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Lamezia Terme, autorizzate le assunzioni al centro regionale fibrosi cistica

logoLAMEZIA TERME (CZ) – Esprime apprezzamento per l’autorizzazione delle assunzioni per il centro regionale fibrosi cistica, l’associazione ‘Respirando la vita – Fibrosi Cistica Calabria’. «Finalmente il centro regionale ha la possibilità di avere un personale stabile – commenta il direttivo dell’associazione – anche se ancora non si raggiungono gli standard europei». L’associazione di pazienti e genitori ringrazia il commissario al piano di rientro, Massimo Scura, per l’ascolto e il direttore generale dell’Asp di Catanzaro, Giuseppe Perri, per la continua disponibilità e la tempestività delle risposte. Nei mesi scorsi, l’associazione ha incontrato i dirigenti proprio per chiedere soluzioni per il centro che, a 2 anni dell’apertura nell’ospedale di Lamezia Terme, contava ancora su un personale medico precario (3 medici su 3 e 1 fisioterapista precari). Il decreto Scura (n. 55) fa riferimento a 2 medici, 1 fisioterapista e 1 oss: «È un primo passo fondamentale per la lotta di pazienti e genitori, cominciata con il sit-in di protesta del novembre scorso», osserva il direttivo dell’associazione. L’associazione di pazienti e genitori, ‘Respirando la vita – Fibrosi cistica Calabria’ si è costituita a febbraio per tutelare i diritti sanitari dei pazienti, promuovere iniziative di raccolte fondi e sensibilizzazione, sostenere i pazienti. Quello del personale è uno dei problemi che, fin da subito, ha impegnato il direttivo, anche perché i pazienti sono costretti a frequentare l’ospedale per tutta la vita, quindi è necessario che il personale sia stabile e preparato specificamente per questa patologia. Il miglioramento dell’assistenza, infatti, insieme alla ricerca, ha migliorato aspettativa e qualità di vita. Quindi l’associazione non può che salutare positivamente la previsione di personale stabile per il centro regionale fibrosi cistica.Secondo gli standard di cura europei, in base al numero di pazienti (circa 150), il centro regionale di fibrosi cistica dovrebbe essere dotato di 4 medici, 2 fisioterapisti e 2 oss. Ora il personale stabile potrà comprendere 2 medici (si ipotizza 1 pediatra e 1 pneumologo), 1 fisioterapista e 1 oss. Per l’associazione ‘Respirando la vita – Fibrosi Cistica Calabria’, avere un personale stabile è un ulteriore tassello che si aggiunge all’eccellenza del centro, attestata con certificazione ISO 9001 e testimoniata dal rientro in Calabria di numerosi pazienti (con l’emigrazione sanitaria ridotta quasi a zero). Eccellenza raggiunta grazie all’impegno del personale, e alla buona volontà dei medici e del fisioterapista precari che hanno fatto più del loro dovere e, in alcuni momenti, hanno lavorato senza essere pagati.La fibrosi cistica è la malattia genetica grave più diffusa nel mondo occidentale (ne è affetto un neonato su 2500). I pazienti devono sottoporsi, tra l’altro, a continui ricoveri in ospedale, aerosol, fisioterapia respiratoria quotidiana.

Fibrosi cistica, ricoveri bloccati per carenza di personale. I pazienti: per noi vengono meno delle cure vitali. Martedì 3 sit-in di protesta

fibrosi cistica_il centro_6Lamezia Terme (CZ) – «Dove e come dobbiamo curarci? Da mesi chiediamo risposte chiare, ma ci hanno abbandonato: sappiamo solo che, senza il centro in Calabria, per noi vengono meno delle cure vitali», questa la drammatica denuncia dei pazienti calabresi affetti da fibrosi cistica e dei loro familiari. Martedì 3 p.v., dalle ore 9.30, faranno un sit-in di protesta proprio per chiedere risposte sul destino del centro regionale fibrosi cistica. Faranno tappa presso la direzione sanitaria del presidio ospedaliero di Lamezia Terme (sede del centro), gli uffici amministrativi dell’Asp di Catanzaro e il palazzo della Regione (sede del dipartimento tutela salute).

