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Quelli de… ‘Il Giornale di Calabria’, gli ex giornalisti incontrano Paolo Guzzanti

SOVERATO (CZ) – Paolo Guzzanti, ex caporedattore de ‘Il Giornale di Calabria’, dialogherà con numerosi degli ex giornalisti della testata. Oggi, presso la Terrazza Miramare, alle ore 17.30, sarà presentato il suo libro, ‘Senza più sognare il padre’. L’evento è a cura della Pro Loco di Soverato.
Dopo i saluti del presidente della Pro Loco, Franco Cervadoro, tra gli altri, interverranno Franco Calabrò, Antonio Di Rosa, Sergio Dragone, Moise Asta, Domenico Lagozzo, Raffaele Malito, Pietro Mancini, Pietro Melia, Paolo Palma, Tonino Raffa, Franco Scrima, Pantaleone Sergi, Tonino Scura, Santino Trimboli, Enzo Arcuri.

Teresa Marino: presentazione de “il peso delle ali”

PRAIA A MARE (CS) – Si è svolta a Praia a Mare la presentazione de “Il Peso delle Ali” di Teresa Marino, poetessa di Belvedere.

In qualità di relatori sono intervenuti Ciro Cianni, direttore editoriale della Edizioni Johoshu’a, le giornaliste Maria Francesca Calvano e Bruna Larosa. A conclusione degli interventi anche una breve nota dalla viva voce dell’autrice che, con parole emozionate ed efficaci, ha descritto i contenuti del suo libro. Mai scontata né banale, Teresa Marino interpreta la vita come un volo, come un tendere all’infinito e alla leggerezza declinando in maniera personale e originale uno dei temi più cari alla letteratura. Si sono intervallate al microfono le giornaliste Maria Francesca Calvano e Bruna Larosa. Maria Francesca Calvano ha proposto una puntuale analisi stilistica delle liriche attraverso cui ha potuto identificare i momenti di alta poesia che dalla forma sono migrati al senso, quindi alla sostanza della poetica stessa, proponendo al pubblico intervenuto un lavoro di valore e interesse. Bruna Larosa ha affrontato il tema dell’equilibrio tra leggerezza e pesantezza rintracciando nelle poesie punti di contaminazione con altri autori, dovuti alla cultura della poetessa, ma anche tratti di un’originalità brillante e ben distribuita. A dare una sfumatura di novità alla serata l’interpretazione di alcuni versi tratti da “Il peso delle ali” da parte dell’attore Antonio Fulfaro e Rossella Cavolo, composizioni che hanno reso possibile al pubblico seguire ed immergersi la poetica di una poetessa contemporanea.

Il calendario delle serate prevede ancora un incontro il 23 agosto a Roggiano Gravina, al Arte cafè by Arte del Dolce dove discuteranno dei testi Monia Avolio, scrittrice; Maria Francesca Calvano, giornalista; Ciro Cianni. Secondo appuntamento sempre il 23 ma alle ore 21:30 di nuovo a Cetraro, al Palazzo del Trono qui relazioneranno Ciro Cianni, Direttore Editoriale della Edizioni Jehoshu’a e poeta; Maria Francesca Calvano, Giornalista; Pietro Delle Piane, Giuseppe Aieta, Sindaco di Cetraro.

 

Equità per il miglioramento di tutto il paese: Emanuele Ferragina presenta la sua proposta

PENTONE (CZ) –  «I soldi ci sono, ma sono male distribuiti», contraddice il ritornello ripetuto come un mantra ai tempi dell’austerity, Emanuele Ferragina. Il giovane catanzarese insegna politiche sociali a Oxford. Nel suo ultimo libro destinato al grande pubblico, Chi troppo chi niente, raccoglie le sue ricerche per dimostrare che conseguire l’uguaglianza – di reddito, opportunità e trattamento – migliorerebbe il nostro paese: un possibile progetto politico da realizzare nel breve termine. Il libro è stato presentato ieri a Pentone, nella serata organizzata dall’amministrazione comunale. L’assessore alla cultura, Francesco Citriniti, ha inquadrato l’iniziativa nelle «serate che mirano a valorizzare la calabresità positiva». Al tavolo anche Pasquale Squillace: per l’iscritto PD è fondamentale «trovare un modo per far sì che questi incontri consentano la creazione di una massa critica». Intervistato dal giornalista Domenico Iozzo, Emanuele Ferragina ha ricostruito gli argomenti della sua tesi. Fondata su «numeri che non si possono discutere».

