In Calabria torna L’Onda Pride con i colori arcobaleno: in 2mila i partecipanti

REGGIO CALABRIA – Reggio Calabria si è tinta dei colori arcobaleno per l’unica tappa calabrese dell’Onda Pride. Promossa da Arcigay, in collaborazione con Città metropolitana, comune, Camera di commercio e Confesercenti, il Reggio Calabria Pride si conferma una tappa importante per il riconoscimento dei diritti. Un corteo di almeno 2.000 partecipanti, con delegazioni provenienti da tutta la Calabria, ha sfilato per le vie della città, gridando slogan, esibendo striscioni e cartelli per reclamare il pieno riconoscimento dei diritti rivendicati da anni dalla costellazione Lgbti.

In testa al corteo, assieme a Michela Calabrò, presidente Arcigay di Reggio, anima ed organizzatrice dell’evento, Natascia Maesi, prima donna eletta presidente di Arcigay nazionale.

“Nel 2023 – ha detto – dobbiamo ancora spiegare al ministro dello Sport che l’omosessualità non è una scelta, che i Pride non sono manifestazioni di esibizionismo, ma facciamo battaglie politiche, di rivendicazione di diritti per tutte le persone Lgbti. Questo Paese non ha ancora una legge per il riconoscimento dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali, non fa tutta una serie di leggi che questa comunità chiede da moltissimi anni. Ad esempio, il superamento della legge 164 per i percorsi di affermazione delle persone trans. Non c’è una legge che contrasti efficacemente i discorsi d’odio”.

“Scendiamo in piazza con tantissimi giovani – ha ancora detto Maesi – per dire che vogliamo un’Italia aperta, plurale, davvero inclusiva e che possa guadagnare posizioni agli occhi del mondo e dell’Europa, considerando che siamo relegati al 34mo posto della di Ilga per tutele e diritti. Questo vuol dire che è un Paese in cui non c’è benessere per le persone Lgbti e sappiamo che questo è un indicatore per il benessere complessivo dello sviluppo di un Paese”. Il Reggio Calabria Pride ha richiesto quest’anno un grande sforzo organizzativo. È stato un Pride molto più complesso rispetto agli altri anni – confessa Michela Calabrò: “Ci siamo scontrati con una macchina burocratica che ha messo a dura prova il coordinamento del Pride. Abbiamo lavorato duramente per renderlo estremamente colorato. Oggi registriamo con soddisfazione che ne è valsa la pena”.

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