I timori espressi in questi mesi si sono concretizzati: da ieri, venerdì 30 ottobre, il centro regionale fibrosi cistica, ubicato presso l’ospedale ‘Giovanni Paolo II’, è stato costretto a sospendere i ricoveri per carenza di personale medico e infermieristico. Colpite anche le altre attività garantite dal centro (assistenza quotidiana, prevenzione, ricerca, diagnosi) .

Ma la fibrosi cistica è una malattia molto grave: i pazienti non possono permettersi sconti e abbandoni da parte delle istituzioni. Sperano che si possa trovare una soluzione definitiva, anche perché la chiusura del Centro rappresenterebbe un enorme spreco di denaro pubblico e del lavoro fatto fin qui (oltre 300 mila il centro_vistaeuro per l’apertura e formazione del personale). Nonostante i problemi e la precarietà, infatti, il centro ha ottenuto la certificazione di qualità ISO 9001 e ha ridotto l’emigrazione sanitaria quasi a 0. Intanto il senatore Nicola Morra ieri ha ha portato la vicenda in Senato con una decisa interpellanza al Presidente dell’assise..

Eccellenza e precarietà del personale: centro a rischio – Pazienti e genitori sono molto grati al personale che fino a oggi ha garantito le attività e l’eccellenza del centro, nonostante la precarietà (3 medici precari su 4) e la carenza di organico rispetto agli standard europei. Fino a oggi il personale è stato formato da una psicologa (Maria Furriolo), un fisioterapista (Pietro Ragno), tre dottoresse (Rosa Fasano, Elisa Madarena, Barbara Vonella), cinque infermieri (Immacolata Bilotta, Giustano Fiaschi,Pietro Lucchino,Rosalba Mercuri,Giuseppe Nicotera) e una caposala (Angela Dattilo). Il centro è diretto dal

Uno studio del nuovo centro
Uno studio del nuovo centro

dottore Giuseppe Tuccio.

Le tre dottoresse e il fisioterapista non sono stati assunti, ma hanno ricevuto una borsa di studio che non garantisce alcun diritto, coperta dai fondi della legge 548 del ’93 per le dottoresse e dalla Lega Italiana Fibrosi Cistica nazionale per il fisioterapista. Queste figure hanno profili eccellenti e stanno frequentando prestigiosi master con fondi pubblici: prima sono stati formati e ora vengono sottratti al centro regionale fibrosi cistica. In questo modo, viene meno il legame di fiducia medico-paziente, fondamentale per i pazienti che vedono i medici per tutta la vita, e si perde il lavoro e l’investimento fatto fino a ora.

La dottoressa Vonella, dopo 2 anni di precariato e dopo aver rifiutato diverse chiamate fuori regione, è stata costretta ad andare in Lombardia per un posto a tempo indeterminato che la porterà lontano dalla sua famiglia e le lascia l’amarezza di non poter restare con i pazienti calabresi. La dottoressa Madarena, al momento, è a rischio di essere allontanata dal centro. In reparto restano il direttore del centro, il dottore Giuseppe Tuccio, e la dottoressa Fasano, borsista precaria. A fine anno scade anche la borsa di studio della LIFC (Lega Italiana Fibrosi Cistica) del fisioterapista. Gli infermieri, già insufficienti, sono ridotti a 4 per motivi contingenti.il centro_2

In queste condizioni il centro è stato costretto a sospendere i ricoveri. Ma la limitazione colpisce anche altre attività legate all’assistenza quotidiana, alla ricerca, alla diagnosi e alla prevenzione, come screening neonatale, test del sudore, day hospital.

Ricordiamo che il centro è l’unico posto in Calabria dove si effettua il test del sudore con la metodica Gibson e Cooke,l’unica standardizzata e validata a livello mondiale.