Cinque campi, un principio – Secondo il ricercatore catanzarese, ridurre le disparità andrebbe a discapito di 4 o 5 milioni di cittadini, ma sarebbe un vantaggio per tutti gli altri. E per lo stesso consenso elettorale dei politici. Ma perché mostrare l’utilità di un principio la cui bontà sembrerebbe evidente? Probabilmente perché si vuole «convincere le menti razionali» con una serie di riforme fattibili: un proclama non basta. Emanuele Ferragina propone di intervenire in cinque campi – ordini professionali, previdenza, lavoro, coesione sociale, federalismo. Ad esempio, sostiene la tassazione di pensioni di anzianità e patrimoni per finanziare il reddito minimo garantito, una misura adottata in tutti i paesi europei ad eccezione di Italia e Grecia. Ma si tratta di interventi a breve termine. Sul lungo periodo si imporrà un ripensamento della crescita – «non abbiamo più bisogno di cose» – e del lavoro (dal lavoro retribuito al lavoro che serve).

«Meridionale d’Albione» – La scrittura del libro comincia in seguito alla telefonata dell’editore. Che contatta Emanuele Ferragina dopo la sua discussione con Susanna Camusso a Servizio Pubblico: l’aveva accusata di essere conservatrice. L’autore definisce Chi troppo chi niente «un libro di buon senso scritto da un meridionale che ha passato del tempo a studiare con metodo anglosassone». Al libro mancano alcuni capitoli, sull’immigrazione, la scuola, l’evasione fiscale: il ricercatore ha voluto concentrarsi solo sugli ambiti di sua competenza. Qualcuno – racconta –  lo ha accusato di dire delle ovvietà. Lui replica: «ma allora perché nessuno le ha messe insieme o nessun politico le ha mai fatte?» .

Politici e tecnici – L’animatore del think tank Fonderia si sofferma anche sul Movimento Cinque Stelle di cui si interessa in quanto sociologo della politica: secondo la sua analisi, i dati interessanti del movimento sono il capitale sociale degli attivisti e il consenso di lavoratori precari e disoccupati. «Le grandi riforme partono da chi ha disagio», spiega proseguendo le riflessioni.

E il rapporto tra tecnici e politici? Secondo Emanuele Ferragina il politico è colui che decide di occuparsi del bene comune e fa delle scelte in base alla consultazione con chi se ne intende di una data materia. D’altra parte – nella sua visione – il tecnico dovrebbe farsi carico di informare l’opinione pubblica.

Rita Paonessa

Presentazione di “Inferno di fango” il libro che racconta le devastanti alluvioni che colpirono il messinese

REGGIO CALABRIA – Si terrà il prossimo 12 febbraio 2013 alle 17.30 presso il Palazzo della Provincia -sala Biblioteca Storica- di Reggio Calabria la presentazione del libro “Inferno di Fango – 2009 – 2011. Le alluvioni di Messina e Provincia”, di Gianluca Rossellini edito da Città del sole.
Il libro sarà presentato dal Presidente della Associazione culturale Anassilaos Dr. Stefano Iorfida. Relazioneranno: Carmelo Ardito, presidente Collegio Geometri di Messina; Peppe Caridi, giornalista direttore di Meteoweb e Strettoweb; Enrico Costa, professore ordinario di Urbanistica Università Mediterranea; Edoardo Russo, studente di Architettura, responsabile Ass. “Viviamo Barcellona Pozzo di Gotto”. Saranno presenti l’autore Gianluca Rossellini e l’editore Franco Arcidiaco. La prof.ssa Daniela Sansalone leggerà alcuni brani del libro.

