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Il premio “Giuseppe De Capua” ai professori Ferraro e De Simone

LONGOBUCCO (CS) – Il 9 agosto nella suggestiva cornice di Piazzetta Sfera a Longobucco si è svolta la terza edizione del premio “Giuseppe de Capua”. Il premio è stato istituito nel 2014 dall’amministrazione comunale di Longobucco con l’intento di ricordare monsignor Giuseppe De Capua scomparso nel 2007 che nella sua lunga vita ricoprì importanti incarichi ecclesiastici: vicario generale, cancelliere, rettore, docente. A tutto questo De Capua associò anche la ricerca storica producendo diverse pubblicazioni sulla storia di Longobucco, della diocesi di Rossano e del territorio. Il premio, che ogni anno viene conferito a persone che abbiano conseguito rilevanti meriti nel campo della cultura, è stato assegnato al Professor Giuseppe Ferraro, ricercatore di storia contemporanea, vincitore tra l’altro del prestigioso premio nazionale Spadolini 2016 e autore recentemente del libro Il prefetto e i briganti pubblicato dalla Mondadori/Le Monnier, e al Professor Eugenio De Simone, insegnante e autore del libro sul brigantaggio Atterrite queste popolazioni. Tante le persone e le autorità che hanno preso parte alla cerimonia di premiazione a cui sono seguiti gli interventi del sindaco Luigi Stasi, dell’assessore alla cultura Bruno De Luca, del dirigente scolastico Aurelio Madeo, del Vicario Episcopale alla cultura della diocesi di Rossano don Pino De Simone che ha portato alla comunità anche i saluti dell’arcivescovo Giuseppe Satriano, del direttore dell’archivio storico diocesano don Gaetano Federico. La serata è stata allietata anche dal concerto al pianoforte del maestro Lorenzo Bevacqua.                                                                                                                                          Tutti gli interventi hanno evidenziato il grande ruolo svolto da mons. Giuseppe De Capua e da don Ciccio Godino, arciprete di Longobucco scomparso nel 2005, altro sacerdote molto ricordato durante la serata, nella valorizzazione del patrimonio culturale di Longobucco.

A Longobucco la terza edizione del Premio “Giuseppe De Capua”

Si terrà il 9 agosto a Longobucco la III edizione del Premio “Giuseppe De Capua”. Nel 2014 il comune di Longobucco ha inteso intitolare alla memoria del sacerdote scomparso nel 2007 un premio con la volontà di valorizzare quanti originari del piccolo centro silano si siano distinti per particolari meriti scientifici, culturali, sociali. Mons. Giuseppe De Capua era nato a Longobucco nel 1909 per poi trasferirsi in tenera età presso il seminario arcivescovile di Rossano. Nel 1933 veniva ordinato sacerdote presso il seminario PIO X di Catanzaro e pochi anni più tardi diventava segretario particolare dell’allora arcivescovo di Rossano Mons. Domenico Marsiglia. All’impegno curiale De Capua accompagnò sempre, come ricorda il suo biografo Giuseppe Ferraro, una speciale predilezione per le problematiche sociali e culturali del territorio come dimostrava il suo impegno per la difesa della dignità umana nel campo di Ferramonti di Tarsia. Nella sua lunga vita ebbe la possibilità di essere stimato come sacerdote e uomo di vasta culturale e di spessore umano. In diocesi ricoprì vari incarichi come quello di cancelliere della curia, più volte vicario generale e rettore del seminario. Nel 1958 veniva nominato dal Papa Protonotario apostolico, ultimo sacerdote della diocesi di Rossano-Cariati ad essere elevato a tale dignità pontificia. De Capua fu anche prolifico scrittore, numerose sono le sue opere dedicate alla storia di Longobucco e del circondario.

