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Gratteri nominato procuratore della Repubblica di Napoli

Nicola Gratteri, classe 1958, di Gerace (RC), é il nuovo procuratore della Repubblica di Napoli. L’attuale capo dei pm di Catanzaro, incarico che detiene dall’aprile 2016, è stato nominato alla guida della Procura più grande d’Italia a maggioranza dal Plenum del Csm.

Il posto di procuratore di Napoli era scoperto da quasi un anno e mezzo, da quando cioè Giovanni Melillo lo aveva lasciato per assumere l’incarico di capo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Gratteri ha ottenuto 19 voti, a differenza degli 8 andati alla procuratrice aggiunta di Napoli Rosa Volpe, che per un anno ha diretto, in qualità di “reggente”, la Procura partenopea, e i 5 per il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato.
A favore di Gratteri hanno votato il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, il Pg della Cassazione Luigi Salvato, i laici di centro-destra, il laico di Italia Viva Ernesto Carbone, i consiglieri di Magistratura Indipendente, l’indipendente Andrea Mirenda e il togato di Unicost Antonino Laganà, mentre il resto del gruppo ha sostenuto Amato. Determinante per la prevalenza sugli altri candidati l’ampia e profonda esperienza maturata da Gratteri nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata, nella sua dimensione nazionale e transnazionale, che con centinaia di rogatorie lo ha portato a instaurare rapporti con procure di tutto il mondo . Un impegno che anche portato alla cattura di circa 140 latitanti, alcuni dei quali inseriti nella lista dei 30 più pericolosi.
    Nel corso del dibattito che ha preceduto il voto non non sono mancate critiche al modo di Gratteri di interpretare il ruolo di procuratore, critiche espresse da chi ha sostenuto gli altri candidati, ed metodo con cui intende operare alla procura di Napoli, illustrato in occasione della sua audizione al Csm.

Traffico internazionale di armi e droga, blitz contro la ‘ndrangheta: 25 indagati

CATANZARO – E’ scattata alle prime ore di oggi in Italia e in altri paesi europei un’operazione della Guardia di Finanza di Catanzaro, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), delle Forze di Polizia della Germania e del Belgio, e il supporto di Europol, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, unitamente alla rappresentanza Italiana di Eurojust, nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune tra le Autorità Italiana, Tedesca e Belga.

Eseguite 25 misure cautelari nei confronti di soggetti accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente, reati in materia di armi e reati fine in materia di stupefacenti. Contemporaneamente è stata data esecuzione al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 3,8 milioni di euro.

Occhiuto «importante risultato evidenzia la professionalità dei nostri investigatori»

Mi congratulo con la Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, e con il Comando provinciale di Catanzaro della Guardia di Finanza per la brillante operazione di stamane che ha consentito, in collaborazione con le forze di Polizia di Belgio e Germania, di intercettare un’organizzazione criminale che avrebbe gestito un traffico internazionale di armi e droga”. Così Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria: “È un importante risultato che evidenzia per l’ennesima volta la professionalità dei nostri investigatori e l’efficace attività di contrasto alla criminalità organizzata. Reprimere in particolare il traffico internazionale di armi e di sostanze stupefacenti è cruciale per impedire che ingenti flussi di denaro alimentino ancor di più i patrimoni delle organizzazioni criminali, favorendo l’aumento di investimenti illegali nei nostri territori a scapito dell’economia sana sostenuta dagli imprenditori onesti”

Duro colpo alla criminalità rom: 62 arresti nel maxi blitz del procuratore Gratteri

CATANZARO, 18 APR – La Polizia ha eseguito stamani, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, un’ordinanza cautelare emessa dal Gip nei confronti di 62 indagati.

 Le accuse contestate, a vario titolo, sono associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione, furto, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, per la maggior parte sono aggravati dal metodo mafioso, ed altri gravi reati, avvenuti nel capoluogo di regione.
 Gli arresti sono stati eseguiti nella zona sud di Catanzaro a carico di esponenti della comunità rom
 
“Rivolgo le mie congratulazioni alla Polizia di Stato di Catanzaro che all’alba di oggi, con una vasta operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ha sferrato un duro colpo alla criminalità rom che opera nei quartieri sud di Catanzaro, eseguendo oltre 60 misure cautelari in cui vengono contestati i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione, furto, detenzione di armi. L’indagine, come ha spiegato il direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato prefetto Francesco Messina, ha evidenziato la leadership criminale delle cosche del Crotonese sulle consorterie del capoluogo, ma soprattutto il coraggio di alcuni imprenditori di  rompere il muro di omertà, denunciando le richieste estorsive e affiancandosi allo Stato. Un segno della grande fiducia di cui godono la magistratura inquirente e le forze dell’ordine che operano nel distretto, ma anche della volontà dei cittadini di ribellarsi alla cappa criminale che tenta di soffocare le attività economiche e condizionare la vita della comunità”. È quanto afferma il sottosegretario all’Interno on. Wanda Ferro (Fdi).

