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Lamezia, sequestrati beni al “professore” della cosca Giampà

LAMEZIA TERME (CZ) – I finanzieri del gruppo di Lamezia Terme hanno confiscato beni per 500 mila euro a Francesco Giampà detto “il professore”, indicato come il capo storico e carismatico dell’omonima cosca, attualmente detenuto in regime di carcere duro. Il provvedimento è stato emesso dal tribunale di Catanzaro su richiesta del procuratore distrettuale antimafia Nicola Gratteri e del pm Elio Romano sulla base delle informative del nucleo mobile del gruppo della guardia di finanza di Lamezia.

Tenore di vita al di sopra dei redditi dichiarati

Dagli accertamenti sarebbe emerso il valore sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi dichiarati ed al tenore di vita mantenuto. Dalle indagini è emerso come i familiari del “professore” trascorressero vacanze in rinomate località turistiche, facessero ricorso a chirurgia estetica, frequentassero costosi ristoranti senza lavorare. Il tribunale ha disposto anche la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la moglie e le due figlie di Giampà ritenute partecipi alla cosca.

Sequestrati anche immobili

La confisca ha riguardato due appartamenti, un’autovettura e disponibilità finanziarie per circa 10 mila euro. I beni erano già stati sottoposti a sequestro preventivo nell’ottobre del 2015. La successiva mancata giustificazione della loro legittima provenienza da parte di Giampà e dei suoi familiari, ha indotto il tribunale di Catanzaro a disporne la confisca.

Operazione contro le cosche Iamonte e Paviglianiti

REGGIO CALABRIA – I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito di un’operazione antimafia coordinata dalla Dda, hanno arrestato 14 persone accusate, a vario titolo, tra l’altro, di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti e violenza privata. L’operazione riguarda le cosche di ‘ndrangheta “Iamonte” e “Paviglianiti”, attive a Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri, comuni della provincia di Reggio. Coinvolti anche imprenditori attivi nel settore della raccolta rifiuti, che secondo le indagini, grazie al sostegno della criminalità organizzata locale, alla collaborazione di liberi professionisti ed alla compiacenza di funzionari e amministratori pubblici, hanno condizionato il regolare svolgimento di gare d’appalto in alcuni comuni del basso Jonio reggino. Tra i 14 arrestati c’e’ anche il sindaco di Bova Marina, Vincenzo Crupi, finito ai domiciliari, con l’accusa di corruzione per l’appalto della raccolta dei rifiuti nel suo comune, “controllato” dalla cosca Iamonte,uno dei gruppi storici della ‘ndrangheta.Ai domiciliari, con la stessa accusa, il vicesindaco e l’assessore al Turismo di Brancaleone, Giuseppe Benavoli ed Alfredo Zappia, e l’ex sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Iaria, già coinvolto in una precedente operazione. Eseguiti anche quattro obblighi di dimora nei confronti di altrettante persone coinvolte e vario titolo nei reati contestati. Gli arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda. Le persone destinatarie del provvedimento cautelare sono ritenute responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, violenza privata, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutte ipotesi aggravate dall’aver agito con modalità mafiose e per agevolare la cosca di riferimento; falsa testimonianza, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo. Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri, si sono sviluppate, secondo quanto riferito dagli investigatori, quale approfondimento delle risultanze assunte nell’ambito delle operazioni “Ada” e “Ultima spiaggia” .

de Raho: «’ndrangheta non tralascia niente che produca ricchezza»

REGGIO CALABRIA – «Quella di oggi è un’operazione particolarmente importante perché colpisce le cosche Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro attive, rispettivamente, a Cittanova e Palmi ma con significative proiezioni in Liguria dove hanno esponenti stabilmente operativi, ed in Lombardia». A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho. «Si infiltrano nell’economia – ha aggiunto – con società fittizie riconducibili alle cosche. Abbiamo trovato persino una società che si occupa di illuminazione e lampade a led. Le cosche sono sempre più evolute verso forme organizzate e differenziate di economia. Non tralasciato alcuna attività che possa produrre ricchezza».

‘ndrangheta, richiesto pizzo per lavori statale Ionica. I carabinieri fermano 3 persone

COSENZA – I carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno eseguito un decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di tre pregiudicati accusati di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, commessa ai danni di un imprenditore siciliano, aggiudicatario di un appalto per lavori di ammodernamento della SS 106 bis Ionica. Il provvedimento è stato emesso sulla base dei gravi indizi raccolti dai carabinieri di Rossano e dai colleghi del Reparto Operativo diCosenza durante articolate indagini, dirette dal PM Saverio Vertuccio e coordinate dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dal Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. In carcere sono finiti Massimo Esposito, 35 anni, Francesco Antonio De Santis, 44 anni, entrambi di Rossano (CS), e Alfonso Dardano, 45 anni, di Mirto Crosia, tutti ritenuti contigui ad una cosca di ‘ndrangheta rossanese. Esposito sarebbe il referente della cosca, fratello di Sergio, condannato in primo grado a 16 anni di reclusione come elemento di vertice della ‘ndrina. Il processo è ancora pendente in Corte d’Appello a Catanzaro. I tre fermati avrebbero avvicinato il responsabile di un cantiere aperto a Mirto Crosia (CS) per la realizzazione di due rotatorie sulla strada statale 106 e, in più occasioni, dopo aver precisato di “controllare” la zona, lo avrebbero esortato a “mettersi a posto” pagando la somma di 5mila euro quale cifra necessaria per “poter stare tranquillo”. In caso contrario, loro avrebbero “bruciato i mezzi con dentro gli operai”. Il responsabile dell’impresa ha trovato il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri, che hanno ricostruito tutti i movimenti dei tre pregiudicati, acquisendo chiari elementi di riscontro alla denuncia di estorsione. I tre sono stati portati nel carcere di Castrovillari in attesa dell’udienza di convalida del fermo, che avverrà nei prossimi giorni.

Operazione contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – A Reggio Calabria, chiunque voglia intraprendere un’attività economica o commerciale, non deve rivolgersi soltanto allo Stato o agli enti locali per le relative autorizzazioni amministrative, ma deve ottenere soprattutto il nulla osta da parte delle cosche che controllano il territorio e che formano il cosiddetto sistema Reggio. Uno scenario inquietante ma che corrisponde alla realtà secondo quanto accertato dalla Polizia di Stato che ha condotto questa mattina una vasta operazione contro le cosche facenti capo alle famiglie De Stefano, Franco, Rosmini, Serraino e Araniti. Agli ordini del capo della squadra mobile reggina Francesco Rattà, su direttive del questore Raffaele Grassi, gli agenti hanno eseguito 19 provvedimenti cautelari, tra cui 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, sei agli arresti domiciliari e due obblighi di dimora, su ordine della Direzione distrettuale antimafia. I reati contestati gli arrestati vanno dall’associazione mafiosa, al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio. Eseguite anche numerose perquisizioni. Tra gli arrestati c’è anche l’avvocato Giorgio De Stefano, che in passato aveva già scontato un condanna a tre anni e mezzo di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Attualmente era libero. Secondo gli investigatori, ha sempre rappresentato, e rappresentava tuttora, il faro della cosca De Stefano, capace di elaborarne alleanze e strategie, con un’impronta tipicamente manageriale, in grado di individuare le attività criminali più lucrose da mettere in atto. Alle forze dell’ordine è giunto anche il plauso del Ministro dell’Interno Alfano: “A Reggio Calabria gli uomini della Polizia di Stato, coordinati eccellentemente dai magistrati, hanno inferto un colpo durissimo al crimine organizzato, con una serie di arresti e di importanti sequestri. I destinatari di questi provvedimenti – aggiunge il titolare del Viminale – sono tutti esponenti di cosche di spicco locali e in particolare, tra le persone ai domiciliari, figura pure una donna, indagata per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante di finalità mafiosa, commesso durante il periodo nel quale era un impiegata interinale presso l’Ufficio del Gip di Reggio Calabria. Tutto questo è frutto del lavoro instancabile della nostra Squadra-Stato”. La donna a cui il Ministro Alfano si riferisce è Maria Angela Marra Cutrupi di 52 anni che lavorava, come impiegata a tempo determinato e con mansioni esclusivamente esecutive, all’ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria. La donna avrebbe informato alcuni indagati dell’esistenza di un’inchiesta a loro carico. Questa notte è stata arrestata con l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio aggravata dalla circostanza di aver agevolato la ‘ndrangheta. Assieme a lei – e con la stessa accusa – è finito in manette anche il marito Domenico Nucera, a cui la donna avrebbe rilevato le informazioni coperte da segreto, apprese negli uffici giudiziari, che sarebbero poi state riferite da quest’ultimo al fratello Carmelo Salvatore Nucera.

Continua con successo la nostra azione di contrasto alla malavita organizzata. Questa mattina, infatti, è stata messa a segno un’ulteriore operazione di successo a Reggio Calabria che ha colpito numerose cosche reggini tra cui De Stefano, Franco, Rosmini, Serraino e Araniti aderenti al cartello Condelliano. Auspichiamo che sia stato assetato un duro colpo al cosiddetto “Sistema Reggio” che mortifica l’economia e blocca lo sviluppo perchè costringe alla stretta morsa delle estorsioni e del pizzo. Per questo rivolgo i miei ringraziamenti alla polizia e alla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria  per l’ottimo lavoro. Operazioni come questa dimostrano che è possibile ribellarsi alle estorsioni grazie al supporto e al sostegno dello Stato“. Questo il commento di Dorina Bianchi, sottosegretario ai Beni Culturali e deputato calabrese del Nuovo Centrodestra.

‘Ndrangheta, confische beni a Reggio e a Vibo

VIBO VALENTIA – Beni per 40 milioni di euro sono stati confiscati dai carabinieri e dalla Guardia di finanza di Vibo Valentia a esponenti della cosca della ‘ndrangheta dei Tripodi. La confisca, disposta dal tribunale di Vibo Valentia, giunge al termine delle indagini coordinate dal Procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, e dal sostituto Pierpaolo Bruni. Nei confronti di 6 esponenti è stata applicata la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Dia

E’ anche di stamattina la notizia che il Centro operativo di Reggio Calabria della Dia ha eseguito un decreto di sequestro e contestuale confisca di beni per 21 milioni di euro nei confronti di un imprenditore dei settori edilizio, immobiliare ed alberghiero ritenuto colluso con una delle cosche storiche del versante ionico della provincia reggina. Il decreto é stato emesso dalla Procura antimafia di Reggio Calabria. I beni confiscati consistono in alcune società, numerosi immobili e vari rapporti finanziari.

Il procuratore Lombardo: “Sconfiggere un clan non vuol dire sconfiggere la ‘ndrangheta”

Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore capo della DDA di Catanzaro ha parlato in una conferenza stampa degli arresti di alcuni membri del clan “gli zingari” avvenuti oggi a Cosenza: “Non si pensi che sconfiggere un clan voglia dire sconfiggere tutta la ‘ndrangheta. L’operazione di oggi registra l’evoluzione delle cosche cosentine – ha detto Lombardo – e dopo l’operazione “Tela del ragno” e altre operazioni, i clan Cicero, Lanzino e Perna sono stati sostituiti, a Cosenza, dal clan Rango e dagli zingari, visto che Maurizio Rango ha sposato una nipote di Giovanni Abbruzzese, realizzando una unione personale e attirando a se’ anche gli uomini del clan Bruni”.

‘Ndrangheta: arrestato latitante

COSENZA  – Arrestato dalla squadra mobile di Cosenza un latitante, Sergio Raimondo, 39 anni . L’uomo, ricercato dal 22 aprile quando riuscì a sfuggire alla cattura nell’ambito di un’operazione contro presunti affiliati alla cosca Perna-Cicero, è stato rintracciato in una casa di Fuscaldo Marina in compagnia della moglie e del figlio e non ha opposto resistenza. E’ accusato di associazione finalizzata al riciclaggio e associazione mafiosa ed è ritenuto il contabile della cosca.

‘Ndrangheta: cosche dietro call center

Un’ inchiesta milanese coordinata dalla Dda del capoluogo lombardo e da quella di Reggio Calabria ha condotto stamane a 23 arresti  tra la Calabria e Lombardia. Le indagini hanno portato allo scoperto delle infiltrazioni della ‘ndrangheta dei Bellocco nella gestione di in un’azienda di call center con mille dipendenti e che ora è stata posta sotto sequestro.