Torano si trasforma in una “fabula” grazie a Cristina D’Avena

FB_IMG_1468411713446TORANO (CS) – Non avrebbero desistito neanche se Cristina d’Avena, la regina dei cartoni animati più belli di tutti i tempi, ieri ospite a Torano,  fosse arrivata con un giorno di ritardo. Sorriso smagliante, voce e aspetto fisico inalterati nel tempo, la cantante ha condotto verso le battute finali, il saggio di fine anno dell’Art Show Dance Academy, la scuola di danza e spettacolo  diretta da Giuseppe Ferraro, Lucia Amodio e Mafalda Ferraro , che da anni, oramai, raccoglie successi e consensi dentro e fuori dalla Calabria. Tre sedi fisse, undici anni di spettacoli e un corollario di riproduzioni  che, nel tempo, hanno accresciuto il valore dell’Accademia al punto da favorirne la partecipazione ad alcune trasmissioni televisive nazionali.

Proprio ieri, nella storica piazza di  Torano Scalo, davanti ad un pubblico gremito degno di un concerto di Vasco Rossi, per più di quattro ore, è andato in scena “Fabula”, il cui obiettivo, dichiaratamente espresso da Ferraro, è stato quello di “traghettare gli adulti in  un sogno magico, aiutandoli a sentirsi, almeno per una sera, ancora un po’ bambini”. Un intento perfettamente riuscito, seppure  nei tempi decisamente lunghi e con qualche problematica di organizzazione, legata all’assenza di controllo nel pubblico che, in alcuni casi,  incurante delle proteste dei presenti seduti per visionare lo spettacolo, ne ostruiva la vista davanti al palco. Inconvenienti del mestiere, direbbe qualcuno, segno tangibile, quantomeno, dell’interesse e dell’attenzione che questa scuola professionale, riesce a raccogliere. A stupire, nel corpo di ballo, i più piccoli. Originali, musicali, precisi e talentuosi, hanno dato prova di grande professionalità, aspetto spesso lesinante nelle scuole di danza del sud, altra testimonianza della passione e della precisione che anima i  docenti,invece, dell’accademia. Magici i costumi e frizzanti le coreografie, soprattutto quelle dedicate al mondo delle fiabe, tra le quali  Peter Pan” e Maleficent. Cris D'avena

Un successo acclamato e previsto, data la fama dell’ Art Show Dance e il gran numero di iscritti presenti, amplificato dal desiderio, esploso anche sui social, di incontrare la beniamina di tutti i tempi, Cristina D’Avena. Un modo in più per tornare bambini, un desiderio persino più evidente negli adulti che nei fanciulli. L’icona di grandi e piccini  ha regalato attimi di spensieratezza e sorrisi, in un viaggio indietro nel tempo, intonando le note di “Jhonny, Memole, Pollon, Sailor Moon, Lady Oscar, Dragon Ball, Doraemon, Occhi di gatto, Kiss me Licia, Rossana” e tante altre ancora. Per lei solo applausi e cori da stadio, proprio come in ogni fabula che si rispetti.

Lia Giannini

 

 

Novità editoriali, ecco “Il prefetto e i briganti. La Calabria e l’unificazione italiana” di Giuseppe Ferraro

COSENZA – È fresco di stampa il nuovo libro di Giuseppe Ferraro pubblicato per i tipi Mondadori/Le Monnier nella prestigiosa collana dei Quaderni storici fondata da Giovanni Spadolini e diretta da Fulvio Cammarano. Il prefetto e i briganti. La Calabria e l’unificazione italiana, questo è il titolo di un lavoro frutto di anni di ricerca, che già nelle sue fasi preparatorie, era stato insignito di un prestigioso premio nazionale a Ravenna per «la ricchezza e l’originalità delle fonti archivistiche».

Nel libro vengono affrontate questioni molto importanti come il fenomeno del brigantaggio, la questione della terra, i rapporti centro e priferia, la conflittualità tra potere militare e potere politico. Soprattutto Ferraro riesce a coniugare la storia del territorio con la grande storia a livello nazionale e internazionale.