Già il centro, nato come struttura autonoma, aveva subito un duro colpo con l’accorpamento a pediatria, previsto dal decreto n.2 del 9.4.2015 a firma del Commissario per il piano di rientro della spesa sanitaria, Ing. Massimo Scura, che fa indietreggiare la cura di decenni. Infatti chi ha concepito questo decreto – visto che il Commissario ha dichiarato pubblicamente di averlo solo firmato ma non ideato – non ha tenuto conto dell’innalzamento dell’età media di vita dei pazienti FC (oggi 40 anni), e di tutte le necessità fisiologiche dovute all’età, incompatibili con la pediatria.

 

La storia del centro e i risultati ottenuti – Fino all’apertura nel 2014 del nuovo centro autonomo a Lamezia Terme, il centro è stato ubicato presso il reparto di pediatria dell’Ospedale di Soverato. Dal 1982, grazie all’opera del dottore Pasquale Alcaro e del direttore del centro nazionale Gianni Mastella, il reparto ha funzionato da punto di supporto al centro nazionale di Verona. Nel 1996 vi è stato istituito il ospedale Lamezia termecentro regionale per delibera di giunta regionale, collegato con gli altri centri italiani. Dal 2004 è stato avviato lo screening neonatale

Il centro di Lamezia Terme ha attualmente in carico 140 pazienti afferenti da tutta la regione. Metà dei pazienti ha un’età superiore ai 18 anni. Il più piccolo paziente ha 2 mesi di vita, il più grande 53 anni. Sono seguiti inoltre circa 20 pazienti con sindromi bronchiectasiche correlate alla Fibrosi Cistica.

I pazienti sono passati da 70 a 140, quindi il centro ha ridotto la drammatica emigrazione sanitaria quasi a 0. Quest’anno, ha ottenuto la certificazione di qualità ISO 9001 e ha all’attivo studi pubblicati, collaborazione con altri reparti, uso di farmaci innovativi, progetti di ricerca in collaborazione con i più importanti centri di riferimento delle altre regioni italiane. Per complessità di cure, nell’ospedale di Lamezia, è secondo solo al reparto di terapia intensiva.

 

La fibrosi cistica e la legge 548 del 1993 – La fibrosi cistica è la malattia genetica grave più diffusa nel mondo occidentale, solo nel nostro Paese conta oltre 2 milioni e mezzo di portatori sani in grado di fibrosi cistica_centro lamezia termetrasmettere la malattia ai propri figli. Questa malattia colpisce un neonato su 2500: ogni settimana quattro bambini si scoprono essere affetti da questa malattia per la quale non esiste una cura definitiva. La loro vita sarà segnata da difficoltà a respirare, continui ricoveri in ospedale, aerosol, fisioterapia respiratoria quotidiana, pillole ingerite per digerire. Negli anni Sessanta i bambini non superavano l’infanzia, oggi i bambini affetti dalla fibrosi cistica hanno un’aspettativa media di vita fino ai 40 anni e oltre, grazie alla ricerca e alla qualità dell’assistenza.

La legge 548/93 ha notevolmente migliorato la qualità di vita dei pazienti precisando le competenze richieste ad un Centro Fibrosi Cistica, fissandone l’istituzione in ogni regione italiana e prevedendo anche un finanziamento dedicato per l’assistenza e per la ricerca. Secondo la legge, «le regioni istituiscono, a livello ospedaliero o universitario, un CENTRO SPECIALIZZATO di riferimento con funzione di prevenzione, di diagnosi, di cura e di riabilitazione dei malati, di orientamenti e coordinamento delle attività sanitarie, sociali, formative ed informative e, dove esistano le condizioni adeguate, di ricerca sulla fibrosi cistica».

