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Star Wars Day: i segreti della celebre saga spiegati dai fisici dell’Unical

RENDE (CS) – Il 4 maggio è lo Star Wars Day, il giorno in cui gli appassionati di tutto il mondo festeggiano la celebre saga creata da George Lucas. La data scelta gioca su un’assonanza: “may the force” – ossia “che la forza (sia con te) ­– suona come “May the 4th”, ovvero 4 maggio in inglese.

Per celebrare la ricorrenza, il team di Fisicittà 2018 – associazione che riunisce dottorandi e ricercatori del Dipartimento di Fisica e si occupa di divulgazione – ha analizzato la saga dal punto di vista delle leggi scientifiche.

Dalla spada laser alla Morte Nera, è solo fantascienza? Ecco le loro risposte.

La Fisica di Star Wars

May be the 4th with you

         A cura di: Federica Chiappetta, Wera Di Cianni, Floriana Filice, Claudio Meringolo, Giuseppina Monterosso, Giuseppe Nisticò, Giuseppe Prete   

In un’epoca cinematografica in cui il filone scientifico è super affermato e sofisticato, con capolavori quali Interstellar (con tanto di consulenza di premio Nobel, Kip Thorne), The Martian, Gravity, Ad Astra, è sempre piacevole tornare alle origini e tuffarsi nella science fiction più pura.

Infatti a volte è proprio grazie a film di fantascienza quali l’intera saga di Star Wars, o 2001-Odissea nello spazio, o i più recenti Thor e i vari Avengers, che si accende il nostro interesse a confrontarci con la fisica e non-fisica che c’è dietro. Le varie “forze” sconosciute e gli strani viaggi nel mezzo interstellare mettono alla prova i cervelli di intere generazioni e stimolano la curiosità dei più giovani nei confronti della fisica e della scienza in generale.

E forse chissà, le future scoperte nel campo della fisica potrebbero davvero portarci ad aggiungere una quinta forza, oltre alle quattro interazioni conosciute, due delle quali citate (gravitazionale ed elettromagnetica), spiegata con la presenza di campi o particelle ancora non noti!

SPADE LASER

Non è goffa o erratica come un fulminatore…è elegante invece, per tempi più civilizzati

Arma padroneggiata da  Jedi e da Sith, la spada laser è l’oggetto più emblematico della saga di Star Wars.

Ma la spada laser è fatta realmente di laser? La risposta ovviamente è no. Il laser è un oggetto optoelettronico in grado di emettere luce ad una certa frequenza e quindi, trattandosi di radiazione, non è possibile che la spada abbia una lunghezza definita. Infatti, un fascio di luce si propaga all’infinito fino a che non incontra un oggetto che ne assorba o rifletta l’energia.

In più la “lama” della spada non sarebbe visibile in assenza di fumi o di nebbia. Noi potremmo vedere solo il punto in cui il laser si scontra con un ostacolo. Inoltre, lo scontro tra due fasci di laser, che spesso accade nei duelli tra Sith e Jedi, non potrebbe avvenire perché i due fasci di luce sovrapponendosi si attraverserebbero a vicenda.

Però una spada potrebbe essere fatta di plasma. Il plasma è il quarto stato della materia, costituito prevalentemente da gas ionizzato, cioè particelle cariche positivamente. Un esempio tipico di plasma nell’Universo è quello che costituisce le stelle.

Il plasma, a seconda dell’elemento ionizzato, può emettere una radiazione luminosa di colore simile a quello delle spade laser. Il problema sarebbe confinarlo in una forma simile a quella di una lama. Essendo il plasma costituito da particelle cariche, queste possono essere confinate mediante un campo magnetico. Anche se si riuscisse a dare al plasma la forma desiderata, maneggiare la spada sarebbe però impossibile perché la temperatura dell’impugnatura raggiungerebbe valori estremi.

TATOOINE IL PIANETA CON DUE SOLI E I PIANETI DI STAR WARS

Il pianeta d’origine dei protagonisti principali della serie è Tatooine, un pianeta desertico caratterizzato dalla presenza di due Stelle. Fino a pochi anni fa si pensava che non fosse possibile l’esistenza di un pianeta in orbita intorno a due stelle. La fantascienza in questo caso ha proposto un’idea che per l’epoca (1977, l’anno di uscita del primo film) era inverosimile, ma ha anticipato le future scoperte scientifiche che hanno portato alla luce l’esistenza di sistemi planetari in orbita intorno a un sistema di Stelle doppie, come il sistema Kepler-47.

