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[#NerdGames] Tutte le novità dal Nintendo Direct di questa notte

Il Direct Nintendo di questa notte è stato forse uno dei più succosi dell’ultimo anno.

La casa nipponica Nintendo ci aveva promesso molte notizie dalla sua diretta mensile e non si è smentita. Si parte subito con la carica TNT di Ashe, eroina di Overwatch, che sancisce l’arrivo dello shooter di casa Blizzard sulla console portatile dal 15 ottobre.

Dopo una breve presentazione di Takahashi, si passa direttamente alle notizie riguardanti la console portatile e il primo gioco a essere svelato è Luigi’s Mansion 3, seguito dell’omonimo capitolo per 3DS e ora rivisitato con nuove meccaniche e ambientazioni in questo episodio. Ecco il trailer!

Il direct continua con un’altra vecchia conoscenza per i fan Nintendo: Super Kirby Clash. Il famoso spin-off tratto da Planet Robobot e uscito per 3DS con il nome di Team Kirby Clash arriva ora su Switch con un comparto grafico migliorato e maggiore scelta cooperativa. Per il resto sembra uguale al precedente, ma aspetteremo una prova effettiva per dire la nostra a riguardo.

https://www.youtube.com/watch?v=cEvAYiBcDtw

Si continua con una bomba atomica nostalgica che ci riporta indietro ai tempi degli JRPG Square Soft a 16 bit. Lo avevamo visto all’E3 di quest’anno e questa notte Nintendo lo presenta per la sua console: Trials Of Mana, in uscita il 24 aprile.

https://www.youtube.com/watch?v=MES3ln-rqXo

A seguire, un altro indie porting per la console portatile: Return of the Obra Dinn. I giocatori impersoneranno un investigatore assicurativo della Compagnia delle Indie Orientali e dovranno esplorare un misterioso vascello armati di un orologio che consente loro di riavvolgere il tempo, per scoprire cosa è accaduto alla nave e al suo equipaggio. Questo indie che ha riscosso molto successo per il suo singolare aspetto grafico e la trama intrigante arriverà questo autunno sulla console.

https://www.youtube.com/watch?v=jGsy4Qs42Bc

Little town hero è una nuova IP sviluppata dai Gamefreak, famosi per il gioco “Pokémon” in tutto il mondo. Se da un lato vediamo uno stile grafico ormai abusato, le meccaniche di gameplay sembrano originali e interessanti. Non il solito JRPG e nemmeno un action, ma bisogna capire quanto “combattere con le proprie idee” sia divertente! Un’ulteriore nota positiva è la presenza del direttore musicale di Undertale alla colonna sonora.

È l’ora di Super Smash Bros ultimate e, grazie all’arrivo di Banjo – Kazooie, vi aggiorniamo anche sulle altre novità del gioco. Torneranno infatti, oltre all’Orso e al Breegull della Rare, anche Terry Bogard di Fatal Fury in arrivo a novembre e una nuova skin per Mii tratta da Undertale. Non finiscono qui, però, le novità riguardo il picchiaduro Nintendo: un nuovo anno si avvicina e la casa nipponica ha rinnovato il suo supporto annunciando un altro fighting pass e altri personaggi che si uniranno al roster di lottatori. Qui di seguito il simpatico video creato ad hoc per la presentazione di Terry Bogard:

The Legend of Zelda: Link’s Awakening è stato annunciato non molto tempo fa, ricevendo moltissimi punti fama fin dalle prime immagini. Fattore nostalgia o un comparto grafico finalmente originale hanno portato questo titolo finalmente al top delle classifiche degli “Ecco i miei soldi”. Con questo direct vediamo qualcosa in più e oltre ai nuovi Amiibo ci ritroviamo anche architetti di dungeon con le tessere raccolte nel gioco. Il 20 settembre è vicino, riuscirete a resistere?

Tra gli altri molto attesi troviamo anche Dragon Quest Xi S Definitive Edition, un altro remake che non vuole dimenticare il passato. È possibile infatti cambiare la modalità visiva da 3D a 2D in qualsiasi momento del gioco. L’uscita è prevista per il 27 settembre.

https://youtu.be/1o6V0H2ZQFQ

Un altro porting e questa volta parliamo di Tokyo mirage sessions #fe encore. Titolo in precedenza per Wii U, ora approda sulla switch con una canzone esclusiva in più. Il titolo porta gli eroi di Fire Emblem in una Tokyo contemporanea in cui bisogna combattere dei demoni che vogliono sottrarre la creatività dalle persone. La data di uscita è fissata per il 17 gennaio!

Uno dei giochi investigativi horror più controversi di sempre (tanto da avere il Guinnes World Record) è tornato su Switch con un attesissimo seguito. Deadly Premonition 2: A blessing in disguise arriverà nel 2020 e vedrà un racconto non lineare con salti dal passato dell’agente York al presente del detective Aaliyah Davis. In aggiunta a questo ritorno, è disponibile fin da ora il primo capitolo sull’E-Shop.

Un altro porting e tocca ora ai Divinity 2 Original Sin: Definitive edition. L’RPG della Larion Studios arriva sulla console portatile e sfrutta i suoi punti di forza con le possibilità di un cooperativo fino a 4 console e di portare il salvataggio dalla piattaforma STEAM. Già disponibile per il download!

Quest’anno è l’anniversario di Doom e Bethesda ha deciso bene di riesumare uno dei giochi dimenticati del Nintendo 64. Stiamo parlando proprio di Doom64 e non possono che scendere lacrime, una di nostalgia e una per l’infiammazione oculare data da texture di infimo livello. Non stiamo parlando, infatti, di un remake ma di un porting preciso del gioco con la qualità e l’estetica del tempo. L’unica miglioria riguarda il level design che si amplia di ben 30 mappe nuove. Preparate le goccine per gli occhi in tempo per il 22 novembre!

Rogue Company è uno sparatutto online 5 contro 5 sviluppato da Hi-Rez Studios. In questo titolo, i giocatori possono giocare contro gli amici o altri giocatori di livello simile al loro in varie modalità a obiettivi. I mercenari sono completamente personalizzabili in base allo stile del giocatore cambiando tra armi da fuoco, bianche o super tecnologiche. L’arrivo è previsto per un non ben specificato 2020, speriamo in qualche informazione in più nei prossimi direct.

Non poteva mancare una menzione a Pokémon Spada e Scudo e in questo direct ci vengono elencate anche 4 motivazioni per cui sarà un buon acquisto:

  1. Si potrà personalizzare il personaggio (di nuovo), questa volta in tutta la sua estetica
  2. Il pokécampeggio darà la possibilità di giocare con i vostri Pokémon in un modo completamente nuovo e potrete perfino trovare i campeggi degli altri giocatori!
  3. All’interno del campeggio ci sarà una nuova meccanica che ci permetterà di cucinare curry di ogni tipo.
  4. Nuovi Pokémon dalla regione di Galar come Poltergeist e Cramorant.

Pronti per l’uscita del 15 Novembre?

È passato un anno dall’uscita del Nintendo Switch Online e ora avremo la possibilità di giocare a una nuova serie di perle del passato. Da Super Mario a Super Ghouls ‘n Ghosts, il Super Nintendo torna sullo schermo così da poter affrontare vecchie avventure utilizzando la funzione rewind e il cooperativo. I primi 20 giochi saranno disponibili dal 6 settembre solo per gli iscritti al programma Nintendo Switch Online e altri ne verranno aggiunti col tempo.

In più, in esclusiva per gli iscritti ci sarà un nuovo controller al prezzo di 30€.

Tetris 99 si aggiorna a una nuova versione e insieme ai DLC a pagamento mette a disposizione una nuova modalità di nome INVICTUS, raggiungibile solo da chi ha superato la modalità Maximus. Per tutti i tetrisdipendenti arrivano anche le missioni giornaliere che daranno come ricompensa biglietti spendibili per comprare nuovi temi. Da oggi è possibile giocare alle nuove modalità gratuite mentre dal 20 settembre sarà disponibile una versione fisica del gioco con 12 mesi di NSO e il DLC Big Block.

Il 2020 è l’anno delle grandi uscite ma anche delle Olimpiadi e, come a ogni edizione, è ormai tradizione l’uscita di un Mario & Sonic Olympics Games. Questa edizione vedrà i nostri beniamini gareggiare negli gli sport tradizionali e nei nuovi come lo skateboarding, ma avrà anche una modalità storia che riporterà Mario, Sonic, Bowser ed Eggman nei Giochi Olimpici del 1964. Passato e presente si mescolano di nuovo in questo gioco in uscita l’8 novembre.

https://www.youtube.com/watch?v=URabcdduRoA

Si sta parlando da molte settimane di Deamon x Machina, un action shooter che ricorda il vecchio Zone of Enders. Durante questo direct è stata rilasciata la demo “prologue” del gioco che darà la possibilità di provare il gioco sia in single player che in modalità cooperativa locale. La data di rilascio non è lontana e il salvataggio verrà trasferito nel gioco completo, quindi perché non portarsi avanti in vista del 13 settembre?