Cosenza, al Liceo Telesio l’iniziativa contro l’uso di droghe con Gratteri e Gasparri

COSENZA – “#SCELGO LA VITA”, è questo il titolo dato all’evento del 17 aprile che vedrà la presenza nell’Auditorium del Liceo Classico Telesio di Cosenza di tre autorevoli rappresentanti delle Istituzioni e del privato sociale: Maurizio Gasparri, vice Presidente del Senato della Repubblica; Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e Don Salvatore Vergara, Presidente onorario del Centro di Solidarietà il Delfino. Tre figure dal grande carisma che con appassionato impegno civile da circa 30 anni si battono contro le dipendenze e la disinformazione che ne accompagna l’escalation.

“Siamo onorati di ricevere queste personalità nella nostra scuola ed entusiasti di sapere che porteranno la loro testimonianza e il loro impegno per incoraggiare i  nostri giovani a trovare la propria autorealizzazione in una vita piena di significato e libera da ogni dipendenza patologica”, così il Dirigente del Liceo Telesio Antonio Iaconianni, che prosegue: “assieme a Renato Caforio, Presidente del Centro di Solidarietà il Delfino, abbiamo inteso promuovere questo importante momento di riflessione tra gli studenti per contrastare la “pseudo cultura” che considera un “normale stile consumistico” l’uso delle droghe e l’adozione di comportamenti devianti. I nostri giovani non hanno bisogno di stampelle chimiche e false chimere ma di opportunità e stimoli che ne favoriscano il protagonismo appassionato, l’intelligenza emotiva, la creatività”.

 In tale direzione da sempre l’impegno del “Delfino”, un Centro che in Calabria ha scritto la storia del sociale partendo proprio dalla lotta alla tossicodipendenza.

 “È necessario che gli adulti responsabili si impegnino nel testimoniare e nell’affermare il rifiuto ad ogni compromesso con l’uso di sostanze legali e illegali” ha affermato Caforio, che evidenzia come “siano troppo rilevanti i danni e le vittime che questo fenomeno continua a produrre per non decidere di contrastare prima di tutto sul piano culturale l’uso delle droghe, presunte “leggere” o pesanti che siano”.

Scelgo la vita non è solo uno slogan dunque, ma un progetto sociale ed educativo che parte dal Telesio e mira ad accompagnare la crescita dei giovani in modo da renderli immuni da qualsiasi forma di schiavitù alienante e distruttiva.

L’allarme di Gratteri: «Il vento sta soffiando in modo contrario per arginare mafie e corruzione»

CATANZARO – «C’è un vento che è cambiato. C’è un vento che sta toccando varie parti, vari pezzi delle Istituzioni, sta toccando un po’ tutta quella che è a legislazione antimafia. Il vento sta soffiando in modo contrario rispetto a ciò di cui c’è veramente bisogno per arginare le mafie, per arginare la corruzione e i reati contro la Pubblica amministrazione e soprattutto il riciclaggio. Quando sono stato chiamato a parlare in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ho detto che ancora ci sono molti gattopardi che salgono sui banchi per commemorare Falcone e Borsellino mentre quando erano in vita li hanno derisi». Lo ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che è intervenuto all’università Magna Graecia di Catanzaro al convegno sull’”Ergastolo ostativo – Il problema e le implicazioni costituzionali”, organizzato dal dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia, dal centro di ricerca Rapporti privatistici della Pubblica Amministrazione, dalla scuola di Alta formazione dell’Università e dalla struttura di formazione decentrata presso la Corte d’Appello di Catanzaro.

Gratteri «dopo queste minacce, se fosse possibile, lavorerei ancora di più»

COSENZA – «Dopo queste minacce, se fosse possibile, lavorerei ancora di più e sto pensando a tante cose, ma non a prendere decisioni». Lo afferma Nicola Gratteri, ospite a Cosenza alla presentazione del libro del suo sostituto Alessandro Riello, un romanzo giallo dal titolo «Delitto in contropiede», edito da Pellegrini. Il procuratore di Catanzaro, recentemente, è stato raggiunto da nuove minacce e un progetto di attentato che lo hanno costretto a rafforzare la scorta.

