Archivi tag: dda

Tsunami nella giustizia calabrese. La Procura di Salerno indaga su 15 magistrati

COSENZA – Quindici magistrati in servizio nel distretto giudiziario di Catanzaro, con diversi incarichi, sono indagati dalla procura di Salerno. Secondo quanto riporta stamane “Il Fatto quotidiano”, i reati contestati a vario titolo sono diversi, fra cui il favoreggiamento mafioso, la corruzione e la corruzione in atti giudiziari.

Il relativo fascicolo sarebbe stato aperto dopo che la procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, nel luglio scorso ha trasmesso gli atti per competenza ai magistrati della città campana. Gli uffici coinvolti sarebbero quelli del capoluogo calabrese, di Cosenza e di Crotone. Il quotidiano indica il procuratore capo di Cosenza, Mario Spagnuolo, il procuratore di Castrovillari (Cs), Eugenio Facciolla, e il procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto, fra gli indagati. Al centro dell’inchiesta, episodi di favoreggiamento a beneficio di indagati e rivelazione di segreto d’ufficio in relazione a operazioni di polizia, ma anche la manipolazione di atti relativi ad indagini.

Operazione Stige, chiesto il rinvio a giudizio per 188 indagati

CROTONE- E’ stato chiesto il rinvio a giudizio per i 188 indagati nell’ambito dell’operazione Stige che lo scorso gennaio ha portato alla decimazione della cosca Farao-Marincola attiva nel territorio di Cirò Marina in provincia di Crotone.

La richiesta arriva dalla DDA di Catanzaro nella persona del procuratore capo Nicola Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Luberto e dei pm Domenico Guarascio, Fabiana Rapino e Alessandro Prontera.

L’operazione, avvenuta lo scorso 9 gennaio ha inferto un duro colpo ai clan, accusati, secondo gli inquirenti di avere collegamenti ben radicati nel Nord e Centro Italia, ma anche in Europa, nello specifico in Germania. Il blitz coinvolse anche esponenti della politica e dell’imprenditoria locale cirotana. Delle vere e proprie holding criminali dedite a gestire milionari giri di affari, dal settore dei rifiuti agli appalti pubblici, dal commercio vinicolo a quello delle onoranze funebri.

I NOMI DI ALCUNI DEGLI INDAGATI

Chiesto dunque il rinvio a giudizio per diverse persone, tra cui l’ex presidente della Crotone, Nicodemo Parrilla, al tempo Sindaco di Cirò Marin, l’ex primo cittadino, sempre di Cirò Marina, Roberto Siciliano e il fratello Nevio (ex assessore),  Giancarlo Fuscaldo, presidente del consiglio comunale della cittadina jonica; il consigliere Giuseppe Berardi e per l’ex sindaco di Mandatoriccio Angelo Donnici.

Lo stesso dicasi per  Domenico Cerrelli, vicesindaco di Casabona, Michele Laurenzano, ex sindaco di Strongoli,  Giovanbattista Benincasa, ex vicesindaco di San Giovanni in Fiore.

Tra gli imprenditori invece compaiono i nomi di Francesco e Valentino Zito, attivi nel settore vitivinicolo, Pasquale, Luigi, Antonio e Rosario Spadafora, impegnati nel ramo del taglio boschivo, a San Giovanni in Fiore e Nicola Flotta, proprietario del Castello Flotta. 

Finisce la latitanza di Simone Cuppari. Rintracciato in Lombardia

BERGAMO – Finisce oggi, dopo 365 giorni la latitanza di Simone Cuppari, ritenuto a capo della cosca omonima di ‘ndrangheta originaria di Brancaleone, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, con ramificazioni anche in Abruzzo, a Francavilla al Mare. Il presunto boss, a seguito di articolate indagini, è stato rintracciato in una residenza anonima nella provincia di Bergamo. Cuppari era ricercato dal 2017 quando riuscì a sottrarsi all’operazione “Design” condotta dalla DDA abruzzese. Deve scontare una pena di 28 anni di carcere per traffico di cocaina. Lo stesso era anche stato raggiunto da tre ordinanze di custodia in carcere dalle rispettive DDA di Chieti e Reggio Calabria nell’ambito di altri due blitz, “Sparta” e Banco Nuovo” eseguite dai militari di Chieti e Locri

 

 

 

 

 

‘Ndrangheta, sequestro e confisca di beni a due imprenditori

CATANZARO – E’ in corso un’operazione della Dia di Catanzaro per l’esecuzione di due provvedimenti di sequestro e confisca di beni emessi, rispettivamente, dai Tribunali di Catanzaro e di Crotone nei confronti di due imprenditori crotonesi, attivi l’uno nel campo della lavorazione del legname e l’altro nel settore turistico-alberghiero, ritenuti entrambi contigui alla cosca “Grande Aracri” della ‘ndrangheta. I provvedimenti traggono origine da complesse indagini condotte dalla Dia di Catanzaro che si basano sugli esiti di accertamenti di natura patrimoniale riguardanti un arco temporale di circa venti anni.  I dettagli dell’operazione resi noti nel corso di una conferenza stampa che avrà luogo alle 11 nella sede della Sezione operativa Dia di Catanzaro.

