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Presentato Suicide Tuesday, opera prima di Francesco Leto

COSENZA – E’ genuino, istintivo e poco costruito, racconta il male di vivere senza scadere nel patetico si tratta del romanzo Suicide Tuesday candidato per concorrere al Premio strega 2013 e ora inserito nei finalisti del premio Sila ’49. Presentato ieri sera alla libreria Ubik di Cosenza sono intervenuti oltre al giovane autore Francesco Leto, il docente di Teoria dello spettacolo dell’Università della Calabria Carlo Fanelli e la giornalista freelance Maria Francesca Rotondaro.

L’opera prima del trentenne calabrese racconta di tre vite parallele quelle dell’architetto Sergio malato di cancro che non sa come spiegare alla sua bambina che un giorno non molto lontano non ci sarà più, del fotografo Matteo che cattura immagini alla ricerca di qualcosa e della studentessa di filosofia Giulia spaventata dal futuro e tormentata da un amore che presto diventerà un rimpianto. Tre vite che si sfiorano per poi fondersi in un progetto fotografico, uno spaccato senza né inizio né fine che si evolve dal sabato al martedì. Il titolo stesso rimanda a un’espressione inglese con la quale viene indicata quella sensazione di sconforto, di malessere, di inquietudine che attanaglia, che morde lo stomaco proprio il martedì dopo un sabato alla ricerca di evasione tra alcol e droga, una domenica in cui si tenta di smaltire i postumi della sbornia e un lunedì in preda al down.

Copertina Suicide Tuesday

La giornalista Rotondaro ha una sola e semplice parola per definire questo romanzo, bello perché ha un linguaggio delicato, bello perché è un romanzo che parla di morte ma che inneggia alla vita, bello perché è fatto di ricordi e non di bilanci esistenziali. Dello stesso avviso il docente Fanelli che evidenzia come questo romanzo sia una sorta di micro-sceneggiatura, i tagli netti quasi bruschi con cui si alternano le immagini raccontate scandiscono i passaggi dei diversi tempi.

Francesco Leto, che non ama definirsi esordiente perché ritiene che ogni libro sia ogni volta un nuovo esordio, racconta che la sua partecipazione al Premio Sila ’49 è legata a una ragione puramente sentimentale che scrive perché ama intercettare e poi raccontare l’umanità in tutte le sue sfaccettature anche quelle della morte, della mancanza, dell’assenza perché secondo l’autore la letteratura non deve essere intrattenimento ma riflessione che alla fine lascia in uno stato di tensione e salutando si augura che la gente dia al suo libro una piccola chance.

Questo è un romanzo di speranza quando ricorda che non siamo soli, neanche nel dolore, quando offre una prospettiva per superare tutti quei “martedì” della vita, quei momenti in cui tutto sembra perduto, quando si arriva ad odiare un passato e un presente che ingombrano l’avvenire ma a volte capita che è nell’attimo dell’incontro che il tempo non esiste più e si svela l’eternità.

Gaia Santolla