In Star Wars: Jedi Knight II: Jedi Outcast l’agente della Nuova Repubblica Kyle Katarn è la nostra ultima speranza per fermare uno Jedi ribelle. Il gioco arriva su Nintendo Switch il 24 settembre e non vediamo l’ora di rigiocare uno dei capitoli più discussi della serie Jedi Knight.

https://www.youtube.com/watch?v=0-Ofk7MizfY

Tre altri nuovi porting arriveranno presto sulla console portatile: The Witcher 3 – Completed Edition, Dauntless e Assassin’s Creed: Rebel edition. Le versioni saranno complete di DLC e alcuni sistemi innovativi (nel caso di Assassin’s Creed) che daranno spazio all’hardware della console. La rebel edition avrà al suo interno il capitolo 4 e il suo spin-off: Rogue.

https://www.youtube.com/watch?v=oajCyZOND3E

A seguire ecco il calendario dei giochi in uscita per i prossimi porting:

  • Just Dance 2020 – 5 Novembre
  • Grid Autosport – 19 Settembre
  • Farming Simulator – 3 Dicembre
  • Ni No Kuni: La Minaccia della Strega Cinerea – 20 Settembre
  • NBA 2k20 – 6 Settembre
  • Call of Cthulhu – 8 Ottobre
  • The Outer Worlds – TBA
  • Devil May Cry 2 – 19 Settembre
  • Vampyr – 29 Ottobre

Il posto successivo occupato nella scaletta è Animal Crossing: New Horizons, gioco di costruzione e mining della Nintendo che raggiunge ora una paradisiaca isola deserta anche se tanto deserta non è! Con qualche nuova meccanica e un ammodernamento della struttura questa espansione ci porta un passo più vicino alla tenda dei nostri sogni. Data di rilascio: 23 Aprile.

Ultimo ad essere annunciato è Xenoblade Chronicles Definitive Edition, adattamento dal titolo Wii e poi New 3DS molto atteso. Nel video ritroviamo i protagonisti e gli ambienti della versione handled con qualche miglioria grafica. La data di rilascio è il 2020.

Questo Direct ha sicuramente aperto il cuore dei nostalgici portando sulla console Nintendo titoli culto con qualche piccola miglioria.

Basterà questo a convincere anche i più reticenti ad acquistare la console nipponica?

Daniele Ferullo

[#NerdGames] Esplorando Pokémon Masters – Review del gioco mobile

È disponibile il gioco Pokémon Masters, nuova app del mondo Pokémon.

L’applicazione sviluppata da The Pokémon Company e DeNa Co Ltd è finalmente arrivata sugli store e pronta ad essere giocata sui dispositivi mobili dallo scorso 29 agosto.

UNA NOVITÀ IN CASA POKÉMON

Rispetto ai titoli principali della saga Masters, Pokémon Masters presenta delle sostanziali differenze. La più evidente è che questa volta non dovremo andare in giro ad acchiappare le creaturine tascabili, bensì a “catturare” gli allenatori più forti delle varie regioni.

Infatti, lo scopo principale del gioco sarà quello di girovagare sull’isola di Pasio e sfidare i vari allenatori per assoldarli nel nostro party (i primi che ci accompagneranno saranno i popolari capipalestra di Kanto, Misty e Brock).

UN PO’ DI GAMEPLAY

Il combat system di Pokémon Masters si basa sulla presenza di team composti da tre allenatori che dovranno sfidarsi a vicenda potendo utilizzare un solo Pokémon a testa. Lo svolgimento di queste battaglie sarà scandito da una barra divisa in segmenti, ognuno dei quali rappresenta un’azione a nostra disposizione. Va da sè che bisogna fare attenzione nell’utilizzo delle suddette per non correre il rischio di restare a secco di azioni.

Resta invariato il numero di mosse che ogni Pokémon ha a disposizione (quattro) e il fatto che alcune mosse infligeranno danni agli avversari, mentre altre serviranno a modificare le statistiche (nostre o dei nemici). Tuttavia, in aggiunta abbiamo a disposizione le Mosse Sync che ci permettono di  entrare in sintonia col nostro Pokémon ed infliggere ingenti danni agli avversari.

TRA ORIGINALITÀ E QUALCHE DIFETTO

Un’altra novità introdotta in Pokémon Masters è il sistema di crescita dei nostri team: il “potenziamento” dei nostri compagni e dei loro Pokémon avviene attraverso una serie di strumenti che potremo sia ottenere durante l’avventura che comprare con delle micro-transazioni.

Una piccola differenza rispetto ad altri titoli della saga riguarda la mappa di gioco, molto dettagliata e curata nelle ambientazioni che purtroppo, però, al contrario dei titoli per console, non è liberamente esplorabile. È necessario, infatti, visitare dei punti prestabiliti per andare avanti nella storia.  È una novità anche il fatto che, oltre alla quest principale, potremo affrontare missioni secondarie (riguardanti gli allenatori che ci affiancano) o missioni quotidiane in cui riceveremo strumenti e oggetti utili al proseguo del gioco.

VALE LA PENA GIOCARLO?

Chi, con i titoli classici, è abituato alla sfida del completamento del Pokédex avrà una brutta sorpresa. Infatti, ciò non è possibile all’interno di Masters. Nonostante questa piccola pecca, resta un ottimo titolo che può soddisfare tutti i tipi di fan e intrattenere nel tempo anche grazie ad un divertente sistema di combattimento on-line che ci permette di sfidare gli amici e spinge al potenziamento del team all’interno del gioco.

Carmine Aceto

Le Strade del Paesaggio, alle porte la XIII edizione del Festival del Fumetto

Il 20 settembre verrà inaugurata la tredicesima edizione del Festival del Fumetto e del Gioco Le Strade Del Paesaggio, un appuntamento imperdibile per gli appassionati di genere che ogni anno confluiscono a Cosenza da ogni parte d’Italia per apprezzare importanti anteprime di settore.

Il tradizionale evento dedicato al fumetto e al gioco, che quest’anno si presenta al pubblico con un affiche originale realizzata da Andrea Scoppetta, rievocativa in chiave post moderna dei bronzi di Riace, simbolo della Calabria in tutto il mondo, sarà strutturato in due imponenti sezioni divise tra il suggestivo Chiostro di San Domenico e il Castello Svevo della città bruzia.
Il 20 settembre verranno inaugurate le mostre, le residenze d’artista e si svolgerà la cerimonia del premio Andrea Pazienza. Negli spazi del Bocs Museum, importante luogo dedicato all’arte contemporanea, verranno allestite varie mostre: una personale di Giampiero Casertano, disegnatore che nel corso della sua carriera ha realizzato numerose storie di Dylan Dog; una collettiva di autrici donne, tra cui Grazia La Padula, Margo Tram, Barbara Baldi, Simona Binni, Nicoz Balboa e l’artista siriana Diala Brisly, che mette insieme le matite “rosa” più interessanti del panorama contemporaneo, capaci si cogliere l’evoluzione del tratto e del colore e coniugarlo ai grandi temi dell’arte contemporanea, tra di loro. Un’altra mostra sarà dedicata ai supereroi, dalle grandi produzioni Marvel fino a Dc Comics, da Batman a Superman, attraverso le opere di autori quali Goran Parlov, Luca Maresca, Pasquale Qualano e molti altri.
Venerdì 20 settembre, presso il Chiostro di San Domenico, ci sarà anche la possibilità d’incontrare Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, i due autori siciliani specializzati in graphic journalism. Attraverso una collaborazione, nata tra il festival Le Strade del Paesaggio e Feltrinelli Comics verrà presentato in anteprima nazionale il graphic novel …a casa nostra. Cronaca da Riace.
A concludere la serata di venerdì la quinta edizione del premio Andrea Pazienza, l’appuntamento voluto da Cluster Società Cooperativa e Marina Comandini, diretto da Raffaele De Falco che, ogni anno, grazie ad una prestigiosa giuria di qualità, seleziona importanti riconoscimenti nel campo del fumetto e vedrà la partecipazione di star dell’arte sequenziale che verranno resi noti nelle prossime settimane.
Sul palco del Premio, oltre al conduttore televisivo Vito Foderà ci sarà il regista e musicista Dario Sansone, frontman dei Foja.
Sabato 21 e domenica 22 settembre invece, il Castello Svevo sarà attrezzato per un’immensa aerea dedicata al fumetto e soprattutto al gioco in ogni sua versione, dando risalto al digitale e alle innovazioni tecnologiche.
Una grande area sarà dedicata ai videogames, con oltre 50 postazioni dove sarà possibile cimentarsi con capolavori del videogioco tra cui Fortnite, Overwatch e Apex e diverse Nintendo Switch. Tra le console presenti anche la Play Station 4 e la XBox One, oltre ai tanti computer retro e supporti per la realtà virtuale tra cui l’Oculus Rift S e il Sony VR4.
Il castello ospiterà anche una mostra dedicata ai supereroi che permetterà al pubblico di entrare nel mondo di personaggi come Tony Stark, visitando il suo laboratorio, partecipare al centro di tiro con Winter Soldier, stare seduti sul trono di Black Panther, o visitare la prigione di Harley Queen.
Lo spazio sarà arricchito anche da giochi virtuali e da tantissime attività in programma grazie alla presenza di un gruppo di cosplayer che anima gli eventi nerd e i festival di tutta Italia e aiuterà il pubblico a vivere una vera esperienza immersiva nel mondo degli Avengers.
Molto ricca anche la sezione dedicata ai giochi da tavolo, organizzata insieme all’associazione Master of Comics, con la collaborazione di Giochi Uniti. Nello spazio ludico sarà presente anche la Lega Pokèmon Cosenza con una serie di attività.