Nei film della saga ci vengono spesso presentati pianeti o completamente ghiacciati o completamente aridi o addirittura pianeti ricchi di vegetazione. In pratica pianeti con la presenza di un solo tipo di stagione. Questo sarebbe possibile solo in condizioni molto rare. L’alternarsi delle stagioni della Terra è legato all’inclinazione dell’asse terrestre rispetto alla verticale del piano orbitale, che va a modificare l’angolo di incidenza dei raggi solari che raggiungono la superficie. Per avere una sola stagione dovremmo avere un asse senza inclinazione.

Nella saga ogni pianeta appare abitabile perché ospita una moltitudine di esseri viventi. In realtà ciò non è possibile per vari motivi. Per ospitare la vita un pianeta dovrebbe trovarsi nella cosiddetta “fascia di abitabilità”, una regione che si trova ad una distanza da una stella tale per cui vi è la presenza di acqua liquida sulla superficie del pianeta.

L’abitabilità di un pianeta è legata anche ad altre caratteristiche tra cui massa, densità, dimensioni, composizione chimica e temperatura che dovrebbero essere molto diverse tra i vari pianeti dell’Universo di Star Wars.

MORTE NERA

La Morte Nera è fondamentalmente un’arma di distruzione di massa dotata di un particolare raggio laser che può distruggere un intero pianeta. Come abbiamo detto precedentemente, il laser è un fascio di luce che si propaga nello spazio. Nel film vediamo che la Morte Nera utilizza questo laser per distruggere il pianeta Alderaan. Per la sua natura, il laser dopo aver distrutto il pianeta, avrebbe dovuto continuare a viaggiare e a distruggere tutto quello che si trovava in quella direzione, fino ad esaurire tutta la sua energia. Per alimentare quest’arma di distruzione vengono utilizzati i cristalli kyber. Nella realtà i cristalli sono poco propensi a liberare energia, quindi questo sistema di alimentazione è irrealizzabile (per ora…). Anche se riuscissimo a costruire questo laser, non sapremmo come far funzionare la Morte Nera.

Oltretutto, la Morte Nera è una stazione spaziale di dimensioni planetarie e per tale motivo dovrebbe esercitare una certa attrazione gravitazionale. L’interazione gravitazionale è quella forza che fa cadere gli oggetti verso il centro di un pianeta e la Morte Nera sembrerebbe avulsa da questa interazione. Potremmo tentare di giustificare l’assenza di effetti gravitazionali tramite la bassa densità della stazione, quindi questo oggetto sarebbe molto grande ma poco pesante. Tuttavia, se ciò fosse vero, le persone dovrebbero fluttuare all’interno di esso. In tutta la saga i veicoli sembrano soggetti ad una strana legge di gravità poiché nessuno dei personaggi fluttua come dovrebbe.

TIE FIGHTERS E ARMI IN STAR WARS

I TIE (Twin Ion Engine) fighters sono le famigerate navicelle spaziali imperiali con motore alimentato a propulsione ionica. Nella realtà il motore a ioni fu sviluppato alla fine degli anni ’50, fu adoperato nella missione Deep Space 1 solo nel 1998 e attualmente è utilizzato nelle sonde spaziali. Il suo funzionamento non lo renderebbe implementabile in un caccia stellare della saga, in quanto la spinta ionica è molto meno potente della normale spinta dei razzi e non è utilizzabile in ambienti con la presenza di attrito.

La propulsione ionica sfrutta la forza di Coulomb per mettere in movimento un piccolo mezzo. La forza di Coulomb è l’interazione che si esercita tra due cariche: se due cariche sono dello stesso segno si respingono, se sono di segno opposto si attraggono.

Recentemente è stata lanciata verso Mercurio la missione Bepi Colombo che dispone non solo del classico razzo a propulsione chimica, ma anche di un motore a propulsione ionica che verrà usato in alcune fasi di volo orbitale.

