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“La stanza di Adel” è il nuovo romanzo di Ruggero Pegna. Storia di un’adozione tra fiaba e realtà

Dopo vari successi editoriali, tra cui “Miracolo d’amore” e “Il cacciatore di meduse”, è in arrivo “La stanza di Adel”, il nuovo romanzo di Ruggero Pegna, il produttore e promoter di grandi eventi musicali con l’altro volto di autore e scrittore: dalla poesia, alla satira, ai romanzi. Il suo nuovo emozionante e commovente racconto sarà disponibile online e in tutte le librerie a partire dal 21 aprile 2022, pubblicato dalla Casa Editrice Santelli.

La realtà che si trasforma in romanzo.

Dopo aver raccontato in “Miracolo d’Amore” la storia della sua improvvisa leucemia e della miracolosa guarigione, Pegna ha toccato il tema della pena di morte in “La penna di Donney” e quelli del razzismo e dell’integrazione nel bellissimo e toccante “Il cacciatore di meduse”, storia di un piccolo migrante somalo sbarcato con la madre a Lampedusa.  Ora, con “La stanza di Adel” ha scelto di addentrarsi nel delicato e tormentato tema dell’adozione che si intreccia a quelli dell’essere genitori, della famiglia e dei figli, dell’esistenza stessa.

“L’adozione è un modo naturale come qualsiasi altro per essere genitori e figli”, afferma l’autore, animato dal desiderio di trasmettere ancora una volta forti emozioni legate a storie vere, seppure trasformate in romanzo dalla sua penna assolutamente originale. “Non esiste un figlio adottato ma semplicemente un figlio. A volte la società tende a sottolineare una sorta di diversità nell’essere genitori e figli, arrivando quasi ad affermare che l’adozione o altre opportunità di creare una famiglia non siano naturali. Ma la realtà è ben diversa, l’amore supera ogni schema e convenzione”.

La stanza di Adel” è un romanzo da non perdere sia per chi ha vissuto e vive questa stupenda realtà, sia per chi volesse emozionarsi con l’avventura fantastica di una genitorialità piena raccontata con sensibilità, delicatezza e poesia. La stanza di Adel - copertina

SINOSSI

Nel romanzo “La stanza di Adel”, un padre ripercorre la sua stessa vita tra paure, sogni, speranze e la sofferenza dovuta all’impossibilità di avere un figlio finché, in un Istituto russo, incontra e adotta la piccola Adeliya di pochi mesi. Raggiunta la maggiore età, però, lei decide di tornare nella città natale, sostenendo di voler imparare la lingua. In realtà i genitori da sempre temevano che, prima o poi, Adeliya avrebbe desiderato cercare le sue vere origini e non si oppongono, consapevoli che si tratti di una prova d’amore da dover superare. Durante l’assenza, preso da sconforto e nostalgia, il padre s’impossessa della cameretta di Adel e comincia a ripercorrere la loro storia, a tratti come se fosse una favola: dal desiderio di avere un figlio fino alla lotta per un’adozione, tra burocrazia e timori, nell’inquieta e incerta attesa del suo ritorno.

Un libro capace di avvicinare il lettore ai sentimenti più forti e, forse, di contribuire a dipanare ogni dubbio sull’adozione e sulla necessità di snellire la burocrazia che la precede. Un romanzo avvincente e coinvolgente, dedicato a tutti i bambini in un momento di grande sofferenza in molti luoghi del mondo: “ai bambini che siamo stati, a quelli che verranno, a quelli abbandonati, vittime innocenti di guerre, violenze o abusi, a quelli indesiderati o mai nati…”.

 

“La scomparsa di un agente”, in italiano l’ebook del romanzo di Philip G. Henley

È disponibile in versione ebook la tradizione in italiano di “La Scomparsa di un agente (Trilogia di una scomparsa)”, pubblicato per Babelcube Inc. da Philip G. Henley, rinomato autore inglese di romanzi gialli e noir. 340 pagine di spionaggio, misteri e verità taciute.

