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Falsificava rapporti su alimenti, interdetto dall’attività tecnico di laboratorio

ROGGIANO GRAVINA (CS) – Un tecnico di laboratorio e consulente, Massimo Mazzullo, di Roggiana Gravina, è stato interdetto dall’attività in esecuzione di un provvedimento del Gip di Castrovillari su richiesta del procuratore Eugenio Facciolla e del pm Valentina Draetta. L’uomo avrebbe fasificato oltre 270 rapporti in materia di autocontrollo, ambientale ed alimentare, provocando così l’immissione nella filiera commerciale italiana, europea, giapponese e canadese, di prodotti alimentari non sottoposti ai controlli di legge e potenzialmente nocivi per la salute.

Dalle indagini dei carabinieri del Nas di Cosenza, con la collaborazione dei servizi veterinari di San Marco Argentano dell’Asp di Cosenza, è emerso che Mazzullo, legale responsabile della Biolchimica e della Consulting and management avrebbe truffato numerose aziende. Inoltre avrebbe falsificato rapporti sulla caratterizzazione di rifiuti determinando l’avvio allo smaltimento di sostanze in realtà prive di documentazione.

Sequestrati 6o kg di alimenti

corpo forestale dello statoREGGIO CALABRIA – Il Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato sessanta chili di alimenti in provincia di Reggio Calabria dal personale perchè privi di etichettature e tracciabilità. I controlli, compiuti con i veterinari dell’azienda sanitaria provinciale, hanno portato ad individuare prodotti alimentari quali formaggi, ricotta fresca e salumi di vario tipo, confezionati e trasportati in precarie condizioni igieniche. Gli alimenti sequestrati erano anche privi della data di scadenza.

AIAB Calabria promuove i prodotti calabresi bio

SAN GIOVANNI IN FIORE (CS) – AIAB Calabria lancia le vetrine promozionali ambulanti dei prodotti biologici e di qualità delle principali filiere agro-zootecniche regionali in cinque piazze Calabresi. La prima promozione è cominciata il 17 Agosto a San Giovanni in Fiore (CS) dove, per dieci giorni, in via Roma, dalle ore 21:30 fino alle 23:00, ospiterà le vetrine promozionali ambulanti dei prodotti biologici calabresi. A seguire le vetrine saranno presenti dal 20 al 29 Agosto a Monasterace in Piazza Porto Salvo, dalle ore 20:00 alle ore 21:30; dal 22 al 31 Agosto ad Amantea, presso piazza Commercio dalle ore 21:00 alle ore 22:00; dal 22 al 31 Agosto a Bova Marina in piazza Municipio dalle ore 19:30 alla ore 20:30 e per concludere a Reggio Calabria dal 23 Agosto al 1 Settembre presso il lungomare Italo Falcomatà (Stazione Lido) dalle ore 19:00 alle ore 20:00.
La campagna di promozione “QualitàBio” – Informazione e promozione su prodotti biologici e di qualità riconosciuta delle principali filiere agro-zootecniche regionali” riguardanti la diffusione di informazioni e la promozione di prodotti biologici del territorio calabrese. L’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica della Calabria è un’associazione di promozione sociale, senza fini di lucro, che da oltre 20 anni promuove e rappresenta attività sostenibili in Calabria, attraverso la valorizzazione di metodi di coltivazione e di allevamento biologico, la tutela dell’ambiente, dei produttori, dei consumatori e del benessere animale. L’obiettivo del progetto è quello di diffondere la conoscenza dei prodotti biologici calabresi di qualità riconosciuta declinando il legame con il territorio e le sue tradizioni, aumentando la loro promozione in canali distributivi poco utilizzati per il biologico calabrese e instaurando un rapporto fiduciario con il cittadino consumatore mediante la distribuzione gratuita di una campionatura di prodotti tipici calabresi biologici e materiale informativo sull’argomento. L’enogastronomia calabrese è il risultato perfetto della simbiosi tra il territorio e saperi millenari, resa ancora più speciale dall’agricoltura biologica, oggi garante della sua perpetuazione nel tempo con parametri qualitativi estremamente elevati.

