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I Fukada Tree promuovono il video ufficiale di “Blaze up di Fyah”

fukadaCOSENZAIl 24 marzo 2015 i Fukada Tree hanno presentato il video ufficiale di “Blaze up di Fyah”, estratto da “Show, don’t tell EP”. Il brano, ispirato alla rivolta dei migranti di Rosarno avvenuta nel non lontano 2010, funge da denuncia sociale e tocca i temi caldi del razzismo e dell’immigrazione.

I Fukada Tree hanno così deciso di “rispolverare” un drammatico avvenimento, da cui ormai sono trascorsi cinque anni pieni, perché purtroppo la questione è lontana dall’essere risolta. I migranti continuano a vivere e lavorare in condizioni disumane e precarie ma, nonostante ciò, nessuno ne parla, il silenzio è calato assordante eppure le terre in cui lavorano sono le nostre ma ormai nemmeno di questo ci curiamo più.La rivolta dei migranti di Rosarno, tra l’altro, può fare da trampolino di lancio per aprire un dibattito su quello che l’Italia vive tutt’oggi. Scene di ordinario razzismo a Lampedusa, stragi, omissioni in un paese in cui si decanta la pace e il no ad ogni forma di prevaricazione mentre i fatti raccontano il contrario.

Ecco dunque l’esigenza di scrivere un brano che possa esprimere in maniera chiara e concisa il punto di vista dei Fukada Tree, un testo in cui le parole diventano lame taglienti ed affilate affinché il concetto arrivi diretto e netto come un pugno ricevuto in pieno stomaco.Dunque un lavoro complesso, di sostanza e di profonda analisi interiore per rastrellare, tra parole e note, tematiche apparentemente superate che, in realtà, sono semplicemente celate, nascoste sotto un telo che nessuno vuole sollevare, chiuse a chiave dietro una porta a cui nessuno si avvicinerà mai per spiare dal buco della serratura.

Tematiche forti messe in risalto anche nel video ufficiale di “Blaze up di Fyah” che, grazie alle riprese e al montaggio curate con maestria da Pier Paolo Perri, ha già riscosso un enorme successo raggiungendo ben 509 visualizzazioni in soli 5 giorni mentre il brano è già in rotazione su Radio Ciroma, Bassisland e Radio Onda d’Urto.

Le affezioni che attanagliano e soffocano la Calabria diventano così colonna portante dei brani dei Fukada Tree, un gruppo fresco, dinamico e dalle sonorità “metalliche” nato nel 2009. A comporlo il dubmaster Stanislao Costabile (Spike), la cantante Marina Andrielli (Aram) e il chitarrista Francesco Spadafora (TheLord) che, con molta umiltà e sacrificio, stanno trasformando giorno dopo giorno la passione per la musica in un vero e proprio lavoro.

La particolarità, che spazia dalla musica ai testi, è il loro biglietto da visita e questa caratteristica è rinchiusa nel loro stesso nome; Fukada Tree è infatti un sistema di ripresa microfonica, una configurazione di ripresa per il surround, è un nome che sa di analogico, di legno che assorbe il suono, di lavoro manuale con gli strumenti. Perché la musica non è un’arte fine a sè stessa, ma un attivo strumento di comunicazione e rivoluzione.

 

I Fukada Tree parlano in anteprima del video di Blaze up di Fyah

Graphics Fabio Rea
Graphics Fabio Rea

COSENZA – Il countdown è quasi terminato e i Fukada Tree sono pronti, carichi per presentare il loro nuovo progetto. Domani, martedì 24 marzo, è il giorno x e verrà finalmente presentato il video ufficiale di “Blaze up di Fyah”, un brano che funge da denuncia sociale e tocca i temi caldi del razzismo e dell’immigrazione.

Tematiche non nuove per i Fukada Tree che, da sempre, affrontano questioni forti che sembrano superate ma che in realtà vengono celate, continuamente nascoste sotto un telo che nessuno vuole sollevare, chiuse a chiave dietro una porta a cui nessuno si avvicinerà mai per spiare dal buco della serratura. Tematiche imponenti dunque che vengono ignorate come quando si è stanchi di pulire e si sposta tutta la polvere sotto il tappeto così da dare una parvenza di pulito.