Anche per questa XIII edizione il Festival collabora con Epicos per l’organizzazione del Cosplay Contest 2019.

Quest’anno la sfida si svolgerà il 22 settembre alle 15:30 presso il Castello Svevo e vedrà la partecipazione di ospiti speciali che si esibiranno e premieranno i vincitori.
Tra gli ospiti anche lo youtuber Richardhtt che incontrerà il pubblico e presenterà il suo nuovo libro edito da Mondadori.
Spazio anche ai kids con numerose attività, tra cui un laboratorio di maschere dedicate a Minecraft. Nel giardino del Castello saranno collocate tantissime postazioni dedicate agli artisti indipendenti, un laboratorio di Action Figures, tornei di larp e Radio festival che trasmetterà in diretta interviste e musica.
A coinvolgere ulteriormente gli spettatori un GDR live ispirato al Commissario Mascherpa, poliziesco a fumetti ambientato in Calabria: il pubblico dovrà risolvere un misterioso delitto avvalendosi delle ultime tecnologie messe a disposizione dalla scientifica della Polizia Di Stato.

Per seguire le evoluzioni del programma e le prossime news:
www.lestradedelpaesaggio.com
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https://www.instagram.com/stradedelpaesaggio/?hl=it

[#NerdReview] Live-action Il Re Leone: flop o nostalgia?

A 25 anni di distanza dall’originale animato, Il Re Leone è tornato al cinema vestito da live-action. Avrà convinto?

Da quando mamma Disney si è lanciata nel genere del live-action, riecheggia una domanda: cosa aspettarsi da quello che si va a vedere? Qualcosa di nuovo? Un fedele adattamento di ciò che già conosciamo? La risposta non è mai universale. Tuttavia, più live-action vengono sfornati, più appare chiaro che – anche per per guadagnarci, certo – ciò a cui si mira è sfondare la barriera emozionale di chi guarda. A qualunque costo (semicit. involontaria, giuro). Ciò vale soprattutto per Il Re Leone.

IL PASSATO PUÒ FARE MALE

Era il 1994 quando noi “grandi” di oggi e piccini di allora abbiamo conosciuto Simba, Mufasa e Scar. Abbiamo pianto alla morte del Re della Savana e ruggito di gioia quando un nuovo sovrano si è affacciato dalla Rupe dei Re. Sono passati tanti anni e, in preda alla mania selvaggia del rifacimento in live-action, Disney ha pensato bene di farci rivivere (e traumatizzare un’intera nuova generazione) un rito di iniziazione nel mondo degli adulti in maniera crudele: la perdita di un genitore, la fine dell’infanzia per giungere ad una forte crescita personale.

Guardando il cartone con occhi da bambini, forse, non avremo avvertito appieno il carico di emozioni che una semplice pellicola d’animazione portava con sé, ma questa è la filosofia Disney: “divertiti con questo leoncino ingenuo e un po’ goffo ora che sei bambino, poi da adulto imparerai la lezione“. E forse Disney proprio questo cercava: risvegliare nel bambino ormai cresciuto quelle stesse emozioni maturate assieme a lui.

Ma un live-action con animali parlanti riesce davvero a mirare al cuore?

Conosciamo tutti la storia de Il Re Leone e mente chi almeno una volta non si è commosso di fronte al piccolo Simba che cerca invano di svegliare Mufasa dal suo sonno di morte. Ciò che, però, davvero aveva colpito nel classico d’animazione di 25 anni fa, oltre alla storia di formazione narrata e agli insegnamenti che ha donato, è l’intensa espressività degli animali della savana. Animali, in tutto e per tutto ferini, che ridono e si commuovono come fossero degli esseri umani, dotati di capacità di parola e di un volto emozionalmente antropomorfo che sa esprimere la gioia e il dolore, la paura, il coraggio e la brama.

NATGEO E ANIMALI PARLANTI

Il Re Leone non è stato il primo classico Disney con protagonisti degli animali parlanti. Chiunque, nell’approcciarsi alla pellicola, si sarà chiesto quanto il realismo della rappresentazione potesse inficiare l’emozione che invece tradisce uno sguardo “umano”. In una pellicola di questo tipo, realizzata con la tecnica della computer grafica e che puntava a una rappresentazione più realistica possibile, non ci si poteva aspettare di vedere il sopracciglio sollevato di Scar in segno di disapprovazione o l’espressione corrucciata di Simba nel sentirsi dire di essere solo un cucciolo.

Il “punto debole” della pellicola, se così vogliamo definirlo, è proprio questo: l’espressione degli animali è così “dal vero” che, per quanto si possano scorgere un accenno di sorriso o uno sguardo famelico di chi è pronto ad agguantare la preda dall’ombra, perde in carica emotiva e non riesce a raggiungere il risultato del classico animato. Sì, Il Re Leone versione 2019 è un mirabile lavoro di computer grafica. Ogni scena del film, ogni animale della savana, dal primo pelo all’ultima zanna, è realizzato digitalmente in modo così “naturalistico” da sembrare vero.

Infatti, quanti di voi sono riusciti a riconoscere l’unica inquadratura “dal vivo” del film? Il campo lunghissimo appena all’inizio, col tramonto che cala sulla savana africana, in cui non appaiono animali: ecco, questa è l’unica ripresa vera e propria. Tutto ciò che vediamo da questo punto in poi è creato digitalmente a regola d’arte, così bene che, se non fosse per il fatto che gli animali effettivamente parlano, sembrerebbe di guardare un documentario di National Geographic. Chi è cresciuto col cartone animato ha azzardato senz’altro un paragone e, probabilmente, un vago senso d’incompiuto sarà rimasto appena sotto pelle ma… come non sentire un brivido lungo la schiena quando Rafiki solleva in alto quel cucciolo di leone appena nato e le musiche che tanto amiamo risuonano nelle orecchie?

TRA FEDELTÀ E IPERREALISMO

Tuttavia, accanto ai nostalgici che hanno accolto la pellicola con favore, c’è chi ha puntato il dito contro la non proprio sottile operazione commerciale messa in atto da un film che è l’esatta copia di un classico che non aveva bisogno di revisioni o rimodernamenti in altre tecniche. Più volte, prima dell’uscita, il regista Jon Favreau si è trovato a dover smontare le polemiche. Questa versione de Il Re Leone è, a tutti gli effetti, un adattamento fedele rispetto a quella del 1994, ma parlare di copia carbone sarebbe riduttivo. Senza entrare nel merito di se e come i live-action debbano prestare fedeltà rispetto agli originali, i cambiamenti ci sono stati, siano essi narrativi o stilistici.

La scelta di realizzare la pellicola con la tecnica dell’animazione digitale fotorealistica e l’esigenza di ricercare il realismo ha determinato dei piccoli scarti nella narrazione e, quindi, l’eliminazione di alcune scene del cartone: si è notata l’assenza del fantasma di Mufasa, un elemento che viene accennato ma non esplicitamente mostrato. E qui ci ricolleghiamo alla questione della mancanza di espressività: privilegiando il realismo, gli animali sono stati privati delle loro caratteristiche antropomorfe e ciò ha comportato un ridimensionamento della loro carica comica fisica nonché delle modifiche a livello di look. E a tutti sarà saltato agli occhi come lo Scar del live-action sia diverso rispetto a quello originale, ma comunque facilmente distinguibile da Mufasa, non solo per la cicatrice ma anche per la sua magrezza e la quantità esigua del pelo della criniera. Allo stesso modo, si è sentita la mancanza del bastone di Rafiki, che compare solo sul finale, e del suo famoso discorso a Simba sull’importanza dell’imparare dal passato.

GAG E RIFLESSIONI: UN DELICATO EQUILIBRIO

Oltre che da modifiche a livello stilistico, la pellicola è stata interessata da alcuni aggiornamenti in chiave contemporanea. Si è voluta ampliare una parentesi “etica” che ben si sposa con la politica Disney e con i nostri tempi. Ad esempio, il facocero Pumbaa diviene pretesto per accennare il problema del body shaming: è infatti definito in maniera dispregiativa non “maiale” bensì “ciccione”.

Certo, rimane l’ironia di fondo che aveva già caratterizzato il film originale, ma a questa si associa, più forte, un impianto “riflessivo”, fatto di veloci momenti che non inquinano la godibilità spensierata della pellicola. Lo stesso aggiornamento riguarda i villain: le motivazioni dietro le azioni di Scar sono approfondite, venando la semplice invidia di una vera e propria brama di potere, che lo aveva già indotto a sfidare apertamente il fratello per il trono. Le iene perdono un po’ della loro comicità nell’essere dei semplici galoppini al seguito di Scar, acquistando un ruolo più serioso e meno sciocco.

Sempre nell’ottica di una strizzata d’occhio alla contemporaneità, è stata aggiunta una scena che rivela la volontà di dare un maggiore spazio ai personaggi femminili, non sottomesse ma leonesse che ridono in faccia al pericolo. Da qui, la fuga della giovane Nala dopo aver visto Scar maltrattare Sarabi e la resistenza di quest’ultima alle avances del nuovo Re usurpatore (un elementro tratto, per altro, dallo spettacolo teatrale, mitigando però la scena delle molestie). Inoltre, sul finale è proprio la compagna di Mufasa a intuire che è stato il cognato a determinare la morte del marito. Molto carina la scena metacinematografica in cui, invece di imbastire il balletto per distrarre le iene, il suricata Timon si mette a parlare in francese improvvisando Stia con noi e omaggiando, così, La Bella e la Bestia.

