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Sonia Peronaci: « Se fossi un piatto, sarei una lasagna»

sonia peronaci UbikCOSENZA – Al termine della presentazione del libro “La mia cucina” presso la libreria Ubik di Cosenza, la cuoca e blogger di origini calabresi Sonia Peronaci, ha concesso ai nostri microfoni un’intervista in cui racconta della sua passione per la cucina, dispensa consigli agli studenti universitari fuori sede.

D – Quando ha capito di voler fare la cuoca?

R – L’ho capito abbastanza presto, nella mia famiglia erano tutti molto bravi a cucinare quindi vedendo loro, a me veniva voglia di cucinare anche per loro stessi. “Giallo zafferano” è stato il primo grande progetto sulla cucina  ed è nato proprio perché volevo unire l’amore per la cucina con la tecnologia e quando ho potuto permettermi la prima connessione , il primo computer, mi sono buttata su questa cosa pensando ad un progetto che ho sviluppato poi quando ho conosciuto il mio compagno Francesco perché avevamo tutti e due questa passione comune, lui era molto bravo nella parte tecnologica perché aveva già avuto un sito  quindi abbiamo deciso di fare un’attività però ho cucinato da sempre ho alternato sempre i miei studi a lavori che comprendessero la cucina anche nel ristorante di mio padre.

D – Quali differenze ha riscontrato tra il mondo del web e quello della televisione?

R – Il mondo del web è sicuramente molto più responsive nel senso che hai un feedback immediato di quello che succede perché posti le tue ricette, i tuoi commenti e hai una risposta immediata di quello che è il gradimento di quello che hai fatto. Sulla televisione lo vieni a scoprire perché ovviamente ti da molta notorietà attraverso magari la persona che ti incontra e ti dice «Ah ti ho visto», sono due mondi abbastanza diversi che ti danno una notorietà in due sensi diversi però tutti e due da praticare sicuramente se vuoi essere nel panorama della cucina.

D – Qual è il segreto affinché un piatto risulti perfetto?

R – Ci sono degli chef che dicono di provarlo e riprovarlo finché non ti viene proprio come tu lo immaginavi poi, la perfezione è abbastanza soggettiva perché magari quello che piace a me tu lo trovi buono ma aggiungi qualcosa che è tuo e diventa ancora più buono. Io riprovo le ricette finché non arrivano al punto in cui mi soddisfano completamente, le provo un po’ di volte finché poi non le posto e gli altri tramite commenti mi dicono se vanno bene o no, cosa trovano di strano, cosa modificherebbero.

D – Quando pensa ad una ricetta nuova, da chi trae ispirazione?

R – Ho studiato e studio continuamente vari libri, più che altro libri che parlano di tecnica più che di ricetta perché con la tecnica poi riesci ad elaborare i piatti . Studio molto libri di tecnica però devo dire che non ho uno chef come riferimento o che posso guardare ricette di altri chef da cui trarre ispirazione perché l’ispirazione secondo me ti viene quando assaggi delle cose e te le immagini fatte in quel modo. Mi piace molto ispirarmi guardando le immagini più che le ricette. Amo Pinterest, un social fatto di immagini provenienti da tutto il mondo e a volte vedo immagini che mi ispirano , vedo un piatto che poi ovviamente sviluppo io. Si mangia prima con gli occhi, a me ispira molto l’immagine.

D – Quali consigli darebbe agli studenti universitari fuori sede “costretti” ad accostarsi al mondo della cucina?

R – Sono una mia grande utenza gli studenti perché ormai il web arriva ovunque quindi quando sono fuori sede e si ritrovano a dover cucinare, si rivolgono al web e poi incappano su “Giallo zafferano” o su “Sonia Peronaci” quindi diciamo che sono una fascia che frequenta molto il mio sito. Gli consiglio di partire sicuramente dalle ricette più semplici per poi magari appassionarsi e scoprire di essere molto bravi anche in altre preparazioni. Spesso hanno iniziato in questo modo tante persone e poi si è trasformata in passione e sono diventati bravissimi anche a preparare piatti più complicati.

D – Se fosse un piatto, quale sarebbe?

