La vita secondo la FC, il libro dei pazienti e l’affetto dei dottori

Da sx Gino Vespa, Matteo Marzotto, Giuseppe Tuccio, Don armando Augello e Maria Furriolo
Da sx Gino Vespa, Matteo Marzotto, Giuseppe Tuccio, Don armando Augello e Maria Furriolo

Lamezia Terme (CZ) – «Molte persone pensano che questa è una malattia che ti possa abbattere ma non è vero perché ci sono tante cose peggio tipo la cattiveria e l’invidia, questa si che è una malattia grave». Gennaro sale sul palco, ringrazia e legge. Le sue parole sono disarmanti e autentiche: la chiave di volta di un pomeriggio al teatro Costabile (ex Politeama). Gennaro ha otto anni e la fibrosi cistica. La sua è una delle storie raccolte nel libro ‘Respirando la vita. Storie di piccoli e grandi pazienti del Centro Regionale Fibrosi Cistica di Lamezia Terme’.

Il libro è stato curato da Maria Furriolo, psicologa del centro regionale fibrosi cistica di Lamezia Terme. Raccoglie le storie scritte direttamente dai pazienti in cura presso il centro calabrese e dai loro familiari: un’idea nata da una chiacchierata con Giulia. La raccolta è stata realizzata a costo zero grazie al contributo di un gruppo di commercianti e di Adgraphisart/ADG Edizioni di Soverato. Con i proventi, i pazienti si autofinanzieranno per migliorare la degenza in ospedale.

L’evento fatto al teatro di Lamezia Terme non è solo la presentazione di un libro. È il racconto corale di una vita segnata dalla malattia, ma vissuta pienamente. La solitudine di un medico e la denuncia dell’abbandono di un centro di cura calabrese eccellente. L’affaticamento del sistema sanitario e il volontariato in aumento esponenziale. Il presente di chi spera e il futuro della ricerca. La seconda vita che segue a un trapianto.

La malattia e il modo di affrontarla sono stati raccontati da alcuni degli “allegri narratori”, come si copertina respirando la vitadefiniscono gli autori del libro. Il dottore Giuseppe Tuccio, direttore del centro regionale fibrosi cistica di Lamezia Terme, ha aperto la serata conclusa dal noto imprenditore Matteo Marzotto, vicepresidente della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica – onlus. Oltre a Gino Vespa (paziente fibrosi cistica trapiantato), sono intervenuti Giuseppe Perri, commissario straordinario ASP Catanzaro ed Elisa Gullo, in rappresentanza dell’amministrazione comunale di Lamezia Terme, che ha portato i saluti del sindaco. Don Armando Augello si è detto piccolo di fronte al libro. Il prelato ha ampliato il discorso con riferimenti alla Bibbia e a questioni esistenziali e filosofiche mettendo in luce come, nei pazienti di fibrosi cistica, la diminuzione della salute consente di prendere coscienza di sé e di mettere l’io collettivo a sostegno dell’io singolare. Presenti alla serata, volontari Nu.Vo.La.

 

I volti della FC – La vita secondo la FC [fibrosi cistica, n.d.r.] comincia con un gene difettoso, una ricerca su internet, le lacrime di una mamma. Prosegue con momenti di crisi, cure quotidiane a volte odiate, ricoveri frequenti in ospedale. Ma chiede diritti, «diritto alla vita, all’amore, al lavoro, diritto di avere un centro», dice la dottoressa Maria Furriolo. E si trasforma nella capacità di non lasciarsi sfuggire alcuna occasione per accogliere la vita dentro di sé, nelle forme più svariate.

I volti della FC, alla presentazione del libro, sono stati rappresentati da alcuni degli autori. Gennaro. Giulia che, dopo aver assaporato la libertà, a 9 anni ha scoperto di essere affetta da fibrosi cistica: ora continua a lottare, per chi la ama, per chi non c’è più. Antonino con una poesia e la corsa. Rosa tutto pepe. Vicka, mamma di Jessica, racconta dei dottori-angeli calabresi: «guardano i nostri figli non con occhi pietosi, ma come bambini». Il papà di Stefania legge qualche riga scritta dalla figlia: una volta finite le terapie, si dedica a quello che più le piace.