VECCHIE MELODIE

Come per gli altri live-action realizzati da Disney, anche per Il Re Leone si è scelto di adottare le canzoni originali. Addirittura, nel caso de Il cerchio della vita è stato mantenuto in parte l’audio del 1994, cioè la strofa introduttiva in zulu cantata da Lebo M., che affiancò a quel tempo Hans Zimmer per quel che riguardava la componente africana delle musiche.

Tuttavia, ciò non ha impedito di porre mano ad alcuni brani, riarrangiandoli: è il caso, ad esempio, di Hakuna Matata, in cui il pezzo sui problemi intestinali di Pumbaa non è stato simpaticamente censurato da Timon. Ancora, Il Leone si è addormentato è stata allungata per mostrare in scena altri animali della foresta in cui vivono il facocero e il suricato e un rimaneggiamento è toccato a Sarò Re, da una parte modificando la parte del testo in cui Scar insulta le “vuote espressioni” delle iene, dall’altra per esigenze di fotorealismo nella rappresentazione degli animali – cosa che, del resto, ha comportato il ridimensionamento degli altri inserti musicali -, escludendo, così, anche la rappresentazione squadrista delle iene e la volontà totalitarista di Scar.

Due nuove canzoni sono presenti: Quando il destino chiamerà, cantata in originale da Beyoncé, che accompagna la scena in cui Nala e Simba tornano ad affrontare Scar, e Never too late, scritta e cantata da Elton John (che firmò le canzoni nel 1994), in corrispondenza dei titoli di coda.

… E VOCI NUOVE

Quanto al doppiaggio, le voci sono state rinnovate. A interpretare i due protagonisti, nella versione adulta, compaiono i cantanti Marco Mengoni ed Elisa, cui sono state affidate non soltanto le parti cantate ma anche quelle parlate. Una scelta particolare, per alcuni discutibile, quella di affidare il lavoro a due doppiatori non professionisti. Del resto, per quanto l’impegno profuso sia comunque apprezzabile, l’orecchio ha percepito la loro incertezza.

Al contrario, il lavoro di Mengoni ed Elisa nelle parti cantate è stato eccellente: la loro versione di L’amore è nell’aria stasera è bella quanto l’originale, forse perfino di più. Ottimo il lavoro, nel doppiaggio e nel canto, di Edoardo Leo e Stefano Fresi, già rodata coppia cinematografica, rispettivamente nei ruoli di Timon e Pumbaa. Menzione d’onore, sebbene scontata, a LucaWard che con la sua voce roca assai riconoscibile ha trasmesso la saggia profondità di Mufasa. Infine, un plauso a Massimo Popolizio ( l’Avada Kedavra di Voldemort vi dice nulla?) che col suo timbro graffiante ha ha reso perfettamente l’insinuante ingannevolezza del viscido Scar. Entrambi non hanno fatto rimpiangere Vittorio Gassman e Tullio Solenghi.

COSA ASPETTARSI DAL LIVE-ACTION?

Tirare le somme dopo la visione di una pellicola simile non è compito semplice. Si parla del rifacimento di un film, in sé già perfetto, attraverso l’uso di una tecnica di animazione fotorealistica. La verità, come dicevo più su, è che siamo ancora tutti molto confusi su come affrontare quest’ondata di live-action che Disney sta elargendo, a prescindere dalle motivazioni economiche risiedono in quest’operazione. Se il remake è troppo fedele, manca originalità. Se prende le distanze dall’originale, si è messa in atto una brutale violenza. In che modo, quindi, approcciarsi a un lavoro simile? Per quanto i film originali esercitino una forza attrattiva irresistibile, trascinandosi dietro un carico di emozioni e ricordi legati all’infanzia e al momento della visione, occorre non lasciarsi sopraffare e sforzarsi di vedere i rifacimenti con altri occhi, come fosse la prima volta.

Il Re Leone di Jon Favreau è una pellicola imponente, figlia dei nostri tempi. Fedele all’originale, punta anch’essa al cuore dello spettatore, ma sceglie di farlo in una maniera differente. Favreau ha riprodotto rispettosamente le scene chiave del cartone del 1994 riuscendo tuttavia ad essere, a suo modo, evocativo. L’uso della cgi è perfetto, l’impressione di essere immersi nella savana africana è costante e coinvolgente. Le scenografie digitali sono maestose e la fotografia è una gioia per gli occhi. L’esperienza di visione è a tutti gli effetti entusiasmante.

SENZA PENSIERI

Il punto debole di questo film sembra essere, dunque, l’iperrealismo. La tecnica dell’animazione fotorealistica, per quanto faccia guadagnare in sontuosità visiva, aprendo le porte a nuove pellicole del genere, fa scemare il pathos. No, la pellicola non è piatta nè fredda: una storia di per sè toccante contornata da un apparato visivo significativo e cullata da melodie che fanno vibrare le corde emozionali è capace di toccare esattamente i punti giusti. Manca qualcosa? Sì, qualcosa manca e sono le espressioni e la comica fisicità degli animali protagonisti, impossibili da riproporre in un contesto di puntuale realismo. Ma la domanda è: in che mirusa il moto di nostalgia influenza la visione per la forza dei ricordi di infanzia?

Forse, invece di domandarsi e interrogarsi su quel che c’era prima, vale la pena concedersi la possibilità di tornare un po’ bambini per un paio d’ore e lasciarsi andare a una visione spensierata, senza pensare troppo al passato… ormai è passato. E se temete che il confronto con l’originale non regga…

chi vorrà vedrà in libertà…

Hakuna Matata!

Francesca Belsito

[#SDCC] Marvel, annunciati la Fase 4 e l’arrivo di X-Men e Fantastici 4

Grandi annunci da parte della Marvel al Comic-Con International di San Diego.

In un emozionante panel nella Sala H del Convention Center di San Diego, Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios, ha fatto chiarezza sul futuro del Marvel Cinematic Universe.

Con Endgame come epica conclusione dell’Infinity Saga, i fan della Marvel si sono posti moltissime domande su cosa sarebbe accaduto nel MCU. Inoltre, con l’acquisizione della Fox da parte di Disney sono arrivati i diritti per poter sfruttare appieno le potenzialità degli X-Men e dei Fantastici 4. Senza dimenticare il futuro lancio della piattaforma streaming Disney+ che segnerà il debutto degli eroi del Marvel Cinematic Universe nel mondo delle serie tv. Tanti personaggi e tante storie ancora da raccontare, ma a San Diego, questa notte, sono arrivate le prime, entusiasmanti risposte.

In un’ora e mezza di panel sono saliti sul palco attori, registi e produttori, volti noti e volti nuovi, tra sorprese e gradite conferme. Marvel celebra il grandioso passato, gli scorsi 10 anni di successi ed emozioni, ma guarda avanti. Si lancia in una nuova fase, la Fase 4 e rivela una line up ricchissima per i prossimi 2 anni e anche oltre.

Vediamo gli annunci nel dettaglio.

BLACK WIDOW

Già confermato e in fase di realizzazione, Black Widow, stand-alone dedicato alla Vedova Nera di Scarlett Johansson. La pellicola, diretta da Cate Shortland, vedrà nel cast anche David Harbour (Hopper in Stranger Things),  Florence Pugh, O-T Fagbenle e l’attrice Premio Oscar Rachel Weisz. Il film sarà un prequel e vedrà Taskmaster come villain principale. Tuttavia, non si escludono, sulla base dei fotogrammi mostrati a porte chiuse nel corso del panel, rimandi e riferimenti agli accadimenti successivi.

L’uscita è fissata per il 1 maggio 2020.

THE FALCON AND THE WINTER SOLDIER

Anche qui un progetto già annunciato che ha ricevuto conferma. Si tratta della prima serie tv targata Marvel Studios che vedrà la luce sulla prossima piattaforma streaming Disney+. The Falcon and the Winter Soldier sarà diretta da Kari Skogland (The Handmaid’s Tale) e nel cast dovrebbero figurare, oltre a Sebastian Stan e Anthony Mackie, che riprenderanno i loro ruoli di Bucky Barnes e Sam Wilson, anche Daniel Bruhl e Emily Van Camp, nei ruoli di Zemo e dell’Agente 13. Zemo inoltre molto probabilmente indosserà finalmente la sua iconica maschera viola da Barone Zemo. La serie sarà composta da 6 episodi e sarà ambientata dopo i fatti di Avengers: Endgame e probabilmente vedremo Falcon raccogliere il testimone lasciato da Capitan America.

L’uscita è fissata nell’autunno 2020.

THE ETERNALS

Il primo titolo annunciato è The Eternals, su cui molto si era già vociferato. Il film di Chloe Zhou riguarda gli Eterni, esseri sovrumani creati da Jack Kirby nel 1976. Manipolati geneticamente dagli enigmatici Celestiali, con abilità fisiche e mentali superiori a quelle degli umani, gli Eterni sono in lotta con le loro controparti, i Devianti. Nel cast del film troviamo: Angelina Jolie che sarà Thena, Richard Madden (Robb Stark in Game of Thrones e Cosimo de’ Medici nella serie I Medici) nei panni di Icarus, Kumail Nanjiani che vestirà i panni di Kingo, Lauren Ridloff come Macary, Brian Tyree Henry in PhatosSalma Hayek che interpreterà Ajax, Lia McHugh nei panni di Sprite, Don Lee nel ruolo di Gilgamesh.

