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Redemption day, al Rendano lo spettacolo dei detenuti del carcere di Cosenza

 COSENZA – “E’ possibile pensare ad una vita rinnovata? Ebbene sì! Perché tutti commettiamo errori. E’ quello che accade in “Redemption day”, atto unico liberamente ispirato al Moby Dick di Herman Melville.

Sconfiggendo la “balena bianca” che altro non è che la paura dell’ignoto, il perdersi nel bianco, in quel colore non colore, gli attori/personaggi si riappropriano del significato di una parola faro, per tutti indistintamente: autostima, consapevolezza per reinserirsi ed essere pronti ad una vita nuova…”.

E’ racchiuso in queste brevi note di regia dell’attore e regista cosentino Adolfo Adamo il senso più profondo dello spettacolo “Redemption Day” che andrà in scena venerdì 19 luglio, alle ore 18,00, al Teatro “Rendano” (ingresso gratuito), nell’ambito del Festival delle Invasioni, a conclusione del laboratorio teatrale che per il terzo anno Adamo ha diretto alla Casa circondariale “Sergio Cosmai” di Cosenza. Un laboratorio cui hanno partecipato quest’anno 8 detenuti che il 19 luglio saliranno sul palcoscenico del “Rendano” e che saranno protagonisti del terzo capitolo di “Amore sbarrato – Il Ritorno”, questo il titolo del progetto giunto in dirittura d’arrivo grazie alla rinnovata sinergia e collaborazione tra  il Comune di Cosenza  e Casa circondariale “Sergio Cosmai” diretta dalla dottoressa Maria Luisa Mendicino. La finalità del progetto ed ora dello spettacolo è nota: abbattere lo stato di invisibilità dei detenuti, accorciando le distanze tra il mondo esterno e l’universo carcerario e favorendo quei percorsi rieducativi e riabilitativi che devono riguardare le persone private della libertà personale.

«Questa terza fase del meritorio lavoro di Adolfo Adamo – sottolinea l’Assessore alla comunicazione Rosaria Succurro che ha seguito il progetto sin dalla sua prima edizione- è ancora una volta particolarmente delicata e dimostra una notevole sensibilità che ci rafforza nella nostra convinzione di attribuire al teatro quella funzione sociale che aiuta i detenuti a compiere quel percorso rieducativo previsto dal sistema penitenziario durante il periodo in cui sono privati della libertà personale”. L’intuizione di Adolfo Adamo che ora si sostanzia nel nuovo capitolo di “Amore sbarrato» è stata non solo felice, ma ha prodotto importanti  risultati. Non era una novità in senso assoluto che alcuni detenuti recitassero, all’interno del perimetro della casa circondariale di Cosenza, ma che lo facessero andando oltre le sbarre e rappresentando degli spettacoli fuori dal carcere, peraltro nel teatro più importante della città, questa sì che è stata una assoluta novità.

«Il teatro – dice ancora Adolfo Adamo – è solo un pretesto per andare a vedere cosa accade dentro e oltre quelle mura. Per me era interessante conoscere le loro vite e le loro ombre, ma in maniera discreta e non invadente. E, insieme, capire il senso della libertà e la conquista della parole. Credo molto nel teatro dal punto di vista catartico».

E sarà così anche con questa rilettura del “Moby Dick” di Herman Melville.

 

 

L’attore cosentino Adolfo Adamo ospite della Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi

“I sogni sono sogni, non è importante che si realizzino, l’importante è averli”.

Del pensiero di Calderòn de la Barca ne ha fatto quasi una massima di vita. Eppure di sogni l’attore cosentino Adolfo Adamo ne ha avuti tanti, alcuni solo cullati, altri realizzati e vissuti ad occhi aperti. Ora che ha appena compiuto i cinquant’anni si ritrova a fare il bilancio della sua esistenza, quasi interamente coincisa con il calcare le tavole del palcoscenico, perché lui il teatro l’ha avuto sempre nel sangue.

Adolfo Adamo è tornato nella sua Cosenza da un pezzo, dopo estatiche peregrinazioni nei migliori teatri italiani, incontri importanti che ne hanno cambiato la vita, come quando si trovò per un provino al cospetto dell’inarrivabile Vittorio Gassman che stava mettendo insieme il cast di uno spettacolo, “Quattro risate in famiglia”, di cui curava la regia e interpretato dal figlio Alessandro e da Ugo Pagliai.

Al momento di sostenere il provino, Adolfo Adamo, vinto dalla timidezza, pensò di non sottoporvisi e spiegò la sua decisione al grande mattatore Gassman che aspettava l’incipit del pezzo che aveva preparato. Gli confidò che gli bastava stringergli la mano, piuttosto che tediarlo ancora dopo aver già ascoltato quasi 140 aspiranti.