Ed è proprio quel tappeto lercio che i Fukada Tree vanno a scuotere fino a raccogliere tutta polvere. Rastrellano ciò che è rimasto e poi snocciolano, analizzano, metabolizzano e gettano le basi per quei testi sempre crudi, realistici ma mai banali. La carta, la penna e gli strumenti diventano così i mezzi per combattere una battaglia che per molti è già persa in partenza.

È proprio attraverso la musica che Stanislao Costabile (Spike), Marina Andrielli (Aram) e Francesco Spadafora (TheLord) danno voce a10498539_10153050700007306_8989245626603982763_o chi voce, purtroppo, non ha. Tre giovani cosentini, tre umili ragazzi che hanno fatto della musica la propria ragione di vita e che oggi ci parlano in anteprima del loro nuovo progetto.

La nostra prima intervista risale a quasi tre anni fa, avevate appena vinto il contest Change the Music organizzato dall’Edison. Quante cose sono cambiate da allora?

Durante i vari step del concorso avevamo in cantiere “Show, don’t tell” Ep. Probabilmente non aveva ancora un nome allora, ma è stato facile, dopo la vittoria, avere la giusta spinta per concretizzare il nuovo prodotto. Abbiamo ri-arrangiato alcuni tra i brani del precedente “Clementine” Ep, per prepararci a “Show don’t tell” tour, ed oggi, dopo un inverno trascorso muovendoci in Dj Set, a rimescolare le nostre tracce come in uso nel dub music, attraverso un viaggio sonoro dal nostro primo ep “Inna Dub Conversion” ad oggi, sono in cantiere nuove evoluzioni del progetto. Per fortuna, siamo “under work in progress” costante.

10933790_10153524049987306_1159980710459495697_nLa meritata vittoria del contest quante porte vi ha aperto e quante esperienze nuove vi ha permesso di fare?

Prima tra tutte il Live al Garage di Londra. Probabilmente è stata la seconda soddisfazione più grande mai ricevuta. Ci siamo messi in gioco, abbiamo suonato nella patria del nostro genere, ma da “sconosciuti” in loco. Eravamo entusiasti e carichissimi. E siamo riusciti a contagiare il pubblico inglese con nostra grande soddisfazione. Dopo l’uscita di “Show’ don’t tell” Ep, il conseguente tour ci ha permesso di esibirci su molti palchi italiani, tra cui sui main stage del “Maremoto Festival” ( AP) con Almamegretta, e del “Villa Ada Festival (RM) con Almamegretta ed Adrian Sherwood, uno dei padri della dub music britannica. Direi che sono stati anni molto proliferi e di crescita assoluta.

Oggi siamo comunque qui per parlare di un nuovo importante progetto. Si tratta del video del brano “Blaze up di Fyah”, quando uscirà e dove è stato girato?

Uscirà il 24 Marzo. E’ stato girato a Cosenza, la nostra città natia, nello studio del regista Pierpaolo Perri.

Realizzare un video che sappia esprimere in toto il contenuto profondo di un testo non è semplice. Chi vi ha aiutato/supportato nella realizzazione?

E’ stato molto molto difficile per noi pensare a cosa potesse dare giusto equilibrio. Non ci piaceva tornare su un video report, già scelto per “Show, don’t Tell” , che ripropone il live e le immagini di Londra. Avevamo chiaro cosa non volevamo. E’ stata essenziale la parte di Pierpaolo Perri, il regista, che è riuscito ad interpretare stilisticamente e concretizzare l’idea di partenza.

Il brano “Blaze up di Fyah” (cliccando qui potrete ascoltarlo) è in realtà un brano di denuncia sociale, parla fukada2infatti di immigrazione e razzismo. Volete raccontarci cosa o chi vi ha ispirato?