R – Dico sempre che sarei una lasagna perché io amo molto la cucina tradizionale ed è un piatto che mi appassiona molto fare e che quando faccio vedo che piace a tutti e ha sempre un grande successo, quindi è un piatto un po’ elaborato da preparare però che piace a tutto il mondo perché la lasagna alla bolognese la conoscono ovunque.

Rita Pellicori

Grande partecipazione alla presentazione del testo Diamo un segno, Per una storia della sordità

COSENZA – Si è svolta ieri pomeriggio, presso la Libreria Ubik di Cosenza, la presentazione del testo Diamo un segno, Per una storia della sordità della docente Donata Chiricò. La discussione sul libro è stata aperta dalla giornalista Carla Monaco, la quale ha elogiato il grande lavoro prodotto dall’autrice. Successivamente, il primo intervento è stato quello dell’Insegnante ed esperta di Pedagogia Vincenza Costantino, rimasta entusiasta dalla lettura di questo testo. Un libro ed un saggio teorico-scientifico – ha lisdichiarato la Costantino – di immenso significato. Attenzione particolare è stata rivolta ad un’analisi della società moderna e alla forza maggioritaria della lingua verbale nei confronti della lingua dei segni, analizzando anche il difficile rapporto tra la collettività e la sordità: un percorso pieno di insidie e di ostacoli. Un libro dalla grande facilità di lettura, un romanzo affascinante dove il protagonista – afferma Vincenza Costantino – è un’umanità fatta di tante persone e vittime (citando Antonio Cuppello). In questo testo vi sono i carnefici, personalità celate dietro le leggi e i congressi, ma non mancano i pionieri, studiosi e medici che hanno compreso il significato della Lis come L’Èpèe.

Successivamente la parola è passata al Dirigente Scolastico Assunta Morrone che ha sottolineato il proprio approccio al testo di Donata Chiricò non avendo moltissime conoscenze in merito all’argomento trattato. È stato proprio il desiderio di conoscere che l’ha portata ad una lettura intensa e appassionata, una lettura mai caduta nella superficialità. Citando Ludwig Wittgenstein – afferma la Dirigente – si lis 2comprende una lingua solo se si sta al suo interno, se la si vive e conosce: la Lis è proprio come la lingua verbale. Assunta Morrone ha poi lanciato una proposta da Dirigente Scolastico: portare il testo Diamo un segno, Per una storia della sordità nelle scuole. Un’occasione per esaltare e diffondere la conoscenza sulla Lingua Italiana dei Segni. In questo caso – continua – ci sarebbe la possibilità di una forte consapevolezza nel processo di apprendimento di TUTTI gli allievi.

È stata poi la volta dell’autrice Donata Chiricò che ha ringraziato tutti i presenti e coloro i quali hanno contribuito nella realizzazione del suo testo (prefazione di Renato Pigliacampo, psicologo sordo, postfazione di Enrico Dolza Direttore dell’Istituto Sordi di Torino e la concessione del dipinto La Sordomuta, da inserire in copertina, da parte dell’artista calabrese Francomà). Il libro è stato scritto con l’obiettivo di divulgarlo nel mondo e di farlo conoscere a più persone possibili per poter creare qualcosa di proficuo: ho bisogno di sapere qualcosa – afferma Donata Chiricò – per poterci fare qualcosa. Di formazione gramsciana, l’autrice ha affermato di credere solo al sapere che è politica, analizzando lis 3successivamente le problematiche vissute dal mondo attuale come le guerre di religione in Europa e non solo. Nei confronti dei sordi, come anche delle donne, esistono dei forti pregiudizi frutto di secoli di ignoranza in merito. In seguito, l’autrice ha pienamente accettato la proposta di Assunta Morrone: “farò dei tour nelle scuole per coinvolgere più studenti e insegnanti possibili sulla Lingua Italiana dei Segni”. Parlando sempre della scuola, ha analizzato il tema della scarsa qualità di scolarizzazione italiana per i bambini sordi. La scuola in Italia è stata da sempre costruita solo per gli udenti: l’obiettivo sarà quello di un’integrazione in toto da parte dei sordi. Un piccolo fanciullo non può essere catapultato in una realtà non consona alle sue capacità: sta in classe con gli altri ma non impara nulla e non comprende tutto quello che gli sta intorno, poiché non ha i mezzi e il supporto per poterlo fare. È importante l’aiuto medico per l’acquisizione delle parole ma ciò non basta. Bisogna comprendere – afferma Donata Chiricò – che il bambino sordo non parla ma “Segna” ed è con questa tipologia comunicativa che deve confrontarsi, in caso contrario si creerà un disadattato. Nel solo Comune di Cosenza vengono stanziate 600 pensioni per i sordi – continua – ragion per cui si necessita sempre più qui, ma anche altrove, di un supporto scolastico adeguato.

