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[#CiNerd] To the bone (Netflix), la recensione

FINO ALL’OSSO

“Fino all’osso“, è questo il punto fino al quale si spinge Ellen, giovane ventenne affetta da una grave forma di anoressia, con lo spasmodico desiderio di arrivare a riuscire a circondarsi un braccio con sole due dita.

TO THE BONE “ è il nuovo e discusso film targato Netflix, distribuito in tutto il mondo il 14 Luglio 2017. Risulta così sempre più evidente la propensione di Netflix verso temi delicati e socialmente impegnati, compiendo scelte che continuano a dividere pubblico e critica, scatenando innumerevoli polemiche. Anoressia e bulimia sono i temi affrontati da questo film, che in 107 minuti permette allo spettatore di venire a contatto con una realtà di cui ancora si parla molto poco.

TRAMA *Attenzione SPOILER!*

Ellen è una ventenne dallo spiccato senso artistico, affetta da anoressia fin dall’adolescenza. Una situazione famigliare abbastanza complicata alle spalle, genitori divorziati, incapaci di gestire la malattia della figlia, una madre che decide di rifarsi una vita trasferendosi in un altro stato e un padre assente, talmente assente da non apparire in nemmeno una scena. La matrigna e la sorella, come uniche figure ad occuparsi di lei: la prima, preoccupata quanto impotente, con la quale Ellen, distaccata e scontrosa, ha un rapporto conflittuale. La seconda, terrorizzata dall’idea di perdere la sua unica sorella, con la quale ha invece un rapporto di affetto e complicità. Fin dalle prime fasi della malattia, la ragazza entra ed esce da ospedali e centri di recupero senza ricavarne alcun risultato. Dopo l’ennesimo rientro a casa, la matrigna Susan riesce a farle avere un colloquio con il dottor William Beckham, medico dai mezzi molto poco convenzionali, che decide di prenderla in cura nella sua clinica/casa in cui si trovano altri sei ragazzi con il suo stesso problema.

IL COMMENTO

Nonostante il delicatissimo tema affrontato, “Fino all’osso” non risulta mai eccessivamente crudo, sono poche le scene forti che più che impressionare rendono lo spettatore ancora più partecipe dal punto di vista emotivo. La dimensione di chi soffre di disturbi alimentari è complessa e difficile, ma Marti Nixon riesce a renderla reale e vivida. Nixon, già conosciuta come sceneggiatrice e produttrice di “Buffy l’ammazzavampiri“, è riuscita a destreggiarsi bene in questo campo, a lei non del tutto sconosciuto (ha sofferto anche lei di anoressia nervosa).

“Fino all’osso” ha diviso il pubblico addirittura prima della sua uscita ufficiale.

Forte la preoccupazione per il rischio di emulazione e molte le critiche che lo accusano di aver reso l’anoressia “banale”, “leggera” e “quasi glamour”.

IL CAST

Ottima l’interpretazione di Lily Collins, figlia del frontman dei Genesis, Phil Collins, calatasi in un ruolo che conosce alla perfezione, avendo provato sulla sua pelle cosa significhi soffrire di disturbi alimentari, come racconta nel suo libro “Unfiltered”. L’attrice, molto nota per aver interpretato “Clary” nell’adattamento cinematografico del primo capitolo della saga di Shadowhunters di Cassandra Clare, ha dovuto perdere 9 kg per interpretare la parte di Ellen, riuscendo a rendere alla perfezione l’idea di un personaggio fragile e dalla grande sensibilità. Degna di nota anche l’interpretazione di Alex Sharp nel ruolo di Luke, un eccentrico ballerino con un grave infortunio al ginocchio. Ottima prova attoriale anche per Brooke Smith, nella veste fredda e distaccata di Olive, già nota agli affezionati di Grey’s Anatomy come Erika Hahn.
Grande merito infine ad un convincente Keanu Reeves, nei panni del Dottor William Beckham, duro e professionale da un lato, quasi paterno nei loro confronti dall’altro.

COMPARTO TECNICO

Ciò che resta impresso di questo film non è sicuramente la regia, nessun movimento di camera particolare, nessuna tecnica ricercata e nessun effetto speciale. La fotografia ha toni freddi e cupi, quasi a voler rispecchiare l’animo della protagonista.

Poche le scene forti e di breve durata.

È come se ci si limitasse volutamente a raccontare la storia, con una narrazione che non ha bisogno di nessun effetto o tecnica sofisticata per emozionare e rimanere impressa.

IN CONCLUSIONE

Sicuramente emozionante e coinvolgente, realistico e attento a rimanere delicato, a tratti anche comico e leggero. Non adatto a chi cerca qualcosa di frivolo, ma perfetto per chi ama i film capaci di far riflettere su realtà impegnate e difficili, di cui ancora si parla molto poco e non sempre nel modo giusto.

Elisabetta Berardi