‘ndrangheta, latitanti arrestati in un bunker. Preso il presunto assassino di Francesco Inzitari

Elicottero poliziaREGGIO CALABRIA – Sono stati arrestati questa mattina all’alba, dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria con il supporto della prima divisione del servizio centrale operativo, i latitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro. Crea, che da oltre dieci anni sfugge alla giustizia, e Ferraro, latitante da diciotto, sono stati scovati dagli investigatori in un bunker nascosto dentro un costone di roccia ad Agro di Maropati, fra Rizziconi e Melicucco. Figlio prediletto di Teodoro Crea, Giuseppe è per gli investigatori il capo dell’omonimo clan di Rizziconi, che ha continuato a dirigere durante gli anni di latitanza. Secondo alcune ipotesi investigative, non si tratterebbe solo di uno stratega lucido degli investimenti del clan, ma anche di un killer efferato. Secondo alcune ipotesi, sarebbe stato lui ad uccidere Francesco Inzitari, figlio appena diciottenne di Pasquale, ex consigliere provinciale di Reggio Calabria. Braccato dagli investigatori, Giuseppe Crea era sfuggito nuovamente all’arresto nel giugno 2014, quando l’operazione Deus ha prosciugato la sua rete di fiancheggiatori. Per oltre diciotto anni e’ riuscito a sfuggire agli investigatori l’altro boss finito in manette questa mattina all’alba, Giuseppe Ferraro, boss di Oppido Mamertina e capo storico dei Ferraro Raccosta, sopravvissuto alla cruenta faida che dagli anni Ottanta vede il suo clan in guerra con quello dei Mazzagatti- Polimeni – Bonarrigo. Un conflitto sopito per lungo tempo, ma che nel 2012 ha fatto registrare una nuova recrudescenza, dopo l’omicidio di Domenico Bonarrigo, capo del clan avversario dei Ferraro Raccosta. Sarà lo stesso Giuseppe Ferraro – secondo gli investigatori – a sacrificare gli uomini della sua famiglia che avevano usato turbare la pax mafiosa, consegnandoli ai Mazzagatti- Domenico- Bonarrigo, che li uccideranno uno dopo l’altro. Uno di loro, Francesco Raccosta, verrà dato in pasto ai maiali ancora vivo. I particolari dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa, con la partecipazione del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Nel covo trovate anche circa 20 armi fra pistole, fucili mitragliatori, fucili a pompa e numerose munizioni. Intanto anche il Ministro Alfano ha espresso compiacimento per l’operazione: “Oggi è un’altra bella giornata per tutti e per il Paese, perché oggi la giustizia ha vinto ancora una volta e ha vinto in modo eclatante con l’individuazione e l’arresto di due boss capicosca della ‘ndrangheta, catturati in un bunker in provincia di Reggio Calabria – ha detto il Ministro Angelino Alfanodell’Interno – Sono stati arrestati, in una operazione di altissimo livello, Giuseppe Ferraro, latitante da quasi vent’anni e condannato per associazione mafiosa e omicidio, e Giuseppe Crea, il maggiore esponente della ‘ndrangheta tirrenica, ricercato da dieci per associazione mafiosa, entrambi esponenti dei clan della Piana di Gioia Tauro e inseriti nell’elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia. Questo a dimostrazione del fatto che non si può sfuggire per sempre alla giustizia perché la squadra-Stato lavora ogni giorno per ripulire il territorio dalla mala pianta del crimine organizzato, perché i cittadini, che della squadra-Stato fanno parte, possano credere sempre di più nella forza delle istituzioni”.

Giuseppe Ferraro racconta la storia di Antonio Bruni”Dai campi di prigionia nazista a Salò”.

LAMEZIA TERME (CZ) – Sarà presentato il 6 febbraio alle ore 17.00 presso il seminario vescovile di Lamezia Terme la recente pubblicazione di Giuseppe Ferraro “Dai campi di prigionia nazista a Salò. Il diario di Antonio Bruni”. Insieme a Ferraro, dottore di ricerca presso l’Università degli studi di San Marino, presenteranno il volume Brunello Mantelli docente di Storia contemporanea presso l’Università della Calabria, Giuseppe Masi, Direttore dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Gaetano Montalto e Pantaleone Sergi presidente dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea (ICSAIC).