I TIE fighters sono muniti di armi in grado di emettere suoni anche nel “vuoto”. Ciò non torna perché il suono per propagarsi ha bisogno di un mezzo. Nello spazio non potremmo nemmeno sentire la famosa esplosione della Morte Nera.

SALTO A VELOCITÀ LUCE

In Star Wars i viaggi nello spazio presentano diverse problematiche. Le astronavi sono in grado di viaggiare alla velocità della luce per saltare nell’iperspazio. Ma cosa si intende per iperspazio? In matematica un iperspazio rappresenta uno spazio con dimensioni geometriche superiori a 3 (le classiche lunghezza, larghezza e profondità). Non sappiamo cosa intendano davvero i personaggi della saga per “iperspazio” ma possiamo supporre che sia un ipotetico “spazio” in cui la distanza tra due punti è percepita diversamente rispetto allo spazio tridimensionale e in cui le leggi fisiche che conosciamo non sono valide. L’iperspazio viene sfruttato per aggirare i limiti imposti dalla relatività ristretta.

Nel nostro Universo, in base a quanto teorizzato dalla relatività ristretta di Einstein, non è possibile superare la velocità della luce, che rappresenta un limite invalicabile. In base a questa teoria un oggetto che viaggia a tale velocità avrebbe massa infinita, il che sarebbe impossibile fisicamente.

Secondo la teoria della relatività ristretta, viaggiare a velocità prossima a quella della luce comporta una dilatazione del tempo e una contrazione dello spazio. Il tempo scorre in maniera diversa tra chi sta viaggiando a velocità prossima a quella della luce e chi no. Non c’è evidenza di questi effetti nei viaggi interstellari di Star Wars, anzi c’è una consequenzialità tra gli eventi, come se il tempo scorresse allo stesso modo per tutti.

Possiamo tentare di giustificare i viaggi di Han Solo tramite delle scorciatoie previste dalla relatività generale. Si tratta di cunicoli spazio-temporali (Wormhole) utilizzati anche nei film Thor, Interstellar. Nonostante questi oggetti siano stati ipotizzati teoricamente, la loro esistenza fisica non è stata provata.

Anche supponendo l’esistenza di questi cunicoli, i viaggi di Han Solo restano inspiegabili in quanto non si potrebbe utilizzare un tunnel per arrivare ad una destinazione a scelta, ma solo nella destinazione in cui si trova il Wormhole. 

 

 

Unical, il fisico Giuseppe Avolio al Cern di Ginevra come permanent staff

GINEVRA – Un altro riconoscimento prestigioso per l’Università della Calabria. L’Ateneo calabrese, infatti, già presente in numerose classifiche nazionali e non per la qualità della sua didattica, si riconferma campione nel settore disciplinare scientifico. Infatti, Giuseppe Avolio, dottore in Fisica, formatosi all’Unical, è stato scelto come permanent staff nella divisione ricerca del CERN di Ginevra. Dunque, un altro riconoscimento internazione per il Dipartimento guidato dal professore Vincenzo Carbone e per i ricercatori che ne fanno parte. «A distanza di 15 anni dal conseguimento della laurea – affermano Giancarlo Susinno e Marco Schioppa, rispettivamente relatore e correlatore della tesi sperimentale sul rivelatore Atlas (al cui progetto e alla cui costruzione ha collaborato il Gruppo Alte Energie di Arcavacata) – Avolio ottiene la posizione più ambita e prestigiosa alla quale un giovane ricercatore può aspirare nell’ambito della fisica sperimentale delle interazioni fondamentali. È un traguardo importante che testimonia, ancora una volta, la portata del lavoro che il Gruppo Alte Energie dell’Università della Calabria ha compiuto dalla sua istituzione ad oggi. Per ottenere questa posizione infatti i ricercatori devono seguire nel corso degli anni un iter particolarmente difficile, che si compone di tre durissime selezioni internazionali: il research fellow, lo short associated e il permanet staff. A ciascuna selezione i candidati devono dimostrare di possedere le qualità necessarie e solo i migliori in assoluto riescono a concludere il percorso».

Di certo, il risultato ottenuto da Avolio presso il Centro diretto dall’italiana Fabiola Giannotti, non solo è fonte di prestigio personale, ma contribuisce a mettere in luce anche «la validità scientifica del lavoro svolto e in cui è quotidianamente impegnato il corso di laurea in fisica. Siamo convinti – concludono i due docenti – che solo attraverso un lavoro costante che registri forti sinergie tra i vari attori della formazione universitaria, sarà possibile affrontare e vincere le nuove sfide che la ricerca ci mette di fronte».