Un intervento dal pubblico ha visto la discussione accentrarsi sul rapporto medico – pedagogico ad opera del Dottor Domenico Musacchio, Presidente della Onlus IPAEA (Insieme per Ascoltare e Ascoltarci) il quale ha sottolineato la necessità di collaborazione tra la linea della Medicina e quella della Lingua Italiana dei Segni. Esistono degli interventi rischiosi – ha dichiarato Musacchio – per ripristinare l’udito attraverso l’implementazione dell’impianto cocleare: un intervento pericoloso e difficile dalla non sempre riuscita. Nonostante ciò, nulla dovrà vietare l’apprendimento della Lis, una lingua nuova e uguale a tutte le altre.

Alessandro Artuso

A Cosenza presentazione del testo di Donata Chiricò

 

COSENZA – Mercoledì 27 maggio alle ore 18.30 presso la Libreria Ubik di Cosenza si terrà la presentazione del libro “Diamo un segno, Per una storia della sordità” dell’autrice Donata Chiricò. La coordinatrice del dibattito sarà la giornalista Carla Monaco, a seguire ci saranno gli interventi di Vincenza Costantino, Insegnante ed Esperta di Pedagogia, e del Dirigente scolastico nonché scrittrice Assunta Morrone. Presentazione e dibattito saranno tradotti in Lingua Italiana del Segni a cura di Loredana Mendicino e Alessia Mendicino.

Diamo un segno, Per una storia della sordità” è un testo che analizza la sordità da un punto di vista della sua storia culturale. In effetti, essa ha una storia filosofica molto antica. Elementi in merito sono presenti nell’opera Historia Animalium di Aristotele, il quale spiega come la sordità sia un fattore di mutismo perché “la produzione di linguaggio verbale dipende dal buon funzionamento dell’udito”. diamo un segno alla Ubik 27 maggioMalgrado Aristotele non abbia prodotto un fattore di discriminazione nei confronti delle persone sorde, l’essere umano ha destinato a questi ultimi chiare condizioni di esclusione. È proprio analizzando la sordità partendo dal punto di vista degli udenti-parlanti (in numero maggioritario) che quest’ultima è stata definita come una disabilità da correggere. L’obiettivo dell’autrice è quello di far comprendere come l’emancipazione dei sordi sia avvenuta grazie alle possibilità di studio e di utilizzo della loro lingua: una lingua visivo – gestuale. Lo scopo primario della riflessione filosofica dell’autrice è quello di dimostrare che la sordità non è semplicemente una disabilità. I sordi, infatti, messi nelle condizioni di apprendere precocemente la loro lingua (la lingua dei segni) hanno uno sviluppo linguistico e cognitivo assolutamente normotipico.

Durante un qualsiasi dialogo tra due persone è importante che entrambi gli interlocutori abbiano uno stesso registro linguistico per poter comunicare in maniera efficace e per potersi comprendere. Tutto questo vale naturalmente anche per la lingua dei segni, la quale beneficia dell’utilizzo delle mani per “segnare” e dell’espressione labiale – facciale per poter comunicare al proprio interlocutore. La Lingua dei segni acquisì importanza durante il 1700 in Francia, con la creazione della prima Scuola Bilingue, all’interno della quale si comunicava utilizzando le parole ed anche i segni.

Donata Chiricò è una docente di Etica della Comunicazione presso l’Università della Calabria. Si occupa da molto tempo di Storia culturale della sordità e dell’influenza della funzione uditiva nella costituzione del linguaggio e dell’autocoscienza. Tra l’altro è anche traduttrice in lingua francese dello spettacolo teatrale dedicato alla poetessa Alda Merini dal titolo Fermata non richiesta.

 

Alessandro Artuso