Presentazione del libro di Ferraro sulla Grande guerra

Il 4 dicembre alle ore 17.00 si terrà a Rossano (Palazzo San Bennardino Sala Rossa), organizzata dall’Università 4 dicembre (1)popolare diretta dal Prof. Giovanni Sapia, la presentazione del libro di Giuseppe Ferraro sulla Prima guerra mondiale: Dalle trincee alle retrovie. I molti fronti della Grande guerra. Il libro è frutto di un progetto di ricerca portato avanti dall’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea diretto dal Prof. Giuseppe Masi, che ha sede presso l’Università della Calabria. All’iniziativa interverranno il Prof. Vittorio Cappelli dell’Università della Calabria, il Prof. Pantaleone Sergi presidente dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, don Gaetano Federico Direttore Archivio storico della diocesi di Rossano Cariati. L’Università popolare ha coinvolto nel progetto anche le scuole di Rossano. I lavori saranno coordinati dal vice Direttore dell’Università popolare il Prof. Gennaro Mercogliano. La decisione di presentare il libro nella città bizantina nasce dal fatto che il lavoro pur avendo una ricostruzione degli eventi della Grande guerra nazionale e internazionale ha utilizzato alcune fonti presenti negli archivi privati di Rossano e Corigliano, come quelli della Biblioteca Minnicelli e l’Archivio privato di Giuseppe Geraci.

Dalle trincee alle retrovie della Grande Guerra: Nel libro di Giuseppe Ferraro

Screenshot_2015-07-10-22-25-08-1Le celebrazioni per il centenario dall’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale riscontrano su tutto il territorio nazionale l’attenzione di studiosi e ricercatori. La storia della Grande Guerra dei suoi protagonisti, del contesto culturale in cui si sviluppò, viene ora raccontata dal nuovo libro di Giuseppe Ferraro Dalle trincee alle retrovie. I molti fronti della Grande Guerra (2015) frutto delle attività dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea patrocinato dal comitato nazionale per le celebrazioni della presidenza del consiglio dei ministri. Il giovane studioso aveva dedicato al tema già altri studi: nel 2014 per i tipi Le Monnier della casa editrice aveva pubblicato un saggio sulla neutralità neutralità in Calabria. Grazie alla collaborazione di studiosi italiani e stranieri il volume si presenta come un serio prodotto scientifico sul dibattito storiografico ancora aperto dopo 100 anni sulla guerra 1914-1918: nato, pensato e concretizzatosi tutto in Calabria.

Arrestato imprenditore ritenuto vicino alla cosca Mancuso

TROPEA (VIBO VALENTIA) –  Giuseppe Ferraro, imprenditore di 23 anni accusato di concorso in tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei confronti del titolare di un’azienda è stato arrestato dai carabinieri a Vercelli, dove si era nascosto. Lo scorso 23 gennaio Giuseppe Ferraro era sfuggito ad un’operazione condotta dai carabinieri che aveva portato al fermo di Antonio Campisi, di 23 anni, e Nicola Drommi, di 25, ritenuti vicini alla cosca Mancuso di Limbadi con l’accusa dello stesso reato.

Vittorio Cappelli, La Belle époque italiana di Rio de Janeiro

Non erano molti o di gran valore i bagagli che ad ogni partenza i meridionali portavano dietro seguendo le rotte migratorie oltre oceano. Molto più prezioso era invece il «bagaglio umano» che periodicamente lasciava il Mezzogiorno d’Italia per emigrare alla ricerca di fortuna. Il desiderio di riscatto, unito alla speranza di costruire un futuro migliore, portò questo oceano umano di calzolai, marinai, venditori ambulanti, sarti, piccoli commercianti e liberi professionisti a partire verso il loro personale El Dorado e a lasciare, tracce profonde nel tessuto economico e socio-culturale dei paesi oggetto della loro emigrazione, come ad esempio il Brasile. Questa è la storia che ci racconta Vittorio Cappelli nel suo ultimo lavoro La belle époque italiana di Rio de Janeiro. Volti e storie dell’emigrazione meridionale nella modernità carioca. Una storia fatta di tante partenze, ma anche di esemplari figure di meridionali, che onorarono il loro paese all’estero. Fra questi Antonio Jannuzzi originario di Fuscaldo il quale costruì una buona parte di Rio de Janeiro e Pasquale Segreto, noto come il «ministro del divertimento». Già nel primo ventennio dell’Ottocento a Rio de Janeiro viveva una piccola colonia d’italiani a cui nel 1820 si aggiunse un gruppo di deportati proveniente dalle galere napoletane che in seguito «vissero agiatamente col commercio o con qualche mestiere» e «oltre trenta [di loro] fecero tanta fortuna da essere considerati ricchi negozianti» (p. 9).

Leggere la storia del Brasile tra gli anni che vanno dal primo ventennio dell’Ottocento all’unità d’Italia, significa per molti aspetti, anche rileggere una pagina interessante della storia politica, economica e culturale del Regno delle Due Sicilie. Il matrimonio di Teresa Cristina di Borbone, sorella di Ferdinando II, con d. Pedro II, coronò infatti anche dal punto di vista dinastico questi legami. Il suo viaggio in nave da Napoli per Rio de Janeiro durò ben tre mesi. L’imperatrice napoletana nella sua nuova patria «manifesta qualità culturali insolite per una donna, nel mondo aristocratico di quel tempo. Ella mostra, infatti, precise competenze musicali […] grande competenza e vivo interesse per l’archeologia» (p. 14). A lei si deve la formazione a Rio de Janeiro della maggiore collezione archeologica classica di tutta l’America Latina formata da circa 700 pezzi. Se la storia di Teresa Cristina di Borbone in Brasile può sembrare eccezionale, per il fatto che ella appartenesse alla dinastia regnante, le storie di Pasquale Segreto e di Antonio Jannuzzi parlano la vita quotidiana di migliaia di emigranti nelle «altre Americhe». Il primo originario del Cilento, emigrato a Rio dal 1883, era arrivato in Brasile adolescente «senza un soldo e vivendo di attività ed espedienti più o meno illegali» (p. 46), lo lasciò a 52 anni, per il sopraggiungere della sua morte, su una carrozza di prima classe in stile Luigi XV. Per circa un quarantennio Pasquale Segreto, il «fabbricante di allegria», il «ministro del divertimento», con le sue iniziative sociali, fatte di scommesse, lotterie, case da gioco, di cafè chantant, cinema e teatri, caratterizzò la belle èpoque tropicale a Rio de Janeiro. La sua morte ci fornisce però elementi sufficienti per individuare un’ascesa sociale che l’adolescente, senza un soldo, del piccolo borgo di San Martino, vicino al comune di Laureana Cilento (Salerno), era riuscito a costruirsi nella grande Rio de Janeiro.

Antonio Jannuzzi era invece di Fuscaldo e aveva raggiunto il Brasile qualche anno prima di Segreto, nel 1874, dopo una breve permanenza in Uruguay. Quella di Antonio Jannuzzi è la storia di una famiglia che emigra, vari fratelli e zii, anzi di una comunità Fuscaldo che «in solo dieci anni […] perde malgrado l’alto tasso di natalità, un migliaio di residenti, pari all’11%» e che coinvolge anche «i centri vicini, da Paola ad Acquapesa, […] San Lucido» (pp. 62-63). In Brasile il capomastro di Fuscaldo, insieme al fratello Giuseppe, costruì una solida impresa di costruzioni con un capitale di 200 contos de reis, guadagnandosi la «stima dei più importanti architetti e costruttori» (p. 65). La sua ascesa sociale non fu certo una passeggiata, sarà intervallata infatti da «grandi successi e gravi disastri», che non impediranno però ai Jannuzzi di affermarsi tanto che sarà ricordato come «l’italiano che ha costruito mezza Rio de Janiero».   Il libro di Cappelli che rappresenta un nuovo contributo agli studi sull’emigrazione italiana nelle «Americhe», ci racconta una storia diversa dell’emigrazione meridionale che spesso nel nostro immaginario è fatta solo di disperazione e stenti, ma che per molti rappresentò il momento della rinascita. Oggi si parla di “fuga di cervelli”, ma il presente richiama in talune congiunture il passato in cui si rispecchia e che aveva come protagonisti altri membri delle stesse famiglie: «i mericani».

Nello stesso tempo è un libro che invita lo studioso, il turista o il semplice cultore di storia in visita a Rio de Janiero a leggere tra le pietre dei palazzi e delle chiese, le “firme” di tanti calabresi come i Jannuzzi o di ascoltare, tra i vicoli delle grandi strade carioche, i dialetti di altrettanti meridionali come il cilentano Segreto. Storie, che con questo libro rivivono.

Giuseppe Ferraro

Annalisa Alvisio