“Critica all’antimafia”, il nuovo libro di Andrea Apollonio

“L’idea di scrivere una storia della mentalità mafiosa è apparsa spesso una sciocchezza”, così Andrea Apollonio, giovane scrittore leccese ha presentato lo scorso 4 aprile presso il Terrazzo della Pellegrini Editore il quattordicesimo libro della collana “Mafie” pubblicato dalla stessa casa editrice cosentina. Critica all’antimafia, è questo il titolo del volume nel quale racconta in maniera analitica e scientifica l’evoluzione del fenomeno mafioso. Mafia, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita e Camorra, tutte realtà made in Italy descritte dalla penna dell’autore sotto forma di relazioni di viaggio. Un difficile percorso tra storia e politica nei meandri oscuri delle mafie regionali o, per dirla alla maniera di Calvino, delle “città invisibili”. Mafia come fenomeno liquido, invisibile, plastico, camaleontico cha fa più paura quando fa affari piuttosto che quando spara. I sottogoverni tentacolari in un rapporto inversamente proporzionale alla politica italiana hanno messo radici anche oltreoceano; la geografia della malavita organizzata, del resto, è molto cambiata. Dalla Conca D’oro della Mafia Palermitana a Toronto, da San Luca a Londra o a Duisburg il passo è breve. I boss malavitosi, i famosi gangsters celebrati nel cinema Hollywoodiano, hanno concentrato il loro potere in centri nevralgici internazionali. Basti pensare ai cinquantasei grattacieli attualmente in costruzione nell’area dell’Ontario. La mafia continua a proliferare. Lo scrittore, dapprima giurista penale, sente di dover trattare questo spigoloso argomento anche per cercare di individuare le possibili soluzioni utili a sconfiggere questo male. Da Luigi Sciascia a Pio La Torre fino ad Antonio Nicaso, in molti hanno seriamente riflettuto e indagato concretamente sul problema. È possibile debellare il cancro sociale con un apparato di leggi valide e dure. La passione di Apollonio verso le dinamiche del potere mafioso nasce da un’esperienza fatta in prima persona con il corpo speciale di cacciatori in terra di ‘Ndrangheta. Rosarno, Platì, Polsi, Gioia Tauro, Gioiosa Marina e San Luca sono le zone mafiose calabresi esplorate e raccontate dall’autore nell’undicesimo libro della collana: Cosa Nuova: Viaggio nei  feudi della ‘ndrangheta con lo squadrone cacciatori. “Bisogna assaggiare l’inferno per capire tutto il resto”, così Andrea Apollonio racconta la sua esperienza di uomo e scrittore. Nei due libri, intrisi di riferimenti letterari, si passa da un viaggio reale ad uno propriamente legale. In Critica dell’antimafia, ad esempio, come studioso di diritto, circumnaviga l’isola rocciosa della normativa applicabile al sistema mafia. Dopo i fatti di sangue del ‘65 (Strage di Ciaculli), del 1982 (Stragi eccellenti di Della Chiesa, La Torre), del ‘92 (strage di Capaci, con la morte di Falcone e Borsellino) l’antimafia è stata considerata una categoria di repressione. Apollonio auspica una legislazione che sia strumento di coesione sociale e risanamento in luogo di leggi arretrate frutto di una normativa schizofrenica ed emotiva. Durante la presentazione del libro sono intervenuti Antonio Nicaso (esperto internazionale di mafia) ed Ercole Giap Parini (ricercatore di sociologia generale presso l’Unical). Entrambi hanno appena dato avvio, presso l’Università della Calabria, ad un corso sulle organizzazioni mafiose transnazionali. Antonio Nicaso, esperto di ‘ndrangheta da quarantatrè anni, compiaciuto per l’opera di Apollonio, anticipa l’esistenza di una rete internet interamante gestita da organizzazioni criminali. “La mafia è plastica. Si adatta al territorio, vive di consensi” fa sapere. Ercole Giap Parini, sottolineando l’utilità del libro, afferma: “Mette il dito nella piaga, soprattutto nelle considerazioni relative al 41 bis. Il “carcere duro”è lo strumento più temuto dai boss mafiosi. Raffaele Cutolo,  infatti diceva: “le condizioni in cui è costretto a vivere un uomo al 41 bis sono indegne per un paese civile. Meglio la pena di morte, che una vita dove è proibito telefonare, parlare con altre persone, cucinare e svolgere ogni altro genere di attività”. E’ un libro che chiede normalità, si evince che Apollonio vuole esplicitamente che il diritto sia diritto”. La nostra è una storia fatta di patti con le mafie e le mafie non vanno enfatizzate perché diventerebbero invincibili. Lo scrittore, dunque, ci invita a ripensare un diritto imperfetto che faccia da contrasto: “Il diritto deve essere uno strumento tecnocratico di distribuzione della sofferenza”. Le mafie devono essere pensate dunque sia come modi di essere che come modi di agire e la politica sociale è l’unica arma contro l’azione delle cosche e dei clan malavitosi.

                                                                                                                    Rossana Muraca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *