American hustle benvenuti nel paese dove niente è come sembra

Anche il cinema è pregno come ogni ambito di pietre miliari al giorno d’oggi,di punti cardine e direttive lasciatici da chi ci ha preceduto e ormai troneggia, ridacchiante, sorseggiando ambrosia  su noi sopravvissuti amanti di quest’arte, per citare Scorsese su Kubrick: “Guardare un suo film è come guardare la cima di una montagna  e chiedersi come abbia potuto l’uomo, arrivare così in alto.”

Insomma, è dura là fuori, fare un film che coinvolga senza essere eccessivamente evocativo, già visto, reinventarsi un genere e perchè no, un’identità.

È quello in cui riesce (a mio parere) David O. Russel nel suo “American Hustle”, uscito da poche settimane e già pluripremiato anche sul palco dei Golden globe, infatti il regista, fortemente psicologico e raffinatamente particolare anche nei suoi lavori precedenti (Il lato positivo,The fighter), ci delizia  presentandoci un gourmet che profuma di “Goodfellas” , ma che aperta  la confezione ha tutt’altro sapore, un’essenza differente, non cattiva, agrodolce.

I personaggi infatti, di “hustle” nel senso classico hanno ben poco, maggiormente la facciata, tirata a lucido e phonata all’estremo per l’occasione, la diegesi ha più livelli, che vanno dalla commedia nera e simultaneamente brillante grazie anche al cast stellare, al sentore intimo e introspettivo, immedesimante di cui O. Russel è abilissimo ad infarcire i suoi caratteri.

Forse è di questo che abbiamo bisogno nella società dei pionieri in cassa integrazione e dell’analfabetismo emotivo, di emozioni, spiattellate, vissute dietro le quinte della grande vicenda, davanti a germi vivi, equilibristi sul filo di uno script affilatissimo, che fanno del sogno americano, del reinventarsi costante un’arma, forse l’unica efficace per sfuggire al più severo dei giudici; se stessi, e del mentire un modo per sopravvivere.

È proprio la sua sincera ipocrisia a rendere “American Hustle così godibile e poetico insieme senza snaturare il tratto biografico ,la sua  umanità ci avviluppa, non è sicuramente quello che ci si aspetta ma dopotutto “L’apparenza inganna”.

 

Pasquale Severino

 

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