Archivi tag: inchiesta

“Sommersi dalla plastica”, al Tgr Calabria l’inchiesta sulle discariche sottomarine

COSENZA – Al largo di Reggio Calabria, nei canyon sottomarini a 600 metri di profondità, abbiamo trovato due discariche di plastica. I ricercatori del Cnr e dell’Università La Sapienza hanno scoperto una vera e propria montagna di rifiuti, con rischi per i pesci, ma anche per la salute dell’uomo.

Da lunedì 13 a venerdì 17 maggio la Tgr Calabria – direttore Alessandro Casarin, condirettore Roberto Pacchetti, vicedirettore Carlo de Blasio, caporedattore Luca Ponzi – manderà in onda nel tg delle 14 l’inchiesta “Sommersi dalla plastica”.

La giornalista Elena Stramentinoli si è imbarcata di notte con i pescatori e ha documentato cosa resta impigliato nelle reti: bottiglie, bicchieri, confezioni. Tutto di plastica. Abbiamo trovato le fiumare trasformate da cittadini incuranti in autentiche discariche che con le piogge riversano al mare quintali di materiale plastico. «Tracce – dicono gli scienziati intervistati dalla Tgr – sono state rinvenute anche nell’uomo, ingerite attraverso il cibo. Infine abbiamo documentato l’incredibile vicenda della tartaruga rimasta impigliata in decine di metri di lenza di plastica e in un cerchione di bicicletta. Salvata dal centro di cura calabrese di Brancaleone non ce l’ha fatta: è morta pochi giorni fa».

Fonte foto: rainews.it

Appalti all’Annunziata, blitz della Guardia di finanza e dei carabinieri

COSENZA – La Procura della Repubblica di Cosenza ha avviato un’inchiesta sull’appalto del servizio di pulizia dell’ospedale “Annunziata”.

La Guardia di finanza ed i carabinieri di Cosenza, su delega della Procura, si sono recati nell’ospedale ed hanno acquisito una voluminosa documentazione. Nell’inchiesta, secondo quanto si è appreso, ci sarebbero alcuni indagati.

Il reato che viene ipotizzato è quello di truffa.

Lande Desolate, Orsomarso, «La Calabria ha toccato il fondo. Bisogna rialzarsi»

CATANZARO – Riceviamo e pubblichiamo integralmente la dichiarazione del del capogruppo del gruppo misto in Consiglio regionale, Fausto Orsomarso, di Fratelli d’Italia, all’indomani dell’operazione Lande Desolate che ha visto coinvolto, tra gli altri, anche il presidente della regione Mario Oliverio

«Ho letto con attenzione i contenuti dell’inchiesta che ha coinvolto il presidente Oliverio, il sindaco di Pedace e alcuni funzionari e dirigenti della Regione Calabria. Un’inchiesta che porta all’applicazione di una misura cautelare nei confronti del presidente della Regione è un trauma molto forte per la vita istituzionale e merita valutazioni che non siano superficiali e frettolose, né improntate alla mera strumentalizzazione politica. Ho letto tante dichiarazioni a caldo da parte di esponenti politici, rappresentanti del mondo dell’informazione, semplici cittadini. Dichiarazioni che, come avviene in questi casi, sono per lo più politicamente corrette, e affermano  il valore del garantismo.  Ma oggi credo non abbia più senso il gioco delle parti, né il messaggio d’ufficio con cui ciascuno sente il dovere di lasciare una testimonianza. Ancor meno valgono gli atteggiamenti dei sacerdoti della presunta superiorità morale, che pure in altre occasioni abbiamo scoperto meno garantisti di quanto oggi appaiono anche con alcuni assordanti silenzi. La mia posizione l’ho espressa sempre in questi anni in Consiglio regionale, quando ho più volte ricordato che in questo sistema si avvertiva e si avverte il rischio di diventare tutti direttamente o indirettamente “‘ndranghetisti a strascico”. Per questo concordo con chi, come il direttore del Corriere della Calabria Pollichieni, sottolinea che non ci si può esimere da un serio dibattito politico istituzionale. Spero che il presidente Oliverio, per il ruolo istituzionale che riveste, possa spiegare la sua posizione, nel pieno rispetto del ruolo della magistratura e soprattutto utilizzando toni equilibrati, in modo da favorire la chiarezza nei confronti dei cittadini. Sono anche certo che a parti invertite oggi avremmo assistito a dichiarazioni roboanti di alcuni sindacati e partiti politici con le richieste di dimissioni.  Ma sarebbero ora un finto alibi per tutti le colpe di Oliverio, fermo restando il giudizio di assoluta inadeguatezza e la contestazione delle gravi responsabilità che su più versanti hanno portato al fallimento della sua azione di governo. La Calabria ha toccato il fondo e deve rialzarsi, ma sta alla politica non commettere più gli errori del passato e non nascondersi dietro colpevoli sottovalutazioni. Ad Oliverio, con una maggioranza sempre più risicata, e all’intero Consiglio regionale credo tocchi invece una valutazione politica che, prescindendo dai fatti giudiziari, possa prevedere la fine di una legislatura iniziata male e che rischia di finire peggio». 