Niente Keanu Reeves come rumoreggiato e, tra i nomi, non compare neppure quello di Millie Bobby Brown che aveva comunque messo un freno alle voci. Della sceneggiatura si occuperanno i fratelli Matthew e Ryan Firpo.

L’uscita è fissata al 6 novembre 2020.

SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI 10 ANELLI

Shang-Chi, il Maestro del Kung-Fu, creato da Steve Englehart (testi) e Jim Starlin (disegni) nel 1973, poi unitosi agli Avengers, avrà una pellicola a lui dedicata e sarà il primo protagonista asiatico del Marvel Cinematic Universe: Shang-Chi e la leggenda dei 10 anelli. Il titolo del film e i 10 anelli ci svelano che nella pellicola vedremo tornare il vero Mandarino, nei fumetti acerrimo nemico di Ironman e di cui già ci era dato sapere qualcosa in Ironman3, interpretato da Tony Leung. Il protagonista sarà, invece, interpretato da un volto poco noto: Simu Liu, a cui i Marvel Studios hanno concesso una grande opportunità. Nel cast troveremo anche Awkwafina, già scritturata dalla Disney per il live-action de La Sirenetta. A dirigere la pellicola sarà Destin Daniel Cretton.

L’uscita è fissata al 12 febbraio 2021.

WANDAVISION

Oltre che al Marvel Cinematic Universe, Marvel Studios ha pensato di rimpolpare anche la programmazione di Disney+. Da qui, l’annuncio di WandaVision, serie tv dedicata a Wanda Maximoff (Scarlet Witch) e Visione. Questa serie sarà collegata al sequel relativo a Doctor Strange in cui il personaggio di Elizabeth Olsen avrà un ruolo primario. Nel cast, ovviamente, troveremo la stessa Olsen, Paul Bettany e la new entry Teyonah Parris. La serie, che ci permetterà di conoscere più a fondo questi personaggi, sarà ambientata dopo i fatti di Avengers: Endgame, il che ha sollevato, da parte dei fan presenti al panel, numerose domande circa la presenza di Visione, domande che sono state sviate.

L’uscita è fissata nella primavera 2021.

LOKI

Come già trapelato in precedenza, Marvel Studios hanno confermato la serie tv Loki. A interpretare il dio dell’inganno tornerà ancora una volta l’amato Tom Hiddleston. Kevin Feige ha ribadito che non vedremo il Loki “migliorato” di Endgame, bensì il Loki del primo Avengers, quello manipolatore. Finalmente, per rispondere ai dubbi dei fan, la serie spiegherà cos’è accaduto dopo che il dio si è impadronito del Tesseract nella scena indietro del tempo di Endgame. Lo stesso Hiddleston ha scherzato col pubblico e ha dichiarato: “Avete visto Avengers, giusto? È ancora quel tipo… E giusto ieri sera è stato preso a botte da Hulk. C’è ancora un bel po’ di evoluzione psicologica da fare! Kevin Feige mi ha mostrato i piani generali, non posso parlarvene ma posso dirvi che è una delle migliori opportunità creative che mi siano mai capitate. È un nuovo territorio, un nuovo mondo”.

L’uscita è fissata nella primavera 2021.

DOCTOR STRANGE IN THE MULTIVERSE OF MADNESS

Anche qui un titolo previsto, considerato il successo del primo capitolo, ma è il sottotitolo quello che veramente è accativante, così come il fatto che accanto allo Steven Strange di Benedict Cumberbatch troveremo la Wanda Maximoff di Elizabeth Olsen. Scott Derrickson, riconfermato alla regia, ha promesso che: “Sarà il primo cinecomic terrificante dell’Universo Cinematografico Marvel!”. La presenza di Scarlet Witch e il fatto che la pellicola sia collegata alla serie WandaVision potrebbe forse spiegare con la teoria dei Multiversi il ritorno di Visione che, come ricordiamo, è stato ucciso da Thanos in Infinity War.

L’uscita è fissata per il 7 maggio 2021.

WHAT IF…?

What if…? sarà la prima serie animata prodotta da Marvel Studios ed è destinata alla piattaforma Disney+. Come il titolo suggerisce, e come i fumetti ci insegnano, la serie tv esplorerà storie alternative dell’Universo Marvel.

Interessante il fatto che a doppiare i vari personaggi saranno proprio gli attori che ad essi hanno prestato il volto nel MCU, tra questi Killmonger (Michael B. Jordan), Dr. Abraham Erskine (Stanley Tucci), Winter Soldier (Sebastian Stan), Thanos (Josh Brolin), Hulk (Mark Ruffalo), Loki (Tom Hiddleston), Nick Fury (Samuel L. Jackson), Thor (Chris Hemsworth), Peggy Carter (Hayley Atwell), T’Challa/Black Panther (Chadwick Boseman), Nebula (Karen Gillan), Clint Barton/Hawkeye (Jeremy Renner), Scott Lang /Ant-Man (Paul Rudd), Hank Pym (Michael Douglas), Dum Dum Duggan (Neal McDonough), Howard Stark (Dominic Cooper), Kraglin (Sean Gunn), Jane Foster (Natalie Portman), Kurt (David Dastmalchian), Korg ( Taika Waititi), Arnim Zola (Toby Jones), Korath (Djimon Hounsou), il Gran Maestro (Jeff Goldblum), Yondu (Michael Rooker) e Taserface (Chris Sullivan). Ad essi si aggiungerà Jeffrey Wright (Westworld)  che interpreterà un iconico personaggio della Marvel, l’Osservatore.

Sembra che uno degli episodi vedrà Peggy Carter trasformarsi nel super-soldato al posto di Steve Rogers, altre ambientazioni sicure riguardano il mondo di Thor e Ant-Man, quello dei Guardiani della Galassia e il Wakanda.

L’uscita è fissata nell’estate 2021.

HAWKEYE

Confermata anche Hawkeye, la serie tv su Occhio di Falco. Jeremy Renner tornerà a indossare i panni (e le frecce!) di Clint Burton. L’attore è salito sul palco, visibilmente emozionato, e ha spiegato ai fan: “Ciò che farò nella serie sarà formare un nuovo personaggio, una versione migliore di me. Occhio di Falco è un supereroe senza superpoteri, e quindi posso insegnare questa cosa a qualcun altro”. Dunque, la serie introdurrà finalmente il personaggio di Kate Bishop, ma ancora non si conosce il nome dell’attrice che le presterà il volto. Dalla grafica del titolo, inoltre, scopriamo un altro dettaglio sulla serie e cioè che sarà basata sulla run a fumetti di  Matt Fraction e David Aja.

L’uscita è fissata nell’autunno 2021.

THOR: LOVE AND THUNDER

Veniamo alla conferma della notizia degli ultimi giorni: Thor 4 si farà. E a San Diego ecco svelato il titolo che sarà Thor: Love And Thunder. Questo nuovo capitolo, per cui è stato riconfermato alla regia Taika Waititi (Thor: Ragnarok), sarà basato sulla run al femminile di Jason Aaron. Assisteremo, quindi, al ritorno della Jane Foster di Natalie Portman, con una probabile sorpresa: potrebbe impugnare il martello vista anche la scenetta mostrata al Comic-Con. Nella run di Aaron, Jane Foster è diventata Thor per un breve periodo. Naturalmente, a reimpugnare Stormbreaker e Mjolnir tornerà Chris Hemsworth, affiancato dalla Valchiria di Tessa Thompson.

L’uscita è fissata per il 5 novembre 2021.

BLADE

A sorpresa, quasi alla chiusura del panale, il presidente di Marvel Studios Kevin Feige ha annunciato un film del tutto inaspettato: Blade. Marvel aveva finalmente ottenuto i diritti per sfruttare il personaggio, ma nessuno dei fan pensava che sarebbe accaduto così presto. Il personaggio del cacciatore di vampiri era stato già portato al cinema con una trilogia da Wesley Snipes. Questa volta il ruolo di Eric Brooks sarà affidato al due volte Premio Oscar Mahershala Ali (Moonlight, Green Book). Non si conoscono ancora ulteriori dettagli.

Non è ancora stata fissata una data d’uscita.

X-MEN E FANTASTICI 4

Altra sorpresona alla fine del panel in Sala H: Marvel Studios è ufficialmente al lavoro sui film dedicati ai Fantastici 4 e agli X-Men, dopo l’acquisizione dei diritti da parte di Fox. Non sono stati rilasciati ulteriori dettagli su come e quando questi iconici personaggi entreranno a far parte del Marvel Cinematic Universe, ma una cosa è certa: accadrà.

FILM NON CONFERMATI MA IN SVILUPPO

Nel corso del panel, tuttavia, sono mancati annunci relativi a pellicole che erano state date per certe all’interno di questa Fase 4. Kevin Feige stesso ha citato questi film, sostenendo che il tempo a disposizione per poterne parlare fosse poco. Molto probabilmente, sono sorprese che resteranno in serbo per il prossimo D23 Expo di agosto. Le pellicole in lavorazione, oltre alle citate, sarebbero:

  • Black Panther 2
  • Capitan Marvel 2
  • Guardiani dela Galassia Vol. 3
  • Un film sui Fantastici 4
  • Un film sui Mutanti (X-Men come tutti si aspettano o Nuovi Mutanti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[#NerdReview] The Sinking City, l’orrore di Lovecraft su schermo

The Sinking City è il nuovo titolo della Frogwares ispirato alle opere horror di H.P. Lovecraft.