Si, è un brano che parla di immigrazione, di razzismo, di cose che sembrano largamente superate nell’immaginario collettivo ma che restano una piaga sotto forma di pregiudizio celato dal finto perbenismo. Lo scrissi durante i fatti di Rosarno (RC). La rivolta degli immigrati di Rosarno, nel non molto lontano 2010, resta un grande atto di coraggio contro regole di sfruttamento imposto dalla mafia, e da cui abbiamo voluto prender spunto per dire la nostra, senza sentirci paladini di nessuno, con umiltà, ma anche senza mezzi termini. Quell’evento che sembra lontano, può aprire un dibattito su quello che l’Italia vive tutt’oggi. Scene di ordinario razzismo a Lampedusa, stragi, omissioni, ma probabilmente, nulla di così importante da poter interferire con la normale programmazione dei canali TV, o che possa permettere una espulsione di Salvini per violazione del diritto alla non- discriminazione dei diritti umani. Il nostro è un paese in cui si decanta la pace e il no ad ogni forma di prevaricazione. I fatti dicono il contrario. Abbiamo voluto chiarire il nostro pensiero in modo aperto, chiaro e assoluto, lasciando poco spazio all’interpretazione, allontanandoci dai corrotti ed avvicinandoci agli italiani.

Le tematiche sociali vi hanno sempre toccato da vicino. “Blaze up di Fyah“ non è il primo brano che funge da mezzo per un’accorata denuncia sociale ma è stato anticipato da “Clementine”, un altro profondo brano che tratta il tema della prostituzione.

La musica non è un’arte fine a se stessa, ma un attivo strumento di comunicazione e rivoluzione”. Il nostro motto.

La musica è da voi vista come un mezzo per dare voce a chi voce non ha. Quali altre tematiche, secondo voi, fukada41meriterebbero di essere trattate e invece vengono costantemente bypassate?

La discriminazione delle donne, nel mondo. Come scriveva una nostra cara amica, nelle Bahamas, in India, in Palestina e a Singapore, chi è sposato è autorizzato a violentare la propria moglie; a Malta agli uomini è consentito rapire e violentare le donne; in Pakistan durante i processi civili, la testimonianza di una donna conta meno di quella di un uomo, e nella nostra Italia se ti stuprano è ancora colpa tua se camminavi con minigonna e tacchi dopo la mezzanotte. Ecco, credo sia importante parlarne di più.

Quanto della Calabria c’è nei vostri testi e nelle vostre sonorità?

Nelle sonorità ben poco ma nei contenuti molto. Come vedi Blaze Up di Fyah nasce da fatti avvenuti nella nostra terra. Amiamo la nostra terra, ed è impossibile non farne oggetto d’ispirazione nel bene e nel male.

La Calabria è una terra bellissima quanto difficile. Voi siete giovanissimi e con grande determinazione state riuscendo a trasformare una passione in un vero e proprio lavoro. Ma quanto è difficile fare e vivere di musica nella nostra terra?

Abbiamo fatto tre live in Calabria di cui solo uno nella nostra città in 5 anni di attività. Direi abbastanza difficile. Non ci poniamo limiti geografici nella vita, né nella gestione del progetto; Andiamo e andremo dove la nostra musica ci porterà.

Annabella Muraca

Il ritorno dei Fukada Tree

I vincitori dell’Edison contest Change the music 2012, il gruppo calabrese dei Fukada Tree ritorna a suonare nella sua terra. Sono previsti, infatti, due tappe del loro Clementine Tour una il 1 agosto al FreeSpirits di Punta Pellaro (Reggio Calabria) e l’altra il 14 agosto al DiscoPub “El Mambo” di Amendolara.

La giovane band calabrese composta da Marina Aram Andrielli, Stanislao Spike Costabile e Francesco Lord Spadafora, ormai unanimamente riconosciuta come uno dei migliori gruppi italiani emergenti, continua a mietere un successo dopo l’altro.

Infatti, dopo aver vinto nel 2010 il M.E.I. Tech di Faenza, entrati nel 2011 con il brano “Desire” nella top 10 dei migliori brani dello stesso M.E.I., e l’anno scorso il contest Change the music, promosso dalla Edison per sviluppare la cultura della sostenibilità e del risparmio energetico nella musica, ad aprile hanno fatto apprezzare la loro proposta musicale in un grande concerto insieme agli Almamegretta nello storico The Garage di Londra, uno dei più famosi locali di musica indipendente della Gran Bretagna.

