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Marcia indietro della Procura sul caso della piccola Cloe Grano

COSENZA – E’ iniziato il processo con rito abbreviato per tre medici del pronto soccorso dell’ospedale di Cosenza, imputati per la morte della piccola Cloe, avvenuta nel 2014 all’ospedale di Napoli, dopo diverse visite nel nosocomio bruzio, nel corso delle quali non sarebbe stata rilevata l’invaginazione che l’affliggeva. I genitori denunciarono sei medici del pronto soccorso dell’ospedale di Cosenza, che non avrebbero riconosciuto la gravità delle condizioni della piccola che aveva meno di 5 mesi di vita. Il Pm Antonio Tridico ha chiesto una perizia collegiale, visto che le diverse perizie finora presentate dalle parti non sono concordi e presenterebbero delle incongruenze. «E’ una presa di coscienza da parte della Procura di Cosenza che c’è qualcosa, in questo processo, che non è andato per il verso giusto ed evidentemente , dopo aver chiesto l’archiviazione, neanche la procura è convinta di ciò che ha fatto» ha detto all’Agi Antonio Iaconetti, legale di Dino Grano, padre della bambina. «Ora si riaprono i giochi, per tutti – sottolinea Iaconetti – perché adesso è saltato il rito abbreviato per questi tre medici». Per Dino Grano «oggi è successo un fatto epocale, perché il pm che aveva chiesto per due volte l’archiviazione per tutti i medici, oggi è tornato indietro. Io sono una persona sola, ma onesta e solo le persone oneste possono fare ciò che ho fatto io – ha detto Grano – che non mi arrenderò mai e ora farò intervenire anche il ministero della sanità».

Per la piccola Cloe Grano bisogna continuare le indagini

COSENZA –Per chiarire le eventuali responsabilità che hanno causato la morte della piccola Cloe Grano bisogna continuare ad indagare. Lo ha stabilito il giudice per le udienze preliminari Luigi Branda rigettando la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero Antonio Bruno Tridico. Una vicenda drammatica quella della bimba di Rende, di soli quattro mesi e mezzo. E’ deceduta nell’aprile 2014 al Santobono di Napoli nonostante il disperato tentativo dei medici di salvarle la vita. Al nosocomio partenopeo la piccola era giunta in condizioni gravi dopo un lungo calvario patito, secondo la ricostruzione dei legali della famiglia, gli avvocati Antonio Iaconetti e Ferdinando Palumbo, nelle corsie del reparto di pediatria dell’ospedale dell’Annunziata. I genitori di Cloe si erano recati al pronto soccorso una decina di giorni prima perché la figlioletta accusava mal di pancia e vomito ma i medici non l’hanno trattenuta né in quella circostanza né in altre successive occasioni, quando la mamma e il papà della piccola, Edyta e Dino sono tornati con la bambina che accusava sintomi sempre più gravi. Finchè le sue condizioni di salute non sono precipitate giungendo al tragico epilogo. Secondo il giudice, le indagini sono state lacunose, tanto che a tutt’oggi, anche a causa dei pareri discordanti dei periti, non è stata accertata la causa della morte. “Le relazioni degli esperti non collimano” scrive il gup riferendosi al fatto che, mentre i consulenti del pm individuano quale causa del decesso una invaginazione intestinale derivata da una precedente occlusione, il perito nominato dallo stesso giudice ritiene che proprio l’occlusione avrebbe causato il decesso. “L’individuazione della causa della morte su cui gli esperti non concordano– scrive ancora il gup – appare essenziale perché in ipotesi di occlusione intestinale la diagnosi con una semplice ecografia e l’intervento anticipati, avrebbero potuto determinare un differente e fausto sviluppo causale. Sul punto si riscontra la carenza investigativa perché non sono stati assunti a sommarie informazioni i medici che hanno eseguito l’intervento presso il Santobono i quali hanno potuto riscontrare de visu quale sia stata la causa scatenante, avendo proceduto alla resezione del tratto intestinale in necrosi”. Il giudice ha pertanto disposto un supplemento di indagini da eseguirsi entro 120 giorni, durate i quali bisognerà sentire i medici che hanno eseguito l’intervento a Napoli i quali “potranno fornire informazioni essenziali – scrive ancora Branda – sulla esatta individuazione della causa della morte e indicazioni utili a precisare la data di insorgenza della patologia che ha innescato lo sviluppo causale”. In altre parole il giudice, con queste verifiche, intende accertare il momento in cui l’occlusione intestinale poteva essere diagnosticata e se fosse stato possibile intervenire per tempo per evitare la morte della piccola.