IMG_20151023_181433Curarsi in Calabria: eccellenza e abbandono – In Calabria, i pazienti possono contare su un centro che ha ottenuto la certificazione ISO 9001 e ha ridotto l’emigrazione sanitaria quasi a 0. Tuttavia, l’accorpamento a pediatria lo fa indietreggiare di decenni e il personale continua a essere precario (4 medici su 6). Il dottore Giuseppe Tuccio, direttore del centro di Lamezia Terme, definisce quella di medici e pazienti una grande famiglia e lascia trasparire il desiderio di ascoltare i pazienti, le loro ansie e le loro paure.

Snocciola i dati dell’eccellenza e quelli dell’incertezza, grida la necessità di assicurare le cure ai pazienti perché «la fibrosi cistica è una malattia seria che non fa sconti e non gliene possiamo fare». Mette a nudo la solitudine di un medico costretto a prendere le decisioni su ogni paziente da solo perché al momento è l’unico medico in Calabria a occuparsi di fibrosi cistica. Il commissario straordinario ASP Catanzaro, Giuseppe Perri, assume il massimo impegno per risolvere i problemi del centro.

Intanto la dottoressa Barbara Vonella, pediatra borsista, dopo 2 anni di precariato e dopo aver rifiutato diverse chiamate fuori regione, va in Lombardia per un posto a tempo indeterminato che la porterà lontano dalla sua famiglia e le lascia l’amarezza di non poter restare con i pazienti calabresi. Durante la serata, si susseguono gli appelli a rimanere nel centro di Lamezia Terme. Ma si può vivere di precariato, senza alcuna progettualità all’orizzonte?

«Ci hanno detto ‘armiamoci e partite’ – racconta il direttore del centro fibrosi cistica regionale – noi abbiamo fatto così, siamo partiti in direzione ostinata e contraria, contro una collocazione logistica infelice, carenze strutturali e funzionali, burocrazia lenta e precariato». I risultati sono arrivati comunque grazie alla dedizione di medici e infermieri: pazienti rientrati dalle altre regioni e passati da 70 a 140, certificazione ISO 9001, complessità di cure (il centro fc, nell’ospedale di Lamezia, è secondo solo al reparto di terapia intensiva), studi pubblicati, collaborazione con gli altri reparti, uso di farmaci innovativi. «Ci hanno armati e siamo partiti – afferma il dottore Tuccio – ma da domani le risposte devono arrivare da altri».

Gino Vespa: la vita dopo il trapianto – Gino Vespa, circa 8 anni fa, ha subito un trapianto di polmoni. La sua voce affastella immagini che arrivano dagli anni ’60 ai giorni nostri. La mamma sempre vicina. I medici che fanno della fc una scelta di vita, come il dottore Mastella. I viaggi della speranza degli anni ‘60. Le mamme sfinite. I loro capannelli per cercare di consolarsi a vicenda. I suoi confronti con gli altri: come fermare la fame d’aria, come gestire la fine e come prepararvi i genitori, gli argomenti di conversazione. I progressi della ricerca e il miglioramento delle cure e dell’aspettativa di vita. L’assistenza e la ricerca da far camminare insieme. La politica: quando vuole, le risposte le trova. «Ogni sera – conclude – fatto l’esame di coscienza, dico grazie a un ragazzo di 17 anni che ha donato i polmoni a respirando la vita 2qualcuno per fargli conoscere la vita».

Matteo Marzotto: non molliamo finché non la vinciamo – L’importanza della ricerca, della comunicazione e del volontariato emergono dalle parole di Matteo Marzotto che ha concluso la serata. Il noto imprenditore è vicepresidente della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica fondata nel 1997 con il professor Gianni Mastella e con l’imprenditore Vittoriano Faganelli (10.000 volontari, 20 milioni di euro investiti in ricerca e 291 progetti di ricerca e 4 servizi speciali finanziati dal 2002). Racconta degli inizi della Fondazione, della necessità di imparare a comunicare (a partire dal nome cambiato da “mucoviscidosi” a “fibrosi cistica”). Nel 2001 i soldi erano finiti, ma negli ultimi anni, proprio gli anni della crisi, «la Fondazione è cresciuta in modo esponenziale»: oggi i milioni di euro raccolti sono formati da ogni euro ottenuto grazie all’impegno dei volontari.

Sulla sanità, Matteo Marzotto constata una situazione difficile in tutta Italia, anche a Verona, e menziona gli sprechi. Secondo lui, i protagonisti della serata sono «giganti della vita» e il loro libro consente di guardare avanti. L’immagine della sorella Annalisa, del suo rapporto di affetto e di fiducia con il suo dottore, del nipote che oggi pedala in ricordo della zia chiudono il suo intervento.

 

Rita Paonessa

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