Archivi tag: siria

Aeham Ahmad, il pianista siriano ed il suo messaggio di pace e speranza a Invasioni 2017

unnamed (2)

 

COSENZA – Il suo songbook tocca le corde dell’anima, appena sale sul palco allestito in Piazza Duomo. E’ al pianista siriano Aeham Ahmad che l’Amministrazione comunale ha affidato il compito di inaugurare il ricco cartellone di “Confluenze-Festival delle Invasioni 2017” che andrà avanti per tutta l’estate. Anche il Sindaco Mario Occhiuto, appena terminato il Consiglio comunale, non ha voluto far mancare la sua presenza. Con lui, ad ascoltare il messaggio di pace e di speranza racchiuso nelle canzoni di  Ahmad e nel suo concerto “Music for hope”, anche il Vicesindaco Jole Santelli e quasi tutta la giunta. Diversi i consiglieri comunali che, insieme al Presidente del Consiglio comunale Pierluigi Caputo, hanno raggiunto Piazza Duomo da Palazzo dei Bruzi.

unnamed (1)

Ahmad saluta il pubblico scusandosi di non parlare l’italiano, ma spera – dice – di poterlo presto imparare. Poi, in perfetto inglese, tradotto dall’ottima interprete Elvira Calabrese, racconta la sua storia dopo aver aperto il concerto con “Dimentica il mio nome”, una canzone che evoca i suoi ricordi e i suoi sogni, quando il tempo si arrestò in un attimo, rimanendo “congelato come se si fosse bloccato in un pezzo di pane”.

Aeham non può fare a meno di raccontare di Yarmuk, il campo profughi ad un chilometro di distanza di Damasco dove, seguendo l’esempio del nonno che vi si trasferì per primo, portò con un carretto il suo pianoforte, esibendosi in strada per la gente stremata dall’assedio delle truppe di Assad. Per tutti ora è diventato il pianista di Yarmuk, da quando le immagini che lo ritraggono mentre suona nel campo profughi hanno fatto il giro del mondo.
«A Yarmuk si muore non solo per le bombe, ma anche di fame – dice». Ed è profondo, racchiuso nei suoi canti, il senso del dolore per la situazione siriana con le persone impegnate in una lotta senza quartiere per conquistare la pace.
Alla causa siriana Aeham Ahmad tiene in modo particolare, soprattutto quando scandisce le cifre delle persone – 30 mila – morte per la democrazia. «Devo capire perché il mio Paese viene distrutto pezzetto dopo pezzetto». Ricorda il fratello messo in prigione da 4 anni e mezzo e dice che tutto quello che sta accadendo in Siria, nonostante sia riuscito a fuggire via in Germania, è parte della sua vita.
La parte musicale del suo concerto passa quasi in secondo  piano e poco importa se in repertorio inserisce un omaggio ai grandi della Musica come Beethoven (“Per Elisa”) o Mozart (“Marcia Turca”) o se ogni tanto fa qualche concessione allo swing. Quel che più conta è quello che Ahmad ha da dire.  Le sue canzoni sofferte parlano di un ragazzo ucciso mentre trasportava dei libri o di un uomo di 75 anni, amico del padre, costretto a procurarsi l’acqua da portare a casa, perché in Siria non si ha neanche acqua da bere e non ci si può prendere cura neanche della propria persona, né lavare gli indumenti. “Molti – spiega – non lasciano il loro paese perché non hanno le risorse economiche, né la forza di camminare per 600 chilometri. La guerra ci sta privando di tutti i diritti umani. La situazione in Medio Oriente è sfuggita al controllo”. Un misto di odio e di tristezza alberga nel suo cuore. «Vorrei fare tanto per il mio popolo e faccio quello che posso anche a distanza, auspicando la pace». Un’altra canzone parla di mancanza, quella per il proprio paese, per la propria gente, per le strade dove si è camminato e che si è stati costretti ad abbandonare per cercare nuovi orizzonti.
Non ha cancellato il brutto ricordo di quando, mentre suonava in strada con dei bambini, un rappresentante dell’Isis gli intimò di fermare la musica dando fuoco, subito dopo, al suo pianoforte. «Questa gente non rappresenta l’Islam. Io stesso sono di religione islamica. Ho finito il Ramadan cinque giorni fa, ma mi sembra di essere tornato indietro di oltre 700 anni ed è terribile constatare che ancora oggi, dopo 700 anni, c’è qualcuno che uccide in nome dell’Islam».
E subito dopo invita il pubblico a cantare tutti insieme una canzone gioiosa che ha qualcosa di liberatorio e Piazza Duomo diventa una magnifica “bolgia” e i battimani si sprecano. E sarà questa sorta di inno alla pace e alla speranza a suggellare il concerto, diventandone l’unico bis, quando le luci soffuse rendono ancora più bella e suggestiva la facciata della Cattedrale, mentre Cosenza aspetta di immergersi nel cuore della notte.