Premio Pericle, premiati i ricercatori Unical Nicola Leone e Francesco Valentini

ARDORE (RC) – Due ricercatore dell’Università della Calabria, il professor Nicola Leone del Dipartimento di Matematica e Informatica, e il dottor Francesco Valentini del Dipartimento di Fisica, si sono aggiudicati il prestigioso Pericle d’Oro. Si tratta di un premio importante, dedicato ogni anno a un diverso settore di Pericleattività, con l’obiettivo di valorizzare e mettere in luce quei talenti calabresi che si sono distinti nell’Italia e nel mondo per professionalità e creatività. Nato ormai da un trentennio, il Premio Pericle, nella sezione internazionale sulla ricerca scientifica, annovera nel suo albo d’oro scienziati di grande prestigio, quali il professor Umberto Veronesi e il Premio Nobel Renato Dulbecco. A questi grandi nomi, si aggiungono dunque quest’anno quelli dei due ricercatori dell’Ateneo calabrese, premiati nel corso della cerimonia svoltasi pressoil Castello Feudale di Ardore.

Nicola Leone, professore di Informatica e direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica, da anni guida il gruppo di ricerca in Intelligenza Artificiale dell’Unical, già insignito di vari riconoscimenti per la sua ricerca scientifica, tra cui, proprio il giugno scorso, il Premio Gems of PODS in California.

Francesco Valentini, dottore di ricerca in Fisica, è membro del gruppo di ricerca in Plasmi Astrofisici dell’Unical e, il mese scorso, è stato insignito del premio La città del sole 2016.

Conclusasi la conferenza internazionale “Searching for Exotic Hidden Signatures with ATLAS in LHC Run2: Mini-Workshop on the Detection of Dark Sector Signals”,

260px-Palazzo_del_governoCOSENZA (CS) -Sarà ricordata non solo per il livello scientifico delle relazioni, tenute da alcuni tra i maggiori fisici del mondo, ma anche per la portata del confronto e per il contributo fornito all’approfondimento dei temi di ricerca in questo settore oggi maggiormente dibattuti.La prima conferenza internazionale “Searching for Exotic Hidden Signatures with ATLAS in LHC Run2: Mini-Workshop on the Detection of Dark Sector Signals”, promossa nella Sala Nova del Palazzo del Governo di Cosenza dal dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, non ha deluso le aspettative. Durante l’ assise, inaugurata dal Magnifico Rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci, sono stati analizzati gli aspetti teorici alla base delle più recenti ricerche ed indicate alcune linee guida per la selezione dei cosidetti “eventi non convenzionali”.Sugli aspetti teorici sono intervenuti i professori Matt Strassler, Tomer Volansky, Jakub Scholtz, Andreas Weiler, Pasquale Serpico e Brian Shuve, che hanno ampiamente analizzato i risultati pubblicati alla luce dei modelli teorici più convincenti e indicato le linee di ricerca più promettenti. La discussione scaturita ha dato origine a nuove idee e indicazioni per lo sviluppo di nuovi strumenti software necessari per la selezione degli eventi nei dati del Run 2 di LHC a 13T e V.La conferenza è stata strutturata in modo da dare ampio spazio alla discussione e al brainstorming ed è stata guidata da James Beacham , Antonio Policicchio e Marco Schioppa. Importanti contributi sono venuti anche da Giancarlo Susinno, Emerito dell’Università della Calabria, Anna Mastroberardino, Daniela Salvatore e Michela Del Gaudio, ricercatrici nello stesso ateneo, che lavorano alle tematiche della fisica oltre il Modello Standard.«Il tema trattato – spiega Marco Schioppa – è stato la ricerca di particelle, non previste dal Modello Standard della materia ordinaria e delle sue interazioni, capaci di spiegare, ad esempio, il valore non nullo della massa dei neutrini e la natura della materia e dell’energia oscura».Materia per addetti ai lavori, senza dubbio, ma della quale Schioppa prova ad evidenziare con maggiore chiarezza le ricadute di carattere scientifico: “Dell’esistenza di queste particelle si hanno solo prove indirette e, grazie agli esperimenti avviati con l’acceleratore LHC del CERN di Ginevra, si potrebbero avere conferme precise nel prossimo futuro. Da pochi mesi”, prosegue il docente dell’Università della Calabria, «l’acceleratore più potente al mondo ha raggiunto, infatti, un nuovo traguardo: elevare l’energia dei protoni in collisione ad un valore circa doppio di quello precedente. E’ quindi iniziato un programma di misure molto impegnativo, come i test del Modello Standard a questa nuova energia e la ricerca di segnali sino a ora inaccessibili la cui scoperta», aggiunge ancora Schioppa, «orienterà la nostra conoscenza verso nuovi modelli teorici per la descrizione della materia. Queste ricerche, da un lato, richiedono nuovi strumenti software capaci di selezionare, ricostruire e analizzare eventi non convenzionali , dall’altro», conclude Schioppa,« evidenziano la necessità di individuare la maniera più efficace per presentare i risultati per la loro interpretazione».