Il romanzo è stato tradotto in italiano dalla giovane ma già esperta traduttrice ed interprete reggina Valentina Cuzzocrea, 32 anni,  laureata in Lingue e Letterature straniere all’Università della Calabria (con un master in Intelligence). Il suo nome è infatti legato anche alla traduzione del romanzo frantascientico di fattura francese “Felicittà” di Chris Red

SINOSSI

“Scomparsa di un agente” è un thriller complesso basato sull’inizio e la continuazione della Seconda guerra irachena.

Gli analisti e gli agenti di intelligence stanno scomparendo, alcuni potrebbero essere stati uccisi. La stampa e la polizia sospettano ci sia un serial killer a piede libero. John Slater era vicino all’ultima vittima, è evasivo, sembra non avere passato, e potrebbe essere il killer. La seconda guerra irachena e la rete di intelligence potrebbero collegare le vittime e anche le Forze Speciali della Polizia Metropolitana sta indagando, con l’aiuto o l’intralcio delle Agenzie di Intelligence. Gli errori fatti nel costruire i dossier usati a supporto della guerra si suppone siano stati insabbiati da entrambe le sponde dell’Atlantico, ma ancora il killer colpisce e… stanno dicendo tutti la verità?

 

Emilio Grimaldi dà alle stampa “Un dito di io”: il cammino della coscienza che si svela fino alla verità

Da poco uscito, “Un dito di io” promette di far parlare di se. Ultimo lavoro del giornalista Emilio Grimaldi, il libro è il cammino della coscienza dell’autore «che si svela fino alla verità. Torna indietro con l’unico desiderio di guardare in avanti». «Quando è iniziato – scrive Grimaldi – avevo già scalpellato qualcosa con Il giovane Emilio I papaveri viola, ma non avevo ancora raggiunto il cuore. Ora provo un senso di pace perché vedo il passato in modo diverso, non più costipato in gattabuia, ma luminoso e vivace, che mi indica ogni volta altre sfumature sulla verità che nel frattempo ho imparato ad abbracciare».

Un dito di Dio“, che si avvale della prefazione di Angela Ales Bello e dell’introduzione di Domenico Mauro, è edito da Officine editoriali da Cleto. 

L’autore

Con la stessa casa editrice Emilio Grimaldi ha pubblicato “Da radical chic a radical choc” (2020).

Sulla quarta di copertina di lui si legge: «Chierichetto, seminarista, studente lavoratore maledetto in quel di Roma e giornalista ridotto al silenzio in Calabria: la sua penna gli cuce addosso un vestito nuovo. Ora è padre».

Da piccolo voleva quindi farsi prete, ma da grande non lo è più diventato. In compenso ha cercato di colmare questa delusione prima studiando filosofia e poi scrivendo. È convinto che la vera missione dell’uomo sia conoscere sé stessi, insieme agli altri. Ha collaborato con testate locali e nazionali. Ha aperto e gestisce due blog: l’Url di emilio grimaldi e Salām. È autore di Kierkegaard e la dialettica della “comunicazione della verità”, ed. Ursini; Belcastro nelle memorie di Rodolfo Piterà, ed. Città del sole; Il giovane Emilio, ed. Città del sole; I papaveri viola, ed. Scatole parlanti. Ha curato la sceneggiatura del docufilm su Vincenzo Padula: La penna di Bruzio, andato in onda su Rai Storia. Sta scrivendo un saggio sulla coscienza. Alla maniera hegeliana ne ripercorre il cammino fino a scoprire un modo originale di intendere la verità, che dialoga con il tempo e il non essere. Alla maniera hegeliana si è prefisso di ripercorrere il cammino della coscienza verso un’originale concezione della verità che dialoga con il tempo e il non essere.

 

Il bene e il male in versi: da Rocca Imperiale “Poesie belle e maledette”

ROCCA IMPERIALE (Cs) – E’ un flusso di pensieri che vagano nel tempo, tra l’incertezza e le parole, sui fogli di carta che diventano amori, addii e stati d’animo, l’opera “Poesie belle e maledette”, di Giuseppe Iannarelli, edita da Aletti, per la collana “I Diamanti”. Quarantacinque liriche e tre prose in cui si alternano stili e contenuti senza rinunciare al fine ultimo dei versi: la ricerca di libertà e creatività. Lo scrittore, nato il giorno di Natale del 1973 a Colobraro (Matera), da padre italiano e madre tedesca, ma residente a Rocca Imperiale (Cosenza), dopo la maturità è costretto ad intraprendere un’attività lavorativa, ma ciò non frena il suo interesse per la letteratura e la scrittura.

«Non ho mai patito la fame – racconta l’autore – ma ho avvertito in maniera disumana gli stessi dolori causati da un errato nutrimento del sapere. Posseggo una formazione di tipo tecnico, ho conseguito la maturità in un Istituto professionale e ho sempre lavorato come tecnico di industria anche se per un lungo periodo della mia vita ho svolto questo lavoro nella filiera di trasformazione dei prodotti ortofrutticoli quindi a stretto contatto con la dura realtà agricola della nostra terra. Ho visto e vissuto in maniera parallela episodi di vita amara, oltre i limiti delle più tenaci sopportazioni. Ho capito che non avevo alcun mezzo per combattere le ingiustizie e le disuguaglianze ma avevo una possibilità, ed era quella di raccontarle attraverso le prose o “dipingerle” attraverso le poesie». Una raccolta che spazia dalla natura agli stati d’animo e che percorre le stagioni della vita con i suoi aspetti più caratteristici, impetuosi e naturali. «Versi in frammenti – si legge nella Prefazione scritta dal regista e sceneggiatore pugliese, attivo soprattutto nel mondo del teatro, Cosimo Damiano Damiato – svogliati di titolo, sospesi in bozze aspettando che la vita cambi per trovare altre parole ed andare a capo. Poesia come anfetamina, versi mesciuti a limone filtrati da un ago alla ricerca dell’ultima vena di sangue».

Ma perchè queste poesie sono “belle e maledette”? «Nei miei versi – spiega l’autore Iannarelli – sono presenti il bene e il male nei loro molteplici volti e nelle loro diverse misure. I vizi e le virtù che ne derivano, le bellezze e le mostruosità che caratterizzano o modificano l’ambiente che ci circonda e gli stessi equilibri del pianeta che ci ospita, le azioni nobili e i delitti commessi dal genere umano, sono la sostanza delle mie poesie. In esse è racchiusa tutta la bellezza che può scaturire dal bene e la maledizione che si abbatte su tutto ciò che scaturisce dal male, in un’alternanza di cause ed effetti, con angolazioni diverse dei punti di vista. Nel libro – aggiunge – ho voluto riportare l’uomo sul piano umano e materiale, con i suoi vizi e le sue virtù, le sue debolezze e le sue imperfezioni».

L’autore parla, poi, del Sud e di quanta amarezza ci sia in questa terra che troppo spesso fatica a splendere. «Il Sud è una donna bellissima – afferma Iannarelli -. Con seni prosperosi e pieni di latte, ma questo latte non è nutrimento per i suoi figli, perché di notte quando essa giace addormentata, vengono al suo seno per nutrirsi, striscianti e silenziosi serpenti. Il Sud è un contadino ricurvo sul terreno, sulla sua fronte bagnata di sudore riflette la luce di un sole rovente, ai suoi piedi la zolla di terra si frantuma, arsa dal calore, al suo fianco un cesto pieno di frutti maturi e profumati dei quali non si potrà nutrire, perchè qualcun altro glieli porterà via. Il Sud ha figli meravigliosi, istruiti, intelligenti e con tanta voglia di fare».

E allora, solo la poesia, con la sua funzione catartica, libera da questa prigione di pena e insofferenza. «Non devo far altro che uscire di casa – conclude l’autore – e osservare ciò che mi circonda. Una passeggiata a piedi, intrattenendomi in conversazione con la mia ombra mentre intorno a me le persone sono assorte nei loro affanni quotidiani. Chiudo gli occhi, immagino. Ed é già poesia».

“Caterinetta e la stecca di cioccolata”: il romanzo della cirotana Domenica Milena Arcuri Rossi tra il covid e la guerra

Quelle sirene che rimbombano nelle orecchie della protagonista e riportano alla memoria i momenti terribili della Guerra. Le ambulanze che percorrono le strade deserte con a bordo i malati di Covid, il virus che, ora, attanaglia il mondo intero, e quel suono che, durante la seconda Guerra Mondiale, annunciava l’imminente pericolo a causa dei bombardamenti. E’ “Caterinetta e la stecca di cioccolata”, il libro di Domenica Milena Arcuri Rossi, a riportare alla mente la stessa sofferenza, la stessa paura, la necessità di scappare – da una parte – e di stare in casa – dall’altra. La stessa conta dei morti. Lo stesso batticuore e gli stessi sospiri di sollievo. «Potrebbe essere anche una metafora della guerra al Covid per i lettori – dichiara l’autrice – che, leggendo, si immergono in un’altra realtà, ma inevitabile è che debbano tenere in mano, ben stretto il filo della speranza. Ogni epoca ha la sua guerra e bisogna lottare per, almeno, provare a vincere».

L’autrice, originaria di Cirò Marina (Crotone) e residente a Lestizza (Udine), è docente di Spagnolo e Francesce, e autrice di 26 libri di diverso genere, dalla grammatica ai romanzi. Una vita in cui la scrittura è sempre stato un impulso e mai qualcosa di studiato a tavolino. «Mi recavo su un albero di nespole, da bambina – racconta Domenica Milena Arcuri Rossi – per scrivere poesie che erano veri raccontini. Certo che è un’esigenza dell’anima, mi sveglio nel cuore della notte per scrivere versi; interrompo i pasti, a volte, per scrivere e riverso, sui fogli bianchi, fiumi di emozioni e sentimenti, sentiti, improvvisi, propri e senza filtri».

Si tratta di una storia vera, raccontata con dovizia di particolari dove, nonostante tutto, si cerca la normalità, si vive una storia d’amore e si esalta la bellezza dei luoghi naturali. Proprio da qui, infatti, l’esigenza di dar voce ai racconti ascoltati da bambina e «agli aneddoti che hanno caratterizzato – afferma l’autrice –  la vita di mia madre, per renderle omaggio e immortalare con le parole la sua esistenza inquadrata in un periodo storico reale, ma durante il quale i migliori sentimenti non sono venuti a mancare. La mia fantasia ha, poi, provveduto a rendere vivi personaggi, storie, luoghi e avvenimenti».

Il romanzo – pubblicato nella collana “I Diamanti – Narrativa” della Aletti editore -nonostante i ricordi di dolore e quelle sirene nelle orecchie, è un inno alla vita. «La protagonista, in ogni caso, insegna a tenere accesa la fiammella dell’amore, quelle della solidarietà e della speranza. Il solo ricordo di aver ricevuto in dono la cioccolata dagli americani le riempiva e le riempie il cuore di dolcezza e di gratitudine».

 

“La sentenza della fenice” è il nuovo libro di Vittoria Scola

COSENZA – “La sentenza della fenice” è il nuovo emozionante libro della calabrese Vittoria Scola. Un mondo in poche pagine, un percorso, interiorità ed emozioni.

Edito da Il giardino della cultura, “La sentenza della fenice” con parole, colore e arte, veste e sveste i sentimenti delle donne esprimendo le manifestazioni dell’anima delle donne tra lessico e cromia.

Una carrellata di aforismi e immagini perché la donna possa rinascere con l’energia creativa che ognuno ha in sé affinché una nuova rinascita consenta un nuovo percorso di felicità.

Premio Sila ’49, annunciata la cinquina finalista della sezione letteratura

COSENZA – Sono Marco Balzano con “Quando tornerò” (Einaudi), Domenico Dara con “Malinverno” (Feltrinelli), Mario Fortunato con “Sud” (Bompiani), Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi) e Paolo Nori con “Sanguina ancora” (Mondadori) i cinque finalisti, per la sezione Letteratura, della decima edizione del Premio Sila ’49.

A darne comunicazione, questa mattina, martedì 30 novembre 2021, nella sede del centro storico bruzio della Fondazione Premio Sila, il suo presidente Enzo Paolini, la direttrice del Sila Gemma Cestari e il giurato Valerio Magrelli.

Contestualmente allo svelamento dei libri e degli autori in parola, ulteriori le notizie trasmesse nel corso dell’incontro. «La cerimonia finale del Sila ’49 – dichiara non a caso Paolini – si terrà nel mese di marzo 2022 e ciò per mere ragioni di prudenza e sicurezza, date le cronache poco rassicuranti in merito all’emergenza sanitaria da Covid-19. Sarebbe irresponsabile organizzare un grande evento in un periodo di questo tipo, segnato ancora da timori e necessità di agire con cautela. Circa, invece – aggiunge il presidente della Fondazione Premio Sila -, il manifesto che quest’anno accompagnerà le battute finali della nostra manifestazione, si può dire che è il raffinato artista Natino Chirico, calabrese di nascita ma romano d’adozione, a firmarlo. L’opera, intitolata “Insieme”, ha un forte impatto empatico: su uno sfondo rosso accesso pone, infatti, due figure umane ispirate al tuffatore di Paestum nell’atto, secondo la libera interpretazione di ciascuno, di tuffarsi, chissà, nel mare della immaginazione, della letteratura, del mondo fantastico, poetico e suggestivo della cultura. Ultima comunicazione – conclude Paolini – è poi quella relativa alla lectio magistralis che, durante i giorni dedicati per l’appunto alla premiazione finale, il giurato e storico dell’arte Tomaso Montanari terrà sul sagrato del Duomo di Cosenza in occasione del relativo ottavo centenario».

Dalla direttrice Cestari arrivano, invece, i ringraziamenti per i ragazzi delle scuole del territorio che, con passione e costanza, hanno attivamente seguito fasi e incontri del Premio stesso. «Una presenza, quella dei giovani – afferma Gemma Cestari -, che ci riempie di gioia e di orgoglio e per la quale ringraziamo gli allievi del liceo linguistico Lucrezia Della Valle, coordinati dalle docenti Vincenza Costantino, Antonietta Cozza e Silvia Vitale, e, ancora, gli 85 giovani del liceo classico Telesio, guidati dalla professoressa Rosanna Tedesco».

È Magrelli, infine, a illustrare la cinquina: «Se Balzano con la sua opera riesce a parlarci dell’emigrazione dolorosa di chi lascia la patria per lavorare all’estero e in particolare delle madri che lasciano i figli per prendersi cura di qualcun altro, Domenico Dara restituisce atmosfere magiche e misteriose attraverso la storia del bibliotecario Astolfo Malinverno e quella del paese fantastico di Timpanara. Con Mario Fortunato, inoltre, si ha la possibilità di leggere una saga del Meridione che ha al centro Valentino, un giovane del Sud che va via con la volontà di non voltarsi più indietro: il passato, come nel mito di Orfeo ed Euridice, lo obbligherà tuttavia a girarsi, se non altro in un ritorno mentale. Infine, Nicola Lagioia, scegliendo di raccontare una delle più tremende e inspiegabili tragedie italiane degli ultimi anni, riesce a collocarsi nel filone a cui già appartengono Truman Capote con “A sangue freddo” e Emmanuel Carrère con “L’avversario”; e Paolo Nori ripercorre la vita di Dostoevskij attraverso la propria, evidenziando come ogni lettore venga “ferito” dai capolavori poetici e narrativi».

«Quando la letteratura chiama in causa il lettore». Gilda Policastro presenta “La parte di Malvasia”

RENDE (CS) – «Un romanzo sorprendente, un romanzo che ha trovato il favore dei critici, un romanzo che a buon ragione è stato definito geniale». Con queste parole, Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila ’49, ha avviato la presentazione de La parte di Malvasia (La nave di Teseo) di Gilda Policastro che, ieri, martedì 12 ottobre, ha incontrato i lettori negli spazi del Museo del Presente di Rende.
In conversazione, oltre che con Cestari, con la docente Unical Ines Crispini, Policastro ha illustrato i punti salienti del suo romanzo – l’opera fa parte della decina 2021 del Premio -, partendo dalla lettura di alcune sue pagine. «La parte di Malvasia – ha dichiarato l’autrice – risponde alla particolare necessità di incontrare il lettore e collaborare con lui per la costruzione del senso».
Ecco perché, verrebbe da dire, il romanzo, dove più voci si intrecciano, rappresenta una sfida nei confronti di chi legge: se risulta inizialmente un noir, subito dopo stravolge qualsiasi certezza, trasformandosi in un volume che indaga sui temi della morte, della perdita, del distacco, della separazione da una persona cara. «Si capisce che La parte di Malvasia non sia un noir – chiosa Policastro -, nonostante la sua fascetta sia a firma di Maurizio De Giovanni, perché il lettore, dopo la lettura delle relative prime pagine, non vorrà rispondere alla domanda “Chi ha ucciso Malvasia?” (Malvasia è, per l’appunto, la donna che viene trovata morta, ndr), bensì alle seguenti: “Perché è morta Malvasia? Perché si muore?».
E nel libro, non solo i temi affrontati, anche la parola – la composizione è più vicina alla poesia che alla scrittura in prosa e poi rappresenta un’immersione nella vita attraverso la proposizione di frammenti di frasi – ha un portato profondissimo. «Per me – ha aggiunto Gilda Policastro – la scrittura non è al servizio della storia; è il contrario: sono le parole a far succedere le cose. Questa è una mia presa di posizione, un modo come un altro per sottolineare quanto sia importante che oggi anche i romanzi, al pari di tutte le altre forme d’arte, si incarichino di analizzare i linguaggi contemporanei».
In ultimo, come rilevato dalle relatrici Cestari e Crispini, «non mancano tra le pagine de La parte di Malvasia, benché si tratti di una storia di morte, humour, ironia e tic linguistici che alleggeriscono la stessa lettura del libro» e, ancora, una consapevolezza finale; quella consapevolezza, secondo la quale Malvasia non possa che rappresentare una ramificazione di storie, di molte vite.
Lo ha confermato, a conclusione dell’incontro – a cui hanno pure partecipato il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e l’assessore alla cultura del Comune di Rende Marta Petrusewicz – l’autrice. «Ho concepito il personaggio di Malvasia – ha affermato Gilda Policastro -, quando un giorno ho ritrovato all’interno di un cassetto un appunto scritto da mia madre e ho pensato che con la sua sparizione fossero spariti anche degli aspetti concreti: la sua voce non c’era più, si era persa la sua grafia e tanti altri elementi materiali. Pertanto – ha concluso -, con la mia scrittura, ho voluto restituirle, e restituire in generale, un po’ di vita in più». 

La decina del Premio Sila ‘49, Nicola Lagioia presenta “La città dei vivi”

COSENZA – I treni presi, le carte studiate, le testimonianze raccolte, i libri letti e i film visti, le vie percorse. Di questo e altro ha parlato Nicola Lagioia al folto pubblico del Premio Sila ‘49. Negli spazi dell’Arenella, nel cuore del centro storico bruzio, lo scrittore ha spiegato, descritto, illustrato e approfondito i motivi che l’hanno spinto a scrivere il suo ultimo libro, La città dei vivi (Einaudi), che per l’appunto ha fatto il suo ingresso nella decina 2021 del Sila.