Il 1 ottobre 2009 un’area ristretta della Sicilia Nord-orientale viene colpita da un violento nubifragio che devasta Messina e in particolare la sua provincia; enormi danni vengono provocati dai  220/230 millimetri di precipitazioni caduti nell’arco di 3-4 ore, 31 le vittime e 6 dispersi. Un copione simile si ripete appena due anni dopo, quando il 25 novembre 2011 un’onda di fango travolge le stesse zone mietendo tre vittime.

Gianluca Rossellini, messinese, 34 anni, giornalista e scrittore. Laureato in Scienze della Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma, ha poi conseguito un master di secondo livello in Giornalismo all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Collabora con l’Agenzia nazionale “Ansa”, il giornale on line “Corrieredelmezzogiorno.it, il quotidiano nazionale “Il Messaggero”, “Radio Vaticana” e il periodico “Vanity Fair”. È stato direttore responsabile di numerose testate. Ha condotto inchieste che hanno avuto rilevanza nazionale e ha seguito tutte le alluvioni che dal 2009 al 2011 hanno colpito Messina e provincia. Inferno di fango è il suo primo libro.

 

Pellegrini editore presenta “Diario di una maȋtresse”

COSENZA – E’ previsto per oggi pomeriggio alle 18,30 presso la Biblioteca Nazionale di Cosenza, la presentazione del romanzo di Sergio Barletta  “Diario di una maȋtresse – Per amore, solo per amore” pubblicato dalla Pellegrini Editore. Un romanzo intenso e toccante Diario di una maȋtresse , un viaggio attraverso la gioia, il dolore, il sorriso sofferto, l’urlo silenzioso di chi non ha più parole. E’ un viaggio arcano e misterioso nella Cosenza dei primi decenni del secondo dopoguerra e nella complessa realtà di “Ferramonti”, sconosciuta a molti, perché sul Campo di internamento di Tarsia per lungo tempo c’è stato un totale silenzio da parte della storiografia ufficiale e dell’opinione pubblica.

Prevista in occasione della presentazione una performance  scenica di quest’opera letteraria, attraverso le letture, il tango teatralizzato con musica live – fisarmonica e pianoforte. La Compagnia degli Untori di Ferruccio Stumpo e le voci di Giulia Gigliotti e Eliana Vetrò faranno rivivere le pagine del romanzo insieme alla danzatrice di tango Antonella Iacona , alla fisarmonica di Francesco Mazzei e al pianoforte di Fabio Ciancio.

Interverranno alla serata la Direttrice della Biblioteca Nazionale, Elvira Graziani e l’editore Walter Pellegrini. Presenterà il romanzo il professore Vittorio Rennis , Antonietta Cozza (Ufficio Stampa Pellegrini) modererà l’incontro e dialogherà con l’autore Sergio Barletta intorno ai temi caldi del romanzo.

La presentazione del romanzo sarà preceduta da una Cerimonia che si svolgerà presso la Commissione Cultura del Comune di Cosenza durante la quale l’Autore, Sergio Barletta, riceverà un riconoscimento ufficiale per il romanzo “Diario di una maitresse” opera prima, nell’ambito della rassegna “Nemo Propheta in Patria”.

“Amo la vita Storia di un malato di Sla” di Giacomo Guglielmelli: esistere e non sopravvivere

COSENZA – Una sala gremita ieri, presso la sede dell’Ordine provinciale dei Medici chirurghi e Odontoiatri nel centro di Cosenza, ha accolto l’invito degli organizzatori della manifestazione “Anatomia di un evento: segni e storie del Natale”, in occasione della quale si è tenuta nel pomeriggio la presentazione del libro “Amo la vita Storia di un malato di Sla” (Comet Editor Press, 2012).

Il libro, scritto da Giacomo Guglielmelli poeta e scrittore , nasce dall’incontro dello stesso con Cristian Filice, giovane 37enne che da quattro anni convive con la diagnosi della Sclerosi Laterale Amiotrofica, lungo una testimonianza che colpisce ed emoziona, ma soprattutto fa riflettere sul valore e le priorità che spesso nella quotidianità (non) si danno alle cose.