Thor: dal mito alla realtà. L’università della Calabria e il suo ruolo nella costruzione del Satellite

RENDE (CS) THOR, nella mitologia scandinava, era il dio del tuono, capace di dare ordine al caos. Un personaggio dei fumetti Marvel, le cui avventure e i cui straordinari poteri hanno accompagnato generazioni di giovani lettori.

THOR (acronimo di Turbulent Heating ObserveR – (http://thor.irfu.se/) è adesso il nome di un affascinante e avveniristico progetto scientifico per la costruzione di un satellite spaziale, che porta la firma del gruppo di studiosi di Plasmi Astrofisici dell’Università della Calabria.

Una équipe di altissimo livello, guidata dal prof. Pierluigi Veltri, che ha ricoperto un ruolo primario nella determinazione delle linee innovative su cui si basa la fisica di THOR, nonché nella preparazione del proposal scientifico e nella progettazione dello stesso satellite spaziale.

THOR (che prevede una spesa di 500 MEuro) e i ricercatori del dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, dunque, potrebbero segnare un passo in avanti epocale nello sviluppo delle conoscenze astronomiche. E contribuire a svelare alcuni segreti del sistema solare, sui quali la comunità scientifica ancora non è riuscita a far luce.

Dopo aver superato 24 concorrenti nelle prime due fasi della selezione da parte dell’ESA (Agenzia spaziale europea) il progetto dell’Unical sarà sottoposto nei prossimi due anni all’ultima delicata fase di studio e valutazione, insieme alle due proposte concorrenti ARIEL (Atmospheric Remote-sensing Infrared Exoplanet Large-survey), e XIPE (X-ray Imaging Polarimetry Explorer).

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Alla fine del processo di selezione, solo una di queste tre idee scientifiche sarà finanziata dall’ESA e diventerà realtà nella forma di un satellite che sarà lanciato nello spazio nel 2025.

L’Unical e i ricercatori di Plasmi Astrofisici dell’Università della Calabria, dunque, si accingono a vivere una sfida scientifica e tecnologica di altissimo livello, per molti versi epocale.

In particolare, il Dr. Francesco Valentini, uno dei leader scientifici di THOR, è il responsabile del team di supporto numerico al progetto nonchè membro dello Science Study Team, il gruppo di ricercatori che, affiancato da scienziati dell’ESA, si occuperà dello sviluppo scientifico e dello studio di fattibilità scientifica e tecnica del progetto.

Per il gruppo di Plasmi Astrofisici, tuttavia, il primo via libera ottenuto dall’ESA non è il primo riconoscimento scientifico internazionale, visto che da decenni svolge un ruolo primario nella ricerca sulla turbolenza nel vento solare. Il Prof. Vincenzo Carbone (appena eletto direttore del dipartimento di Fisica) è Presidente di SWICO, il gruppo di ricerca nazionale sullo space weather. Da diversi anni, inoltre, alcuni ricercatori del gruppo, fra cui lo stesso Dr. Valentini, il Prof. Gaetano Zimbardo, il Dr. Luca Sorriso-Valvo, ricercatore CNR, e il Dr. Sergio Servidio, assegnista di ricerca UNICAL, sono impegnati nello sviluppo delle prossime missioni spaziali, partecipando, oltre che agli studi per THOR, anche allo sviluppo della missione Solar Orbiter (lancio previsto per il 2018), al team di studio scientifico di precedenti missioni, quali Cross- Scale, e ai proposal per le missioni Eidoscope, TOR e Interstellar.

