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Condominio: non sempre il condomino ha diritto al rimborso per spese condominiali

Può capitare a volte che uno o alcuni condomini prendano l’iniziativa, magari per ovviare a qualche inerzia dell’assemblea, affrontando personalmente delle spese nell’interesse di tutto il condominio.

La casistica è la più varia. Si va dalle piccole riparazioni di apparecchi o impianti comuni (tipico il caso del meccanismo di apertura a distanza del portone di ingresso o quello della sostituzione di lampadine malfunzionanti), fino alla messa in sicurezza o al vero e proprio restauro di elementi architettonici dell’edificio (come nell’ipotesi di spicconatura o rifacimento di cornicioni pericolanti e simili).

In tutti questi casi il problema, molto dibattuto nelle riunioni di condominio, è se chi ha effettuato la spesa senza preventiva autorizzazione dell’assemblea abbia o meno il diritto di ottenerne il rimborso.

Ebbene, la risposta in teoria è semplice ed è contenuta nell’art. 1134 del codice civile che, nella nuova formulazione scaturita dalla riforma del 2012, stabilisce testualmente che “il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. Dunque, la regola è che non vi sia alcun diritto al rimborso; mentre la sussistenza di un motivo di urgenza vale quale eccezione e perciò consente la rifusione delle spese anticipate.

Molto più difficile, però, è orientarsi nella prassi, poiché si tratta di capire se davvero la spesa sia urgente o piuttosto, come a volta accade, abbia carattere impellente solo per il condomino che decide di affrontarla autonomamente.

In particolare, la giurisprudenza, nell’interpretare la norma sopra citata, ha sottolineato che per integrare il requisito dell’urgenza non è sufficiente la semplice trascuratezza degli altri condomini. Di recente la Cassazione Civile, con sentenza del 30 ottobre scorso (n. 25729), ha precisato che per chiedere il rimborso della spesa sostenuta non basta la “difficoltà di procurarsi tempestivamente il consenso e la necessaria cooperazione degli altri condomini”. In questo caso, infatti, il codice prevede che ci si possa rivolgere all’autorità giudiziaria, che può anche nominare un amministratore.

Perché una spesa possa definirsi urgente – e quindi rimborsabile – occorre, insomma, che vi sia un’esigenza che richiede un intervento non dilazionabile nel tempo, tale che il tempo necessario per investire dell’attività l’amministratore possa comportare una situazione di danno o almeno di concreto pericolo.

In definitiva, il diritto al rimborso sorge solo alla duplice condizione che la spesa sia affrontata “per impedire un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune” e che “le opere debbano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini” (Cassazione Civile sentenza  n. 9177 del 2017).

Avv. Cosmo Maria Gagliardi

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Proprietari dei negozi partecipano alle spese condominiali

CONDOMINIO: ANCHE I PROPRIETARI DEI NEGOZI CHE AFFACCIANO DIRETTAMENTE SULLA STRADA DEVONO PARTECIPARE ALLE SPESE PER LA MANUTENZIONE DELL’ANDRONE E DELLE SCALE CONDOMINIALI.

E’ frequente, nella vita di condominio, che sorgano questioni sulle spese relative all’androne e alle scale condominiali. Spesso chi è proprietario di locali (magari adibiti a negozi) che affacciano direttamente sulla strada o sul marciapiede rifiuta di sostenere le spese per la manutenzione di scale e ingresso dello stabile condominiale. L’argomento di solito adoperato a conforto di questa tesi è che il proprietario di un locale a livello della strada non utilizza l’ingresso e le scale condominiali, al contrario di quanto fanno i proprietari degli appartamenti che sono posti all’interno del fabbricato; dunque non sarebbe tenuto a contribuire alle relative spese.

Vediamo di approfondire brevemente il problema.

Il codice civile stabilisce che sono oggetto di proprietà comune tutti quegli elementi necessari per la configurabilità stessa del fabbricato (art. 1117 c.c.) e la giurisprudenza ha da sempre ritenuto che siano tali anche gli elementi costituenti un tramite indispensabile per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza, del fabbricato stesso. L’androne e le scale, per altro espressamente menzionate dalla norma, rientrano in questa nozione di parti comuni a tutti i condòmini, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione dello stabile e mezzo indispensabile per accedere al tetto o al terrazzo di copertura.

L’art. 1123 del codice civile, tuttavia, prevede che qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

E allora, i proprietari dei locali con accesso diretto alla strada (o meglio: senza accesso all’ingresso e alle scale condominiali) devono o no partecipare alle spese?

La risposta è affermativa, come ha chiarito una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9986 del 20-04-2017), pronunciata in un caso concernente spese per lavori di manutenzione straordinaria dell’androne e delle scale, che ha rilevato come in realtà anche tali condomini possono usare l’androne e le scale per raggiungere, come è loro diritto, i locali della portineria e il tetto o il lastrico solare; anzi, a volte hanno addirittura un preciso obbligo, come quando capita che sia necessario accedervi per prevenire e rimuovere situazioni di pericolo che possano derivare dalla insufficiente manutenzione dei beni comuni. Dunque, a meno che non sussista un titolo contrario, i giudici hanno sancito che “ove nell’edificio condominiale siano compresi locali forniti di un accesso diverso dall’androne e dal vano scale, anche i proprietari di detti locali sono tenuti a concorrere, sia pure in misura minore, alle spese di manutenzione (ed eventualmente di ricostruzione) dell’androne e delle scale, in rapporto e in proporzione all’utilità che anche essi possono in ipotesi trarne quali condomini”.

 

Avv. Cosmo Maria Gagliardi