Antonino Barillà fra progetti futuri e rimpianti olimpici. Il campione del mondo di tiro della Marina si racconta

Lo Sport insegna e ci insegna spesso a superare i nostri limiti ma soprattutto a voler costantemente migliorare se stessi, che sia in campo o su pista, ma soprattutto fuori. Uno strumento potentissimo per credere in se stessi e crearsi nuove strade, rimettersi in discussione, reinventarsi e, quando è il caso, di rifiatare, prendere consapevolezza e guardare verso nuovi obiettivi, per colpire nuovi piattelli, nello sport, nel lavoro, nella vita. Antonino BarillàÈ quello che vuole fare sempre Antonino Barillà da Reggio Calabria, 34 anni da compiere a fine anno, pluricampione europeo e del mondo di tiro a volo (ultimo titolo iridato nel 2019 a Lonato del Garda, foto a lato), atleta olimpico a Rio 2016, ingegnere e sergente in servizio della Marina Militare, forza armata di cui è fiero rappresentante e che ringrazia ad ogni occasione per il supporto nella sua carriera agonistica. Un atleta e giovane uomo dalle ampie prospettive e con grandi aspettative. Uno sportivo di valore indiscusso che ha rappresentato e rappresenta con onore la Calabria nelle manifestazioni più importanti, in uno sport d’elite e dalla antiche tradizioni, una passione spesso “di famiglia”. Uno sportivo che ci ha raccontato i suoi inizi e gli obiettivi futuri, le soddisfazioni e anche le passioni oltre il tiro a volo, i rimpianti olimpici (il 16° posto a Rio 2016 che brucia ancora) e la grande amarezza di non aver potuto essere a Tokyo per la discutibile scelta del Cio di escludere la sua specialità, il “double trap”, dal programma olimpico. Una decisione che – ci sbilanciamo ma non a caso considerata la maturità e l’esperienza di Barillà – non gli ha permesso di portare a casa (e in Calabria) una storica medaglia olimpica. 

A Villa San Giuseppe (fraz. di Reggio Calabria), dove tutto è cominciato… 

«Tutto ha inizio con mio nonno, Antonino Barillà, appassionato di caccia ed armi. Lui ha avuto l’intuizione di metter su, ormai 50 anni fa, un campetto amatoriale di tiro a volo nel quartiere, praticamente sotto casa nostra. Così, dopo mio padre e mio zio, mi sono appassionato anch’io, e vedendo che me la cavavo piuttosto bene ho perseguito. Mio nonno purtroppo è mancato prima che cominciasse la mia carriera ad alti livelli ma in tutti questi anni per me è stato sempre un piacere vincere per lui. Vittorie arrivate anche grazie all’appoggio e al supporto dei miei genitori, Giuseppe e Maria, che non finisco mai di ringraziare per essere stati i miei primi tifosi, senza di loro non ce l’avrei mai fatta. Antonino BarillàIl campo di nonno Nino non c’è più da circa dieci anni. Magari un giorno, se tornerò a vivere a Reggio, potrei riaprirlo io, chissà, l’idea non mi dispiace affatto». 

La vita di Antonino, per tutti Nino, intanto oggi è a Terni. Ed un posto importante lo occupa la Marina Militare

«Dal 2010 sono un militare a tutti gli effetti, entrato nel Gruppo sportivo della Marina militare. Qualche mese fa sono entrato nello Stato Maggiore della M.M., settore sport, mi occupo del “dietro le quinte”, del resto sono un ingegnere e mi piace progettare. Vorrei progredire nella carriera militare. Fra un paio di anni potrei smettere con l’agonismo». 

Una rivelazione amara che affonda le sue radici nell’esclusione della sua specialità da disciplina olimpica. A meno che il Cio non riveda la sua decisione, ma è troppo ottimistico pensare che ciò accada già per il 2024.

«Sarebbe una miracolo. Ma se dovesse succedere sarò il primo a rimettersi in gioco e farò di tutto per esserci». 

Si potrebbe pensare ad una nuova carriera nel trap (fossa olimpica), ma Antonino non è proprio dello stesso avviso. 

