Facce da call center

 Il rumore del tanto temuto squillo telefonico mette ansia, non solo a chi sta dall’altra parte della cornetta che riceve la chiamata e si chiederà: “chissà chi mi starà cercando?” ma anche a chi del telefono ne fa il proprio strumento principale di lavoro. Gli operatori di call center, chiamati in senso dispregiativo telefonisti o centralinisti costituiscono in Italia la categoria più popolosa di lavoratori precari. Ma cos’è un call center? Un’isola felice per naufraghi in balia delle onde? Un’ancora di salvataggio per gente in cerca di lavoro? Un’incubatrice sociale? E’difficile dare una definizione univoca al termine. Nei centri chiamata esistono distinzioni di ruolo e di lavorazione. L’attività telefonica può essere svolta mediante due modalità principali: outbound e inbound (chiamate telefoniche verso o da parte di aziende, clienti, debitori). Nel primo caso fanno parte del settore: telemarketing-teleselling, ovvero contatti diretti di tipo commerciale volti alla vendita di un preciso prodotto e servizio. Fa parte del procedimento di tipo outbound anche l’attività di phone collection, meglio conosciuta come recupero crediti stragiudiziale, che prevede sollecito e riscossione di denaro per aziende che si occupano di utilities e banche. La modalità inbound, invece, conosciuta come customer service, è un servizio di assistenza al cliente in toto. E’ richiesta per questo tipo di mansione, formazione tecnica e di qualità a seconda del prodotto. Nel meccanico mondo dello “squilla la cornetta non solo Mondial casa ti aspetta” i veri protagonisti sono loro, uomini e donne-telefono, le cui storie e racconti di vita si intrecciano nella quotidianità di tutti i giorni. Come in teatro anche nei call center tanti attori vanno in scena, specchio di una società in crisi. Esistono tre tipologie di personaggi telefonici. Ci sono gli operatori definiti “Vanna Marchi”. Sono gli addetti alla vendita. Per telefono si vende qualunque cosa: offerte telefoniche, prodotti di cancelleria e per ufficio, creme di bellezza, libri, prodotti alimentari. Poi ci sono, “Gli antipatici a tutti i costi”, i responsabili di recupero credito che sbraitano pur di spillare qualche soldo. Ultima categoria, non meno importante quella dei risponditori automatici: gli operatori deputati all’assistenza al cliente. Il loro fare ripetitivo li fa somigliare a segreterie telefoniche o pappagalli. Nei call center trovi: padri e madri di famiglia in cerca di uno stipendio, plurilaureati alle prese con l’esperienza di passaggio, avvocati, assistenti sociali etc. Un espositore umano di personaggi in cerca d’autore. Tutti nel loro ruolo diverso, ma tutti omologati. Li trovi uno seduto accanto all’altro, stretti in piccole postazioni, piene di post-it per rinfrescare la memoria con i compiti del giorno. Accanto a loro: un dispositivo telefonico, una cuffia, un pc, fogli di script da recitare a memoria come se fossero litanie. Dure le leggi del call center per chi ci lavora. Pagamenti ad ore o provvigioni, statistiche quotidiane che stabiliscono record ed accendono rivalità, soglie di guadagno, percentuali, refresh, aggiornamenti, approfondimenti. Gli operatori di call center li riconosci anche dal perenne mal di testa, dai problemi di udito procurati dal rumore assordante dei fax e non solo, si pensi all’utilizzo costante delle cuffie, dal modo di rispondere al telefono con il cognome anche quando a chiamare è la propria madre. Modugno avrebbe detto: “Piange il telefono”. Ma è un dato di fatto, a  piangere è anche chi lo usa. Come nel film, Fuga dal call center diretto da Federico Rizzo, tutti giurano il giorno dopo di non voler tornare in quel posto, invece puntualmente il mattino seguente li ritrovi tutti lì a fare gruppo, a bere il solito caffè che equivale a quella pausa che spezza la meccanicità. Tutti attaccati a quel filo (del telefono, appunto) che rappresenta la speranza.                             

                                                                                                                                                                               Rossana Muraca

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