Il libro infatti, racconta la storia di Cristian e – riprendendo le parole della dott.ssa Agata Mollica che ha moderato gli interventi della presentazione –  il “superamento della dimensione della malattia verso l’apertura al mondo”.

Oltre la dott.ssa Mollica, erano presenti al dibattito, l’autore del libro, Don Giacomo Panizza che ne ha scritto la prefazione, il presidente dell’Ordine dei Medici Eugenio Corcioni e lo stesso Cristian Filice.

Ad introdurre l’incontro, una scena tratta dal celebre film “Natale in casa Cupiello”, interpretato da Eduardo De Filippo, a richiamare le ragioni dell’evento che ha ospitato la presentazione, ovvero la volontà dell’ordine di celebrare il Natale con una manifestazione che, attorno al senso della natività e del presepe, innescasse delle riflessioni sul cambiamento del modo di “vivere” questo periodo dell’anno.

Il presepe, la famiglia, l’intimo degli affetti che spesso indispensabile per affrontare le difficoltà; cui nel caso di Cristian, protagonista del libro, si sono uniti a una rete di relazioni affettive esterne al nucleo famigliare rivelatisi indispensabili per affrontare la quotidianità con addosso il fardello di una malattia invalidante. In questa rete di affetti rientra proprio lo stesso autore del libro, Giacomo Guglielmelli che offre il proprio supporto a Cristian da diverso tempo e che, con il libro, ha deciso di dare un ulteriore input a questo suo “ruolo” donando– come ha dichiarato lo stesso autore – “voce a chi voce non può avere, in modo che l’esperienza narrata accomuni e coinvolga anche chi non la vive in prima persona”. Quello dell’autore è un vero e proprio invito a “condividere e rivolgersi al prossimo”, indipendentemente dalle proprie credenze religiose.

L’esperienza della condivisione e del racconto come accrescimento personale e apertura verso l’esterno, è stato il concetto ripreso anche nell’intervento di Don Giacomo Panizza, personalità celebre per il suo impegno sociale in Calabria da circa quarant’anni. “Per vivere appieno le esperienze è necessario sapere darvi un nome, saperle raccontare, dunque sapere leggere e scrivere”, per questo è necessaria la massima apertura e il massimo sostegno affinché anche chi “non sa di saper leggere le cose belle della vita” ne divenga capace.

Don Giacomo ha sottolineato come spesso si tenda a dare tutto per scontato, senza porsi troppe domande su ciò che si ha intorno, sul senso delle cose, sul senso della vita; chi soffre una malattia da questa prospettiva possiede una marcia in più, perché supera la barriera del “consueto” e “coglie il da farsi senza poterlo fare”. E’ qui, nel modo in cui si affronta il quotidiano, che risiede la sottile differenza tra vivere e sopravvivere; riprendendo le parole del sacerdote: “esiste una logica dell’esistere, diversa da quella del sopravvivere: e questo è nel libro, l’esistenza e non il sopravvivere. La malattia fa vedere cose diverse, realtà diverse; aiuta a focalizzare non su quanto tempo si ha nella vita, ma su quanta vita c’è nel tempo che abbiamo”.

A concludere la presentazione, la testimonianza del protagonista del libro, portavoce del messaggio in esso veicolato, di cui è saltata subito all’occhio la tenacia e la determinazione nel combattere la malattia, ma anche il pregiudizio e l’indifferenza che purtroppo spesso si manifesta anche a livello istituzionale, con una società che non è in grado di tutelare chi per forza di cose non può condurre una vita “normale”.

“La malattia è la prigione del mio corpo, ma io non mi rassegno, voglio vivere, amo la vita”.Queste le parole di Cristian che ha poi proseguito: “spesso comprendiamo il valore delle cose nel momento in cui stiamo per perderle, quando invece sarebbe sufficiente viverle giorno per giorno; in questo senso la Sla mi ha consentito di andare oltre, di non dare le cose per scontare e capire che nella vita ci sono dei doni, il primo fra tutti la famiglia”. Il ruolo della famiglia e degli affetti che è fondamentale, e che acquista ancor di più un valore se rapportato a chi è affetto da patologie pervasive.