La Calabria per la Siria, manifestazione a Cosenza

calabria-per-la-siria_locandinaCOSENZA – Erano studenti e docenti, commercianti e impiegati, ricercatori e medici, bambini e casalinghe. Dal 15 marzo 2011 sono diventati profughi in fuga. Dalla Siria. Per loro, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle loro sofferenze, il gruppo di volontari #CALABRIAxIDOMENI ha organizzato una manifestazione a Piazza Loreto (ore 17.00).

L’intento è stato radunare quanta più gente possibile per chiedere «di non restare indifferenti di fronte a quanto sta accadendo sotto i nostri occhi», ci spiega Nicola Regina insieme a Josephine Cacciaguerra e Ciro Palomba, esponenti di CALABRIAxIDOMENI. Per questo, oltre a condividere riflessioni e a scrivere ‘saveSiria’ con le candele, in piazza si fa un flashmob e si esibisce un gruppo musicale.

Il gruppo ‘CALABRIAxIDOMENI’, nell’aprile di quest’anno, ha portato beni di prima necessità nel campo di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, dove i profughi erano bloccati. L’iniziativa è partita da Morano Calabro, ma a mano a mano ha coinvolto tutta la Calabria. Dopo lo sgombero del campo, le morano-calabro-per-la-pace-siriamissioni di CALABRIAxIDOMENI in Grecia sono continuate. Inoltre, la Vigilia di Natale, a Morano Calabro è stato acceso l’Albero della Pace «chiedendo con forza la fine del genocidio in Siria».

«È stato un anno drammatico per quanto sta succedendo in Sira – raccontano i promotori dell’iniziativa di oggi – organizziamo questa manifestazione subito dopo essere tornati dall’ennesima missione per supportare i profughi in Grecia e con la speranza che il nuovo anno ponga fine a questo genocidio, cerchiamo di sensibilizzare la gente tramite, appunto, questa manifestazione».

Hanno aderito all’iniziativa: Aula P2 Unical, Maialmondo Castrovillari, Marinella Bruno Onlus, Azione Cattolica Morano Calabro, Gruppo Autonomo Unical, Cgil Cosenza, Vivalavida Mormanno, Otra Vez, Ultrà Cosenza, Meet Project Catanzaro.

 

Rita Paonessa

Mendicino, a teatro per beneficienza a sostegno dei bambini siriani

MENDICINO (CS) – Il prossimo venerdì 20 maggio alle ore 20,30 il Teatro Comunale di Mendicino farà da cornice alla serata di beneficienza Pro “Support Syrian Children”, ideata da Lia Lo Feudo, curata dall’Associazione culturale Milleventi di Finuccia Congi e patrocinata dall’Amministrazione Comunale di Mendicino. L’evento, presentato dalla giornalista Valentina Zinno, vedrà la partecipazione della poetessa Serata beneficienza bambini sirianiCarla Curcio, dei cantanti Krezia Cavaliere, Max Bellissario, Giovanna Perna, Meron Mulugeta e le danzatrici di Iside. Inoltre, nel corso della serata sarà presentata in anteprima la mostra “Save me” della pittrice Patrizia Lo Feudo, un percorso attraverso le vite, una riflessione che prende il via dai volti dell’infanzia. Alla manifestazione, giusto ricordarlo, hanno aderito e contribuito anche i ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Mendicino, col supporto della professoressa Assunta Morrone, realizzando disegni sui temi della pace e della fratellanza, da omaggiare ai coetanei siriani.