Dopo qualche giorno si vide arrivare la telefonata di Paola, dell’Olimpo ’84, la società che si occupava dei provini. Pensò a uno scherzo. Invece, tutto vero. Gassman lo aveva scelto, fidandosi del suo istinto.

L’aneddoto, carico di significati, è stato raccontato da Adolfo Adamo, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi che ha ospitato l’attore cosentino nell’ambito della rassegna dedicata agli artisti della città, “Nemo Propheta in patria”.

“Una lezione di teatro” l’ha definita il Presidente della Commissione Claudio Nigro che ha molto apprezzato l’esposizione che della sua carriera ha fatto Adamo nel corso dell’audizione. E’ stato come ripassare al ralenti le immagini di una vita, punteggiata sì da successi, ma anche da qualche amarezza, per esempio quella di non aver potuto rappresentare a Cosenza, al contrario di quanto avvenuto per altre piazze calabresi, l’atto unico “Serendipity”, che è un po’ la summa autobiografica del suo percorso artistico.

La Commissione cultura vuole rimediare ed ha preso un impegno, quello di far sì che “Serendipity” possa essere rappresentato quanto prima anche a Cosenza. “Bisogna avere attenzione verso chi fa apprezzare nel resto del Paese l’immagine della nostra città – ha detto nel suo intervento Mimmo Frammartino . Adolfo Adamo – ha aggiunto Frammartino – inseguiva un sogno, quello di diventare attore di teatro e l’ha realizzato. Oggi rappresenta una risorsa per la città e la regione.”

Dopo i successi teatrali colti tra la fine degli anni ’80 e i ’90, accanto a registi come Mario Prosperi, Franco Molè e soprattutto con Giuliano Vasilicò, uno dei padri delle avanguardie teatrali degli anni ’70 e dal quale venne diretto in molti lavori, come “Congiungimenti” e “Il compimento dell’amore” di Robert Musil, Adolfo Adamo è stato corteggiato anche dal cinema, lavorando con registi del calibro di Pupi Avati, Pasquale Squitieri e Vittorio De Sisti. Venti anni dopo la sua “fuga” a Roma, il bisogno di ritornare.

La second life di Adolfo Adamo ha il nome di una parola composta, edutainment, educare intrattenendo. E così l’attore che calcava le scene di palcoscenici nazionali tra i più importanti si prende ora cura, nelle scuole, di formare gli spettatori del domani, perchè è giusto cominciare dai bambini se si vuole contare in futuro su un pubblico attento che apprezzi l’arte scenica e non si lasci traviare all’infinito dalle degenerazioni della tecnologia o dalle lusinghe della fiction televisiva, dove l’emissione della voce o il controllo delle vocali diventano un optional.

Del rigore dello stare in scena e del controllo della voce, come della cura del particolare Adolfo Adamo ha fatto quasi una ragione di vita, da quando frequentò a Roma lo studio Fersen, una sorta di “Actor’s studio” in riva al Tevere dove conobbe altri attori come Flavio Insinna ed Enrico Brignano. Poi vennero la laurea al Dams, una promessa fatta ai genitori, ma anche al padre putativo, il regista teatrale Giuliano Vasilicò , alla cui figura di uomo e di artista ha dedicato anche la sua tesi di laurea, e il dottorato di ricerca in “Psicologia della programmazione e intelligenza artificiale.”

Portatore sano di cultura, come ama definirsi, Adolfo Adamo è un avamposto della parola e lo ha dimostrato anche ieri in commissione cultura dove ha raccontato il suo percorso artistico commentando le immagini di alcuni video: un corto, che è il prologo di un suo testo teatrale, in cui veste i panni di un homeless che vaga per la metropoli e al quale si uniscono, in una sorta di rituale sciamanico, altri reietti della società, e “Un dialogo improbabile”, altro corto a sfondo didattico, scritto insieme al prof.Jacques Guenot e presentato alla 65° mostra internazionale del Cinema di Venezia e nel quale Adamo presta la sua voce a personaggi della storia come Pitagora e Confucio.

Attore teatrale nel senso più autentico – le luci della ribalta sono quelle che più dei riflettori televisivi o cinematografici gli illuminano il cuore e gli accendono la passione – oggi Adolfo Adamo si ritiene molto fortunato per le intense esperienze vissute sulla scena ed ama definirsi “portatore sano di cultura”.

Con le sue duemila repliche all’attivo può ritenersi più che soddisfatto.

Gli manca solo la ciliegina sulla torta. Quel “Serendipity” a Cosenza che gli potrà far apparire il ritorno a casa ancora più dolce.