crotone intossicata dai veleni della Pertusola;

per la bonifica della valle dell’Oliva di Amantea;

per le bonifiche dei terreni di Motta San Giovanni, Rossano (Bucita, Olivellosa),Cariati,San Calogero, Ciminà ,Palizzi e di tutte le discariche aperte e chiuse nelle vicinanze di cittadini;

per il potenziamento e l’apertura di reparti di oncologia;

per un’indagine epidemiologica di tutti gli abitanti nelle vicinanze di siti inquinati;

per l’istituzione del registro dei tumori;

per la riapertura delle inchieste sulle navi dei veleni.

Caso Marlane, presentato il libro all’Università della Calabria

COSENZA – «I medici mi avevano mandato a casa, ero finito…», non riesce a parlare Luigi Pacchiano. Poi riprende: «ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare». Luigi Pacchiano è l’operaio della Marlane che nel 1996 ha denunciato lo stabilimento tessile di Praia a Mare per danno biologico. Insieme a lui, Francesco Cirillo e Giulia Zanfina hanno presentato il loro libro sulla vicenda, Marlane: la fabbrica dei veleni, all’Università della Calabria. L’iniziativa è stata promossa dal Partito dei Comunisti Italiani, «per riprendere le lotte e ripartire dal basso», chiarisce il segretario provinciale, Giovanni Guzzo. Sono intervenute, inoltre, Rossella Morrone e Laura Corradi.

 

Il processo alla Marlane

Nel libro si legge che Luigi Pacchiano «ha creato i presupposti per le indagini» sullo stabilimento tessile dei Marzotto. L’inchiesta è stata avviata più di dieci anni fa dal pm Antonella Lauri della Procura di Paola. Si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per tredici ex responsabili e dirigenti accusati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale, per la morte di decine di operai e le patologie tumorali di altri ex lavoratori – che sarebbero state causate dai vapori della tintoria – e lo smaltimento illecito di rifiuti tossici.

Il processo è iniziato il 19 aprile 2011, ma il dibattimento non è mai cominciato: in un anno si sono susseguiti sei rinvii. Nell’ultima udienza è stata battaglia per l’ammissione delle parti civili. «Gli avvocati della difesa, tra cui Ghedini, – afferma Cirillo – cercano sempre cavilli per far scattare la prescrizione».

Intanto, nel 2004, la fabbrica di Praia a Mare ha chiuso: produzione delocalizzata.

 

Da Rivetti ad oggi: la ricostruzione di Francesco Cirillo

Francesco Cirillo parte dagli anni ’50 quando il Conte Rivetti – «con soldi dello Stato» – costruisce due fabbriche tessili, a Maratea prima e a Praia a Mare poi. «Anche un giornalista del calibro di Montanelli – fa sapere Cirillo – scriveva che prima dell’arrivo di Rivetti, in Calabria, vivevano come venti secoli fa». Il mediattivista sottolinea che gli operai lavoravano e producevano tanto.

Negli anni ’80 – «con soldi dello Stato» – subentra il gruppo Marzotto. A questo punto del suo racconto, Francesco Cirillo enumera i punti critici emersi: l’uso di prodotti che hanno causato la morte degli operai – «la Procura ne ha accertati una cinquantina, ma noi pensiamo siano molti di più. E’ molto difficile raccogliere i dati, noi siamo andati casa per casa» – la mancanza di misure protettive per gli operai, i sindacalisti a capo delle piccole imprese dell’indotto, i rifiuti sotterrati sotto la fabbrica o smaltiti illecitamente.

Cirillo, quindi, passa in rassegna i passaggi che hanno portato al processo in corso e le proteste per chiederne l’inizio effettivo. «Nell’ultimo sit-in eravamo in pochi. Alla Thyssen erano in mille, all’Ilva c’erano tutti gli studenti. Purtroppo, in Calabria, non riusciamo a riunirci».

 

Luigi Pacchiano, la memoria storica

Ha lavorato alla Marlane Luigi Pacchiano. «Io posso raccontarvi delle condizioni interne», esordisce. Racconta che, nello stabilimento di Praia a Mare, l’ambiente era unico, non c’erano divisioni tra i reparti, quindi i vapori della tintoria raggiungevano tutti. «C’erano polveri, cattivi odori, vapori, noi dicevamo: ‘c’è nebbia in Val Padana’». D’estate, con 40° di temperatura, ricorda di come dovessero uscire fuori per respirare. «Non ho mai visto un medico – puntualizza – mai una visita ispettiva. Non usavamo né guanti né mascherine né cappelli». Alla domanda sui sospetti degli operai circa la possibile nocività dei vapori, risponde: «ci dicevano che era solo cattivo odore. In più, strappavano le etichette».

Luigi Pacchiano va indietro nel tempo. Al 1973, quando muoiono i primi due operai – «il primo aveva trentacinque anni». Al 1993, quando gli viene diagnosticato un tumore contro cui combatte ancora oggi – «sono stato trentacinque volte sotto anestesia». Allo spostamento di postazione negato. Al riconoscimento della malattia professionale da parte dell’INAIL. Alla sua lettera di licenziamento e alla denuncia dell’azienda per danno biologico. All’impegno per il coinvolgimento degli altri lavoratori nella questione Marlane. Luigi Pacchiano racconta ai presenti la sua storia. Per un attimo non riesce a parlare, mentre rievoca il giorno in cui i medici lo mandarono a casa: «ero finito… ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare».

 

L’appello di Giulia Zanfina

La documentarista fa riferimento all’intervista fatta a Francesco Depalma nel 2010 e trascritta nel libro. L’operaio, ora scomparso per il cancro, aveva rivelato di aver sotterrato «il rimanente del rifiuto del colore» nel terreno della Marlane perché – aveva spiegato – «se non lo facevi tu, lo faceva un altro, in quelle condizioni dovevi farlo per forza».

«Ci aspettavamo che la nostra inchiesta fosse acquisita come prova in quanto Francesco non c’è più – dice Giulia Zanfina – faccio qui questa richiesta».

 

 

Rita Paonessa