“Robin Hood”, chiesto il rinvio a giudizio per l’ex assessore Nazzareno Salerno

CATANZARO – La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio di Nazzareno Salerno, ex assessore al Lavoro della Regione Calabria ed attuale consigliere regionale, coinvolto nell’inchiesta “Robin Hood” che ha svelato un presunto sistema illecito nella gestione dei fondi europei attraverso l’ente in house “Calabria etica”. La richiesta di rinvio a giudizio è stata avanzata al gup, Claudio Paris, oltre che per Salerno, per altri 16 indagati e due società. I reati contestati, a vario titolo, sono truffa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d’asta ed abuso d’ufficio. Dalle indagini della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e del Ros di Catanzaro è emersa l’esistenza di un presunto “comitato d’affari” che avrebbe distratto i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale “Credito sociale”, indirizzandoli su conti correnti di società private anche all’estero.

‘ndrangheta, confiscati beni per 700mila euro a reggente cosca del cosentino

COSENZA – La Guardia di Finanza ha confiscato, su disposizione del tribunale di Cosenza, un patrimonio di oltre 700 mila euro nei confronti di Francesco Patitucci esponente di spicco del clan Ruà-Lanzino e di un suo parente Giuseppe De Cicco, intraneo alla stessa cosca. Le Fiamme Gialle hanno dato esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale della confisca, emessa dal Tribunale di Cosenza – Sezione Misure di Prevenzione. La confisca è avvenuta su richiesta dalla Dda di Catanzaro, a seguito di una articolata e complessa attività di accertamento sulla base del Codice Antimafia svolta dalla Guardia di Finanza di Cosenza e coordinata dal procuratore aggiunto Bombardieri.

La normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali, a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la loro condotta ed il tenore di vita debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa. Contestualmente, la Divisione polizia anticrimine della Questura di Cosenza ha dato corso alla misura di prevenzione personale che è il frutto di una dimostrata pericolosa tendenza dei destinatari verso logiche di violenza e sopraffazione.

In particolare nei confronti del Patitucci è stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di ps per la durata di quattro anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, mentre nei confronti di De Cicco la sorveglianza speciale per la durata di tre anni.

Il soggetto, ritenuto ai vertici della cosca, si trova attualmente detenuto per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale e per violazione della legge sulle armi. Patitucci è stato già condannato per associazione mafiosa e reati connessi con sentenze di primo e secondo grado (divenuta irrevocabile nel 2015), nelle quali veniva condannato per appartenenza all’associazione mafiosa denominata “Lanzino-Rua” e riconosciuto quale “reggente” della consorteria, nonché per la commissione di reati di estorsione e di usura aggravati. Peraltro il capo clan era già stato condannato per la partecipazione all’associazione mafiosa denominata “Pino-Sena”, con sentenza della Corte di Assise d’Appello di Catanzaro, divenuta irrevocabile nel 2000. De Cicco, invece, è legato da stretti rapporti di natura familiare con il reggente del clan ed è indicato come intraneo alla cosca “Ruà-Lanzino”, prevalentemente con compiti di riscossione dei proventi dell’usura praticata dal clan.

La confisca è stata possibile grazie anche al lavoro svolto dai finanzieri che hanno svolto accertamenti patrimoniali nei confronti dei due nonché dei loro congiunti. Accertamenti che, nel periodo 2002/2013, hanno evidenziato una netta sproporzione delle movimentazioni economico-finanziarie in uscita rispetto ai redditi dichiarati, nemmeno idonei a soddisfare anche le solo esigenze primarie di vita.

L’esecuzione del provvedimento di confisca ha portato al sequestro dei seguenti beni: 3 fabbricati turistico-residenziali, in provincia di Cosenza; una società di capitale, con 10mila quote sociali, con relativo complesso aziendale operante nel settore delle costruzioni di edifici; un automezzo e rapporti bancari per un valore complessivo stimato pari ad oltre 700 mila euro.