«I miei uffici sono stati sempre aperti a chi volesse denunciare o raccontare i propri drammi, e in particolare a Catanzaro una volta alla settimana incontriamo usurati ed estorti. E lo facciamo dal 2016», prosegue il magistrato alla domanda se fosse sorpreso della vicinanza e dell’affetto che gli dimostra la gente. La gente col tempo si affeziona, perché in tanti hanno avuto riscontro dopo le loro denunce – dice Gratteri – hanno fiducia, credono nella bontà di quello che stiamo facendo e prendono posizione».

“Le cosche vogliono far saltare in aria Gratteri”. L’allarme degli 007 stranieri

CATANZARO – I clan calabresi vogliono far saltare in aria il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. L’allarme questa volta arriva dal Sudamerica: la segnalazione sarebbe rimasta coperta per settimane, circolata nel ristretto circuito degli ambienti investigativi e istituzionali. A darne notizia il Fatto Quotidiano: i servizi segreti di un Paese straniero avrebbero intercettato una comunicazione sospetta che ha attivato la catena di allarme. Il dialogo farebbe riferimento al progetto di un attentato pianificato contro il magistrato calabrese, già finito, in passato, più volte nel mirino delle cosche per il suo impegno antimafia. Da un servizio segreto all’altro: gli 007 stranieri hanno avvertito i colleghi italiani. La comunicazione, ovviamente secretata, farebbe riferimento all’utilizzo di un ordigno collegato a un controllo remoto e l’idea omicida, secondo i dati raccolti, potrebbe essere in fase avanzata. Non è un caso che a scoprire il piano si sia arrivati attraverso una triangolazione con l’estero: le famiglie che l’hanno organizzato vedrebbero i propri affari messi in pericolo dalle inchieste della Procura di Catanzaro sulle propaggini ‘ndranghetistiche in Sudamerica e negli Stati Uniti.

Accuse a Gratteri, chiesta conferma di trasferimento per Lupacchini “toni denigratori”

ROMA – Un’intervista fu galeotta. Così l’ex Pg di Catanzaro Otello Lupacchini è finito a processo disciplinare per le pubbliche critiche, secondo l’accusa denigratorie, al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, all’indomani di “Rinascita Scott”, l’operazione contro la ‘ndrangheta che aveva portato a 350 arresti.

“I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti – aveva detto Lupacchini a Tgcom 24- li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della procura generale contattare e informare. Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade e cioè l’evanescenza come ombra lunatica di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro stessa”.

 Secondo il rappresentante dell’accusa, il sostituto Pg Marco Dall’Olio, Lupacchini va condannato perché in quell’intervista- che gli è già costata un anno fa il trasferimento alla procura generale di Torino come semplice sostituto, provvedimento adottato in via cautelare – ha usato “un tono irridente e denigratorio” nei confronti di Gratteri ma anche degli uffici giudicanti del distretto di Catanzaro, su cui come Pg aveva all’epoca compiti di vigilanza, “senza la conoscenza degli atti” e prima che si pronunciasse su quei provvedimenti il tribunale della libertà.

Lupacchini, l’accusa “petizione a sostegno di Facciolla”

Per le stesse ragioni Dall’Olio ha chiesto di condannare Lupacchini anche per aver postato sul suo profilo Facebook una petizione a sostegno di un magistrato del distretto, il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, che era stato trasferito d’ufficio dal Csm a seguito di un’indagine della procura di Salerno. Secondo il rappresentante dell’accusa postare quella petizione, che conteneva espressioni “denigratorie” per il Csm, aveva il significato un’adesione. Un fatto censurabile visto il ruolo che ricopriva di capo degli organi requirenti del distretto di Catanzaro. La prossima udienza è fissata al 14 giugno, la parola passerà al difensore di Lupacchini, l’avvocato Ivano Lai, e allo stesso magistrato, che ha già letto in aula una dichiarazione: “voglio precisare e ribadire che il mio agire è sempre stato ispirato al superiore interesse della giustizia da conseguire al prezzo del più rigoroso rispetto della legge”.

Rinascita Scott, Gratteri avanza 84 richieste di condanna e 6 di assoluzione

LAMEZIA (CZ) – Sono 84 le richieste di condanna e 6 di assoluzione avanzate dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri al termine della requisitoria del processo con rito abbreviato, “Rinascita-Scott” contro le cosche di Vibo Valentia.