 

 

Fibrosi cistica e adolescenza: i risultati del progetto LINFA, storie e speranze a Lamezia Terme

Da sx Giuseppe Tuccio e Maria Furriolo

LAMEZIA TERME (CZ) – La mattina si alza alle 4.30 per fare la terapia (aerosol e fisioterapia respiratoria). Alle 7 prende l’autobus e va a scuola. Al rientro, compiti, TV, musica, conversazioni con gli amici. Un’altra mezz’ora di terapia. Tappa in palestra (necessario, anche lo sport, per la salute). Cena, Tv, a dormire. È una delle storie raccolte dalla ricerca sul rapporto tra fibrosi cistica e adolescenti, LI.N.FA. (Laboratorio Interattivo sulla Fibrosi Cistica nell’Adolescenza). Il progetto è stato realizzato da Doxapharma, con il supporto di Abbott e il patrocinio di LIFC (Lega Nazionale Fibrosi Cistica) e SIFC (Società Italiana per lo studio della Fibrosi Cistica). Ieri, presso l’aula ‘Ferrante’ dell’ospedale di Lamezia Terme, sono stati presentati i risultati. Anche i pazienti calabresi, infatti, sono stati coinvolti nell’indagine. Il centro regionale fibrosi cistica, ubicato nello stesso ospedale, all’incontro ha invitato non solo adolescenti e famiglie, ma anche i genitori dei bambini più piccoli, nell’ottica di dialogare, ascoltare e coinvolgere quanto più possibile i pazienti e le loro famiglie. L’incontro si è trasformato in uno scambio di emozioni e vissuti, speranze e testimonianze di come normalità e fibrosi cistica convivano. Maria Furriolo, psicologa del centro, ha illustrato i risultati della ricerca nazionale. Giuseppe Tuccio, a quasi un anno dall’apertura del centro di Lamezia Terme, ha fatto un bilancio.

Il direttore del centro, nonostante le difficoltà connaturate all’avvio di una nuova struttura, si è detto contento dei risultati raggiunti. Il problema principale resta quello del personale. Gli infermieri sono 5, ma sono costretti a fare turni in più e straordinari: dovrebbe esserci almeno un altro infermiere, situazione ideale se fossero due in più. Le tre dottoresse fruiscono di una borsa di studio sempre appesa a un filo, ma non sono ancora stabilizzate. Il fisioterapista da mesi non viene pagato, perciò dal 1° marzo non può più lavorare. Se si vuole fare un investimento sul centro, quindi, è necessario stabilizzare questo personale per garantire la continuità delle cure, fatte anche di un rapporto affettivo medico-paziente, imprescindibile nelle malattie croniche come la fibrosi cistica. Il 10 marzo il centro riceverà la visita dell’ente certificatore Boureaux Veritas per l’accreditamento di qualità ISO EN 9001/15, a giugno quella dell’accreditamento tra pari delle LIFC. «Vogliamo essere certificati per la qualità erogata a livello dei migliori centri italiani», ha detto Giuseppe Tuccio.

La sala dell’incontro è gremita. Ci sono numerose persone arrivate da tutta la Calabria, da Reggio Calabria fino a Cosenza e Cassano. Ci sono le dottoresse, Elisa Madarena, Barbara Vonella e Rosa Fasano, che frequenteranno prestigiosi master a vantaggio di tutto il centro. C’è Pietro Ragno, il fisioterapista, figura fondamentale per i pazienti, che ha vinto un importante master (il migliore in Italia). C’è la caposala, ci sono gli infermieri e le infermiere, nonostante non siano di turno: anche loro ci mettono la passione e l’amore e anche a loro i pazienti sono grati per la vicinanza, le parole e i momenti di gioia che sanno donargli oltre alla professionalità.

La ricerca nazionale: fare le cure ogni giorno pesa – L’indagine sul rapporto tra adolescenza e fibrosi cistica è stata fatta a livello nazionale, ma i centri regionali hanno ricevuto l’incarico di presentare i risultati. A Lamezia Terme è toccato a Maria Furriolo. La psicologa ha precisato che il centro è contento di aver partecipato e di essersi messo in gioco. Ha, inoltre, rimarcato l’importanza di capire che, fin da piccoli, i pazienti di fibrosi cistica devono imparare a prendersi cura di sé: il loro benessere ne gioverà. «Il progetto LINFA – ha detto – ci ha insegnato che non dobbiamo perdere di vista gli adolescenti perché in questo periodo l’aderenza alla terapia cala».

