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Consigliati da Otto@Tales: IL MESSAGGIO IMPERIALE di Kafka

Oggi proponiamo un breve – e famoso – testo di Kafka, contenuto nella raccolta di racconti Un medico di campagna ( del 1919). Il passo era stato inserito successivamente in un racconto, Durante la costruzione della muraglia cinese, pubblicato postumo ad opera di Max Brod – amico dell’autore, che si occupò dell’edizione degli scritti dopo la morte di Kafka. 
Di per sé,
Il messaggio imperiale esprime quel senso di smarrimento misto a speranza che è possibile individuare in tante delle opere maggiori, quali Il Castello e America, inserito nella classica cornice surreale e onirica. Ma di  Kafka – e delle sue abitudini letterarie – riparleremo nei prossimi giorni, per ora godetevi il racconto.

 

L’imperatore – così si racconta – ha inviato a te, a un singolo, a un misero suddito, minima ombra sperduta nella più lontana delle lontananze dal sole imperiale, proprio a te l’imperatore ha inviato un messaggio dal suo letto di morte. Ha fatto inginocchiare il messaggero al letto, sussurrandogli il messaggio all’orecchio; e gli premeva tanto che se l’è fatto ripetere all’orecchio. Con un cenno del capo ha confermato l’esattezza di quel che gli veniva detto. E dinanzi a tutti coloro che assistevano alla sua morte (tutte le pareti che lo impediscono vengono abbattute e sugli scaloni che si levano alti ed ampi son disposti in cerchio i grandi del regno) dinanzi a tutti loro ha congedato il messaggero. Questi s’è messo subito in moto; è un uomo robusto, instancabile; manovrando or con l’uno or con l’altro braccio si fa strada nella folla; se lo si ostacola, accenna al petto su cui è segnato il sole, e procede così più facilmente di chiunque altro. Ma la folla è così enorme; e le sue dimore non hanno fine. Se avesse via libera, all’aperto, come volerebbe! e presto ascolteresti i magnifici colpi della sua mano alla tua porta. Ma invece come si stanca inutilmente! ancora cerca di farsi strada nelle stanze del palazzo più interno; non riuscirà mai a superarle; e anche se gli riuscisse non si sarebbe a nulla; dovrebbe aprirsi un varco scendendo tutte le scale; e anche se gli riuscisse, non si sarebbe a nulla: c’è ancora da attraversare tutti i cortili; e dietro a loro il secondo palazzo e così via per millenni; e anche se riuscisse a precipitarsi fuori dell’ultima porta – ma questo mai e poi mai potrà avvenire – c’è tutta la città imperiale davanti a lui, il centro del mondo, ripieno di tutti i suoi rifiuti. Nessuno riesce a passare di lì e tanto meno col messaggio di un morto. 

Ma tu stai alla finestra e ne sogni, quando giunge la sera.