Obiettivo della serata, infatti, è quello di donare un sorriso ai bambini siriani, la cui infanzia è stata distrutta o forse non è mai iniziata, perchè la guerra li ha strappati alla vita o li ha portati a crescere in fretta. Il ricavato dei biglietti e della riffa, dunque, sarà devoluto al comitato Support Syrian Children, nato nel 2014 con lo scopo di tutelare ogni bambino che viva una situazione di disagio e di realizzare progetti a sostegno della popolazione profuga siriana. Ospite d’onore della serata sarà il Presidente del Comitato No Profit Support Syrian Children Arianna Martini,  testimonianza diretta di questa dura realtà raccolta nel corso delle missioni.

 

Oliverio esprime la propria felicità per la liberazione delle due cooperanti calabresi in Siria

CATANZARO –

Il presidente della Regione, Mario Oliverio, esprime soddisfazione e gioia apprendendo la notizia della liberazione delle due cooperanti rapite a fine luglio in  Siria, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Le due ragazze alle prime luci dell’alba di domani mattina ritorneranno in Italia. La notizia è stata dichiarata ufficialmente con un tweet da Palazzo Chigi. Il presidente esprime la sua felicità per la conclusione positiva di questa vicenda che ha tenuto col fiato sospeso gli italiani e il mondo intero; fa i propri auguri alle ragazze per un futuro radioso e sereno, e manda un particolare messaggio di solidarietà e vicinanza, da calabrese, ai genitori di Vanessa Marzullo, il cui papà è cosentino. Oliverio esprime il proprio desiderio, infatti, di incontrarli in Calabria.

Armi chimiche Siria, pericolo per il Mediterraneo?

GIOIA TAURO (RC) – Si è conclusa ieri sera l’operazione di trasbordo delle armi chimiche e dei precursori chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray. Gli agenti chimici provenienti dalla Siria saranno distrutti sulla nave in acque internazionali attraverso l’idrolisi. Questa nuova fase della missione OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) – ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite)  durerà almeno due mesi.

Il procedimento presenta dei rischi per il Mediterraneo? Abbiamo sentito Ferruccio Trifirò (comitato scientifico dell’Opac  – Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) e Rosella Cerra (coordinamento Sos Mediterraneo).

 

Intervista a Ferruccio Trifirò: tutto sotto controllo

Intervista a Rosella Cerra: pericolo per  il Mediterraneo

 

Rita Paonessa

Armi chimiche Siria/ Rosella Cerra (sos Mediterraneo): pericolo per il Mediterraneo

Uno scatto del flshmob fatto nei giorni scorsi

Nei mesi scorsi si è costituito il Coordinamento Sos Mediterraneo, contrario al trasbordo delle armi chimiche siriane fatto a Gioia Tauro e alla loro distruzione per idrolisi in mare aperto, in acque internazionali, nel Mediterraneo. Il comitato si è gemellato con i cittadini greci che si oppongono all’operazione. A giugno ha ospitato e incontrato lo scienziato Vaggelis Pissias e il consigliere delle Isole Ioniche Theodoros Boukas, « giunti fin qui con lo scopo di realizzare incontrare ed informare direttamente cittadini, comitati, giornalisti sui reali pericoli dell’operazione». Nei giorni scorsi abbiamo sentito Rosella Cerra, esponente del coordinamento.

 

Come comitato avete sollevato anche un problema di pericolo e inquinamento per tutto il Mediterraneo…

L’idrolisi nel Mediterraneo è una procedura assolutamente mai fatta prima in mare, mai fatta prima su una nave, è una procedura che viene fatta su terraferma ed è stata fatta in tante altre occasioni. Ora, alcuni scienziati dicono che è una procedura tranquilla, altri scienziati greci dicono, invece, che già l’idrolisi di per sé, è pericolosa, già pericolosa anche se fosse fatta su terraferma.

 

Perché è pericolosa?

Per le sostanze che vengono trattate, sono sostanze di per sé pericolose.

 

Farla  in mare quali rischi potrebbe comportare?

Il sistema è mobile. E’ come se si facesse un  esperimento – perché si tratta di un esperimento –  in un ascensore o in macchina o su un treno, invece si dovrebbe stare innanzitutto sulla terraferma, si dovrebbe stare in una situazione di massima tranquillità.

Appena si supera il mare mosso, appena si supera una certa entità – si indica 3-4 beaufort, e in quell’area in genere è di 5-6 beaufort –  bisogna andarsi a spostare nel porto più vicino. Spostarsi nel porto più vicino significa Creta, ma potrebbe succedere anche lungo le coste della Sicilia.