Ieri nell’aula bunker di Lamezia Terme, davanti al gup Claudio Paris, dopo le discussioni dei sostituti Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso, il procuratore Nicola Gratteri ha sostenuto le richieste di condanna.

“I colleghi – ha detto Gratteri – hanno fatto l’esegesi di tutti quelli che sono gli elementi per cui oggi siamo qui”. In particolare sono stati chiesti 20 anni di reclusione per Pasquale Gallone, elemento apicale della cosca Mancuso, considerato il braccio destro del boss Luigi. 20 sono stati chiesti anche per Gregorio Gasparro che comandava, insieme a Saverio razionale e a Rosario Fiaré (imputati nel processo con rito ordinario), la cosca di San Gregorio D’Ippona.

Particolarmente legato a Fiaré, Gasparro lo sostituiva in sua assenza e si occupava, insieme a Razionale, di tenere i contatti con le consorterie alleate.

Altro elemento di spicco della cosca di San Gregorio è  Gregorio Giofré per il quale sono stati invocati 18 anni di carcere.

Dieci anni, invece, per l’imprenditore Vincenzo Renda, considerato partecipe nell’articolazione dei Mancuso di Limbadi. Secondo l’accusa Renda direttore tecnico e comproprietario della società “Genco Carmela e Figli srl”, con sede legale a Vibo Valentia, amministratore unico delle società “Calfood srl” e “Itc srl”,entrambe con sede legale a Vibo Valentia, devolveva alla cosca somme di denaro secondo prestabilite scadenza temporali, con vantaggio per i Mancuso di percepire risorse economiche a cadenze fisse e per Renda “sia nell’imporsi sul territorio in posizione dominante, sia nel godere di tutela e protezione dalle possibili aggressioni predatorie da parte di altre consorterie o, comunque, della locale criminalita’”.

Chiesti 20 anni per Domenico Camillò, al vertice della cosca “Pardea-Ranisi” di Vibo Valentia, e per Domenico “Mommo” Macrì, capo, insieme a Camillò, del sodalizio criminale di Vibo Valentia, considerato al vertice dell’ala militare.

 

 

Blitz “Basso Profilo”: talpe tra le forze dell’ordine e fatture false “nuovo oro” della criminalità

CATANZARO – Nella maxi operazione “Basso profilo”, l’inchiesta della Dda di Catanzaro coordinata dal procuratore capo Nicola –  in cui sono coinvolti anche esponenti politici (tra cui l’assessore regionale Franco Talorico e il segretario nazionale Udc Lorenzo Cesa indagato), amministratori locali, imprenditori e professionisti – emergono nuovi particolari.

Secondo quanto riferisce la procura catanzarese, “il nuovo “oro” delle organizzazioni criminali sono le fatture per operazioni inesistenti, merce che oggi è assai ricercata e “trafficata” dalle organizzazioni criminali per i benefici che può determinare per gli imprenditori disonesti e per le aziende a gestione o funzionali della ‘ndrangheta”. L’attività di indagine ha consentito di accertare il prelevamento in contante di 22 milioni di euro, attraverso l’arruolamento da parte dell’organizzazione mafiosa di un folto numero di soggetti prelevatori, vere e proprie “scuderie” in un network complessivo di 159 società fruitrici di fatture per operazioni inesistenti e ben 86 società “cartiere” emittenti i documenti falsi. Sono state analizzate e interfacciate alle indagini anche276 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette trasmesse dagli operatori finanziari.

I passaggi dalle aziende “filtro”

Il settore prediletto era quello dei servizi e fornitura di dispositivi di protezione individuale, mascherine, caschi, guanti ecc, a copertura del sistema fraudolento, costituendo, parallelamente, diverse aziende cartiere e “filtro” che si sono dedicate, stabilmente, all’attività di emissione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti. Allo stesso tempo, i membri dell’organizzazione coordinavano “un drappello di individui incaricati, con costanza e senza soluzione di continuità, di recuperare il denaro corrisposto dalle società beneficiarie della frode, prelevandolo in contanti presso i vari uffici postali dove erano stati accesi specifici conti correnti, retrocedere le somme decurtate del compenso illecito, redigere documentazione fiscale ed amministrativa fittizia nonché di “arruolare” nuove “teste di legno”. Durante il passaggio delle somme, da cartiera in cartiera, in taluni casi l’indicazione dell’Iva spariva perché veniva utilizzato l’espediente normativo. Venivano quindi inscenate come avvenute operazioni di commercializzazione mai realmente avvenute. Gli inquirenti parlano di aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce, e mezzi di trasporto che vi permanevano per simulare operazioni di scarico/carico. Nel corso delle indagini sono state trovate migliaia di documenti fiscali ed amministrativi falsi emessi ed annotati nelle scritture contabili, ai pagamenti realmente eseguiti, tranne, poi, prelevare il denaro e retrocederlo, decurtato del 11% dell’imponibile quale compenso per la costruzione e la gestione del sistema fraudolento.