Cosenza, bimbo di due anni muore dopo intervento. Aperta un’indagine

COSENZA – E’ stata aperta un’inchiesta sulla morte di un bambino di due anni avvenuta all’ospedale di Cosenza. Il piccolo, secondo quanto si è appreso, era stato sottoposto ad un intervento chirurgico molto delicato all’intestino. I medici ne avevano disposto il trasferimento al reparto di rianimazione dove però il bambino non ce l’ha fatta. I genitori del piccolo hanno deciso di sporgere denuncia. Disposto il sequestro delle cartelle cliniche, l’autopsia e l’iscrizione nel registro degli indagati del personale sanitario che ha avuto il bambino in cura.

 

“Robin Hood”, chiesto il rinvio a giudizio per l’ex assessore Nazzareno Salerno

CATANZARO – La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio di Nazzareno Salerno, ex assessore al Lavoro della Regione Calabria ed attuale consigliere regionale, coinvolto nell’inchiesta “Robin Hood” che ha svelato un presunto sistema illecito nella gestione dei fondi europei attraverso l’ente in house “Calabria etica”. La richiesta di rinvio a giudizio è stata avanzata al gup, Claudio Paris, oltre che per Salerno, per altri 16 indagati e due società. I reati contestati, a vario titolo, sono truffa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d’asta ed abuso d’ufficio. Dalle indagini della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e del Ros di Catanzaro è emersa l’esistenza di un presunto “comitato d’affari” che avrebbe distratto i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale “Credito sociale”, indirizzandoli su conti correnti di società private anche all’estero.

Bergamini fu soffocato? Indiscrezioni sull’esito dell’autopsia

COSENZA – Denis Bergamini sarebbe stato soffocato prima di essere gettato sotto le ruote del camion guidato da Raffaele Pisano lungo la statale jonica a Roseto Capo Spulico. Sarebbero queste le agghiaccianti conclusioni dei periti che hanno esaminato i resti del povero ragazzo il cui corpo è stato riesumato nello scorso mese di luglio. L’indiscrezione giornalistica riportata dal Quotidiano del Sud anticipa la comunicazione ufficiale dei risultati dell’autopsia, anche se l’avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, nega che la perizia sia stata depositata. «Ci vorrà ancora una settimana – spiega – anche se queste indiscrezioni collimano con quanto ipotizzato dai nostri esperti». Se le indiscrezioni fossero confermate probabilmente il rinvio a giudizio di Isabella Internò e di Raffaele Pisano, entrambi indagati per omicidio aggravato, sarebbe inevitabile. Si andrebbe dunque a processo, con l’accusa rappresentata da Eugenio Facciolla. Il procuratore di Castrovillari ha riaperto il caso, ora giunto ad una svolta decisivo 29 anni dopo quel tragico pomeriggio. 

Caso Bergamini, Facciolla: «Non fu suicidio». Il 2 maggio la riesumazione del corpo

COSENZA – «Procederemo con la riesumazione del cadavere di Denis Bergamini perchè vogliamo approfondire con le tecniche di cui oggi si dispone tutti i possibili aspetti di quello che non è un suicidio, non è ipotizzabile come un suicidio». Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, in un’intervista a RaiSport, annunciando che è stata riaperta l’inchiesta sulla morte del calciatore del Cosenza il 18 novembre del 1989 ed il cui decesso è stato sempre attribuito a suicidio. Secondo quanto è emerso dalla prima inchiesta, Bergamini si sarebbe suicidato facendosi travolgere da un camion. Due informazioni di garanzia sono state notificate all’ex fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, ed a Raffaele Pisano, conducente del camion che investì il calciatore. La riesumazione dei resti di Bergamini verrà effettuata il prossimo 2 maggio in provincia di Ferrara. Alla domanda sul perché Bergamini sarebbe stato ucciso, Facciolla risponde che emerge «un mix di questioni sentimentali e di questioni legate ad altre tematiche. Il discorso droga è presente fin dai primi atti dell’indagine. La storia giudiziaria più o meno recente ci consegna Padovano (Michele, anch’egli giocatore del Cosenza, ndr), come un amico stretto di Bergamini. I due erano molto legati e avevano una conoscenza di rapporti e di situazioni diversa da quella di altri. Bergamini non era legato solo a Padovano ma anche ad altri, tra cui l’ex portiere Simoni e comunque c’erano anche altri soggetti». Bergamini era entrato in un giro di droga dal quale voleva uscire? E’ ipotizzabile? «Le variabili ipotizzabili – risponde il procuratore Facciolla – possono essere tante. Sembrerebbe una vicenda chiusa in un rapporto tra pochi soggetti che evidentemente hanno goduto di protezione: è stata creata una cortina fumogena per evitare che venisse fuori la verità». Altra domanda: coinvolgimento della mafia? «Può essere» risponde Facciolla. Il procuratore, inoltre, nell’intervista, racconta due episodi: «Il giorno del funerale sul pullman del Cosenza c’era anche la fidanzata di Bergamini con una busta che conteneva i vestiti del calciatore. Questa busta se la passarono, per un fatto affettivo, i calciatori. Poi però sparì. Gli abiti di Bergamini, infatti, non ci sono più. Subito dopo il funerale, inoltre, Padovano accompagnò la fidanzata di Bergamini a casa, fu invitato a salire con insistenza. Lui andò sopra e si trovò di fronte ad una festa. C’erano delle paste. Il giorno del funerale, quindi, stavano festeggiando? E’ un omicidio in concorso».

