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Il criminologo Caruso al workshop su “Comunicare il crimine” organizzato da “Giornalisti d’Azione”

COSENZA – Il criminologo Caruso  al workshop su “Comunicare il crimine” organizzato da “Giornalisti d’Azione”: «Quando si scrive di cronaca nera bisogna essere scientifici per non incorrere nella disinformazione».

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«Spesso nei vari casi si cronaca soprattutto nel femminicidio si usa il termine raptus. Ebbene, è assolutamente improprio come vocabolo. Il raptus non esiste, è un termine mediatico. Nulla, infatti, accade per caso, ma vi è sempre una consequenzialità  con segnali di allarme comportamentali del reo già molto evidenti in età evolutiva».  Sergio Caruso è il criminologo calabrese, di Acquappesa, che ha tenuto il workshop su “Comunicare il crimine” che “Giornalisti d’Azione” ha organizzato a Paola. Il suo “j’accuse” verso la disinformazione dovuta ad una certa “ignoranza” da parte della classe giornalistica, non tutta ovviamente, è netto, e lo dimostra coi fatti. «I giornalisti hanno il dovere di essere precisi, scientifici direi, soprattutto quando affrontano casi di cronaca nera. Mi capita spesso, ad esempio, di sentire o di leggere di “amore malato”, un’espressione che non trova nesso scientifico. E’ una contraddizione: il sentimento più bello del mondo rende liberi, ci cambia in positivo, non ci distrugge, crea. E la violenza non può essere accostata all’amore. Si può parlare di violenza psicologica, la peggiora e la più subdola, che molti scambiano per affetto. Molta confusione, poi, viene espressa a proposito della pedofilia, soprattutto quando ci si avventura nel tracciare il profilo del pedofilo con veri e propri luoghi comuni. Come quello che vuole pedofili soprattutto i sacerdoti, riferimento che non trova conferma in letteratura. Oppure quando si scambia con estrema facilità, per rendere più accattivante la notizia, la pedofilia con altre forme di violenza, commettendo errori grossolani”. Insomma, Caruso non ha usato mezzi termini nel “rimproverare” una certa superficialità ai giornalisti di nera. Il seminario ha registrato l’intervento del presidente di “Giornalisti d’Azione” Mario Tursi Prato per il quale “occorre che i giornalisti calabresi, alla stregua di quelli di ogni altra parte del mondo, abbandonino la figura anacronistica del giornalista che si limita ad usare carta e penna, o il solo computer, e decidano di vivere un presente della comunicazione giornalistica fatta anche di videocamera, di conoscenza dei sistemi di montaggio digitale, e dell’uso di smarphone e iphone per filmare gli eventi. Proprio per questo motivo – ha continuato Tursi Prato – riproporremo il corso gratuito su “Il linguaggio delle immagini nel giornalismo televisivo”, che tanto successo ha ottenuto a Catanzaro e a Siderno. Si terrà il 22 ottobre a Cosenza”. Ad introdurre il workshop è stato il Segretario del movimenti di giornalisti, il caposervizio della Tgr Calabria Livia Blasi, che ha sottolineato come sia necessario che i giornalisti si riapproprino del racconto, “a cui i giornalisti troppo spesso rinunciano a favore delle testimonianze, delle “voci” che finiscono col diventare le uniche protagoniste del servizio. Dobbiamo riappropriarci del nostro ruolo e fare in modo – ha detto Blasi – che il racconto ufficiale della notizia sia quello che fa un giornalista che svolge questo lavoro di mestiere».

Una pedalata nel ricordo di Denis Bergamini

COSENZA – Con la partenza di ieri mattina alle 7.45, dalla sede cosentina del Coni, è iniziata la giornata promossa dall’Associazione Libera (Associazioni Nomi e numeri contro le mafie) dal nome “Il giro della luce”. Nove ciclisti si sono recati a Roseto Capo Spulico con le proprie bici  nel punto dove Denis Bergamini perse la vita nel lontano 1989, portando DSC05234la propria manifestazione di vicinanza nei confronti del calciatore cosentino tragicamente scomparso, in circostanze dalle dinamiche non  chiare. I ciclisti hanno trascorso a Roseto alcune ore, facendo rientro verso le ore 17.00 in città. Al ritorno, la Rappresentante dell’Associazione Libera della città di Cosenza, Sabrina Garofalo, ha dichiarato: “Siamo da vent’anni che lottiamo per arrivare alla verità della morte di Denis e di tutte le persone uccise dalla mafia”.

