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Talpe dei clan, indagini chiuse

COSENZA – La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha chiuso le indagini sull’ex agente della squadra mobile di Cosenza Vincenzo Ciciarello, di 60 anni e su Enrico Francesco Costabile, di 49 anni, poste agli arresti domiciliari nello scorso mese di aprile con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti avrebbero rivelato informazioni riservate al clan Rango-Zingari. Nell’ambito della medesima inchiesta sono indagati anche l’ex carabiniere oggi in pensione Antonino Perticari e un impiegato civile dell’ufficio verbali della Polstrada di Cosenza, Fabrizio Bertelli.

Sentenza Rango-zingari, inflitte 33 condanne

COSENZA – 33 condanne, di cui una all’ergastolo, e due assoluzioni. E’ questa la sentenza emessa dal Gup distrettuale di Catanzaro, Carlo Saverio Ferraro, a conclusione del processo con rito abbreviato, denominato “Nuova famiglia”, a carico della cosca cosiddetta “degli zingari” di Cosenza. Accogliendo la richiesta del pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, il gup ha condannato all’ergastolo Maurizio Rango, considerato il capo dell’organizzazione criminale, accusato di associazione mafiosa e dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere di Luca Bruni, scomparso nel gennaio del 2012, il cui scheletro venne trovato in un casolare nei pressi di Castrolibero. Rango è considerato al vertice della cosca Rango-Abbruzzese frutto dell’alleanza con la criminalità organizzata nomade. Il nuovo gruppo criminale scaturito dall’alleanza sarebbe riuscito in poco tempo ad assumere il controllo, in tutto il territorio di Cosenza, degli affari legati alle estorsioni, al traffico di droga e degli appalti pubblici, gestendo anche l’occupazione abusiva di alloggi popolari che venivano poi rivenduti.

Cosenza, estorsione da mille euro ai danni di un commerciante

COSENZA – La Squadra mobile di Cosenza ha arrestato Antonio Marotta, 37 anni, con l’accusa di estorsione ai danni di un imprenditore. L’uomo, ritenuto dagli investigatori vicino al clan degli zingari, si sarebbe fatto consegnare, dietro minacce, la somma di 1000 euro in contanti dal titolare dell’esercizio commerciale. I poliziotti, che pedinavano Marotta da giorni, lo hanno fermato all’uscita del negozio. Sono state altresì acquisite le immagini di videosorveglianza del locale che avrebbero registrato il passaggio del denaro. Sono in corso ulteriori indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni.

L’allarme dei magistrati della Dda: siamo rimasti in sei con mille udienze da presenziare

Bombardieri e lubertoCATANZARO – Dopo aver illustrato i particolari dell’operazione che ha consentito alla Direzione Distrettuale di Catanzaro di procedere alla confisca dei beni riconducibili alla cosca Tripodi, il procuratore aggiunto della Dda Vincenzo Luberto si è lasci uno sfogo davanti ai cronisti, denunciando in maniera determinata la carenza di organico dell’importante ufficio giudiziario. “La Dda di Catanzaro ha a disposizione solamente sei magistrati per far fronte a mille udienze cui i singoli pm devono presenziare. Si tratta di un numero esiguo di uomini che fronteggia in ogni modo possibile la criminalità organizzata ottenendo un successo insperato, se si considera la carenza di organico. Voglio ricordare che abbiamo competenza su due terzi del territorio regionale. Parliamo di zone come Lamezia, gestita con sacrificio inenarrabile vista la presenza radicata di cosche come quella dei Giampà e dei Torcasio che comunque siamo riusciti ad arginare con numerose operazioni come “Medusa” e “Perseo”, e non ultima “Dirty Soccer”, ma se analizziamo tutto il territorio di nostra competenza non sfugge che Vibo Valentia ha in ogni frazione piccole cosche che gestiscono le attività criminali che fanno capo a quelle più note. Anche lì – ha sottolineato Luberto – la nostra attività è stata determinante e parliamo sempre di un uomo solo a gestire tutto. La situazione non cambia a Cosenza e Crotone, dove ci si divide tra Paola e Castrovillari con il clan Rango-Zingari e dove siamo riusciti con la nostra attività a svelare le ramificazioni nazionali del clan Grande-Aracri, attività che ha portato all’operazione Aemilia. Infine c’è Catanzaro, che non è un’isola felice come tutti vogliono far credere o come si potrebbe pensare. Anche qui la ‘ndrangheta è permeata notevolmente. Se la ‘ndrangheta, quindi – ha concluso il procuratore aggiunto – è il nemico numero uno, come dicono, non è così che si combatte. Le forze sono insufficienti perché si finisce per trascurare alcune situazioni che possono essere importantissime. Lo sforzo della Procura è notevole, ma potrebbe alla lunga non bastare. Per questo ribadiamo che serve un incremento di organico”.