«Il tiro a volo mi piace in generale ma sono nato e cresciuto con la passione per il double trap che ho praticato per circa quindici anni, anche diciotto anni. Uno sport che mi ha fatto girare il mondo, ho investito su messo stesso con voglia e determinazione, ho disputato europei e mondiali fino a coronare il sogno di partecipare alle olimpiadi. Adesso ripartire da capo, rimettermi in gioco a 33 anni non sarebbe la stessa cosa. Non sentirei le stesse motivazioni, la cattiveria e la fame di vittorie che avevo a 20 anni per ricominciare con un’altra disciplina che non è la mia. Diverso è il discorso se dovesse clamorosamente ritornare il double trap». 

Antonino BarillàDa Rio a Tokyo. Purtroppo il giudizio sulla spedizione azzurra di tiro a volo non può essere troppo lusinghiero. 

«Purtroppo non è andata benissimo. Da Rio eravamo tornati con 5 medaglia, adesso ne è arrivata solo una (l’argento di Diana Bacosi, E.I.). Il bilancio purtroppo è inferiore a quello di 5 anni fa». 

Ci fosse stato il double trap magari la spedizione azzurra sarebbe stata più ricca… 

«Magari sì, magari sarebbe arrivata un’altra medaglia. Ma soprattutto sarebbe stato bellissimo esserci. A Rio è stata un’esperienza bellissima e anche traumatica al tempo stesso. Sono incappato in una delle giornate più brutte della mia storia sportiva, il giorno prima avevo sensazioni negative. Quel giorno non sono mai entrato in gara, non me la sono proprio giocata. Questo è il rimpianto che ho ancora oggi. Ciò nonostante il giorno peggiore è stato quando mi hanno detto che avevano tolto la mia specialità dal calendario olimpico. Di sicuro se avessi avuto un’altra possibilità dopo Rio stavolta me la sarei giocata molto meglio, avrei di sicuro avuto un approccio diverso e avrei chiuso con un buon risultato». 

Le Olimpiadi Barillà ora le guarda da casa, anche con una certa partecipazione e in tv ha fatto il tifo per gli atleti calabresi. 

«Ho visto la gara dei tuffi sincro di Giovanni Tocci con il mio collega della M.M. Lorenzo Marsaglia. Ho tifato per e sofferto con loro. Peccato per il risultato perché è stata una gara strana con dei capovolgimenti improvvisi ed errori da coppie insospettabili che facevano riaprire ogni discorso di continuo. Con il tuffo giusto si poteva ribaltare la situazione».

Per il suo futuro ha scelto ancora la Marina. Antonino Barillà

«Se ne avrò la possibilità vorrei fare degli avanzamenti di carriera sempre nel mio ambito, quello tecnico-strutturale. Mi vedo proiettato più come tecnico-ingegnere che tecnico-sportivo, ecco. Certo mi piace dare una mano ai giovani che si avvicinano al tiro ma mi piace di più fare l’atleta. Gli ultimi 15-18 anni li ho passati con la valigia in mano, se avessi lo stimolo giusto domani stesso ripartirei ancora per competere, se la gara è di double trap però». 

Capitolo passioni: fra quelle di Nino Barillà ce ne sono un paio molto comuni per un reggino. Una è la cucina. 

«Mi piace cucinare ma preferisco di più mangiare (ride), sono una buona forchetta. Ai fornelli ho due-tre cavalli di battaglia che ripropongo sempre». 

L’altra è la Reggina

«L’ho sempre seguita e sono un suo tifoso. Andavo allo stadio già quando avevo 14-15 anni. L’anno del ritorno in B due anni fa sono stato alcuni mesi a Taranto e ne approfittavo per scender giù il fine settimana e andare a vedere le partite casalinghe. Credo che i tempi possano essere maturi per poter ambire al ritorno  in A, sarebbe un sogno per tutti e soprattutto per la Città che ne beneficerebbe senz’altro». 

E la chiosa è per i legami rimasti a Reggio. 

«Lì ho la mia famiglia e i miei nipotini che non riesco a vedere sempre. Mi piacerebbe moltissimo se il lavoro un domani mi riporterebbe nella mia città». 

 

(Nelle foto Barillà, classe ’87, che imbraccia il suo fucile Perazzi con le cartucce Fiocchi). 

 

 

 

 

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