Prima di The Sinking City, le trasposizioni dell’orrore lovecraftiano non hanno mai avuto molta fortuna. Se consideriamo i primi Alone In The Dark, Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, Eternal Darkness: Sanity’s Requiem e gli altri nessuno era riuscito a incarnare appieno la natura orrorifica e al contempo emozionale e psicologica dell’autore di Providence.

The Sinking City si muove su di una strada differente dai suoi predecessori, cerca di spostare l’attenzione dai soliti mostri, ormai quasi mainstream, alle storie dietro e dentro di essi.

Frogware si pone questa meta ma riesce a raggiungerla?

LA STORIA, TRA RAZZISMO E ORRORE

Charles Reed è un investigatore privato che durante la Prima Guerra Mondiale ha prestato servizio in marina sulla Cyclops, nave affondata in modo misterioso. Da allora è affetto da oscure visioni e incubi. Arriva a Oakmont in Massachusetts sotto invito di Johannes van der Berg, un misterioso cittadino in completo giallo che promette una cura per la follia del protagonista. Dal suo arrivo, Charles si trova invischiato negli affari e nelle tradizioni di questa città misteriosa che non vede però di buon occhio i ficcanaso.

Oltre l’odio per lo straniero, un altro infausto cataclisma ha coinvolto la città: l’inondazione. Uno strano fenomeno che ha fatto innalzare il livello del mare al punto da rendere percorribili alcune strade solo attraverso un motoscafo. Faremo a questo punto conoscenza di diverse specie estrapolate dai racconti e romanzi di Lovecraft, come gli Innsmouther, una razza che ha subito il richiamo del mare e che è stata scacciata dal proprio paese per l’oscenità del culto di Dagon.

Come recita anche il cartello all’avvio del gioco, all’interno di The Sinking City è presente in maniera quasi opprimente il razzismo (per via del contesto storico del 1930 americano,  delle tradizioni conservatrici della città stessa e del mito per cui Lovecraft stesso lo fosse). Razzismo non per il colore della pelle – ci sono uomini e donne di diversa etnia – ma per tutto ciò che è esterno e straniero. Lo si può notare dalle animazioni delle persone per le strade, in cui i cittadini, a seconda del quartiere della città, si pongono in modo astioso con gli stranieri arrivati a causa del richiamo della follia, dai quartieri ricchi in cui vengono arrestati a quelli più poveri dove vengono rapinati, pestati o uccisi.

UN GIOCO FATTO DI SCELTE

La storia principale del gioco ci porterà a toccare ogni argomento trattato nei racconti di Lovecraft, dai grandi antichi agli abissali. È però nelle missioni secondarie che il gioco da il meglio di sé. Seppure le meccaniche siano molto simili tra loro (trovare indizi, scoprire la storia, consegnare al personaggio x, ripetere), le scene riescono a raccontare frammenti di vita dei cittadini o avventurieri della città in modo dettagliato ed emozionale tanto da sentire quella fitta al cuore nell’incontrare famiglie massacrate dalla fame, sacrificate dai culti o soggiogate da spiriti.

The Sinking city è un gioco fatto di scelte ma soprattutto di racconti e Frogwares si è impegnata in questo senso, implementando un grande quantitativo di testi di varia natura, dagli annunci pubblicitari alle cutscenes, dalle lettere ai testamenti. Tutto questo perché la maggior parte delle volte si arriva sul posto a eventi già avvenuti e senza la lettura del “racconto” ci si trova davanti scene del crimine o eventi senza senso.

IL GAMEPLAY

Parte dell’avventura risiede nell’investigazione ed è inframmezzata da combattimenti contro mostri, cultisti o esseri interdimensionali. Frogwares ha una decennale esperienza sulle spalle nelle detective story attraverso la serie “Sherlock Holmes” e la possibilità di utilizzare poteri come “l’occhio della mente” o “le visioni dal passato” hanno donato all’area investigativa uno sprint lovecraftiano. La problematica giace però nella monotonia del sistema. La meccanica investigativa è identica per tutta la durata del gioco e le scene action, a volte prevedibili, servono solo da piccola boccata d’aria dopo una lunga apnea di noia.

Le sezioni da sommozzatore sono una distrazione gradita ma di poca durata. Gli abissi intorno e sotto Oakmont sono popolati da esseri giganteschi e creature il cui solo sguardo provoca la pazzia, ma resta una sezione d’intermezzo atta a portare il personaggio solo da un punto all’altro.

La terza parte che compone il gameplay è quella dei combattimenti e della sanità mentale. All’inizio ho trovato molto difficoltoso riuscire a combattere le creature selvagge presenti in The Sinking City complice il basso numero di munizioni trovabili e creabili. Questa difficoltà si è protratta per circa 6 ore di gioco, fino a quando, una volta acquisiti abbastanza livelli, sono riuscito a disseminare di punti i 3 alberi delle abilità. Prese determinate scelte dall’albero del combattimento, uccidere i mostri diventa estremamente più semplice lasciando come unica preoccupazione la sanità mentale. Questa, anche se estendibile e ricaricante, cala in maniera esponenziale per ogni creatura aliena nelle vicinanze minando pesantemente la visibilità e aggiungendo “visioni antagoniste” che danno la caccia.

PREVEDIBILITÀ E SANITÀ MENTALE

Le IA non sono adeguate agli standard odierni, sono anzi piuttosto prevedibili e per nulla organizzate. I set di movimenti sono identici di volta in volta e l’unica cosa che cambia nei nemici sono le abilità. Infatti, in pieno stile Metroidvenia, i mostri cambiano di colore e diventano più forti man mano che andiamo avanti con la missione principale. Al contrario delle creature selvagge, gli esseri umani sono molto semplici da uccidere, basta un unico colpo ben piazzato per fare la differenza, ma molto spesso l’uccisione di umani apre la strada a un successivo pentimento attraverso righe di dialogo più aspre o video cutscene dal forte impatto emotivo.

Come dicevo, The Sinking City è un gioco di scelte. Al termine di un’indagine nelle missioni principali si  deve affrontare il palazzo mentale: un minigioco di collegamenti e deduzioni che porta a compiere una scelta (non definitiva) riguardo la vita o la morte di qualcuno. Molto spesso le vie percorribili sono 3, contraddistinte da una scelta per lo più etica e soggettiva: ad esempio la mia linea di pensiero era quella di favorire il meno possibile i culti optando per il male minore. A essere però sinceri, anche qui viene rispettato lo stile lovecraftiano: il male è ovunque e qualsiasi cosa si scelga ci si porta dietro il peso e i sensi di colpa.

Altra pecca di cui si macchia il gioco, a meno di perdere un’ora a trovare i punti di viaggio rapido fin da subito, è la grandezza della mappa. Oltre la barca che è necessario prendere per attraversare alcune strade o trovare alcune stanze, la città è troppo grande da percorrere a piedi e i punti di interesse, seppur vicini alle cabine telefoniche del viaggio rapido, fanno perdere alcuni minuti di corsa inutile. Sicuramente la corsa è allietata dalle scenografie particolari, ma dopo un po’ il continuo andirivieni annoia.

GRAFICA E SONORO

L’aspetto grafico è curato attraverso Unreal Engine 4. Troviamo infatti dei modelli umani di tutto rispetto. L’imperante pioggia crea una sensazione di umido appiccicaticcio anche da dietro lo schermo, donando molta verosimiglianza all’ambientazione. Frogwares però non è molto pratica del motore grafico, soprattutto per quanto riguarda i modelli che spesso si impantanano nelle porte o negli oggetti di scena e le animazioni delle comparse sono a volte fuori sincrono. Ulteriore pecca nell’aspetto grafico riguarda gli interni delle case, dei magazzini e delle strutture abbandonate. Tutte le case sono strutturalmente identiche per numero e posizione delle stanze. Cambiano solo alcuni inserti specifici nel mobilio per via delle missioni a esse associate.

Il comparto sonoro mi ha soddisfatto molto, alcune tracce musicali all’interno sono particolarmente orecchiabili e c’è perfino una canzone così tanto bella da far perdere la sanità mentale, una citazione al racconto La musica di Eric Zann. Il sottofondo sonoro cambia a seconda della situazione, passando su più livelli di gravità man mano che ci si avvicina a un luogo infestato o a una situazione di nervosismo.

IL PUNTO

Frogwares ha sviluppato questo titolo con uno scopo preciso: rendere omaggio a uno dei più grandi autori dell’orrore. In questo scopo riesce e le storie che racconta toccano il cuore e mettono in crisi sia dal punto di vista etico che personale. Tuttavia, le meccaniche sono noiose a lungo andare e senza una spinta personale si rischia di abbandonare la traversata. Può sembrare una stroncatura, ma in realtà quello che voglio dirvi è di approcciarvi a questo titolo partendo dal presupposto di trovarvi davanti un’avventura grafica in terza persona con inserti action.

Se poi amate lo scrittore di Portland troverete omaggi delicati e mai invasivi che vi faranno spesso sorridere.

Voto: 6.5

Daniele Ferullo

[#NerdReview] Stranger Things 3, gli anni ’80 non sono mai stati così belli

Stranger Things è ormai una di quelle serie che trascendono le immagini su schermo.