Ora, si tratta di un’operazione che non dura un giorno o una settimana, si parla di mesi, quindi, in tutto questo tempo, come si può sperare che ci sia sempre il mare calmo? E’ un’operazione di per sé stessa, come è stata concepita, già rischiosa per definizione. L’idrolisi in mare aperto, su nave, non è mai stata fatta. E questo lo dice anche l’OPAC

Sicuramente il disarmo, sicuramente la distruzione delle armi chimiche, sicuramente, ma non in questa maniera perché si mette a repentaglio un’intera zona, il Mediterraneo e tutta la zona costiera, perché significa sostanzialmente la distruzione di un intero ecosistema, collegato anche all’economia – si pensi alla pesca, si pensi al turismo.

Già il Mediterraneo… ci sono centinaia di navi (vedi lo studio di Legambiente ed il rapporto della Commissione di Inchiesta Parlamentare sui rifiuti). Mettici pure questa: il Mediterraneo è una fogna.

 

Ma è stato assicurato che i rifiuti dell’idrolisi non saranno scaricati in mare…

Loro dicono di no, ma dicono di no su tantissime cose che sono state inabissate nei mari o sotterrate nei torrenti, le famose scorie, c’è di tutto sotto i nostri piedi e nel nostro mare. Chi ci garantisce? Non abbiamo la sicurezza scientifica che ciò non avverrà, non ce l’abbiamo, perché nessuno la può dare.

Tenga presente che i residui dell’idrolisi sono una quantità molto superiore degli elementi che devono essere smaltiti, per fare un esempio su 700 tonnellate si avranno 6 milioni di litri di residui, dove li mettono?

E’ già stato vinto un bando di gara per delle aziende che dovrebbero poi riprendersi questo materiale e andarlo a smaltire su terraferma, ma perché non lo fanno già da subito questo procedimento? Perché questa triangolazione e questo passaggio nel Mediterraneo? Questa è una cosa che non si può concepire, non si capisce.

 

Uno dei vostri slogan, però, è ‘distruggere le armi chimiche non il Mediterraneo’, quindi date un valore all’operazione di distruzione? Quale alternativa proponete?

Sicuramente, questo non deve essere messo in discussione, è ovvio che la distruzione delle armi chimiche è una priorità su tutto, nessuna persona con coscienza direbbe: ‘no, le armi chimiche non si distruggono’. Però ci sono le alternative, innanzitutto sono procedimenti che sono già stati usati, ci sono delle zone, altri paesi che sono attrezzati per fare queste cose: perché non li fanno lì da subito? Perché questo rischio nel Mediterraneo? È stata concepita un’operazione che per definizione è rischiosa,perché non si è mai fatta, è un esperimento che fanno, come laboratorio ha il Mediterraneo: questo è inaccettabile

 

Il trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray è stato fatto ieri nel porto di Gioia Tauro. Continuerete le vostre attività, anche in sinergia con il comitato greco?

Sì, certo. Sos Mediterraneo non significa Sos Gioia Tauro, significa continuare questa lotta per tutto il Mediterraneo, per evitare, per impedire l’operazione di idrolisi. La gravità l’hanno concentrata nel Sud Europa, mentre le aziende che devono prendersi i residui e portarseli nella loro terraferma sono state pagate per fare questo. Noi  invece diamo gratis… ma a prescindere da questo – noi non ne facciamo una questione di merce di scambio, non la vogliamo la contropartita –  è una cosa che non regge, per logica, non regge e basta. Il nostro è un no senza se e senza ma.

Siamo in unione con i comitati greci perché questa cosa vogliamo che si estenda su tutto il Mediterraneo. Siamo partiti con questo slogan, ‘il gemellaggio con la Grecia’, e ora anche altre realtà calabresi di associazionismo ecc si stanno rendendo conto, finalmente perché, finora, dall’informazione che è stata fatta passare, non si era presa coscienza. Quello che abbiamo fatto noi -siamo poche persone – è stato quello di raccogliere più informazioni possibili, confrontarci – è venuto qui lo scienziato greco Pissias, accompagnato dal consigliere Boukas, ci hanno illustrato la situazione che per tanti versi già conoscevamo. Quello che stiamo facendo noi è questo, cercare di informare, perché l’informazione ufficiale è qualcosa di veramente viziato, è filtrato, questo allarma ancora di più.