Sono infatti molteplici le persone che chiedono verità e giustizia per i propri cari scomparsi: entrambe in Italia – continua –  sono un vero e proprio impegno politico. La parola è poi passata al Presidente del Cosenza, Eugenio Guarascio, il quale ha elogiato l’opera dell’Associazione Libera, portando nella sede del Coni la Coppa Italia della Lega Pro vinta nel mese di maggio dalla compagine cosentina. Questo è un DSC05257movimento fondamentale per poter rappresentare il mondo calcistico nella maniera giusta: da qui parte un messaggio della Calabria pulita e sana. Successivamente è stata la volta di Donata Bergamini, sorella di Denis: “ringrazio l’amministrazione comunale di Roseto Capo Spulico per la partecipazione alla manifestazione della mattinata e tutti i presenti, ma soprattutto, coloro i quali hanno percorso oggi la strada della morte del 1989, nella convinzione di riportare alla luce la verità:  Denis amava lo sport e il calcio pulito”.

In questi giorni, Donata ha affermato di “essere rimasta attaccata alla televisione nella speranza di non vedere invischiato il Cosenza nello scandalo del calcioscommesse: Denis in caso contrario – affermaDSC05261

Donata – non sarebbe stato per niente felice. In ogni situazione – continua – bisogna denunciare, senza paura e timore”. Nel ringraziare anche il Vespa Club per la partecipazione all’evento, è poi seguito un rinfresco per far rifocillare i ciclisti dopo la lunga pedalata: tutto naturalmente nel nome di Denis Bergamini e delle vittime di mafia, uniti in solo slogan assordante ma necessario: VERITÀ !!

 

Alessandro Artuso

Giornalisti:fare luce sul “chiodo fisso” di Scopelliti

Giuseppe scopelliti

Reggio Calabria.“C’è una informativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria, che è stata depositata, sulla gestione dell’informazione da parte di alcuni giornalisti, credo cinque o sei, che fanno informazione in maniera poco corretta”. Lo ha detto il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, stamane a Reggio Calabria.
” Non so se l’indagine è chiusa o è ancora aperta-ha detto ancora Scopelliti rivolto ai giornalisti-Non ho idea di nulla. Però proprio in quel contesto, un’iniziativa pubblica della Lista «Scopelliti Presidente», ho voluto fortemente dire queste cose perché ritengo che sia giusto e doveroso capire tutti quanti noi, ed i reggini, che cosa succede in questa città e se veramente c’è una cosa così inquietante”.
(Ansa)

Sulla vicenda, resa nota dalle agenzie di stampa Agi e Ansa, il direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, chiama in causa il Sindacato Giornalisti della Calabria, affermando che “Scopelliti denuncia un fatto molto grave e fa bene a chiedere che venga fatta chiarezza. A questo punto – aggiunge Pollichieni – è inevitabile, prima che auspicabile, che il Sindacato e l’Ordine dei giornalisti si attivino al più presto per verificare quanto, ribadiamo, giustamente denunciato dal presidente della Regione”.

Il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, vicesegretario nazionale Fnsi, sulla vicenda ricorda che “mezze informazioni, ma soprattutto allusioni non fanno altro che alimentare il già avvelenato clima di sospetto che caratterizza una regione che non ha certo bisogno di ulteriori dubbi, ma di certezze”.
“Il ragionamento di Scopelliti è, ovviamente, condivisibile in tema di ricerca della verità, ma evidenza chiaramente una palese contraddizione. Il presidente della Giunta regionale, infatti, usa senza remore un presente categorico sia per annunciare che «c’è una informativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria, che è stata depositata, sulla gestione dell’informazione da parte di alcuni giornalisti, credo cinque o sei, che fanno informazione in maniera poco corretta», sia per concludere «che è vero, mi pare di capire, è sicuro». Ma, insomma, l’ha letta o non l’ha letta? E, se non l’ha letta, come fa ad avere tante certezze? Nomi, infatti, non ne fa e, quanto ai fatti, li affida al condizionale ipotizzando un complotto ordito ai danni della città di Reggio Calabria, con tanto di “pupi” e “pupari”.
“E’ davvero singolare – osserva Parisi – che chi riferisce con certezza l’esistenza di un’informativa “depositata”, non ne conosca il contenuto e gli eventuali soggetti coinvolti. La regola aurea delle cinque W non può rappresentare un obbligo per i giornalisti ed un optional per chi se ne serve quantomeno per veicolare ipotesi”.
“In ogni caso, – sottolinea Parisi – il ruolo rivestito dal soggetto che l’ha pronunciata, il presidente della Giunta regionale della Calabria, impone  la massima e, soprattutto, immediata chiarezza. Da parte della Squadra Mobile di Reggio Calabria e delle Procure di Catanzaro e Reggio Calabria. Per confermare la notizia che – se vera – impone immediati provvedimenti nei confronti di quanti utilizzerebbero la professione giornalistica per scopi, oltre che eticamente e deontologicamente scorretti, di rilevanza penale; o – in caso contrario – per smentirla seccamente. In quest’ultima ipotesi, naturalmente, usando lo stesso metro invocato nei confronti dei presunti «manipolatori dell’informazione». La legge è uguale per tutti”.