Crisalide, indagato anche il vicepresidente del consiglio comunale di Lamezia Terme

LAMEZIA TERME (CZ) – Anche il vicepresidente del Consiglio comunale di Lamezia Terme, Giuseppe Paladino, oltre all’ex consigliere Pasqualino Ruberto, risultano tra gli indagati nell’inchiesta “Crisalide”, condotta dalla Dda di Catanzaro sulla cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri”. Nell’ambito dell’indagine 52 persone sono state sottoposte a fermo. I carabinieri, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno effettuato perquisizioni nelle case e negli uffici dei due indagati eseguendo un decreto dell’autorità giudiziaria. Secondo l’ipotesi accusatoria, Paladino si sarebbe incontrato con Antonio Miceli, considerato il reggente della cosca, al quale avrebbe chiesto l’appoggio in occasione delle elezioni comunali svoltesi nel maggio del 2015 in cui Paladino era candidato a sostegno di Pasqualino Ruberto.

Operazione “Jonny”, fiumi di denaro nella disponibilità delle cosche VIDEO e NOMI

CATANZARO – Le indagini, che hanno portato allo smantellamento della cosca di ‘ndrangheta “Arena”, hanno evidenziato l’infiltrazione della cosca nel tessuto economico crotonese e, in particolare, il controllo mafioso, da almeno un decennio, di tutte le attività imprenditoriali connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto. Più specificamente è stato documentato come la cosca Arena, attraverso l’operato di Leonardo Sacco – governatore dell’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia” di Isola di Capo Rizzuto, nonché presidente della Cofraternita Interregionale della Calabria e Basilicata – si sia aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi – in particolare quello di catering – relativi al funzionamento del centro di accoglienza richiedenti asilo “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti. In particolare, le indagini hanno documentato come le società di catering riconducibili ai cugini Antonio e Fernando Poerio, nonché ad Angelo Muraca, dal 2001 abbiano ricevuto, inizialmente con la procedura dell’affidamento diretto e successivamente in subappalto, la gestione del servizio mensa del centro di accoglienza isolitano la cui conduzione era stata ottenuta dall’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia”: sino al 2009 in via d’urgenza, in ragione dello stato di emergenza dovuto all’eccezionale afflusso di extracomunitari che giungevano irregolarmente sul territorio nazionale; dal 2009 a seguito di tre gare d’appalto vinte. Al riguardo, le indagini hanno evidenziato come l’organizzazione criminale, al fine di neutralizzare le interdittive antimafia che nel tempo avevano colpito le proprie società di catering, avesse provveduto più volte a mutamenti della ragione sociale e dei legali rappresentanti delle aziende controllate, proprio per mantenere inalterato il controllo della filiera dei servizi necessari al Cara.

E’ stato documentato l’imponente flusso di denaro pubblico percepito dalle imprese riconducibili alla cosca nell’arco temporale 2006-2015 per la gestione del Cara di Isola di Capo Rizzuto, pari a 103 milioni di euro, dei quali almeno 36 milioni di euro utilizzati per finalità diverse da quelle previste (quelle cioè di assicurare il vitto ai migranti ospiti nel centro) e riversati invece, in parte nella cosiddetta “bacinella” dell’organizzazione per le esigenze di mantenimento degli affiliati, anche detenuti, e in parte reimpiegati per l’acquisto di beni immobili, partecipazioni societarie e altre forme di investimento in favore del sodalizio. Le ingenti somme da destinare all’organizzazione mafiosa venivano fatte confluire alla cosca sia con ripetuti prelievi in contante dal conto della “Misericordia” e delle società riconducibili agli indagati, sia attraverso erogazione di ingenti somme a fini di prestito, sia ancora attraverso pagamenti di inesistenti forniture, false fatturazioni, acquisto di beni immobili per immotivate finalità aziendali. In tale quadro, una somma consistente sarebbe stata distribuita indebitamente al sacerdote, don Scordio Edoardo, parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito-contributo e pagamento di asserite note di debito: solo nel corso dell’anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, avrebbe ricevuto 132 mila euro.

In particolare, don Scordio, indicato come gestore occulto della Confraternita della Misericordia, sarebbe emerso quale organizzatore di un vero e proprio sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata. Ulteriore introito per la cosca sarebbe derivato dalla truffa posta in essere da Leornado Sacco, e dai cugini Antonio e Fernando Poerio che, nel 2013, attraverso il controllo occulto della società Quadrifoglio srl, avrebbero fatturato alla Prefettura di Crotone un numero di pasti maggiore rispetto alle prestazioni effettivamente rese, ottenendo un ingiusto profitto di circa 450 mila euro. Il complesso sistema progettato per la distrazione di denaro pubblico, godeva della collaborazione dei familiari degli indagati, la cui partecipazione associativa si sarebbe realizzata attraverso l’interposizione, attuata per il tramite di fittizie partecipazioni sociali ed emissione di falsi documenti contabili, dai cugini Antonio e Fernando Poerio e da Angelo Muraca, insieme ai familiari Aurora Cozza, Maria Lanatà, Stefania Muraca, Pasquale Poerio, e Antonio Poerio, di 36 anni.