L’estate dei Fukada è iniziata il 30 giugno con l’uscita del loro ultimo brano “Living in a plastic world” il singolo che anticipa l’uscita del nuovo EP in autunno e con un coinvolgente concerto al Castello Sforzesco di Milano  il venerdì 26 luglio, cha ha segnato anche la partenza del loro Clementine Tour, che prende il nome da uno dei loro brani più recenti, appunto, “Clementine”.Il ritorno della band cosentina in Calabria è l’occasione per i loro fans di riascoltarli finalmente dal vivo in due concerti che si preannunciano frizzanti. D’altra parte è stato Franco Mussida, il grande chitarrista della PFM a dire di loro: ” I Fukada Tree hanno mostrato una conclamata sicurezza nella loro materia. L’uso della chitarra con sonorità davvero interessanti, una vocalità femminile convincente, ed un insieme elettronico prevalentemente analogico trattato successivamente, ne fanno una band che mostra di avere in mano il suo suono.”

 

I Fukada Tree in concerto al Garage di Londra

La band cosentina Fukada Tree, vincitori del contest Edison Change The Music per la categoria “elettronica/rap/hip hop” hanno ricevuto finalmente il loro premio: terranno due concerti uno a Londra e l’altro a Barcellona. La giuria dell’Edison contest si era così espressa “i Fukada Tree con le loro sonorità elettroniche sospese e ipnotiche, la sensuale vocalità femminile e la capacità di creare atmosfere sognanti e suggestive hanno conquistato i giurati con il loro stile ispirato ai suoni trip-hop della terra di Albione”, ora finalmente i Fukada sono giunti in quella terra di Albione dove sperano di conquistare il pubblico inglese che in fatto di musica è molto esigente, infatti il prossimo 10 Aprile i Fukada si esibiranno insieme agli Almamegretta nello storico locale The Garage di Londra.

Il The Garage è uno dei più famosi locali di musica indipendente della Gran Bretagna, riaperto dopo una chiusura di tre anni dalla collaborazione tra il Mama Group e l’azienda produttrice dell’energy drink Relentless, il locale completamente rinnovato vanta un potente impianto audio (con un sistema di altoparlanti Turbosound) e d’illuminazione tali da garantire un’alta qualità professionale che lo rendono la sede ideale per eventi musicali d’eccezione.

Nel corso degli anni The Garage, che ha avuto agli inizi un certa influenza nella diffusione della punk music, ha ospitato concerti di alcune delle band più acclamate al mondo, tra cui Kings of Leon, Green Day, Radiohead, Red Hot Chili Peppers, Razorlight, Killers, Arctic Monkeys, Blink-182 e Pulp.

Quando l’électro viens du Sud. Intervista ai Fukada Tree; vincitori del Contest Change the Music

Fukada Tree

Cosenza – I giovani vengono spesso attaccati dalle istituzioni e definiti svogliati, disinteressati, choosy (schizzinosi); in realtà nessuno di questi epiteti è adeguato in quanto la maggior parte dei giovani lotta tenacemente per difendere i propri diritti e mettere in mostra le proprie capacità e, soprattutto, i propri sogni. È un periodo difficile e complesso per la società e ciò si ritorce quasi sempre sui giovani che studiano, lavorano, imparano ma ciò non basta mai; più che schizzinosi ci si sente demoralizzati perché sono più numerose le porte sbattute in faccia che le possibilità concesse.
C’è chi però, nonostante gli ostacoli e i pregiudizi, riesce a far prevalere il proprio talento e il gruppo musicale Fukada Tree ne è l’esempio tangibile. Tre giovani, tre calabresi doc dediti all’elettro-music sono riusciti a trasformare una propria passione in una prospettiva futura. Il gruppo, composto dal budmaster Stanislao Costabile (Spike), dalla cantante Marina Andrielli (Aram) e dal chitarrista Francesco Spadafora (TheLord), è riuscito a sfondare ricevendo riconoscimenti e soddisfazioni fino alla vittoria del Contest Change the Music promosso dall’Edison.

La parola ai Fukada che, nell’intervista, parlano della propria esperienza a dimostrazione che la Calabria non è solo la terra delle tarantelle; con i Fukada Tree si può finalmente dire che l’électro viens du Sud.