Un messaggio forte ed importante quello trasmesso ieri nel corso dell’incontro che è stato accolto in maniera particolarmente partecipata dai presenti nel pubblico, tra cui è importante citare Maurizio Casaddio, presidente dell’AISLA/RC, il quale, tra l’altro, ha contribuito alla stesura del libro con la propria testimonianza dal punto di vista del malato.

 

Giovanna Maria Russo

Presentato il libro in ricordo di Lea Garofalo: quando il “coraggio di dire no” non basta

COSENZA – Si è tenuta ieri presso la libreria Ubik di Cosenza, la presentazione del libro “Il coraggio di dire no. Lea Garofalo la donna che sfidò la ‘ndrangheta” dedicato alla storia di Lea Garofalo – vittima della ritorsione dell’ex compagno, pregiudicato appartenente a una cosca del crotonese – scritto dal giornalista Paolo De Chiara e pubblicato dalla Falco editore. Presenti al dibattito, moderato dal direttore responsabile del Quotidiano della Calabria Emanuele Giacoia, l’on. Angela Napoli componente Commissione Antimafia, Paolo Pollichieni direttore del Corriere di Calabria, l’editore Michele Falco e l’autore.

A circa un mese dal ritrovamento dei resti della giovane donna – che inizialmente si era pensato fosse stata sciolta nell’acido – sparita nel 2009 nel milanese dove si rifugiava per scampare ai suoi persecutori, esce questo libro che, nel ripercorrere le tappe della tragica vicenda, racconta lo spaccato di una società, spesso “impotente” o talvolta “distratta” dalla burocrazia, a tal punto da non essere in grado di tutelare una donna perseguitata, solo perché si era opposta all’ambiente malavitoso, cui pure “apparteneva” sin dalla nascita.

Questa l’unica colpa di Lea: l’essere nata in un contesto distorto e governato da logiche al di sopra della sua tolleranza; l’aver amato e poi rinnegato l’uomo sbagliato. Seppure il colpevole della scomparsa di Lea non sia esclusivamente l’esecutore materiale del delitto, ma tutto un gioco di forze di cui la donna si è ritrovata ad essere pedina. Perché Lea, perseguitata, è stata anche abbandonata; e non solo dalla sua stessa famiglia, ma l’abbandono più pesante che la donna ha subito è quello dello Stato.

E’ su questo doloroso aspetto che si sono concentrati gli interventi della presentazione, a cominciare da quello dell’on. Angela Napoli: “si parla troppo di legalità e antimafia, ma la vera lotta all’illegale non esiste; esiste invece una ‘zona grigia’, linfa vitale offerta alla ‘ndrangheta che si serve di essa”; questo per dire, riprendendo le parole della Napoli, che responsabile della morte della donna è in primis lo Stato, che non è stato in grado di tutelarla. Una vera e propria condizione di abbandono che si è incarnata nell’erroneo “status” conferito a Lea la quale, seppure non fosse direttamente coinvolta in nessun reato, è stata sempre considerata una collaboratrice di giustizia anziché una testimone. Questo ha comportato un diverso trattamento della sua causa, nonché un rilevante contraccolpo psicologico che subisce colui che è costretto a nascondersi di continuo cambiando vita e abitudini; condizione che per Lea è divenuta insostenibile al punto da decidere (dopo 7 anni di protezione provvisoria) di abbandonare il programma di protezione, andando incontro alla morte.

E ancora con le parole dell’on. Napoli, che segue da vicino vicende consimili a quella di Lea, “lo stato non può abbandonare colui che rifiuta lo status di collaboratore di giustizia, lavandosene le mani. Il testimone è una risorsa e la sicurezza gli dev’essere garantita a vita”.