Il progetto L.IN.FA ha coinvolto ragazzi e ragazze di età compresa tra i 13 e i 18 anni che, nel periodo dell’indagine, erano ricoverati o facevano i controlli nei loro centri di riferimento. Due le modalità in cui è stato articolato: la compilazione di un diario digitale in forma anonima mediante l’uso di un nickname e un questionario anonimo a domande chiuse. Valutare i fattori psicologici, clinici e relazionali che influenzano la qualità di vita di pazienti e famiglie, l’obiettivo dello studio.

Otto ragazze e tre ragazzi, tra i 14 e i 18 anni, hanno redatto il loro diario. Nel complesso, sono emerse vite normali di ragazzi che vogliono essere trattati come tutti gli altri, senza commiserazione e che desiderano sentirsi anche come «una mano che solleva gli altri». Lo sport è un’attività centrale che fa parte della cura, avvicina ai coetanei e aiuta a livello psicologico. Punti di riferimento e sostegno sono i genitori e le famiglie, anche se la loro preoccupazione si trasferisce ai figli che, in alcuni casi, la avvertono come un «peso». Fondamentale il rapporto con i medici ai quali gli adolescenti sono grati, affezionati e rispondono con la collaborazione reciproca. I medici non solo trovano le soluzioni, ma parlano con i

Maria Furriolo

ragazzi e rappresentano sostegno, aiuto e difesa. Da loro i ragazzi si aspettano affetto, verità e chiarezza nelle spiegazioni e flessibilità rispetto alle loro esigenze.

Il questionario ha coinvolto 17 centri italiani per la cura della fibrosi cistica ed è stato somministrato a 168 ragazzi e ragazze di età compresa tra i 13 e i 18 anni e a 225 genitori (in alcuni casi entrambi i genitori, in altri un solo genitore). Pesante fare ogni giorno le terapie, come aerosol e fisioterapia respiratoria, che assorbono molto tempo e incidono sulle altre attività. Il 51 % si imbarazza o si vergogna a fare le terapie in pubblico. Il 33% ha difficoltà a trovare il tempo per seguire la terapia, il 25% si dimentica di seguire la terapia. Il 16 % è troppo stanco per sottoporsi alla terapia e il 25% vi preferisce gli amici.

Il 35% degli intervistati ha dichiarato di essersi sentito, nell’ultimo mese, mai o quasi mai pieno di energia, solo il 14% di essersi sentito spesso o molto spesso triste e depresso. In media praticano attività fisica tre giorni a settimana. Per 1 ragazzo su 4 il problema più grave è la scuola. Nel complesso, i ragazzi sentono di poter contare sui genitori e sugli amici. Ben l’81 % ha affermato di ricevere l’aiuto o il sostegno di cui ha bisogno dalla famiglia. Il 77% ha al suo fianco una persona speciale (“di conforto per me”), il 71 % ha degli amici con cui condividere gioie e dispiaceri.

Quanto ai genitori, sono per lo più loro ad occuparsi in modo esclusivo dei figli. In generale assistere i figli non pesa sulle attività quotidiane, ma ha delle conseguenze a livello lavorativo. Il 38% ha dovuto cambiare turno, il 15% ha subito delle penalizzazioni nella carriera, il 10% ha dovuto cambiare lavoro e in alcuni casi, solo il  4%, ha dovuto licenziarsi . In media i genitori hanno lavorato per 31 ore nel corso  della settimana: l’80% delle assenze fatte sono imputabili alla salute del figlio

 

Le storie calabresiDopo la presentazione dei risultati, alcuni pazienti e alcuni genitori hanno condiviso esperienze e sensazioni nella generale commozione dei presenti. I pazienti ringraziano il personale e le famiglie. Ci tengono a lanciare un messaggio: per stare meglio è necessario fare le terapie ogni giorno e i genitori devono stare vicino ai figli ma senza opprimerli e impedirgli di vivere una vita piena e normale. Tutti sperano nella ricerca che deve essere assolutamente sostenuta perché ha migliorato condizioni e aspettative di vita e offre la possibilità di cercare una cura definitiva.