Un’opera basata su un fatto reale – afferma Lagioia – che poi è quello dell’omicidio di Luca Varani, avvenuto cinque anni fa, a Roma, nel quartiere Collatino, per mano di Manuel Foffo e Marco Prato. Ricordo ancora il giorno, il 6 marzo del 2016, in cui la notizia si diffuse – aggiunge -. E ricordo benissimo gli elementi, diversi, che mi colpirono: la violenza, che mi sembrò la stessa di quella perpetrata nelle zone di guerra dove i diritti sono sospesi; la mancanza di movente; il fatto che non si trattasse di un delitto consumato nell’ambito della criminalità e, soprattutto, che i due assassini si raccontassero come due spossessati, che non si capacitassero cioè di aver commesso il fatto. In molti – prosegue Lagioia – trovarono analogie, vedasi la diversità di classe sociale di vittima e carnefici, tra l’omicidio Varani e il massacro del Circeo, ma io credo che non ce ne siano di similitudini: nel caso di Foffo e Prato, nonostante ciò non riduca la loro colpa, siamo di fronte ad assassini a loro insaputa. Ecco, pertanto, cosa può fare la letteratura: raccontare, spiegare, sollevare domande, senza dare risposte. Perché tutto questo è accaduto?”.

Affiancato dal magistrato Alfredo Cosenza e dalla direttrice del Premio Gemma Cestari, l’autore ha continuato, così, a raccontare questo viaggio fatto di parole; parole che fanno immergere i numerosi partecipanti dell’incontro non solo nella Città dei vivi, ma anche in quella che è la letteratura stessa.

“È la prima volta – dichiara l’autore – che rinuncio alla finzione. Credo sia importantissimo che continuino ad esistere le Madame Bovary, le Anna Karenina e i capitani Acab: spesso la realtà, per dire la verità, deve indossare delle maschere. Tuttavia é importante pure il contrario e in questo senso abbiamo grandi esempi, da Truman Capote a Emmanuele Carrere; in tanti hanno raccontato fatti della realtà prendendo in considerazione quegli aspetti che uno storico, un antropologo e via dicendo lasciano da parte. Io – dice ancora – per scrivere questo libro sono uscito per la prima volta dalla mia comfort zone, ho incontrato tutte le persone coinvolte nell’omicidio, ho studiato e analizzato le carte, 5mila pagine di atti giudiziari, ho bussato alle porte di queste persone come un abusivo chiedendo di essere accolto e questo, sicuramente, è stato l’aspetto più difficile del lavoro. In definitiva – dichiara – ho cercato di restituire alla vicenda, finita in un trafiletto di giornale e semplicisticamente dimenticata, la sua complessità, la dignità”.

Incalzato dalle domande di Cosenza e Cestari, Lagioia, ha risposto a quella su Roma, ulteriore grande protagonista dell’opera. Non credo – chiosa lo scrittore – che Roma rappresenti la terza mano che uccide Luca Varani. Roma era ed è tuttora una città senza bussola, quella che Fellini e Pasolini hanno saputo raccontare tramite la macchina da presa, ma non è una città violenta. È piuttosto una città che si erge sullo sfondo della vicenda raccontata, ed è eterna, consapevole, al contempo, che in realtà nulla è eterno”.

L’ultimo interrogativo a cui Nicola Lagioia risponde, davanti ai volti ammaliati e rapiti dei presenti e dunque prima di lasciare spazio agli autografi, è quella che gli pone Alfredo Cosenza. La letteratura può salvare?”, chiede il magistrato. Sì”, ribatte secco l’autore. E conclude: I libri che scriviamo non necessariamente miglioreranno il mondo, ma quelli che leggiamo, su noi che li leggiamo, e perciò sul singolo, amplificano i sensi. Io una vita da non lettore non la potrei immaginare. I libri sono protezione e avventura. Aprono mondi e menti”. Del resto, di tutto ciò gli amici del Premio Sila sono sempre più convinti.

È uscito “Studi di Intelligence 3. Avvicinarsi alla realtà”, terzo libro degli studenti del master Unical

RENDE (CS) – “Studi di intelligence 3. Avvicinarsi alla realtà” curato da Mario Caligiuri ed edito da Rubbettino è il ventiseiesimo volume della collana del Laboratorio sull’Intellgence dell’Università della Calabria. Il volume contiene le sintesi dei lavori finali di studenti del Master in Intelligence dell’ateneo calabrese.

