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‘ndrangheta, operazione in varie regioni con 41 fermi. C’è anche un politico

REGGIO CALABRIA – Una vasta operazione dei Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria è in corso nella provincia di Reggio Calabria ed in quelle di Roma, Milano, Vibo Valentia, Pavia, Varese, Como, Monza-Brianza e Cagliari per l’esecuzione di 41 provvedimenti di fermo emessi dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria nonché di numerose perquisizioni. I reati contestati sono associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, danneggiamenti, lesioni personali gravi, frode sportiva, intestazione fittizia di beni e incendio, con l’aggravante del metodo mafioso. C’è anche un assessore del Comune reggino di Laureana di Borrello, Vincenzo Lainà, tra le persone fermate dai Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria contro le cosche Ferrentino-Chindamo e Lamari. Lainà è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, pur non facendo parte stabilmente del “locale”, sarebbe stato il referente politico.

La cosca Lamari di Laureana di Borrello si sarebbe inserita nella gestione della Polisportiva Laureanese, inserita nel Campionato di Promozione girone “B”, con episodi di combine dei risultati di almeno due incontri di calcio. E’ quanto emerso nell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria e condotta dai carabinieri del Comando provinciale che ha portato all’esecuzione di 41 fermi traCalabria Lombardia e Sardegna. L’inchiesta, denominata “Lex”, ha colpito il “locale” di Laureana di Borrello formato dalle famiglie Ferrentino-Chindamo e Lamari con ramificazioni nel reggino ed in varie province. Le indagini, avviate dalla Compagnia di Gioia Tauro nel giugno 2014, si sono avvalse anche delle dichiarazioni di collaboratori  di giustizia. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati anche 10 tra beni immobili e attività imprenditoriali a Laureana, Vibo Valentia, Voghera (Pavia) e Bregnano (Como) per un valore di oltre 30 milioni di euro.

L’inchiesta, denominata Lex, che stamani ha portato all’esecuzione di 41 fermi nei confronti dei presunti affiliati al “locale” di Laureana di Borrello avrebbe permesso di delineare gli assetti dell’organizzazione operante nel territorio di Laureana di Borrello e comuni limitrofi con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province del Nord Italia. Le indagini avrebbero inoltre ricostruito l’attività della cosca che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, era finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona attraverso il compimento di una serie di delitti in materia di armi, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in materia di commercio di sostanze stupefacenti. La cosca avrebbe anche condizionato l’ordinario andamento delle istituzioni comunali, attraverso l’ingerenza su alcuni componenti dell’amministrazione, per ottenere l’aggiudicazione di appalti pubblici in favore delle aziende mafiose di riferimento della cosca. Accertata anche l’intestazione fittizia di numerose attività commerciali, tra le quali due imprese edili ed una società, attiva nel Porto di Gioia Tauro, di import/export e di alcuni immobili in Lombardia. Nel corso delle indagini sono state arrestate 5 persone, sequestrati oltre 2 chili di marijuana e rinvenute 3 pistole, un fucile, centinaia di munizioni di vario calibro e quasi 2 chili di polvere da sparo. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma al Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria alle 10,45.

‘ndrangheta, appalti “Terzo Valico” 40 arresti. Coinvolti politici e funzionari

REGGIO CALABRIA – Sono 40 gli arresti in corso da parte della Polizia di Stato nei confronti di presunti appartenenti e affiliati alle cosche della ‘ndrangheta “Raso-Gullace-Albanese” e “Parrello-Gagliostro”, indagati a vario titolo per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Gli arresti e perquisizioni, sono eseguiti in Liguria, Calabria, Lazio, Piemonte ed in altre Regioni del nord Italia. Le cosche, secondo quanto risulta dalle indagini, avrebbero messo le mani attraverso i loro affiliati in diverse regioni d’Italia, su alcuni sub appalti per la realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità. Le indagini, dirette dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Genova, Reggio Calabria e Savona. All’inchiesta ha collaborato anche il Centro Operativo DIA di Genova, con i Centri DIA di Reggio Calabria e Roma. Sono stati accertati collegamenti con le famiglie di origine da parte di esponenti dell’organizzazione mafiosa che vivono in Liguria, attivi in settori strategici imprenditoriali edilizia ed il movimento terra anche attraverso appunto l’acquisizione di sub-appalti per la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria del “Terzo Valico”. Sono emersi contatti degli affiliati con politici locali, regionali e nazionali di Reggio Calabria e con funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria della provincia, per condizionare il loro operato. E’ stato eseguito il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro. I dettagli saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria alle 11.

Coldiretti Calabria ai politici: impegni chiari e convincenti dei candidati sulla questione Rosarno

A tre anni di distanza, la “rivolta di Rosarno” continua ad essere un caso nazionale irrisolto. Gli organi di informazione regionali, nazionali ed internazionali, continuano ad interessarsi della vicenda sottolineandone i drammatici  aspetti sociali che influiscono sulla convivenza e qualità della vita e bollano la drammatica vicenda, come “inferno” e “polveriera” .  L’intera vicenda   – chiede Pietro Molinaro  presidente di Coldiretti Calabria – non può essere ricordata a sprazzi, ma  deve trovare una convincente soluzione  anche in occasione delle prossime elezioni nazionali. Ci piacerebbe che chi è candidato  in Calabria e i leader nazionali che sicuramente verranno, prendessero impegni concreti su una questione che non solo interpella le coscienze ma, se risolta, può assicurare un futuro dignitoso per il bene di tutti. Tenere in uno stato di perenne emergenza sociale  una parte importante del territorio calabrese –commenta– non aiuta sicuramente lo sviluppo del territorio nonché un  tema cruciale: la giustizia sociale deve andare di pari passo con la giustizia economica. E’ il lavoro e l’attività di impresa che eticamente sensibile si dimostra impegnata in un patto per la crescita economica e sociale del territorio. L’agricoltura e l’agroalimentare, sono i polmoni economici con cui respira il territorio rosarnese, ma nelle varie prese di posizione e reportage, ad avviso di coldiretti,  l’analisi che viene effettuata è monca: quanto  è accaduto e continua ad accadere a Rosarno a tre anni di distanza, ripropone drammaticamente la catena di sfruttamento perpetrata ai danni dei produttori di agrumi e dei lavoratori immigrati. Occorre  -prosegue – continuare a tenere accese in modo positivo le luci su  Rosarno,  poichè,  ne eravamo e ne siamo ancora più convinti, è il paradigma dei problemi irrisolti della Calabria, ma non solo in tema di accoglienza e  integrazione, ma di competitività del settore agricolo ed agroalimentare. Gli arcigni avversari sono  le multinazionali delle bibite sul piano economico e ingiustificati fenomeni di caporalato sul piano sociale che, impediscono una equa remunerazione del prodotto e la schiavizzazione del lavoro all’interno della filiera. Abbiamo un punto di forza – aggiunge Molinaro –  grazie alla iniziativa incessante condotta da Coldiretti nelle piazze e nel Parlamento Nazionale che ha trovato alleati in parlamentari, comuni,  nella chiesa e varie associazioni dei consumatori la percentuale di succo nelle aranciate è stata portata al 20%. Occorre quindi non mollare la presa –prosegue Molinaro –e ottenere l’origine obbligatoria del succo in etichetta. La  Coldiretti forza sociale amica della Calabria, continuerà ad essere in prima linea per favorire qualità dei beni prodotti, dei processi di produzione e dignità del lavoro: tutto inscindibilmente legato alla giusta remunerazione.