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Verità Giustizia e Memoria per i desaparecidos, incontro con Carlos Cherniak

Da sx Rossella Tallerico, Carlos Cherniak, Raffaele Perrelli, Carlo Carbone

ARCAVACATA DI RENDE (CS)-  Prelevati con la forza. Bendati. Rinchiusi nei centri di detenzione. Sdraiati. Torturati. Caricati sugli aerei per i voli della morte. Mai più ritornati. Neanche seppelliti. Sono i desaparecidos. Se ne contano 30.000. Scomparsi durante la dittatura di Videla in Argentina. Dal 1976 al 1983: anni di Guerra Sucia, guerra sporca, un piano sistematico di repressione dell’opposizione. «Prima uccideremo tutti i sovversivi – spiegò un governatore militare della provincia di Buenos Aires – poi uccideremo i loro collaboratori, dopo i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e alla fine i timidi». Ancora oggi si cercano giustizia e verità. Ancora si cercano i neonati rapiti e dati illegalmente in adozione.

Del dramma dei desaparecidos si è parlato all’Università della Calabria. Ieri Carlos Cherniak, ministro plenipotenziario per la politica, la cooperazione e i diritti umani dell’Ambasciata argentina, ha tenuto una conferenza nell’ambito del corso di storia contemporanea di Rosario Francesco Giordano. Presenti numerosi studenti. L’incontro è stato moderato da Carlo Carbone, ordinario di storia dell’Africa. Il direttore del Dipartimento di Studi Umanistici, Raffaele Perrelli, ha ringraziato il ministro e ha sottolineato l’importanza della memoria. Non ha potuto partecipare per motivi istituzionali il rettore, Gino Mirocle Crisci, ma il ministro Cherniak lo aveva incontrato il giorno prima durante la visita al Campus. Alla conferenza è intervenuta anche Rossella Tallerico, laureata in Filologia moderna, che ha discusso una tesi sui desaparecidos italo-argentini e ha proposto di fare proprio l’incontro di ieri mattina.

Il suo interesse per i desaparecidos è nato in secondo superiore, quando aiutò la professoressa di inglese per una

Rossella Tallerico e Carlos Cherniak

raccolta firme. Rossella Tallerico ringrazia il ministro Cherniak per il suo operato e la sua umiltà. Nella sua tesi, “Impossibile gridare, si ulula”. Storie di desaparecidos italo-argentini, dopo aver trattato le tappe della dittatura di Videla, ha ricostruito i processi e le storie che hanno coinvolto italiani e calabresi emigrati in Argentina. Proprio su questi si sofferma nel suo intervento. La giustizia per i desaparecidos non è stata immediata neanche dopo la fine della dittatura di Videla. Alfonsin emana due leggi (del Punto Finale e dell’Obbedienza) a favore dei militari coinvolti, il successore Menem la sospensione delle pene. Da qui la celebrazione dei processi in altri paesi come l’Italia e la Spagna. Solo nel 2003, con Nestor Kirchner, in Argentina viene sospeso l’indulto e cominciano i processi. Quanto all’Italia, Rossella Tallerico ricostruisce i processi celebrati a favore delle vittime italo-argentine (il terzo è iniziato da poco in favore di 8 italo-uruguaiani, vittime del piano Condor). Ma oltre agli atti giudiziari ci sono le storie. Quelle dei tre giovani Andres, Hugo e Francisco, figli di calabresi di San Basile, ricostruite attraverso le testimonianze dei familiari che vivono in America Latina. Quella di Filippo Di Benedetto, un ragazzo emigrato in Argentina che fornì passaporti, documenti, biglietti d’aereo agli italiani in difficoltà.

Le storie dei desaparecidos, dunque, sono storie di Argentina e sono storie d’Italia perché il 50 % della popolazione argentina è anche italiana. Lo sottolinea Carlos Cherniak che ringrazia l’Università per l’invito e Rossella Tallerico per l’impegno mantenuto di proporre l’incontro. Il ministro accusa complici e responsabili della dittatura Videla. Gli USA e in particolare la CIA che in generale, spiega il ministro, sono dietro tutte le dittature latinoamericane. Una parte delle istituzioni italiane indifferenti di fronte al dramma per numerosi interessi soprattutto di natura economica (addirittura durante la dittatura la Farnesina chiuse l’Ambasciata italiana a Buenos Aires). Il ‘Corriere della Sera’ del tempo che non scrisse nulla su quanto stava accadendo in Argentina, perché controllato dalla P2 di Licio Gelli. Gli imprenditori argentini, buona parte della Chiesa cattolica, il potere economico internazionale.

Dopo l’analisi, Carlos Cherniak si sofferma sulla pratica del Robo de los niños. Sono 500 i bambini nati nei centri di detenzione clandestina, rapiti – le madri uccise – e dati illegalmente in adozione. E’ in corso una campagna per ritrovare i neonati oggi 38enni. Il ministro Cherniak ed Estela Carlotto, presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, vanno alla loro ricerca. Ad oggi ne sono stati ritrovati 110. Per il ministro in Argentina deve essere fatto un importante processo di verità, memoria e giustizia.

Alle spalle dei relatori, il quadro di Salvador Gaudenti, artista di Castrovillari che ha vissuto in Argentina, lascia una traccia visibile: un ragazzo, una benda sugli occhi (la metodologia tipica dei militari), una pistola puntata alla tempia. E la scritta: «proibito dimenticare».

 

Durante i lunghi mesi di prigionia ho spesso pensato a come riferire il dolore provocato dalla tortura. È ho sempre concluso che non è possibile riuscirci. È un dolore privo di punti di riferimento, di simboli rilevatori, di segnali d’indicazione. L’uomo viene spostato così rapidamente da un mondo all’altro che non ha modo di attingere a una riserva d’energia per far fronte a tanta scatenata violenza. È questa la prima fase della tortura: cogliere l’uomo di sorpresa, senza consentirgli nessuna difesa. All’uomo, le mani vengono chiuse dai ferri, dietro la schiena; gli vengono bendati gli occhi. L’uomo viene sommerso da una gragnola di colpi. Viene buttato a terra e qualcuno conta fino a dieci, ma, non viene ucciso. L’uomo viene condotto a quella che potrebbe essere una branda, o un tavolo; viene denudato, irrorato d’acqua, legato alle estremità della branda o del tavolo, braccia e gambe allargate. E comincia l’applicazione delle scariche elettriche. È impossibile gridare, si ulula. Quando comincia il lungo ululato dell’uomo qualcuno con morbide mani gli controlla il cuore, qualcuno ficca una mano nella sua bocca per estrarne la lingua e impedire che l’uomo soffochi. Qualcuno introduce un pezzo di gomme nella bocca dell’uomo per impedire che si morda la lingua o che si distrugga le labbra. Una pausa breve. E poi tutto comincia daccapo. Questa volta accompagnato da insulti. Una pausa.

E poi le domande. Una pausa. E poi parole di speranza. Una pausa. E poi insulti. Una pausa. E poi, le domande

(Testimonianza dell’ex detenuto Jacobo Timerman tratta dalla tesi di Rossella Tallerico)

 

 

Rita Paonessa