L’arrivo degli 8 nuovi episodi di Stranger Things ha infatti portato uno tsunami temporale che ci ha lasciato nella risacca con abiti, musica e luci degli anni ‘80. Oltrepassando, però, la barriera della moda ed entrando nel nostro bunker anti-bombardamento mediatico, com’è la nuova stagione della serie creata dai dei Duffer Brothers?

LA STORIA

Fin da subito saltiamo sul trampolino del tempo e ci tuffiamo negli anni’80: costumi, acconciature e atteggiamenti tipici ci accolgono a braccia aperte, mostrandoci il contesto ambientale della serie. I nostri amati protagonisti sono proprio come li avevamo lasciati ma più alti: Mike e Undi insieme, Lucas e Maxine, Dustin di ritorno da un campo estivo e così via. Tutto sembra tranquillo fino a quando i magneti di casa Byers crollano sul pavimento e Will inizia ad avere delle cattive sensazioni.

L’orrore è tornato.

una delle nuove protagoniste: Robin

La storia raccontata in questa stagione si delinea strutturalmente come le due precedenti: più storie parallele svelano il problema sotto aspetti e sfaccettature diverse. Da qui uno dei primi miglioramenti rispetto alle precedenti stagioni: le storie omaggiano i generi diversi famosi negli anni ‘80, passando quindi dall’horror del gruppo dei ragazzi al thriller di Hopper e Joyce fino alla fantascienza di Dustin e alla detective story di Nancy e Jonathan.

UN RACCONTO CORALE

Tutte e quattro le storie sono presentate perfettamente, senza una nota discordante o superficialità. Gli elementi inseriti vengono spiegati, i nodi vengono al pettine e niente è lasciato al caso o in sospeso. Una delle pecche di Stranger Things però è che sembra che non tutti i personaggi riescano a proseguire in un cammino di maturazione. Diciotto personaggi sono tanti da gestire e se anche nella storia sono tutti presenti e funzionali, singolarmente perdono di spessore o hanno parti minori rispetto alle stagioni precedenti. Mi riferisco soprattutto a Lucas Sinclair che resta identico dall’inizio alla fine senza un progresso psicologico e viene messo in ombra perfino dalla sorella che, invece, tiene banco in molte scene attraverso il suo carattere, sbocciando come personaggio dal ruolo secondario della seconda stagione a quello da coprotagonista in questa.

Altro personaggio che mi ha sorpreso è Will Byers che da bambino che ha subito il peggio nella prima stagione, in questa terza è capace di momenti drammatici e di rivelazione fino alla scoperta del segreto che tutti avevamo pensato fin da metà della seconda stagione.

Come Lucas, anche Mike e Dustin hanno una crescita minima restando per lo più identici dall’inizio alla fine degli eventi e, nel caso di Mike, anche delle stagioni. Lo spazio riservato alla nostra supereroina Undi è questa volta più ampio: la ragazzina affronta le grandi mancanze della sua vita fino ad acquisire una sua personalità, maggiormente decisa e responsabile.

DEMOGORGONE, MIND FLAYER… E ORA?

Le nemesi di questa stagione sono impegnative e danno parecchio filo da torcere ai protagonisti e ai comprimari. Resta la struttura a doppia nemesi con un “esterno” e un “interno” come nelle due stagioni precedenti, ma questa volta si pone in maniera adulta senza cadere nel trash. Questo può essere un fattore positivo o negativo a seconda dello spettatore. La perdita del tipico trash da film di serie B fa decadere quell’aspetto paradossale e comico delle vicende, ma credo che i Duffer questa volta abbiano voluto puntare su di un lavoro più maturo e memorabile e ci sono riusciti a pieni voti.

ATMOSFERE ANNI ’80 TRA MUSICA E LUCI

i molteplici campi lunghi sono meraviglie della fotografia

Quando Netflix decide di sostenere un progetto attivamente con cospicui investimenti, le sue opere riescono a crescere esponenzialmente e Stranger Things ne è un esempio. Il comparto tecnico è migliorato in tutti i campi: dalla computer grafica al montaggio, tutti i settori hanno fatto tesoro delle esperienze passate arrivando a un livello eccellente.

Quello che ci salta subito all’occhio è la fotografia. Nelle altre stagioni era curata, ma a volte le scene avevano dei problemi con le luci dando una sensazione di “finto”. Grazie a un maggiore realismo, alle luci al neon e alle ambientazioni, la fotografia ha subito in questa stagione un’impennata qualitativa, resa poi ancora più mirabile dalle scelte di montaggio che deliziano con transizioni e suspence.

La colonna sonora di Michael Stein e Kyle Dixon si riconferma iconica per la sua esecuzione e pertinente alle scene. Allo stesso modo le scelte delle canzoni da citare da parte dei Duffer Brothers che ci allietano con pezzi come Material Girl di Madonna e Wake Me Up Before You Go Go dei Wham!.

Per quanto riguarda gli easter eggs, ce ne sono e sono ancora più complessi delle altre stagioni. Oltre alle molteplici scene di film nel cinema, abbiamo citazioni a Terminator, La storia infinita, Gremlins, Shining, a volte con un poster altre con riproduzione di scene ed omaggi più diretti.

IL PUNTO

Questa stagione di Stranger Things mi ha tenuto allo schermo dall’inizio alla fine. È un binge-watching caleidoscopico che racconta ogni fase in maniera eccezionale e fruibile. Il miglioramento dalla seconda stagione si percepisce subito e anche se l’interpretazione degli attori della prima è forse migliore (come anche il tempo a loro dedicato), questa terza è riuscita ugualmente nell’ardua missione di innovare e sorprendere.

Insomma, al momento è forse una delle serie più riuscite di questo 2019!

Voto: 9

Daniele Ferullo

https://youtu.be/XcnHOQ-cHa0

[#NerdGames] BloodStained: Ritual of the night, degno successore di Castlevania?

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.

Così avrebbe esordito Zio Ben con Koji Igarashi, una volta saputo della decisione di avviare il kickstarter per BloodStained: Ritual of the night. Il potere di chi ha dato alla luce la pietra miliare dei Metroidvenia Castlevania: Symphony of the night è un’arma a doppio taglio: da una parte ha la fiducia dei fan del genere che lo seguono, dall’altra il peso di un franchise che non sta dando il suo massimo da diversi anni.

Quanto può essere ben riposta questa fiducia indomita?

Il mondo del crowdfunding, qualche anno fa, è stato invaso da giochi indie di tutti i tipi: Dead Cells, Hollow Knight, Psychonauts 2 e tantissimi altri. Tra questi c’era anche Bloodstained, presentato da Koji in persona come il successore del vero spirito di Castlevania. Niente spin-off strambo né clone, ma qualcosa di nuovo che potesse soddisfare una volta per tutte la voglia dei fan di innovazione e nostalgia.

BloodStained riesce in parte a soddisfare questo bisogno.

UNA BUONA STORIA O FAN-SERVICE?

La storia è ben costruita, raccontata bene e con i giusti tempi, seppure si senta moltissimo l’impronta di Igarashi nella scelta delle ambientazioni e dei mostri. Ha riciclato quasi tutti i biomi dei vecchi Castlevania donando un mash-up piuttosto citazionistico ai fan del franchise Konami.

Abbiamo una protagonista molto simile a Shanoa di Order of Ecclesia, con la capacità di apprendere l’abilità dei nostri nemici tramite dei cristalli; degli aiutanti che avranno base nel villaggio e ci faranno da shop come in Dawn of Sorrow; un personaggio con una storia parallela alla nostra e così via… Insomma, gli elementi di un Castlevania ci sono tutti e anche di più, ma si sente una nota stonata: si avverte quella sensazione di bootleg nei mostri (che hanno forme simili, mosse simili ma nomi diversi), nelle armi che hanno quella vocale o consonante diversa ma forma e animazione simile, a cui si aggiunge una tendenza estetica al fan-service sulla protagonista a cui potremmo cambiare colore di capelli e del vestito come fosse una bambola di porcellana.

warning: attenzione ai gattini e cagnolini demoniaci

GAMEPLAY, TRA VECCHI TRICK E NUOVE MECCANICHE

Andando oltre questo primo impatto che lascia un po’ straniti, il gioco si districa molto bene nel gameplay, mantenendo molti trick dei vecchi Castlevania e aggiungendo moltissime nuove meccaniche, come la possibilità di apprendere delle tecniche a combinazione di tasti per determinate armi, le ricette dall’alchimista e il prestito dei libri nella biblioteca gestita da un vampiro di nome Orlok Dracule – chiara citazione a Dracula nei primi Castlevania. Tutti questi elementi si uniscono a differenziare le statistiche del personaggio che quindi potremmo costruire come vogliamo, mentre oggetti speciali come i gettoni 8/16/24 bit ci daranno la possibilità di avere delle armi particolari provenienti da vecchi giochi.

I boss fight, come ogni Metroidvenia che si rispetti, sbloccheranno dei poteri necessari a proseguire nel gioco e sono piuttosto semplici da affrontare. I pattern sono prevedibili ma al contempo molto “punitivi”. Di per sé il gioco stesso è abbastanza punitivo. A meno di avere un equipaggiamento improntato alla difesa, i danni che si riceveranno sono sostenuti, mentre le pozioni sono abbastanza rare da trovare.

