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Studenti calabresi fuori sede, la lettera di un nonno: «Quanto tempo ancora saranno costretti a rimanere lontano i nostri giovani?»

COSENZA – Sono sempre di più le lettere che giungono in redazione in risposta ai provvedimenti di chiusura della Regione Calabria per il lockdown da Covid-19 (ieri l’ultima dichiarazione in merito della governatrice Jole Santelli, che puoi leggere qui). Oggi pubblichiamo la lettera aperta al presidente della Calabria di un nonno di uno dei tanti giovani studenti calabresi fuori sede che chiede di poter rientrare in Calabria, naturalmente sottoponendosi alle misure che metterebbero se stesso, e di conseguenza gli altri, al riparo da eventuali contaminazioni, questo affinché «tutte le persone rimaste bloccate fuori Regione non debbano pagare per quelli che invece sono scesi nei mesi scorsi, durante i giorni di maggiore rischio contagio, senza nessuna precauzione e senza nessun controllo da parte degli enti istituzionali».

«Preg.ma Jole Santelli, Presidente della Giunta Regionale della Calabria

Vorrei rivolgere alla S.V. le un ulteriore appello che mi permetto di confrontare con i provvedimenti da lei assunti da recente in materia di mobilità territoriale.
Unisco questa mia istanza alle numerose altre istanze a Lei rivolte dal preside Antonio Iaconianni (qui la sua lettera), dal consigliere regionale Tilde Mimasi,
dal consigliere regionale Giuseppe Aieta, e dalle organizzazioni partitiche PD, Italia Viva, Rifondazione Comunista;

Mio nipote che frequenta un corso di Laurea presso l’Università di Siena, nella cui città alloggia presso una famiglia la quale gli ha ceduto in locazione una stanza ed annessi servizi.
Egli è in quarantena volontaria in quanto rispettoso dai provvedimenti emanati in materia di mobilità dagli organi governativi e, soprattutto, da codesta Presidenza.
E’ costretto a vivere in una stanza di circa 12 metri quadri e, nonostante ciò, continua a studiare diligentemente e con profitto tanto da consentirgli il superamento di alcuni esami relativi ai corsi di studio seguiti per via telematica.
Non esistono altri motivi ostativi che impediscono il ricongiungimento del giovane con la sua famiglia tranne che i provvedimenti in vigore:
è rimasto a casa per più di due mesi da quanto è stato emanato il primo provvedimento del DPCM che poneva tale obbligo;
non è affetto dal COVID 19 e questo lo può dimostrare in qualsiasi momento sottoponendosi alle previste prove;
è disponibile a rimanere in quarantena volontaria nell’eventualità di un suo rientro che, peraltro, è stato organizzato in assoluta sicurezza ed autonomia.

Lei ha provveduto, con ordinanza, a:
– riaprire gli stabilimenti balneari ed i parchi acquatici per effettuare interventi di manutenzione;
– concedere l’apertura delle attività industriali relativi ai prodotti dolciari dietro osservanza di precise disposizioni;
– permettere lo svolgimento di attività agricole anche in comuni diversi da quello di residenza.
Ma si vuole nascondere o negare che nello svolgimento delle attività autorizzate, e sopra individuate, non possano esserci rapporti interpersonali ravvicinati che possono costituire eventuali motivi di contagio?
Né i suddetti rapporti sono stati regolamentati!
Ugualmente si vuole negare che presso i supermercati e gli esercenti di genere alimentare possano verificarsi rapporti ravvicinati tra le persone che potrebbero essere causa per il diffondersi del virus?
Si vedano, soltanto, i pagamenti effettuati presso le casse per la merce acquistata che, con sicurezza, si svolgono a distanza inferiore al metro!
Neanche questi sono stati regolamentati in modo da evitare possibili contagi.
Ed ora si continua a vietare il rientro a casa dei familiari perché non si riesce a regolamentare gli spostamenti!

Faccio appello alla sua sensibilità allorché Lei ebbe a dichiarare: “Ci debba essere una fase 2 ma va preparata con attenzione e prudenza”;
ed inoltre: “Dopo il 3 maggio avvieremo 15 giorni di screening di massa e da lì decideremo come procedere”.

Mi sorge, però, spontanea una domanda: se si penserà di organizzare le procedure da seguire per la fase 2 dopo 15 giorni da 3 maggio p.v., quanto tempo ancora saranno costretti a rimanere fuori dalla propria residenza i nostri giovani?

Non oso credere che Lei si è circondata da collaboratori che non sono capaci di organizzare un rientro regolamentato ed organizzato dei calabresi onesti che intendono ricongiunsi alle proprie famiglie?

A mio avviso, sarebbe sufficiente e naturale incaricare le forze dell ordine di dare applicazione scrupolosa delle vigenti norme in materia di spostamenti ed, inoltre, obbligare coloro che rientrano a munirsi di permessi rilasciati dalle autorità competenti in tal modo sarebbero tracciabili; ovvero obbligare coloro che vogliono ritornare a casa di munirsi delle APP previste dal Governo così da conseguire analogo risultato.

Non vorrei credere che a governare la Calabria è stata posta la caparbietà e non il buon senso civico e morale.

Abbiamo necessità di conoscere: normative certe, periodi e date non contrattabili, e non rinvii ed ulteriori proclami.

Con osservanza si attende risposta.

Giovanni Gonzales»

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