Ilaria conduce una vita normale tra cinema, discoteca e amici. Per l’incontro ha inviato un messaggio: la fibrosi cistica deve essere curata con attenzione, assiduità e pazienza. Il suo pensiero va alla sua mamma. «State vicino ai figli», esorta tutti i genitori.

Michela ha 32 anni e lavora per una grande banca (si occupa di attività finanziaria). La sua è stata un’adolescenza serena nonostante le difficoltà – ospedalizzazioni, cure, terapie. «La costanza è quella che premia, la nostra prima arma è di concentrarci su terapia e fisioterapia – ci spiega –  in maniera molto serena con la mia famiglia abbiamo percorso sempre questa strada e abbiamo abbracciato questa malattia». Per Michela è normale alzarsi e fare la fisioterapia, rifarla all’ora di pranzo e la sera. Pratica molto sport e fa molti viaggi – nella valigia mette quello che serve per la fisioterapia e via.

Anche Francesca, 21 anni, ci tiene a precisare che la sua è una vita normale dove trova spazio anche il lavoro e il volontariato (da qualche mese fa parte di Assipromos). La mattina si alza alle 7 per fare la terapia ed essere al lavoro alle 8.30: si tratta solo di «ritagliare qualche spazio in più per le terapie e le cure». Non racconta a tutti della fibrosi cistica perché le dà fastidio essere trattata con commiserazione ed essere apostrofata con un «poverina!». Ma riserva la sua storia alle persone care, al fidanzato e alla sua famiglia. A 13 anni si sentiva demoralizzata, si spaventava per quello che leggeva su internet, ma poi ha capito che la malattia è soggettiva.

Giuseppe, cinquantenne, ha scoperto di avere la fibrosi cistica a 40 anni. In questo modo, fortuna nella sfortuna secondo lui, ha potuto adottare un figlio e fare un lavoro che, altrimenti, gli sarebbero stati preclusi. Da quando ha saputo della fibrosi, la sua vita è cambiata radicalmente. La moglie e il figlio sono il suo universo e la sua forza, cerca sempre di non farli preoccupare troppo. Ai ragazzi dice: «Diventeremo tutti vecchi. E’ importante abituarsi a fare le terapie, non bisogna commettere l’errore di non farle».

Tra i tanti interventi dei genitori, ha preso la parola anche Filippo, papà di Stefania che ora ha 21 anni. Insieme alla moglie ha sempre fatto fare tutte le cure alla bambina attraverso il gioco. Fin da piccola Stefania ha fatto le terapie in modo autonomo perché si abituasse a prendersi cura di sé. Per capire che «quello che fai, lo fai tu perché ti devi volere bene». I genitori la esortano a non vergognarsi, a prendere in pubblico le sue compresse. Ma arrivati all’adolescenza, anche se non tutti, ragazzi e ragazze tendono a mollare. Così Stefania arriva a voler mollare tutto, il nuoto gli amici. «Stefania si stava allontanando – racconta il papà – ci siamo messi a inseguirla e a farla tornare sui suoi passi». Stefania viene raggiunta. Riprende il nuoto. Decide di praticarlo a livello agonistico. Comincia con i 50 metri stile libero. Poi con i 100, i 200, i 400. Ma non si ferma: arrivano gli 800 e infine i 1500 – 72 vasche. Per un totale di 64 medaglie, la vittoria del titolo di campionessa regionale, le Olimpiadi sfiorate. Un esempio e una speranza per tutti.

 

Rita Paonessa