Fukada tree è il nome della vostra band nata nel 2009, a cosa è dovuta questa scelta?

Fukada Tree è un sistema di ripresa microfonica, il nome di una configurazione di ripresa per il surround. Lo abbiamo scelto perché il nostro lavoro di composizione e di elaborazione del suono è fatto di registrazioni, campionature, filtri, manipolazioni che richiedono strumentazioni analogiche e/o digitali. Fukada Tree è tutto questo … un lavoro di studio, di sperimentazione, di manipolazione che caratterizza l’electro – music. E’ vero che “in nome nomen”: Fukada Tree è un nome che sa di analagico, di legno che assorbe il suono, di lavoro manuale con gli strumenti.
Se nei live l’impressione è quella di avere davanti un trio la cui musica poggia molto sulle campionature,  invece il tasto “play” sul computer serve a riprodurre i suoni creati e manipolati
in studio direttamente dalla band.

Nella vostra scheda di presentazione dite “La musica elettronica a farla bene, in Italia, sono in pochi. E poi, se non sei nato al centro-nord, è ancora più difficile perché dal sud al massimo uno si aspetta di sentir suonare le tarantelle”. Quanto è stato difficile per voi trovare l’appoggio del pubblico e, soprattutto, quanto è stata dura affermarvi nel campo dell’elettro-music?

Il nostro gruppo viene da realtà musicali differenti, questo ha portato a un mix che ha influenzato il nostro comune denominatore: il Dub. La musica elettronica a farla bene, in Italia, sono pochi, perché non basta avere un sintetizzatore o delle basi campionate per farla. Bisogna avere sicuramente  buone idee ma poi bisogna elaborarle, costruirle, trasformarle in suono e in musica.
I Fukada fanno proprio questo con il lavoro sul suono, che amplificato, registrato e manipolato diventa il carattere distintivo della nostra band. Dub, dubstep, trip-hop sono solo le coordinate principali del nostro gruppo, che nonostante è presente sulla scena musicale da circa tre anni è riuscito a crearsi un sound originale e, soprattutto, riconoscibile fin dalle prima note. L’electro – music in Italia non ha ancora il grande seguito che ha in altri paesi europei, quindi è sicuramente più difficile farsi apprezzare dal pubblico, ma la nostra sia pur piccola esperienza ci fa essere ottimisti. Anche in Italia proprio sull’onda del successo di questa musica a livello internazionale si stanno aprendo grandi possibilità.

Siete tre ragazzi cosentini, la vostra giovane età ha spesso creato pregiudizi oppure è stata il vostro punto di forza?

No l’età non ha affatto condizionato  l’apprezzamento che della nostra musica hanno fatto importanti esperti, com’è successo per l’Edison Contest. E’ vero che, forse, per d’ingresso nel mercato discografico italiano siamo ritenuti ancora “giovani”, ma siamo certi  che la nostra età non abbia creato dei pregiudizi, anzi.!

Nel 2010 avete vinto il M.E.I Tech di Faenza, nel 2011 siete rientrati, con il brano “Desire” , nella Top Ten dei migliori brani dello stesso M. E.I., nel 2012 siete riusciti a vincere il Contest Change the music promosso dall’Edison. Una vera e propria escalation di successi dunque. Com’è stato condividere il palco con 822 band?

Ci siamo accorti che eravamo in 822 a concorrere quando abbiamo saputo di essere tra i primi 20 selezionati. Non abbiamo partecipato al contest con la convinzione di vincere ma pensavamo che fosse importante partecipare per confrontarsi e verificarsi di fronte ad una commissione di esperti qualificati e ad un pubblico scelto. Il palco lo abbiamo condiviso con quei 20 gruppi di finalisti di cui anche noi facevamo parte. Non abbiamo mai sentito competitività, non se ne respirava nell’aria … eravamo tutti dei giovani artisti, ognuno con la propria proposta e con la propria speranza. Ciò non toglie che senza dubbio alcuno, sia il M.E.I  che l’  Edison Contest  siano stati una felicissima sorpresa ed una meritata soddisfazione.