Gli autori

In particolare ci sono i contributi di Raffaella Amodio (L’Intelligence e le garanzie funzionali), Rossella Cerbelli (Organizzazione di un archivio digitale tramite intelligenza artificiale e analisi di Intelligence), Carmine Coscarella (Difesa civile contro gli attacchi terroristici NBCR 45 e nuove forme di Intelligence), Valentina De Rose (Il ruolo dell’Intelligence nel definire l’interesse nazionale in vista di futuri scenari mondiali: Italia e Cina a confronto), Francesco Femiano (Soundscape e Intelligence: uno spunto per ulteriori approfondimenti), Massimo Luigi Floris (La contraffazione farmaceutica: un problema di Intelligence), Giovanni Gambino (Intelligenza artificiale. Scenari di Intelligence tra etica e cambiamenti sociali, democrazia e Deep State), Rosa Maria Granato (La digitalizzazione e la messa in sicurezza dei dati), Mourad Jaballi (Intelligence tunisina prima e dopo la primavera araba), Francesco Napoli (Il ruolo dell’Intelligence nel potenziamento del protocollo di legalità. Proposte operative per contrastare l’infiltrazione criminale), Luigi Rucco (Quantum information science: opportunità e sfide per l’Intelligence), Andrea Trevisan (L’intelligenza artificiale applicata alla giustizia: per un’Intelligence del diritto), Marcello Trisolini (Intelligence di polizia. Le forze di polizia come human sensors nell’attività di Intelligence).

Il curatore della pubblicazione Mario Caligiuri ha commentato che “al bisogno di “avvicinarsi alla realtà” potrebbero contribuire gli studi di intelligence presenti in questa pubblicazione. I saggi affrontano temi che disegnano un quadro da cui emerge la necessità di affrontare i problemi, contestualizzandoli in modo rapido e interdisciplinare. Solo così è possibile cogliere i segnali deboli da sottoporre alle valutazioni dei decisori pubblici, che hanno la responsabilità di indirizzare il lavoro dell’intelligence, controllarlo e saperne utilizzare il prodotto. Gli argomenti trattati partono dalla necessaria cornice legislativa, considerando l’interesse nazionale come pietra miliare mentre la protezione cibernetica richiede un’attività specifica e crescente, dove prima di tutto occorrerebbe mettere in sicurezza i dati di persone ed organizzazioni. L’intelligenza artificiale rappresenta un ambito di riflessione ineludibile per l’intelligence, anche per affrontare lo scomodo tema degli algoritmi che si sostituiscono all’intelligenza umana in settori che sembravano intoccabili come l’esercizio della giustizia. Infine, l’intelligence non può che essere creativa perché si pone ai bordi del caos, sulla cima di un onda per vedere l’orizzonte più lontano: lo studio della trasformazione del paesaggio sonoro può avere, attraverso il cambiamento dei suoni nel tempo una capacità predittiva? La contraffazione dei farmaci è un rilevante problema sociale che mina la salute e quindi la sicurezza dei cittadini e dello Stato? Quanto la conoscenza delle intelligence degli altri paesi, a cominciare da quelli mediterranei, può aiutare la soluzione dei problemi italiani e favorire una collaborazione internazionale? La scienza dell’informazione quantistica renderà inviolabili le comunicazioni aumentando a dismisura la velocità delle informazioni? I singoli rappresentanti delle forze di polizia potranno rappresentare dei sensori umani nelle smart city risultando più efficaci delle tecnologie? Anche a questi interrogativi cerca di dare risposta un volume che affronta anche temi urticanti, ma tutti da valutare. In definitiva da questa raccolta emerge la necessità di approfondire e affrontare argomenti inesplorati, confermando come l’intelligence possa rappresentare il terreno privilegiato dello studio del futuro”.

E’ in preparazione la quarta raccolta delle tesi degli studenti del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, il cui bando per l’undicesima edizione sarà disponibile sul sito dell’Università della Calabria per i primi di settembre 2021.

Le lezioni inizieranno sabato 27 novembre 2021 con il convegno “Enrico Mattei e l’intelligence. Energia e interesse nazionale negli anni della guerra fredda”.