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Rinascita Scott, rivelazioni su Gratteri: “quando sarà il momento, farà una brutta fine”

LAMEZIA TERME – “Quando sarà il momento, faremo fare una brutta fine a Gratteri e ai suoi collaboratori. La ‘ndrangheta è nata prima della legge. In Calabria comandiamo noi, come è sempre stato“. Sono le frasi che Antonio Mangone, di 58 anni, teste dell’accusa sentito oggi nel processo “Rinascita scott” alle cosche del Vibonese, in corso davanti il Tribunale di Vibo Valentia nell’aula bunker di Lamezia Terme, ha riferito di avere ascoltato pronunciare da alcuni imputati dello stesso dibattimento detenuti, come lo é stato lui, nel carcere di Siracusa.

Mangone ha riportato, in particolare, le frasi contro Gratteri che, a suo dire, sarebbero state pronunciate da Gianfranco Ferrante, imputato nel processo Rinascita scott con l’accusa di essere organico alla cosca Mancuso di Limbadi. “Noi siamo una potenza – avrebbe detto Ferrante, secondo Mangone -. Non siamo mica morti e col tempo tutti questi (il riferimento è stato a Gratteri, ai magistrati della Dda di Catanzaro ed ai loro collaboratori, ndr) la pagheranno e faranno una brutta fine“.

Mangone, che è originario di Cariati ma risiede da tempo in un centro alle porte di Padova, ha aggiunto che lo stesso Ferrante avrebbe fatto riferimento anche alle dichiarazioni di un pentito secondo il quale una cosca della ‘ndrangheta avrebbe progettato un attentato contro i figli del procuratore Gratteri.

“C’erano anche affiliati di altre cosche, comunque – ha detto ancora Mangone – che parlavano male di Gratteri”. Antonio Mangone, che non è un collaboratore di giustizia, é stato coinvolto in passato in un procedimento sulla presenza della cosca Grande Aracri in Veneto. A conclusione del suo esame Mangone ha chiesto al Tribunale che gli vengano concessi lo status di collaboratore di giustizia e un programma di protezione per sè e la sua famiglia. Il presidente del Tribunale, Brigida Cavasino, ha risposto che la decisione sulla richiesta di Mangone compete ad altri organi giudiziari e non al collegio giudicante davanti al quale si sta celebrando il processo “Rinascita scott”.

Gratteri al Master in Intelligence dell’Unical: «Per contrastare le mafie c’è bisogno di hacker»

RENDE (8.3.2023) – “Le mafie minaccia alla sicurezza nazionale” è il titolo della lezione tenuta da Nicola Gratteri, Procuratore della Procura della Repubblica di Catanzaro, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Gratteri ha iniziato la lezione con la narrazione di un evento storico di grande importanza per la ‘ndrangheta, ovvero il summit del 1969 a Montalto, al quale parteciparono varie famiglie di ‘ndrangheta, riunite per stabilire un concetto fondamentale: l’unitarietà della organizzazione. I partecipanti alla riunione però non sapevano di essere ascoltati e controllati dalle forze dell’ordine, avvertite da una soffiata effettuata dalle famiglie di Reggio Calabria. Questa circostanza consentì l’arresto di oltre 70 capimafia e l’ottenimento della certezza investigativa relativa all’unitarietà della ‘ndrangheta. Tale concetto, pur rappresentando un vero e proprio “spartiacacque tra vecchia e nuova ‘ndrangheta”, verrà però formalizzato giudizialmente solo nel 2010 con la pubblicazione della sentenza relativa all’operazione “Crimine”.

Il Procuratore si è poi soffermato sull’importanza e sull’evoluzione storica della “Santa”, introdotta dall’organizzazione criminale a metà degli anni Settanta per consentire ad alcuni loro affiliati di aderire alla massoneria deviata. Nonostante le polemiche ed i disaccordi all’interno dell’organizzazione sui doveri del santista, principalmente sollevati dai capimafia Domenico Tripodo ed Antonio Macrì relativi alla preminenza degli interessi della Santa sugli interessi della ‘ndrina, l’istituzione della Santa determinó un’indubbia evoluzione, stravolgendo i paradigmi dell’organizzazione. Con il passaggio alla Santa, già c’era nella testa degli strateghi della ‘ndrangheta il concetto di mafia unica e soprattutto avviene un cambiamento dei riferimenti che, da ora in poi, non saranno più i santi cattolici protettori, bensì dei personaggi di rilievo dell’epoca rinascimentale e massoni, come Garibaldi, Mazzini e Cavour.

Il nuovo riferimento simbolico da ora in poi infatti sarà la massoneria, e ciò comporterà un’evoluzione da meri esecutori a veri e propri decisori.

Gratteri sottolinea quindi attraverso la Santa gli ndranghetisti entrano in contatto con professionisti, pubblici amministratori, bancari e anche con magistrati. Nascono, quindi, “nuove regole e nuovi livelli” che prevedono che chi sta sopra possa sapere cosa avviene nei livelli sottostanti, ma non viceversa. Si è trattato di un vero e proprio “salto di qualità che ha fatto entrare la ