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Droga, sequestrati a Gioia Tauro 390 chili di cocaina purissima

GIOIA TAURO (RC) – Un carico di 390 chilogrammi di cocaina purissima. E’ il bilancio di quanto sequestrato nel porto di Gioia Tauro in un’operazione congiunta della guardia di finanza di Reggio Calabria e dei funzionari dell’agenzia delle dogane – ufficio antifrode di Gioia Tauro, con il coordinamento della Procura della Repubblica e della Dda. Lo stupefacente è stato rinvenuto all’interno di un container, che trasportava interiora di bovino in fusti, proveniente da Santos (Brasile) e destinato ad Odessa, in Ucraina. La cocaina sequestrata, suddivisa in 354 panetti, avrebbe fruttato, con la vendita al dettaglio, circa 80 milioni di euro. L’attività svolta dalle Fiamme Gialle in sinergia con l’Agenzia delle Dogane, si inserisce nell’ambito della più generale intensificazione delle attività di controllo volte al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti nel porto di Gioia Tauro che ha portato, nel seppure breve periodo che va dall’inizio del 2017, al sequestro di quasi mezza tonnellata di cocaina purissima.

Talpe dei clan, indagini chiuse

COSENZA – La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha chiuso le indagini sull’ex agente della squadra mobile di Cosenza Vincenzo Ciciarello, di 60 anni e su Enrico Francesco Costabile, di 49 anni, poste agli arresti domiciliari nello scorso mese di aprile con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti avrebbero rivelato informazioni riservate al clan Rango-Zingari. Nell’ambito della medesima inchiesta sono indagati anche l’ex carabiniere oggi in pensione Antonino Perticari e un impiegato civile dell’ufficio verbali della Polstrada di Cosenza, Fabrizio Bertelli.

Camera di Commercio Vibo, sportello per finanziamenti statali alle vittime di usura

VIBO VALENTIA – Donatella Romeo, segretario generale della Camera di Commercio di Vibo Valentia, ha commentato l’operazione giudiziaria della DDA, invitando cittadini e istituzioni a prendere ad esempio le parole dei magistrati Bombardieri e Luberto.

«L’ennesima operazione giudiziaria della DDA – ha affermato la Romeo – conferma che usura e racket sono ancora due cancri ben presenti nella nostra economia. Preciso, ovviamente, che va sempre riconosciuto a tutti il diritto alla presunzione di innocenza ma non può essere sottovalutato il peso  negativo di questi due fenomeni criminali per la nostra economia. I magistrati Bombardieri e Luberto hanno rivolto l’invito alla denuncia, un appello che ognuno di noi deve rilanciare e per questi motivi, come Camera di Commercio, già da diversi mesi abbiamo messo a disposizione delle vittime un apposito ufficio dove poter  presentare le richieste di finanziamento allo Stato. È importante che il mondo produttivo calabrese si renda conto che si tratta di una vera e propria emergenza che tarpa le ali allo sviluppo calabrese».

‘ndrangheta, Sarra chiama in causa i politici nell’inchiesta “Mamma Santissima”

CATANZARO – L’ex consigliere ed ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, in carcere per l’inchiesta “Mamma Santissima” dell’Dda di Reggio Calabria sulla cupola segreta degli “invisibili” che governerebbe la ‘ndrangheta, interrogato in due occasioni nelle scorse settimane dal sostituto Giuseppe Lombardo e dai carabinieri del Ros, chiama in causa il gruppo di politici formato dall’ex presidente della Regione Calabria e ex sindaco di Reggio, Giuseppe Scopelliti, dall’ex sottosegretario di Stato Giuseppe Valentino, da Umberto Pirilli (già europarlamentare) e da Pietro Fuda, ex deputato e attuale sindaco di Sidereo. Due sono i verbali che confermano la scelta di Sarra «di tenere un atteggiamento collaborativo con gli inquirenti. Tra i temi delicati affrontati nei verbali di interrogatorio di Sarra ci sono i rapporti con il senatore Antonio Caridi, indagato chiave dell’operazione “Mamma Santissima” e Giuseppe Scopelliti».

‘ndrangheta, arrestati sette esponenti cosca Giampà

LAMEZIA TERME (CZ) – Alle prime ore del mattino, la Polizia di Stato di Catanzaro ha tratto in arresto sette persone, appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Giampà di Lamezia Terme, dando esecuzione ad un provvedimento emesso dalla Corte di Assise di Appello del capoluogo, che ha fatto propria l’istanza di applicazione della misura cautelare avanzata dalla locale Procura Generale presso la Corte d’Appello. Gli odierni arrestati erano stati già coinvolti nella nota operazione Perseo, risalente al luglio del 2013 e condotta dagli uomini della Squadra Mobile di Catanzaro che, in virtù del provvedimento emesso dal Gip su richiesta della Dda, aveva disarticolato l’organigramma criminale della consorteria di ‘ndrangheta riferibile alla famiglia Giampà, che imperversava su Lamezia Terme.

Operazione “Due Mari” sequestrati beni per 270mila euro

REGGIO CALABRIA – Beni per un valore di circa 270mila euro sono stati sequestrati dai Finanzieri del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia reggina. Un intervento che arriva al termine della vasta operazione denominata ”Due mari” nell’ambito della quale le Fiamme Gialle hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Su delega d’indagine della Direzione Distrettuale antimafia reggina, i Finanzieri hanno compiuto accertamenti economico-patrimoniali nei confronti di alcuni dei soggetti indagati, che hanno permesso di giungere, su disposizione del G.i.p. del tribunale di Reggio Calabria, al sequestro di beni immobili, rapporti bancari, quote societarie e di una attività economica per un valore stimato in circa 270mila euro. Colpiti dal provvedimento di sequestro sono due dei soggetti indagati, già raggiunti il 30 giugno scorso dall’ordinanza di custodia cautelare, titolari a vario titolo di beni mobili, immobili, attività economiche e quote societarie risultati sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati. In particolare, il sequestro, che ha interessato il territorio reggino e la provincia di Roma, ha portato al sequestro di una ditta individuale ad Albano Laziale, in provincia di Roma, quattro quote di proprietà di terreni ad Ardore, due quote societarie riferite ad una società di Platì e ad un’altra di Velletri, un immobile a Bovalino, un autocarro e diversi rapporti bancari.

‘ndrangheta, gip non concede arresto Galati (Ala)

REGGIO CALABRIA – La Dda di Reggio Calabria, nell’ambito dell’inchiesta condotta da Polizia e Dia, aveva chiesto l’arresto del deputato Giuseppe Galati di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie per corruzione aggravata dalle modalità mafiose, ma il gip non l’ha accolta perché non ha ritenuto sussistesse un quadro indiziario grave. Richiesta d’arresto anche per il senatore Antonio Caridi, di Fi. Il gip ha ritenuto in questo caso che le accuse fossero assorbite dall’ordinanza emessa nell’operazione “Mammasantissima”.

‘ndrangheta, Dda: «Struttura elitaria occulta accanto a vertice»

REGGIO CALABRIA – Una struttura segreta legata alla massoneria che si poneva al vertice della piramide ‘ndranghetista, dettava le linee strategiche alle cosche, interagiva sistematicamente e riservatamente con politica, istituzioni e mondo imprenditoriale, e condizionava le elezioni, dalle comunali alle Europee nella provincia di Reggio Calabria. A portare alla luce gli “invisibili” componenti di quella che viene ritenuta l’elite della ‘ndrangheta sono stati i carabinieri del Ros e del reparto operativo di Reggio Calabria che insieme al pm della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Lombardo hanno passato anni a rileggere atti di vecchie inchieste ricucendo fatti e circostanze apparentemente scollegate fino a delineare il quadro del nuovo assetto ‘ndranghetista. Tanto lavoro si è concretizzato con l’operazione Mammasantissima che ha portato alla richiesta d’arresto per il sen. Antonio Caridi, di Forza Italia – la richiesta è già arrivata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere – e all’arresto dell’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, ritenuto l’anima “grigia” di Reggio, già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa e detenuto dal 9 maggio scorso per un’altra inchiesta che si scopre adesso essere stata un’anticipazione di quella di oggi; l’avv. Giorgio De Stefano, cugino del capo storico della cosca Paolo, ucciso nel 1985 nella guerra di mafia, ma lontano dall’ala militare e ritenuto capace di elaborare alleanze e strategie individuando le attivita’ piu’ lucrose; l’ex assessore e consigliere regionale Alberto Sarra; Francesco Chirico, ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco della cosca De Stefano, fino al 2004 dipendente del Comune di Reggio poi passato al servizio giuridico-economico della Regione Calabria. Erano loro secondo l’accusa, i componenti del “direttorio” delle cosche. Un’organismo, sconosciuto anche ai picciotti, capace di condizionare appuntamenti elettorali in ambito comunale, provinciale e regionale ma che voleva fare il salto di qualità: non contare più solo sull’utilizzo di soggetti che si mettono a disposizione ma costruire in casa gli uomini più capaci da proiettare nel parlamento nazionale per garantire gli interessi dell’organizzazione. Ed in questo contesto gli inquirenti pongono il senatore Caridi,«figura politica – ha detto il procuratore Federico Cafiero de Raho – costruita in tutto lo sviluppo della sua carriera fino al Parlamento nazionale e, di volta in volta, strumento per eseguire gli ordini della ‘cupola’ e conseguirne le finalità». E sarebbe stato sempre il “direttorio” a fare eleggere nel 2002 Giuseppe Scopelliti – la cui abitazione è stata perquisita oggi – a sindaco di Reggio Calabria con il sostegno delle cosche, così come sarebbe avvenuto per Pietro Fuda alla Provincia. Elezione, quella di Scopelliti, che consentì a Sarra, primo dei non eletti nella tornata del 2000, di approdare in Consiglio regionale subentrandogli. E questo non era che il primo momento della strategia impostata da Romeo per arrivare in Parlamento. Il secondo era quello, concretizzatosi nel 2004, con l’elezione di Umberto Pirilli al Parlamento Europeo che consentì a Sarra di subentrargli come assessore regionale. Nelle stesse occasione, secondo quanto si legge nelle oltre 2000 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, il “direttorio” dette indicazione alle cosche di sostenere Pirilli e Gianni Alemanno. E’ sfumato il terzo momento della strategia, che avrebbe dovuto concretizzarsi con la candidatura di Fuda alla Presidenza della Regione. Intento vanificato da vicende giudiziarie che coinvolsero l’interessato oltre che lo stesso Romeo. Il “direttorio”, in sinergia con quello che è l’organo collegiale di comando della ‘ndrangheta reggina, la “provincia”, che riunisce i vertici dei tre mandamenti, centro, ionico e tirrenico, coordinava tutte le operazioni criminali in Italia ed all’estero di ‘ndrangheta e dalle altre mafie storiche – Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita – e definiva le strategie criminali di massimo livello. Il fine ultimo era sempre quello: impadronirsi o infiltrarsi in enti pubblici».

LA CONFERENZA STAMPA DI DE RAHO

C’era una “struttura elitaria occulta”, di cui facevano parte le cinque persone arrestate stamane dai Carabinieri nell’ambito dell’operazione “Mamma Santissima”, accanto agli organi di vertice della ‘ndrangheta. Una struttura talmente segreta che i nomi dei componenti erano sconosciuti alla “base” della mafia calabrese. Ne facevano parte l’ex parlamentare Paolo Romeo, l’avvocato Giorgio de Stefano, l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra e Francesco Chirico (al quale sono stati concessi i domiciliari), arrestati stamane. Con loro, come emerge dalle 2056 pagine dell’ordinanza, operava il parlamentare Antonio Caridi, per il quale la Dda reggina ha già chiesto al Senato l’autorizzazione all’arresto. L’indagine “Mamma Santissima”, come spiegato oggi in conferenza stampa dal procuratore capo, Federico Cafiero De Raho, ha permesso di ampliare le conoscenze sulla struttura della ‘ndrangheta acquiste grazie a diverse operazioni (Crimine, Meta, Infinito, Olimpia) permettendo di ridisegnare, rispetto alle acquisizioni del 2010, con l’operazione “Crimine”, l’apparato criminale di cui è dotata. La mafia calabrese si caratterizza, ha ribadito il procuratore, per la presenza di una struttura direttiva occulta che opera in sinergia con l’organo collegiale di vertice denominato “Provincia”, alla quale la struttura riservata fornisce indicazioni e scelte strategiche, “allevando” i referenti in seno alle istituzioni, determinando l’elezione di uomini di fiducia in diverse fasi elettorali, partendo dal 2001 fino al 2010, in occasioni di elezioni comunali, provinciali, regionali, fino alle elezioni per il parlamento nazionale e di quello europeo. «Questa componente riservata – ha detto Cafiero De Raho – seleziona gli obiettivi strategici da perseguire e gestisce le relazioni con le altre organizzazioni similari inserite in un più vasto sistema criminale di tipo mafioso operante in Italia ed all’estero». I componenti del gruppo, definiti “segreti”, in alcune intercettazioni si infiltrano, attraverso i loro referenti, negli ambiti di maggior rilievo politico, economico ed imprenditoriale in cui si articola la società civile. I “riservati” sono soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta ma di estrazione non propriamente criminale, «che hanno seguito un percorso nella ‘ndrangheta – scrive la Dda – pensato in funzione della loro esclusiva proiezione verso i contesti informativi, imprenditoriali, economici, finanziari, bancari, amministrativi, politico-istituzionali più delicati, condizionandoli e piegandoli dall’interno ai fini illeciti del sodalizio unitario. La ‘ndrangheta ha quindi evoluto il proprio modello – scrivono gli inquirenti – che è fondato, non più solo sull’utilizzo di soggetti che si “mettono a disposizione”, ma anche su soggetti di propria estrazione che meglio di tutti possono garantire gli interessi dell’organizzazione».