A seguire l’intervento del giornalista Paolo Pollochieni, che aprendo sul libro ne ha sottolineato la puntualità e “cattiveria” che conducono il lettore ‘oltre’ la cronaca dei fatti: “negli ultimi tempi, si è passati dalla politica del negazionismo, alla massima popolarità della ‘ndrangheta, sino al rischio di veicolare informazioni sbagliate: non è il caso del libro di De Chiara; in esso emerge, al di là dell’inchiesta sulla storia della Garofalo, l’approccio ‘incostante e dilettantistico’ delle istituzioni, troppo spesso non in grado di insinuarsi nelle meccaniche malavitose e di far luce nella cosiddetta ‘zona grigia’”. Il direttore ha poi proseguito: “quella di Lea era una battaglia persa. Ma a perdere non è stata solo Lea, ma noi tutti e con noi le stesse istituzioni, inadeguate a seguire la vicenda. E’ questo il vero dramma”.

“E’ necessario denunciare questa condizione, sensibilizzare la società stessa, raccontare ciò che gli altri non raccontano, seppure con difficoltà”. Questa la testimonianza dell’editore Michele Falco, che ha preso la parola subito dopo Pollichieni: “parlando delle vicende come quella che ha coinvolto Lea, spesso emerge un disagio, che è quello di chi non si sente in grado di cambiare le cose: disagio che però, non sarà mai rassegnazione”.

Subito dopo la parola è passata brevemente al giovane nipote di Lea Garofalo, Rosario Garofalo che nel ringraziare i presenti per l’attenzione conferita alla vicenda, ha brevemente “raccontato” Lea dal di dentro dell’ambiente familiare.

A concludere gli interventi l’autore, Paolo De Chiara che, nel ripercorrere alcune tappe salienti dell’inchiesta racchiusa nel suo libro, ha rimarcato sulle responsabilità e le “colpe” delle istituzioni e della magistratura che non sono riusciti a “prelevare” Lea da un ambiente insano, permeato dalla ‘ndrangheta e che l’ha condotta alla morte a soli 35 anni.

La presentazione si è conclusa con l’esibizione della cantautrice calabrese Francesca Prestia che ha cantato “La Ballata di Lea”, pezzo con il quale aveva vinto, nel corso della scorsa edizione di “Musica contro le mafie” il premio Menzione Speciale.

 

Giovanna Maria Russo

Primavere arabe, presentazione del libro di Enrico Campofreda_INTERVISTA AUDIO

A Roma viene presentato ‘Diario di una primavera incompiuta’, l’ultimo libro di Enrico Campofreda. Ottoetrenta propone un intervista fatta al giornalista lo scorso agosto in occasione de ‘I popoli che resistono’, la due giorni sulle resistenze contemporanee tenutasi a Pentone, in provincia di Catanzaro, ed organizzata dal Centro di Documentazione sulla Palestina (ubicato nello stesso paese).

 

«Campofreda, che nel chiamare “diario” il suo lavoro finisce per farsi un torto, ha invece lavorato molto proprio su questo tema. Si è cioè sforzato, oltre la pura cronaca appunto diaristica, di fornire al lettore una chiave di lettura. Chiave di lettura che passa inevitabilmente da capitali vicine a lontane dal Cairo: Washington naturalmente, Israele per forza di cose, i Paesi europei e naturalmente gli attori abilmente dissimulati che vivono nel Golfo e i cui formidabili mezzi, a cominciare da Al-Jazeera, hanno pilotato, se non la primavera, l’interpretazione che ne è stata data. È accaduto poi in Libia, accade in queste ore in Siria. Se sfugge questo nesso, se le “primavere” incompiute vengono lette come un puro fatto nazionale, il senso più vasto di quanto accaduto e accadrà – e che sarà oggetto delle riflessioni degli storici – rischierebbe di sfuggirci, relegato nell’apparato degli effetti collaterali quando, in molti casi, la presenza esterna è stata motore, vuoi del cambiamento, vuoi della reazione. Una preoccupazione – il disvelamento del quadro internazionale – che mi sembra una delle chiavi di lettura – e dei pregi fondamentali – del lavoro di Campofreda.»
Dalla prefazione di Emanuele Giordana

 

Intervista_1

Intervista_2

 

a cura di Rita Paonessa

r.paonessa@ottoetrenta.it