La Commissione UE fa marcia indietro sull’indicazione origine alimenti in etichetta

unnamed (1)«Come non essere delusi da questa mossa della Commissione? L’indicazione di origine degli alimenti è un’informazione fondamentale: priviamo i consumatori del diritto di scelta. Avremmo voluto più coraggio dall’Unione Europea e ci viene il sospetto che questo provvedimento abbia a che fare con le trattative segrete del Ttip. La verità è che non sappiamo quali accordi siano stati già presi, pertanto non sappiamo che cosa aspettarci». Commenta così Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus i due rapporti Ue con i quali la Commissione dichiara “preferibile” optare per una scelta volontaria, invece di un obbligo (a livello comunitario) dell’indicazione di origine per quegli alimenti ancora fuori dalla legislazione vigente. E stiamo parlando di cibo quotidiano, alimenti comunissimi nella nostra dieta quali prodotti caseari, carni di cavallo e coniglio, pasta, passata di pomodoro, zucchero o riso. «Slow Food ha risposto al deficit delle informazioni in etichetta con le etichette narranti con cui raccontiamo origine, metodo di produzione e qualità organolettiche dei prodotti dei Presìdi. Ne avremmo fatto a meno, ma i fatti ci portano a dover potenziare questo progetto», prosegue Piero Sardo. I report pubblicati il 20 maggio dalla Commissione Europea sono due. In entrambi si conclude che i «Benefici ricavati dai nuovi requisiti di indicazione obbligatoria non superano i costi. Pertanto le indicazioni volontarie sembrano essere la soluzione più adatta». Il primo rapporto, gestito dalla Dg Agri della Commissione (Direzione generale agricoltura), esamina la possibilità di contrassegno obbligatorio di origine per i prodotti lattiero-caseari e quelle che vengono definite “carni minori” (coniglio, cavallo e cacciagione) rimaste fuori dalla legislazione europea in vigore. La Commissione giustifica così questa scelta: «Considerate le abitudini di consumo e i potenziali costi dell’introduzione dell’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta, per i prodotti caseari questa aggiunta potrebbe risultare più onerosa per alcuni più che per altri con un impatto “irregolare”. E mentre alcuni avrebbero costi maggiori di produzione, non è detto che i consumatori siano disposti a pagare di più per queste informazioni. Lo stesso discorso vale per le carni minori» si legge nel comunicato della Commissione. Nello studio allegato leggiamo che, stando a quanto dichiarato dalle aziende casearie inserite nella ricerca: «I costi di produzione potrebbero aumentare entro una forbice che va dall’8% al 45%». Percentuale che colpirebbe i più piccoli e ubicati in zone marginali in quanto: «Potrebbero appoggiarsi a cascine diverse a volte addirittura in stati diversi». Si chiede Sardo: «Ma quanti casi del genere possiamo contare? E siamo sicuri che i consumatori non siano disposti a pagare un pochino di più per conoscere da dove arriva il cibo che si portano in famiglia?». Il secondo report, curato dalla Dg Sante (Direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare), analizza il bisogno dei consumatori di essere informati circa l’origine degli alimenti non trasformati, di quelli mono ingrediente o che hanno un ingrediente che rappresenta oltre il 50% dell’alimento. Stiamo parlando di riso e pasta, ma anche succhi e conserve di pomodoro. Non nascondiamo stupore nel leggere le conclusioni della Dg Sante: «I consumatori sono interessati a conoscere l’origine di questi alimenti, ma molto meno di cibi come carne, derivati della carne e prodotti lattiero caseari e non sembrano disposti a pagare di più per le informazioni aggiuntive. I costi superano dunque i benefici, pertanto la soluzione combinata di indicazione volontaria con gli obblighi vigenti è la soluzione migliore da adottare». Pare che per arrivare a queste conclusioni, la Dg Sante abbia consultato tutte le parti interessate: consumatori, operatori di settore (Food business operatore – FBOs) e Stati Membri. Quello che non ci è affatto chiaro è a quale campione si faccia riferimento. Di quanti cittadini europei stiamo parlando? Abbiamo spulciato lo studio e non è stato semplice trovare il campione: si tratta di 5.250 cittadini europei in 15 Stati Membri (i cittadini dell’Unione sono 503.679.730). Tra l’altro al parere dei consumatori si aggiunge quello di: stake holder della filiera, organizzazioni di consumatori, stati membri, non meglio identificate autorità competenti…