Vranzzandari, “U mart a zata” e maccarruni

Carnevale festa tipica dei paesi cristiani; periodo festivo tra Natale e la Quaresima che inizia, secondo le diverse tradizioni, il 17 gennaio o il 2 febbraio e culminante la sera del martedì grasso con balli, strenne mascherate e baldorie durata circa settimana. Questo è anche il giorno della grande abbuffata di ogni tipo di cibo ma in particolare di carne, di cui ci si dovrà astenere, invece, dal mercoledì in poi, quando inizia la quaresima. La parola composta carnevale deriva da Karne vale, o carnovale, composta da carne e levare cioè levare la carne.

Anche per questa festa in ogni paese e città esistono diverse tradizioni,  alcune ancora presenti che si ripetono, se pur modificate. Altre sopite dal tempo ma importanti  da ricordare per la trasmissione del nostro patrimonio culturale

A Tarsia, in passato, i bambini giravano per i vicoli del paese mascherati  alla buona con vestiti, a volte, improvvisati e fatti con pochi stracci da loro stessi;  i maschi si vestivano da femmine o al contrario, altri da vacchierella,  da zingarella, e pochi si potevano permettere le maschere classiche di Allerchino, Pulcinella e Colombina. Giravano di casa in casa ripetendo una filastrocca: “Zizza zizza zizza ‘ma dunati nu pochi i sazizza??” Invitando le persone a farsi dare piccoli doni, ma quello più ambito era proprio la salsiccia che avrebbero mangiato insieme la sera del martedì grasso.

Gli adulti, per lo più solo uomini, mascherati e detti in dialetto “Vrazzandari”, andavano in giro di sera a far baldoria per le vie del paese cantando e suonando anche bellissime serenate. Andavano a far visita anche a casa di amici che, dopo averli riconosciuti, offrivano loro vino e cibo. Ma i “Vrazzandari” suscitavano anche un po’ di paura, specie tra le donne e bambini perché accadeva che, qualche balordo, approfittando del travestimento, combinava qualche marachella.

Le vie del paese erano animate da spassosissime farse, scritte e organizzate da qualche volenteroso del paese, “i mesi dell’anno” e “U processo a Carnalivari”, “Carnalivari muurtu”, il funerale e l’incendio del fantoccio che impersonava la figura del re Carnevale. Gli attori, sempre giovani del paese, erano seguiti da un lungo corteo di spettatori e a ogni scena  si cambiava vicinato.

“U mart a zata”

Infine la sera del martedì grasso a  “u mart a Zata”, dopo la morte di Carnevale, la tradizione prevede una grande abbuffata di maccarruni  (fusilli al ferretto) con sugo polpette e involtini di maiale e salsicce. Abbuffarsi un tempo era quasi un obbligo dettato dalla superstizione, un modo per accattivarsi la buona sorte: il contrario sarebbe stato un “malagurio”. Infatti da qui deriva “a Jastima” cioè la maledizione: ” ‘un di vo abbuttà manca a sira a zata”, Che tu non possa  saziarti mai, nemmeno  la sera del martedì grasso.

Emilia Sannuto

 

Uno dei piatti che va per la maggiore nella tradizione carnascialesca tasiana è rappresentato dai Maccarruni cu purpette e vrascioleLa tradizione vuole che se ne faccia incetta oltre che bisognava produrne in grande quantità, tanti da poterne mangiare ancora il giovedì dopo il merocledì delle ceneri di cui farne in grande quantità tanto da rimanerne anche per il giovedì, il giorno dopo le ceneri, proprio per sopperire al mercoledì sacro.

Per i maccarruni (fusilli al ferretto)

Per 4 persone

Farina circa 600gr.

Acqua q.b

Impastare gli ingredienti fino ad ottenere un composto elastico.

Dividere l’impasto in tanti pezzi e ottenere la forma di un bastoncino del diametro di circa mezzo centimetro e lungo circa tre/cinque centimetri. Poggiare l’apposito utensile (ferretto squadrato) sul bastoncino di pasta e, con movimenti veloci andando avanti ed indietro, allungare il bastoncino di pasta almeno del doppio e dando ad esso la forma di un grosso bucatino. A quel punto sfilare il ferretto dalla pasta e poggiare il fusillo così prodotto su un telo dove saranno allineati tutti i fusilli fino a completare l’impasto.

Per il condimento:

Preparare le braciole di carne di maiale con fettine arrotolate intorno ad un ripieno di prezzemolo, aglio, alloro, pancetta, sale e pepe; fermare il rotolo ottenuto con uno stuzzicadente o con il gambo di origano essiccato; farlo rosolare nell’olio bollente e aggiunge la salsa di pomodoro; quando la salsa è quasi pronta, buttare nel sugo anche le polpettine di carne di maiale precedentemente fritte in olio evo, dove cuoceranno ancora per qualche minuto.

Cuocere i fusilli in abbondante acqua salata, scolarli e condirli con abbondante sugo e polpette. Aggiungere una spolverata di pecorino grattugiato e mangiare ancora fumanti.

Fiorenza Gonzales

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