A gennaio c’è stata un’ interrogazione parlamentare nel Parlamento europeo, firmata da 37 parlamentari, in cui si chiedeva di rivedere la zona dove dovrebbe avvenire l’idrolisi, ma a questa interrogazione parlamentare non ha fatto seguito un cambiamento di opinione, tanto è che ora ci troviamo in questa situazione. Ora il nuovo Parlamento, mi auguro che cercherà di incidere maggiormente, perché in quella occasione hanno firmato solo 37 parlamentari.

Noi non abbiamo la pretesa di organizzare manifestazioni di piazza, quello che facciamo è attirare l’attenzione con delle azioni pacifiche, tranquille e non violente, attirare l’attenzione e informare, questo è il nostro scopo.

 

 

Rita Paonessa

Armi chimiche Siria/Ferruccio Trifirò (comitato scientifico OPAC): tutto sotto controllo

Ferruccio Trifirò (comitato scientifico dell’OPAC – Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) è professore emerito di chimica industriale all’Università di Bologna. Lo abbiamo sentito sull’operazione di distruzione delle armi chimiche siriane di OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) e ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).

 

Il trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray è stato fatto ieri nel porto di Gioia Tauro. Questo passaggio era necessario? In molti si sono chiesti perché gli agenti chimici non sono stati caricati direttamente sulla nave americana…

E’ stata la Siria che ha rifiutato. La Siria non ha voluto perché era preoccupata che gli americani avessero contatti con i ribelli.

 

Il cargo è danese, ma c’è anche un’altra nave norvegese che porterà le sostanze meno pericolose direttamente in Finlandia e Stati Uniti e ci sono delle navi da guerra che fanno da controllo, sono cinesi, russe, di diverse nazioni.

 

Perché è stato scelto proprio il porto di Gioia Tauro?

Perché è un porto sul Mediterraneo, è un porto capace, attrezzato per fare trasbordo di cassoni, container, è un porto dove si fanno moltissimi trasbordi di sostanze anche chimiche. C’è una certa esperienza e poi ci sono anche delle competenze.

 

Dopo il trasbordo, gli agenti chimici saranno distrutti per idrolisi sulla nave, in acque internazionali, nel Mediterraneo. In che cosa consiste questo procedimento?

L’idrolisi è un trattamento che avviene sui 90 gradi con idrossido di sodio in un reattore particolare, dove avviene la rottura – diciamo –  di queste sostanze altamente tossiche. Ne hanno due di questi reattori, hanno già fatto delle prove. Si ottengono dei sottoprodotti, si ottiene una gran quantità di soluzione tossica. La soluzione ottenuta, questi rifiuti, diciamo, li mettono in contenitori che saranno tenuti nella nave e andranno un po’ in Germania un po’ in Inghilterra per essere trattati, la distruzione totale avverrà sul terreno. Viene fatta questa reazione perché le sostanze che si ottengono, sono sostanze convenzionali che si utilizzano nell’industria chimica, sono sostanze che queste industrie  già trattano, per questo motivo queste nazioni hanno accettato di riceverle e di distruggerle.

 

Alcuni comitati, però, hanno avanzato dei dubbi sul procedimento, sul fatto di farlo in mare…

Viene fatto in mare perché nessuna nazione avrebbe accettato di ricevere armi chimiche da distruggere, per questo lo fanno in mare, la distruzione è sempre una reazione pericolosa. Hanno accettato di distruggere rifiuti o sostanze di priorità seconda e terza che non sono proprio armi chimiche. Quindi l’alternativa era di farlo in alto mare, non avevano alternativa. Inoltre il fatto di farlo in alto mare dà il grosso vantaggio di essere più sicuri, nel senso che, se c’è un incidente, non c’è popolazione civile. Ma dove è il problema di farlo in mare aperto? Il problema di farlo in mare aperto è se il mare è mosso, questo è il vero problema: la speranza è che il mare sia calmo perché queste operazioni possono farle solo se il mare è tranquillo.

 

Nel caso in cui ci fosse mare mosso, la nave si dovrebbe spostare nel porto più vicino, quindi ci sarebbero dei rischi per la popolazione?

Se c’è il mare  mosso e la nave deve andare in un porto, la Croazia ha offerto il porto, la nave dovrebbe andare in Croazia perché la Croazia ha offerto il porto.

 

L’unico rischio è rappresentato dal mare mosso?

Le reazioni chimiche sì sono rischiose, ma lì ci 60 specialisti, 60 chimici ( e 32-33 marinai), i primi a rischiare sono loro, quelli che sono sulla nave: faranno le cose con cura. Sono degli specialisti, persone che conoscono il problema, hanno fatto delle prove, sono i primi a rischiare. L’unica cosa è avere il mare tranquillo, dei ritardi potrebbero esserci per questo

 

Per quanto riguarda l’idrolisi, da che cosa deriva il rischio? Che cosa potrebbe succedere?

E’ tutto sotto controllo, sono preparati, c’è un’apparecchiatura automatica, non dovrebbe succedere niente però, quando si fa una reazione chimica, può succedere che aumenti la temperatura, scoppia il reattore, quindi le persone che sono lì vicine possono essere soggette alle emissioni di questi gas tossici, questo è il pericolo.

 

Questo è il pericolo per chi è sulla nave, ma può essere un pericolo anche per l’ecosistema?

Il pericolo è per le persone che sono sulla nave perché le quantità sono piccole, lì fanno reazioni in piccole quantità, per questo ci metteranno due mesi, anche questo diminuisce il rischio: per aumentare la sicurezza, mettono pochissima sostanza. Anche se ci sono emissioni, non sono grosse quantità.

 

Alcuni comitati hanno sollevato un problema di inquinamento…

I rifiuti non andranno in mare, sulla nave ci sono dei membri dell’organizzazione che distrugge le armi chimiche, presenti lì proprio per controllare che tutto vada in questi recipienti che andranno in Inghilterra e in Germania. Non c’è il problema che li buttano in mare come qualcuno ha ipotizzato, hanno scelto una nave che ha lo spazio per fare questo. A controllare ci sono i dipendenti dell’Opac, sono i garanti per noi. Hanno delle strumentazioni analitiche per fare delle misure, per sapere che cosa entra e che cosa viene fuori, controlleranno tutto. Alla fine della reazione controlleranno che prodotti ci sono.

 

Rita Paonessa

Armi chimiche a Gioia Tauro, la nave è arrivata

GIOIA TAURO (RC) – E’ arrivata in porto a Gioia Tauro, la nave statunitense Cape Ray. L’unità navale, partita dal porto spagnolo di Rota, imbarcherà domani il carico di armi e sostanze chimiche requisito al regime siriano di Assad e, attualmente, in rotta verso la Calabria a bordo del cargo danese Ark Futura.

La Cape Ray, che si occuperà di smaltire le sostanze chimiche in acque internazionali, è giunta in porto accompagnata dalle motovedette della Guardia costiera.

Soccorso barcone di migranti

REGGIO CALABRIA – Il 6 dicembre alcune unità della Marina Militare hanno soccorso un barcone con a bordo 120 migranti, in difficoltà a circa 150 miglia al largo di Capo Spartivento. Gli immigrati sono tutti siriani, e tra di loro vi sono anche 5 donne e 25 bambini. Nave Grecale, a cui è stato assegnato il compito di dirigere le operazioni di soccorso in mare, e Nave Sfinge hanno raggiunto il barcone dopo aver ricevuto la richiesta di soccorso lanciata dalla barca.

Cosenza festeggia la nascita di Martina, figlia di rifugiati politici siriani

COSENZA – La famiglia è di origini curde. Pare che la polizia di Damasco le avesse già fatto più volte “visita”, ma di questo i due giovani non vogliono parlare.
Certo è che alla fine, nel luglio scorso, hanno deciso di lasciare tutto: hanno venduto la loro casa e sono partiti verso l’ignoto. “È da gennaio che sono ad Acquaforomosa, ospitati nell’ambito dei progetti Sprar per i richiedenti asilo”, dice all’Agi Mimma Laffusa, presidente dell’Associazione “Don Vincenzo Matrangolo”, che ad Acquaformosa si occupa anche dell’assistenza ad altre famiglie di rifugiati. La famiglia siriana ha anche altri due figli, vivaci e giocherelloni, di 4 e 6 anni, che attendono con ansia il ritorno a casa della mamma e della sorellina. È da lei, che adesso dorme tranquilla, che ripartirà la storia della famiglia Youssef: fuggita dalla Siria per una nuova vita