La giuria del contest si è così espressa  “i Fukada Tree con le loro sonorità elettroniche sospese e ipnotiche, la sensuale vocalità femminile e la capacità di creare atmosfere sognanti e suggestive hanno conquistato i giurati con il loro stile ispirato ai suoni trip-hop della terra di Albione”.  Quanto tempo c’è voluto per trovare questa affinità musicale che vi rende estrosi, freschi, vitali, artisti a tutto tondo?

Ognuno di noi ha fatto i conti con le proprie esperienze pregresse, e sulla base di queste ha dato il proprio contributo e Fukada Tree ne è il risultato. C’è profondo rispetto verso le idee di ognuno di noi e cerchiamo di esprimere tutta la nostra capacità nell’elaborare un sound tutto nostro. L’affinità tra generi come l’affinità tra persone non nascono dal nulla, è vero che è necessario un certo feeling, ma c’è anche bisogno di coltivarla nel tempo, alimentandola e facendola evolvere. E’ questo che rende compatto il gruppo e che determina la nostra “vitalità” come la chiami tu.

Come premio per la vittoria del Contest Change the music riceverete la possibilità di aprire i concerti di un importante artista italiano o straniero. Potete darci qualche anticipazione a riguardo?!

Il team di ECTM sta iniziando a organizzare, innanzitutto, il concerto che vedrà riunite sullo stesso palco le 4 band vincitrici del contest, ma sui concerti a seguire ancora non abbiamo informazioni precise.

La voce e la “penna” del gruppo è Aram (Marina Andrielli); quali sono le tematiche che ti stanno più a cuore e quali sono quelle che vorresti trattare ma che ancora non hai avuto modo di mettere in musica?

Scrivo per un senso di liberazione, ma non mi prefiggo tematiche predeterminate. “Clementine”, per esempio, nasce dalla necessità di una denuncia sociale, “Sweet Devil” nasce da un ricordo, in “Temptation” si parla dell’Es, “Don’t ask” è un delirio. Ogni brano attinge da fonti diverse, alcune più consapevoli, altre più inconsce fino al momento in cui non vengono fissate sul foglio.

Il singolo “Clementine” ha avuto una grande successo; è la storia di una donna che fa il mestiere più antico del mondo, la prostituta, una donna che però ha deciso  di arrendersi alla sua “condizione umana”. Nel video del singolo avete deciso di inserire come titoli di coda i dati sulle donne vittime di violenza e quelli sulla prostituzione in Italia. È da poco trascorsa la giornata mondiale contro la violenza sulle donne quanto, secondo voi, le donne continuano a comportarsi come Clementine assumendosi colpe che, in realtà, non hanno? E quanto, secondo voi, la musica può aiutare a rompere i tabù che purtroppo ancora oggi persistono?

Il testo di Clementine nasce,come ho detto prima, da una necessità: dar voce ad una debolezza, che in questo caso è l’arrendevolezza, l’accondiscendenza passiva ad una condizione che Clementine non sente sua ed alla quale però preferisce dire di si, perché non crede in se stessa, alla sua bellezza, alla possibilità che esiste altro solo decidesse di vederlo. Ho voluto associare questo concetto ad una condizione di vita alla quale molte donne sono incatenate ma esistono altre forme di violenza, altrettanto gravi, forse più vicine a noi e più difficili da comprendere perché meno palesi. La violenza su una donna da parte del proprio uomo, quella su una giovane madre che non riceve debiti ausili ma che per contro viene licenziata, quella su ragazze che pur di non aver vergogna non raccontano la propria storia di violenza. Queste sono le donne che continuano ad assumersi colpe che non hanno, al pari di Clementine.
Come ho già detto altre volte, crediamo fermamente nel fatto che sia giusto, doveroso, legittimo ed opportuno dar voce a storie e numeri che mettono i brividi, e diffonderle perché non ci sia più omertosa ignoranza. Riporto una frase, un concetto in cui crediamo fermamente: “La musica non è un’arte fine a se stessa, ma un attivo strumento di comunicazione e rivoluzione.” Abbiamo fatto, facciamo e faremo la nostra parte.

Annabella Muraca