Lombardo: «Le mafie sono sistema contropotere privato sempre più evoluto»

ROMA – «Le mafie sono un sistema di contropotere privato sempre più evoluto e penetrante. E sono abilissime ad adattarsi ai mutamenti sociali ed economici, stabilendo fra loro rapporti fatti di nuovi, sempre diversi punti di incontro. In un contesto del genere, pur non entrando nel merito della vicenda, non mi sentirei di escludere a priori che la ‘ndrangheta possa aiutare cosa nostra nella gestione di una latitanza così delicata come quella del boss Matteo Messina Denaro». Lo ha detto a Voci del Mattino, Radio1 Rai, Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. «A parte la prossimità geografica, ‘ndrangheta e cosa nostra si sono già scambiate appartenenti, hanno collaborato nel traffico d’armi e in quello degli stupefacenti, si sono evolute insieme, potemmo dire, accrescendo quella trama di relazioni stabili che ne ha sviluppato anche il singolo potere, tanto che ormai sono entrambi componenti centrali di un sistema economico e imprenditoriale che usufruisce di fortissimi agganci a livello finanziario e bancario».

«La ‘ndrangheta, che conosco bene professionalmente – ha proseguito il magistrato – è una organizzazione della quale è ormai praticamente impossibile tracciare sia i confini, sia gli ambiti entro cui opera, essendo dotata di una struttura imponente, in grado di gestire situazioni di una incredibile complessità, in Italia e soprattutto all’estero. Dispone di risorse finanziarie enormi, che derivano fondamentalmente dal controllo ormai in forma quasi monopolistica del traffico di cocaina. In determinati contesti storici, dunque, si può trasformare in una grande agenzia di servizi criminali, in grado di espandersi dappertutto. Dobbiamo prendere atto di questa “globalizzazione mafiosa”, e se Cosa nostra e ‘ndrangheta sono oggi parte integrante di un sistema globalizzato di malaffare – ha concluso il sostituto procuratore Lombardo – non possiamo e non dobbiamo escludere a priori che vi possa essere piena collaborazione tra le due mafie anche in una vicenda di latitanza estremamente ingombrante come quella di Matteo Messina Denaro».

Operazione “Fata Morgana”, gip convalida provvedimenti di fermo

REGGIO CALABRIA – I gip del Tribunale di Reggio Calabria Barbara Bennato e Domenico Santoro hanno convalidato il fermo disposto dalla Procura distrettuale emettendo la misura cautelare in carcere nei confronti dell’avvocato ed ex parlamentare Paolo Romeo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta associazione segreta  che avrebbe condizionato molti investimenti nella città di Reggio Calabria. Analogo provvedimento è stato disposto a carico del commercialista Natale Saraceno, del commerciante Giuseppe Chirico, di Domenico Marcianò, dell’imprenditore Emilio Angelo Frascati ed dell’ex componente di Fincalabra, Antonio Idone. Tutti sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e violazione della legge Anselmi sulle società segrete. I sei erano stati fermati martedi’ scorso nell’ambito dell’operazione “Fata Morgana”, eseguita dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Dalle indagini sarebbe emersa la figura preminente dell’avvocato Paolo Romeo, già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto uno dei “referenti” della cosca di ‘ndrangheta capeggiata dal boss Giuseppe De Stefano. Oltre ad una fitta rete di relazioni con esponenti politici ed alti funzionari della pubblica amministrazione reggina, Romeo aveva costituito un consorzio di imprenditori per la riapertura della Perla dello Stretto, un megastore ubicato a Villa San Giovanni. Nell’inchiesta della Procura distrettuale figurano altre trenta persone, le cui posizioni sono attualmente al vaglio degli inquirenti.