La percentuale riconosciuta variava a seconda del cliente che richiedeva le fatture per operazioni inesistenti: quando l’impresa era riconducibile a soggetti della criminalità organizzata la percentuale scendeva dall’11% al 7% per acquisire la “captatio benevolentiae” del boss e continuare ad operare indisturbati verso altri imprenditori-clienti beneficiari di false fatture, alcuni dei quali acquisiti proprio grazie all’indicazione del boss all’ombra del quale si era operato.

Società intestate ad albanesi, indagato notaio

C’è il notaio catanzarese Rocco Guglielmo fra le persone indagate nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro “Basso profilo”. Il professionista è stato raggiunto dalla misura cautelare del divieto di dimora nel capoluogo calabrese e dal divieto di esercitare la professione di notaio per la durata di un anno. A lui i clan si sarebbero rivolti per concretizzare il passaggio di quote societarie a cittadini albanesi che, prelevati a Bari e provenienti da Durazzo sono stati ospitati a Catanzaro e dotati di codice fiscale italiano. Gli albanesi, intestatari fittizi di tante cartiere anche di nuova costituzione, sarebbero stati accompagnati dal notaio per apporre le firme sugli atti predisposti dal professionista senza i dovuti controlli dalla normativa antiriciclaggio.

Talpe fra le forze dell’ordine informavano clan

C’erano “talpe” tra le forze dell’ordine che permettevano ai componenti del cartello criminale sgominato dalla Dia e dalla Dda di Catanzaro di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia. Una vera e propria rete di fonti e connivenze entro la quale spicca il ruolo di un luogotenente della Guardia di Finanza, oggi in pensione, raggiunto da una misura cautelare. Con la sua condotta, finalizzata ad ottenere uno stipendio fisso tramite l’assunzione del figlio in una società costituita ad hoc dall’imprenditore Antonio Gallo in Albania, forniva notizie sullo stato dell’indagine denominata “Borderland”, avvicinando i colleghi delegati alle indagini.

Il militare, secondo l’accusa, era a conoscenza dei legami di Gallo con la ‘ndrangheta. Un ruolo avrebbero avuto due politici catanzaresi, Tommaso Brutto e il figlio Saverio, l’uno consigliere di minoranza del Comune di Catanzaro, l’altro assessore del Comune di Simeri Crichi (Cz), i quali avrebbero messo il luogotenente in contatto con l’imprenditore delle cosche, attraverso promesse di “entrature” da realizzare con il contributo del segretario regionale dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto politici nazionali.

Accertate 388.000 operazioni bancarie

“E’ stata un’indagine complessa, anche per i tanti ‘colletti bianchi coinvolti. Inoltre abbiamo documentato un volume di affari commerciali illeciti da circa 250 milioni di euro“. A dirlo il direttore della Direzione investigativa antimafia Maurizio Vallone, incontrando i giornalisti dopo l’operazione “Basso profilo”. Nel corso delle indagini, ha aggiunto Vallone, sono state fatte intercettazioni telefoniche e ambientali, con “266.500 dialoghi ascoltati e trascritti, sostenuti da contestuali indagini bancarie e accertamenti patrimoniali con 1.800 conti correnti esaminati e 388.000 operazioni bancarie ricostruite, per un giro d’affari di circa 250 milioni di euro. Accertamenti che hanno confermato la mole di dati riferiti dai collaboratori di giustizia e hanno permesso di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali e ‘ndrine distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia”. Il vice direttore delle operazioni della Dia Nicola Altiero, ha sottolineato come “l’anonimato della pletora di imprenditori incensurati coinvolti, per noi significa la mimetizzazione imprenditoriale. Nell’inchiesta sono emersi sia i mafiosi imprenditori, esponenti delle cosche dediti all’economia, ma anche imprenditori mafiosi”.