A costoro si aggiungono i cosiddetti “fatturisti”, Mario Ranieri, Santo Tipaldi, Ercolino Raso, Benito Muto, Beniamino Muto, Domenico Mercurio, Salvatore De Furia, che, intranei alle cosche isolitane, avrebbero fornito prestazioni contabili artificiose in favore del gruppo economico in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di notevoli somme di denaro e di evadere le previste imposte fiscali.

Dalle indagini è emersa, in sintesi, la capacità imprenditoriale, in chiave di sfruttamento delle risorse pubbliche, della ‘ndrangheta crotonese, in grado di soddisfare le complesse esigenze della varie cosche locali. In tale ambito, proprio l’elevato flusso di finanziamenti pubblici riservati all’emergenza migranti ha finito per costituire la principale motivazione dell’intervenuta pacificazione tra le cosche Arena e Dragone contrapposte ai Nicoscia e Grande Aracri che, nel primo decennio del 2000, si erano rese protagoniste di un cruento conflitto degenerato in numerose uccisioni e scontri a fuoco. Infatti, la faida cessava proprio quando andava a regime il sistema di drenaggio di denaro pubblico derivato dagli appalti per la gestione del centro accoglienza. Ciò infatti ha costituito l’occasione per una mirata distribuzione delle risorse tra le varie famiglie mafiose interessate a mettere da parte i pregressi dissidi e sfruttare le notevoli opportunità di guadagno. In tale contesto si rilevano le figure di Salvatore Nicoscia, di Pasquale Nicoscia, di 26 anni, di Domenico Nicoscia , di 39 anni, di Luigi Manfredi, detto “Gigino ‘u Porziano” e del fratello Antonio Manfredi “’u Mussutu”, di Mario Manfredi, di Giuseppe Pullano, “la molla”. Nel contesto dell’operazione è stato eseguito, sulla base di accertamenti preliminari del Ros, un sequestro preventivo di beni emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro nei confronti degli indagati per un ammontare complessivo di circa 70 milioni di euro. Il sequestro ha interessato, tra l’altro, anche l’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternita di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 metri quadrati, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino di Isola Capo Rizzuto e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili interventi ablativi.

 

Operazione “Jonny”, smantellata la cosca Arena. Controllava anche centro migranti

ISOLA CAPO RIZZUTO (KR) – Blitz di polizia, carabinieri e guardia di finanza che hanno smantellato la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto con il fermo di 68 persone disposto dalla Dda di Catanzaro. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose.

Nel corso dell’operazione anche un sequestro beni milionario. All’operazione, chiamata “Jonny”, hanno partecipato oltre 500 tra agenti della polizia di stato appartenenti alle squadre mobili delle questure di Catanzaro e Crotone, Carabinieri del Ros e del Reparto operativo – nucleo investigativo di Catanzaro e finanzieri del Nucleo di polizia tributaria e della Compagnia di Crotone con il concorso dei rispetti uffici e Comandi centrali. I provvedimenti, disposti dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri, sono giunti a conclusione di indagini coordinate dal procuratore aggiunto Luberto che, secondo gli investigatori, hanno permesso di smantellare la storica e potentissima cosca che fa capo alla famiglia Arena, al centro di articolati traffici illeciti nelle provincie di Catanzaro e Crotone.

La cosca Arena controllava a fini di lucro la gestione del centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto (Crotone). La cosca, secondo le indagini, oltre alle tradizionali dinamiche criminali legate alle estorsioni esercitate in maniera capillare sul territorio catanzarese e crotonese, controllava anche il centro oltre a coltivare ingenti interessi nelle attività legate al gioco ed alle scommesse.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti alle 11, nel corso di una conferenza stampa in Procura a Catanzaro.

Usura, Dda Catanzaro: «Permane confisca penale Hotel Sybaris»

CATANZARO – «In relazione alle notizie diffuse dalla stampa e relative alla restituzione della struttura alberghiera Hotel Sybaris a seguito di pronuncia della Corte di Appello – Sezione Misure di Prevenzione di Catanzaro che ha annullato, peraltro con provvedimento non definitivo, la confisca già a suo tempo disposta dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Cosenza, si precisa che la struttura rimane nella disponibilità dell’Agenzia dei beni confiscati in quanto già acquisita al patrimonio dello Stato, anche sulla scorta di una Sentenza del Tribunale di Castrovillari, divenuta definitiva in data 24 giugno 2013, che, affermando la responsabilità penale per più delitti di usura aggravati dalla mafiosità di Costa Francesco e Costa Vincenzo, disponeva la confisca, a fini penali, della struttura Hotel Sybaris». E’ quanto si afferma in un comunicato diffuso dalla Dda di Catanzaro.