Replica del sindaco di Cassano allo Ionio su vicenda lavoratori LSU restituiti al bacino regionale

In merito alla decisione del “tavolo arbitrale” della Regione Calabria sulle vicenda relativa alla restituzione al bacino regionale di due lavoratori socialmente utili in forza al Comune di Cassano, e comunicata negli scorsi giorni allo stesso Ente municipale, il Sindaco Giovanni Papasso ha ritenuto necessario replicare alla nota pervenuta dalla  stessa Regione con una missiva indirizzata al Presidente della Giunta Regionale della Calabria, all’ Assessore Politiche del Lavoro, Al Dirigente  del Dipartimento 10 Settore I – Servizio 2 ed al Segretario regionale della UIL Temp.

«Il Presidente di un “Tavolo Arbitrale” non ha il potere di dichiarare illegittimo un atto amministrativo, assumendo i poteri di organo di giustizia amministrativa – ha scritto il Sindaco di Cassano All’Ionio – pertanto, incongrua  ed inusuale  appare la decisione adottata dal Presidente del Tavolo Arbitrale, tenutosi in data 12 dicembre 2013, incui non si era pervenuti ad alcuna decisione, se non con rinvio a successive comunicazioni delle parti, su eventuali accordi conciliativi. Ragion per cui –  ha spiegato nella missiva il primo cittadino cassanese la decisione del Presidente si appalesa, a nostro avviso, arbitraria laddove autonomamente qualifica “la restituzione dei due LSU al bacino regionale” come vero e  proprio “licenziamento disciplinare” e allorché  dichiara “illegittimo” l’atto di restituzione al bacino, ordinando all’Ente, la reintegra dei due LSU allontanati».

«Né, a nostro avviso, il Presidente di un Tavolo Arbitrale può decidere autonomamente, senza tenere conto delle volontà di entrambe le parti in causa, svilendo, così,  di significato e di contenuto lo scopo della convocazione del tavolo stesso, il cui aggettivo “arbitrale”, che gli viene accostato, implica  in sé  una decisione condivisa! Si aggiunga, infine, che è stato il Sindaco di Cassano All’Ionio a “suggerire” al Sindacato di attivare il Tavolo Arbitrale presso la RegioneCalabria, a riprova che l’Ente con la delibera n. 263 non aveva voluto dimostrare alcun intento “punitivo” nei riguardi dei due lavoratori, ma aveva voluto dare alla stessa solo una funzione “educativa”. Preme sottolineare la circostanza che, in sede di Tavolo Arbitrale, il Sindaco si  era dichiarato disponibile a revocare la Deliberadi G.C. n. 263/2013, previa formale richiesta da parte dei lavoratori interessati, che avrebbero dovuto semplicemente riconoscere la funzione educativa dell’atto, ribadendo una linea già seguita, nel corso di tutta la vicenda, anche a seguito di sollecitazioni politiche e sindacali – ha spiegato ancora il Sindaco Papasso – Poiché di tutto questo non si è tenuto conto, spinge a ritenere che la decisione assunta dal Dirigente regionale fosse preconfezionata e preconcetta, decisa cioè già prima della convocazione del Tavolo e non potrebbe essere altrimenti considerato il clima ostile nel quale si è svolta la discussione. In verità, per come nella logica delle cose, ci saremmo aspettati  l’assunzione  di un ruolo positivo in questa vicenda, da parte della Regione Calabria, che avrebbe dovuto invitare i due lavoratori a prendere atto della grande apertura del Sindaco nei loro confronti e a comportarsi di conseguenza. Sarebbe stato un atteggiamento utile  a facilitare  il compito di una  Pubblica Amministrazione,  che aveva assunto  un atto “educativo” nei confronti di chi era venuto  meno ai principi fondamentali  che regolano la vita del lavoro nei pubblici uffici e servizi».