GRAFICA DA MIGLIORARE

Torniamo, però, a un’altra pecca: la grafica. Il 2.5D funziona, lo abbiamo ammirato anche nel titolo Castlevania: Lords of Shadow e molti titoli contemporanei ci stanno abituando a questo miglioramento. Il problema, tuttavia, sussiste in alcune transizioni, oggetti, scene che sono di fattura molto superficiale e toccano il fondo nella schermata di Game Over che sembra fatta con power point. Gli effetti visivi però sono resi bene, i ritratti dei dialoghi si adattano ai cambi d’equipaggiamento dell’eroina e le scenografie sono eccellenti.

UNA SOUNDTRACK GIÀ SENTITA

Al comparto sonoro troviamo una star del franchise Konami, Michiru Yamane, che nella sua carriera ha composto ed eseguito la colonna sonora di Symphony of the night, Aria of sorrow e Portrait of ruins. Anche qui, lo stile “Castlevania” regna sovrano, ma cambia di qualche nota facendo tornare quella sensazione imperante di copiato male.

IL PUNTO

Per quanto possa essere superficiale il lavoro grafico, sappiamo che in ogni caso tutti giocheremo e finiremo questo titolo. Poteva essere fatto meglio? Assolutamente. Oltre ai bug che mandano in crash il gioco, alcuni aspetti poco curati sono al limite dell’assurdo e spero vivamente verranno corretti nei tanti DLC gratuiti che saranno rilasciati nell’arco dell’anno. BloodStained però non è così male. Se si prende in considerazione il solo lato ludico, si lascia giocare bene ed è abbastanza duraturo da passarci il tempo a fine giornata.

Tuttavia,non è quel titolo che avremmo voluto anche avendone le potenzialità.

Voto: 6,5

Daniele “Ink” Ferullo

 

[#NerdGames] Una banana per amico: My Friend Pedro – Recensione

Quando per la prima volta giocai alla versione flash di My friend Pedro nel lontano 2014, sentivo che qualcosa di buono poteva uscirne. La grafica grezza un po’ grunge richiamava i platform sparatutto ultraviolenti di una volta come Madness combat e il gameplay strizzava l’occhio a The Matrix.

Ma come si è evoluto?

DeadToast Entertainment resta a capo del progetto, aiutato e distribuito da Devolver Digital (Hotline Miami), il cui supporto è evidente: pazzia, soundtrack, ultraviolenza e scelte fuori di testa. Perché questo gioco, parliamoci chiaro, è fuori di testa.

UNA BANANA CHE UCCIDE LENTAMENTE

Il no sense regna sovrano dall’inizio alla fine. Il protagonista è l’unico a vedere Pedro, una banana parlante che fluttua qui e lì dando suggerimenti su cosa fare, sulla situazione e la storia. La trama si sviluppa su di un piano orizzontale dove all’inizio ci si vuole solo vendicare di colui che ci ha catturato, per poi continuare con organizzazioni sempre più grandi (e strambe) che ci danno la caccia.

John Wick, is that you?

La storia matura così, tra sparatorie e uccisioni, ma ha dei picchi a mio parere piuttosto profondi. Se infatti all’inizio troviamo la solita trama da vengeance story, nel proseguire degli stage, la narrazione si muove anche in un senso verticale, dando delle pillole sociologiche, come ad esempio combattere gli “haters” di Pedro, persone che sanno solo giudicare e screditare e che, alla morte, vanno verso il paradiso. Non solo sparatorie, quindi, ma anche spessore politico e critica al contemporaneo. Proprio come i livelli nelle tubature in pieno stile Super Mario dove si annidano nemici di nuovo stampo: i giocatori nostalgici diventati troppo violenti per colpa dei videogiochi. Pedro, il nostro amico banana, ce ne parla come di una tribù che si è separata dalla società perché non voluta.

GAMEPLAY, TRA UCCISIONI E ROMPICAPO

Ma basta parlare di storia, parliamo del comparto tecnico di questo titolo.

Il gameplay ha meccaniche di difficile apprendimento, è difficile articolarsi sia con il GamePad (provato con pad XBoxOne) che con mouse e tastiera. Se da una parte abbiamo tutti i tasti a disposizione per manovrare il personaggio e una difficoltà a prendere bene la mira, dall’altro abbiamo troppi tasti da usare e poche dita per usarli. Insomma, ovunque ti giri prendi un rastrello nei denti.

Il sistema di gioco è quindi è un po’ difficoltoso ma, dopo qualche livello, si inizia a prenderci la mano rinunciando alla fantasia combattiva. Gli scontri sono molto veloci se non si utilizza lo slow motion, ma rallentare il tempo ti permette di essere più preciso e creare spettacolarità nelle uccisioni che donano Punti Stile: una valuta molto simile a quella di Devil May Cry che a fine livello ti assegna un voto da S a C a seconda delle uccisioni stesse. Piroettare per schivare proiettili, dividere le armi, utilizzare oggetti ambientali o fare delle entrate in scena drammatiche fanno accumulare punti che vengono poi moltiplicati per il numero di uccisioni fatte in breve tempo.

Questo sistema prende anche l’accezione tipica del rompicapo simile a quella di Hotline Miami dove uccidere i nemici con una strategia portava al punteggio massimo. Tuttavia non è così importante, il gioco non ricompensa per voto basso o uno alto ed è soltanto un modo per entrare nella leaderboard mondiale.

Oltre i punteggi, il gioco riesce a rinnovarsi stage dopo stage lungo i suoi 40 livelli aggiungendo gradualmente armi, oggetti scenici utilizzabili e perfino uno skateboard con cui fare combo al limite dell’assurdo. Ci sono anche dei livelli che subiscono un cambio repentino di gameplay come quello della moto o la picchiata che rinfresca l’attenzione del giocatore.

UN GRAFICA ANNI ’90 DA MIGLIORARE

L’aspetto estetico e grafico di My Friend Pedro lascia molto a desiderare. Stilisticamente sembra un gioco della metà degli anni ‘90 con personaggi pupazzosi e poligonali, si recupera di poco con le scenografie che però risultano ripetitive quasi allo stremo. Meglio non parlare delle animazioni poi. Seppure siano basate sulla fisica, il gioco spesso e volentieri si comporta come una parodia del ragdoll con movimenti scomposti dei personaggi. Ad essere sincero però, la velocità con cui si procede nei livelli non ti fa quasi accorgere di queste mancanze piuttosto evidenti appena ti fermi un attimo a guardare.

una picchiata con un tipo vestito da babbo natale che parla dell’internet

La soundtrack, eseguita per lo più da Navie D, ricalca moltissimo le sonorità di Hotline Miami con un elettropop anni ‘80 di altissima qualità. L’unica pecca è forse la mancanza di una canzone virale, una di quelle che continueresti ad ascoltare in loop una volta finito il gioco.

IL PUNTO

My Friend Pedro è un gioco che ti tiene incollato allo schermo per tutte le sue 3-4 ore di durata senza prendere una pausa. Dentro di sé ha però il rimpianto del “si poteva fare di più”. Il comparto grafico è davvero scadente e anche se media con la fantasia e il divertimento del gioco, l’occhio vuole sempre la sua parte anche in questi contesti. I controlli di gioco sono poi scomodi e inutilmente difficili. Mi tornano alla mente Shank, Deadbolt o Katana Zero e penso che questa volta mancasse poco per piazzarsi più in alto in graduatoria.

Voto: 7

Daniele “Ink” Ferullo

Amantea Comics, in arrivo la seconda edizione in ricordo di Stefania Mari

A un anno di distanza dalla primissima edizione 2018, torna l’Amantea Comics: Vol 2.

Evento destinato all’incontro con il mondo del fumetto nipponico e non solo, organizzato nella città di Amantea in memoria di Stefania Mari, concittadina prematuramente scomparsa nel 2017 al cui ricordo è dedicata la manifestazione.

La nuova edizione sarà una due giorni e si svolgerà nelle date di sabato 24 e domenica 25 agosto 2019 con sede al Parco della Grotta, suggestiva location nel cuore di Amantea, aperta a tutti nonché priva di barriere architettoniche. Le attività in programma saranno numerose e coinvolgeranno soprattutto i più giovani, con giochi da tavolo, giochi di ruolo, console e videogame. Previsti, inoltre, momenti musicali e di animazione, con la presenza di cosplayer e artisti teatrali. Questa seconda edizione punta, però, non soltanto all’intrattenimento: insieme al côté più specificamente ludico e ricreativo, Amantea Comics si configura sempre più come momento culturale di alto valore sul territorio, sposando passione e riflessione teorica sul tema, svago e conoscenza, tenendo bene a mente il ricordo e le passioni di Stefania. Su questa scia, dunque, l’evento si delinea sempre più energicamente come incontro tra personalità esperte del mondo del fumetto e tutti coloro che ne sono appassionati.

Durante le due giornate sono previste attività con artisti, illustratori, docenti universitari; e poi stand, mostre, letture, talk, concerti, spettacoli di danza, contest Cosplay e contest Videogame. Su tutti, spicca un evento assolutamente imperdibile per gli appassionati, primo e unico in Calabria: domenica 25 agosto si terrà ad Amantea una giornata interamente destinata a Neon Genesis Evangelion, anime cult degli anni Novanta divenuto uno tra i prodotti più influenti e rivoluzionari del genere che, dal 21 giugno, è disponibile anche sul catalogo Netflix.

Non resta che attendere il programma ufficiale di Amantea Comics: Vol. 2, che verrà divulgato entro il mese di luglio.