 

Voto di scambio ad Amantea, interrogata la sindaca

PAOLA (CS) – Il sostituto procuratore della Repubblica di Paola, Anna Chiara Fasano, ha interrogato Monica Sabatino, sindaco di Amantea, e suo padre Giuseppe, nell’ambito dell’inchiesta su un caso di presunto voto di scambio relativo alle elezioni amministrative svoltesi nella cittadina tirrenica nel 2014. Secondo le accuse, il padre della sindaca per garantire un maggior appoggio alla lista “Rosa Arcobaleno” capeggiata dalla figlia Monica Sabatino, avrebbe esercitato pressioni su alcuni agenti della polizia municipale in attesa di stabilizzazione. All’epoca dei fatti Giuseppe Sabatino era a capo dell’ufficio di Ragioneria del Comune tirrenico. La sindaca di Amantea è accusata di concorso nel reato.

“Why Not”, annullata assoluzione De Magistris. Nuovo giudizio su eventuali danni

ROMA – Accogliendo parzialmente il ricorso delle parti civili Sandro Gozi, Clemente Mastella e Francesco Rutelli, la sesta sezione penale della Cassazione ha annullato, ai soli effetti civili, la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma il 21 ottobre dello scorso anno aveva assolto l’attuale Sindaco di Napoli ed ex pm Luigi De Magistris dall’accusa di abuso di ufficio in relazione alla vicenda di acquisizione dei tabulati telefonici dei politici nell’inchiesta “Why Not”. Pertanto, è atteso ora un nuovo giudizio per verificare eventuali danni. Ricordiamo, nell’ambito dell’inchiesta catanzarese sul malaffare nella regione, furono acquisiti, senza autorizzazioni delle Camere di appartenenza, i tabulati telefonici di parlamentari e ministri, tra cui l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi. Per tale ragione, De Magistris e Genchi furono condannati in primo grado e assolti in secondo. L’assoluzione passa in giudicato per gli aspetti penali, mentre la Cassazione ha chiesto un nuovo esame, per i soli aspetti civili, su eventuali danni.

Mancano i magistrati. Criminali in libertà

ROMA – Ha sollevato un polverone, e una serie di pesanti prese di posizione politiche, la scarcerazione di tre presunti affiliati alla ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro per il mancato deposito da parte della Corte d’appello di Reggio Calabria delle motivazioni della sentenza del processo “Cosa mia” sulle cosche di Rosarno. Il mancato deposito delle motivazioni non ha consentito alla corte di Cassazione di pronunciarsi nei tempi fissati dalla legge sulla sentenza d’appello, determinando il ritorno alla libertà dei tre presunti affiliati per la scadenza dei termini di carcerazione preventiva. Un grave danno all’immagine del sistema giudiziario soprattutto se rapportata alla pericolosità sociale della ‘ndrangheta ed alla necessità di combatterla nel modo più efficace. A sollevare la questione è stato per primo il deputato della Lega Nord Paolo Grimoldi, segretario del partito in Lombardia, secondo il quale «e’ gravissimo che tre esponenti della ‘ndrangheta pericolosissimi per la societa’ siano stati scarcerati, nonostante le gravi condanne subite nei primi due gradi di giudizio». Poco dopo e’ intervenuto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha reso noto di avere chiesto agli ispettori di via Arènula «di acquisire notizie» sulla vicenda. L’inchiesta “Cosa mia”, nata nel 2010 grazie al procuratore Pignatone, ha svelato gli affari connessi alla costruzione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Un processo che l’anno scorso ha visto confermate in Corte di Appello le condanne per 42 imputati. Un risultato che la carenza degli organici rischia adesso di vanificare.