«Del resto, se la volontà dell’Amministrazione Comunale fosse stata altra – ha spiegato – si sarebbero, si, attivati, anche nelle occasioni precedenti e facilmente note, perché riferite a comportamenti praticati in pubblico, gli istituti disciplinari, che avrebbero portato sicuramente al licenziamento dei due lavoratori. Noi, però, abbiamo in considerazione la precarietà dei lavoratori stessi e solo per questo, e per i loro nuclei familiari, si era deciso di restituire i due lavoratori al bacino,  nella certezza chela Regione avrebbe celermente provveduto a  ricollocarli presso altri Enti “non familiari” agli stessi. In ultimo, sottolineiamo – ha posto il Sindaco l’attenzione su un aspetto alquanto curioso dell’intera vicenda – il fatto che un funzionario della Regione Calabria, attraverso la posta elettronica certificata,  abbia comunicato agli interessati l’esito del Tavolo Arbitrale, indirizzando la nota ad un indirizzo e-mail contente il pseudonimo “bagarozzo”, di cui si conosce bene il significato, svilendo, in tal modo, il senso stesso dell’Istituzione Regione. Avendo  rispetto dell’alto senso dell’Istituzione, per questo proviamo amarezza – ha concluso il Sindaco di Cassano All’Ionio».

Da qui la decisione del Sindaco di Cassano All’Ionio, adottata: « solo per non creare maggiori danni e disagi sociali ai due lavoratori», infatti, «In attesa di maggiore chiarezza sulla definizione delle competenze di ognuno, da stabilirsi nelle sedi opportune, gli stessi lavoratori sono stati riammessi nei progetti gestiti dal Comune di Cassano, le cui convenzioni per i LSU-LPU sono stati prorogati al 31 dicembre 2014». Nel fare ciò, tuttavia il primo cittadino di Cassano All’Ionio ha tenuto anche a ricordare i contorni della intera vicenda, nata «Dopo che i due lavoratori si erano resi protagonisti di vari episodi destabilizzanti, culminati  in una  tentata aggressione nei confronti di altro dipendente, che ha sporto formale querela/denuncia presso la locale Tenenza dei Carabinieri, ha costituito la classica  goccia che ha fatto traboccare il vaso, inducendo l’Amministrazione Comunale ad assumere la decisione contenuta nella delibera de quo, che avrebbe dovuto avere anche funzione  educativa e di deterrenza, in considerazione del fatto chela Cittàdi Cassano ha pagato un prezzo alto, in termini di immagine, per i noti fatti di cronaca».

Commentando l’intero accaduto il Sindaco ha così dichiarato:

«Ho preso atto con viva amarezza delle conclusioni a cui è giuntala RegioneCalabria, su una vicenda che, come ho avuto modo di ribadire più volte, aveva solo ed esclusivamente un valore educativo e non certamente punitivo. Infatti, se solo avessimo voluto azionare meccanismi punitivi, avremmo saputo molto bene quali strade intraprendere. Non potevo, comunque, aspettarmi altro da una Regione Calabria,  che non si contraddistingue per la tutela degli amministratori, privilegiando esclusivamente azioni mirate a proteggere i loro clienti. Non mi sento di aggiungere altro, poiché  vale il detto che agli intenditori bisogna riservare poche parole!»

«Nei confronti di taluni sindacalisti che,  con i loro comportamenti e le loro azioni, offendono la memoria dei padri del sindacalismo italiano, non voglio riservare alcun commento, limitandomi a constatare, con amarezza, di aver pagato, invano e per 35 anni, la tessera di iscrizione alla UIL. Aggiungo che, nella mia lunga esperienza politica, ho sempre guardato con grande rispetto verso coloro che si occupano  degli interessi generali, mantenendo le dovute distanze  da chi predilige e si spende per la tutela degli interessi di pochi favoriti. Noto, inoltre, con sommo dispiacere,  che i dirigenti della UIL non riservano alcuna parola nei confronti del lavoratore che è stato malmenato, preoccupandosi  unicamente di sostenere la causa degli attori del gesto».

«Prendo, però,  atto con piacere della presa di distanza, comunicatemi via e-mail, del Sindacalista della UIL Valente, rispetto a certe dichiarazioni date alla stampa, che  sebbene rechino  la sua firma, svelano  facilmente il vero autore. Termino col dire che taluni, che col Sindacato non hanno niente a che vedere e che hanno sempre badato ad interessi clientelari e di bottega, non possono darmi lezioni di socialismo, poiché questo termine racchiude certamente la  difesa del mondo del lavoro ma anche, e principalmente, il ripudio di ogni forma di sopraffazione e di prepotenza, lesivi del diritto di tutti di sentirsi uguali e liberi. Dalla parte mia so di avere la  Cassano onesta, che non ama la violenza e la prepotenza, che chiede che venga messo ordine nel Palazzo e vuole che il Sindacato faccia il proprio dovere».

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