Cassano, cerimonia consegna della Pala del maesto Negroni

negroniCASSANO ALL’IONIO (CS) – Ritornerà a Cassano, dopo 44 anni, la Pala raffigurante l’Annunciazione di Pietro Negroni. A donarla sarà il restauratore Gianluca Nava che ha fatto parte dell’Equipe di restauro. Il tutto avverrà durante una cerimonia ufficiale, giovedì 24 settembre p.v. alle ore 17.30 davanti la Basilica Minore Santa Maria del Lauro di Cassano All’Ionio, alla presenza del primo cittadino, Giovanni Papasso, dell’assessore alla cultura, Alessandra Oriolo, del Vescovo della Diocesi, S.E. Rev.ma Mons. Francesco Savino e dello stesso restauratore.

L’importante opera raffigurante l’Annuncio della nascita del Salvatore è costituita da un Olio su tavola 230
x 151 datata 1552 ed è stata custodita nella Chiesa di San Francesco di Paola fino a quando non è stata assoggettata ad opera di restauro da parte della Soprintendenza per i Beni A.A.A.S. della Calabria.
L’opera, pala del primo altare destro della Chiesa di S. Francesco di Paola raffigura l’Annunciazione che è ambientata in uno scenario architettonico; a sinistra, la Vergine è su di un inginocchiatoio dal prospetto a forma di grifone, probabile simbolo della doppia natura di Cristo, sottolineata del resto, dalla cintola a doppio nodo che avvolge la veste della Madonna. Ella è attonita per l’irrompere impetuoso dell’Arcangelo Gabriele, raffigurato con belle ali, rese formalmente, a penne d’uccello. Il Messo Celeste regge nella mano sinistra un ramo d’ulivo, simbolo della pace che con la Redenzione si instaura tra Dio e l’uomo, con l’altra indica, verso l’alto l’Eterno, ritratto tra un volteggiare di angeli e nubi sulla sommità dell’architrave. Lo sguardo estatico e sorpreso di Maria acquisisce un senso di tipicità quasi universale, mentre, la figura dell’Arcangelo è siglata da un’inquietudine interiore che si potrebbe qualificare già “manierista”. E’, infatti, un’immagine impetuosa, resa formalmente con movimenti ampi e dinamici, tanto nelle principali linee del panneggio, quanto nella fluida materia cromatica. Tali considerazioni teoriche hanno un risvolto pratico nel dipinto; in esso è già manifesto il linguaggio della “maniera”: nell’incrocio non equilibrato delle diagonali, nell’insistenza “scenografica” dell’ ambientazione, nel panneggio a “sipario” della tenda, nella stesura del colore caldo e luminoso che modula le forme in sfumate contrapposizioni di ombra e luce. Caratteristica, quest’ultima, di chiara matrice fiamminga, presente nello studio analitico e finissimo dei particolari: il “diligente” vaso con i gigli, lo splendido grifone “bronzeo” del leggio, la balaustra delineata, pur nell’ombra, con una punta di stupita ingenuità.

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