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Numerose adesioni per “Botteghe di Mestieri” contro la disoccupazione giovanile. La soddisfazione di Federica Roccisano

CATANZARO – Il bando “Botteghe di Mestieri”, promosso da Italia Lavoro e sostenuto dall’Assessore regionale al lavoro Federica Roccisano ha ottenuto risposte positive. Lo fa sapere la stessa Roccisano tramite la stampa: “I dati relativi alla partecipazione al bando sia da parte delle imprese sia delle agenzie formative sono stati davvero notevoli: 800 imprese coinvolte e 60 reti tra associazioni di categoria e enti di formazione”. L’Assessore parla di un segnale positivo, indicativo del dinamismo delle piccole imprese operanti nei settori dell’artigianato e dell’agricoltura, a testimonianza della volontà di investire su loro stesse e sui giovani calabresi. Del resto, lo stesso bando era stato emanato per contrastare la crescente disoccupazione giovanile attraverso percorsi di formazione e di esperienza presso le imprese coivolte. Dunque, “un’opportunità realmente vantaggiosa per i giovani della regione Calabria che, insieme al bando Coop StartUp apre la strada ai passi successivi che saranno la formazione professionale con il sistema duale e l’autoimpiego nell’ambito di Garanzia giovani”.

CRITICANDO: Il perché dell’emotivo

Uno dei problemi più attuali, riguardo la letteratura, non è tanto il “come” quanto il “perché”.
Sempre più spesso, infatti, si riconosce nella produzione editoriale contemporanea la tendenza al “romanzo di sé”, allo scritto autobiografico, all’esperienza trasfigurata in appassionante avventura dei sentimenti.
Lungi da ogni intento di questo scritto il sindacare sull’importanza dell’esperienza individuale, e anche di sindacare sulla necessità di esprimere l’esperienza in sé; ma – e questo va chiesto tanto a editori quanto a lettori – c’è davvero necessità di piazzare l’esperienza su un libro, e poi di venderlo? Perché il bisogno di diffondere, e soprattutto di vendere, un racconto della propria storia – per quanto velato, romanzato, restaurato?
La verità – e non vale soltanto nel campo editoriale – è che non tutte le esperienze hanno lo stesso valore, non tutte le produzioni artistiche o pseudo-tali hanno bisogno di essere diffuse e fruite e, semplicemente, non ogni cosa che è stata scritta e sofferta ha davvero il diritto di essere letta. Il sentimento non è garanzia di qualità.
Perché il sentimento e l’autobiografia in editoria, allora? Perché l’empatia è uno strumento rapido ed efficace per assicurare successo e vendite. Perché è semplice poter condividere quanto scritto nell’ultimo romanzo acquistato, se questo insiste su emotività semplici da comprendere e afferrare. Perché fa stare bene leggersi in qualcosa che non si è scritto da sé, riconoscersi in una rappresentazione altra e potersi dire “allora qualcuno altro la pensa uguale”.
Ma questo modo di intendere la letteratura appare figlio della percezione commerciale della rappresentazione, e della filosofia dell’estremo “hic et nunc” senza tanti problemi. In realtà la buona letteratura è quella che offre rappresentazioni del reale, sì valide, sì condivisibili, ma anche oggettive e tendenti all’universale. Come per dire, una visione sarà vera per te che l’hai, ma non per tutti gli altri indistintamente. Una buona letteratura è quella che va oltre l’emotività e sa dare un’oggettività – a volte solo una parvenza, è vero – che sappia andare oltre il valore sentimentale.
Cosa dire, allora, delle centinaia di sguardi sul mondo che l’editoria – piccola o grande che sia – mette in commercio? Ennesimo esempio della frammentazione sociale, o anche dimostrazione dell’incapacità di selezione da parte dell’industria letteraria? C’è stato un tempo in cui, sebbene il libro fosse mercificato, si aveva un’idea chiara su cosa valesse la pena spacciare e su cosa fosse, semplicemente, espressione di un secondo. Sarebbe interessante vedere cosa si sceglierebbe, oggi, se si cercasse di individuare espressioni non di un solo istante, ma anche di minuti, di ore e, perché no, di epoche intere.

Francesco Corigliano