Fari puntati, dunque, sul progetto THOR, la cui proposta, che potrebbe aiutarci a conoscere più approfonditamente il nostro Sistema Solare e i segreti che affascinano da tempo generazioni di astrofisici e fisici dello Spazio.

Misteri sui quali si potrebbe finalmente far luce grazie al progetto dell’Università della Calabria. Sono numerose, d’altra parte, le questioni sulle quali interrogarsi. Lo spazio interplanetario è permeato da una bolla di gas ionizzato (plasma) chiamato vento solare, che viene espulso dal Sole a grande velocità e costituisce la cosiddetta Eliosfera. Durante la sua espansione turbolenta, il vento solare trasporta e modifica in maniera estremamente complessa campi magnetici e flussi di particelle che hanno origine nel Sole. L’interazione fra il vento solare ed il campo magnetico dei pianeti che esso incontra lungo il suo cammino dà vita ad una struttura magnetica, detta magnetosfera, che scherma i pianeti dai flussi di particelle cariche altamente energetiche provenienti dal Sole, e reagisce alle fluttuazioni magnetiche causando fenomeni quali tempeste magnetiche ed aurore boreali. Tali fenomeni fisici sono studiati nell’ambito del cosiddetto space weather (meteorologia spaziale), e sono ritenuti responsabili di importanti conseguenze sul clima, sulla vita e sulle attività umane.

Uno dei più intriganti aspetti della complessa dinamica del vento solare è quello del riscaldamento: quale processo fisico causa le alte temperature rilevate dalle misure in situ dei satelliti spaziali? Come avvengono il trasporto e la dissipazione dell’energia su sala microscopica? Qual è il ruolo della turbolenza nell’accelerazione di particelle energetiche? Ad oggi, queste domande non hanno ancora risposte definitive, che potrebbero avere importanti conseguenze nel campo dell’astrofisica e dello space weather, nonché sulla ricerca nei plasmi per la fusione nucleare e in altre applicazioni industriali. THOR potrebbe aiutarci a saperne di più. Allargando non poco l’orizzonte delle nostre conoscenze.

Fisica: giovane reggina vince bronzo olimpiadi Tallin

Reggio Calabria, 3 ago. – Federica Surace, giovane ex studentessa del Liceo Scientifico ‘Leonardo Da Vinci’ di Reggio Calabria, vincitrice della medaglia di bronzo in fisica alle olimpiadi di Tallin, in Estonia è un fiore all’occhiello per la Calabria. Lo ribadisce con vigore il sindaco Scopelliti, il quale dichiara che è necessario “far sapere ai giovani studenti calabresi che la stagione del merito e’ la stagione della rinascita del territorio”.

“Abbiamo accolto con piacere – ha proseguito Scopelliti – l’idea di comunicare ai ragazzi che la Calabria cresce se ognuno fa la sua parte, raggiungere obiettivi che vanno oltre i confini diventa anche un modo per valorizzare le eccellenze nel nostro territorio”. Alla conferenza stampa, tenuta nella sala Giuditta Levato di Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale, hanno partecipato la dirigente scolastica dell’istituto scolastico, Giuseppina Princi, e la stessa Federica Surace, da poco laureata in fisica con 110 e lode. Princi nel ringraziare il presidente Scopelliti per avere accolto l’iniziativa, ha affermato ‘cio’ conferma una politica regionale improntata sul merito e sui giovani, e su loro si vuole puntare per creare un volano di crescita economico-sociale’. Particolarmente emozionata la giovane campionessa di fisica, che nel ringraziare genitori, docenti e compagni di scuola ha cosi’ concluso: “Mi restera’ la grande esperienza vissuta a Tallin, non capita tutti i giorni di potersi confrontare con ragazzi provenienti da tutto il mondo”.  Al termine della conferenza stampa Scopelliti ha rilanciato il progetto ‘tablet’ allo studio della Regione per dotare gli studenti di una tavoletta elettronica che consenta di alleggerire il peso delle cartelle.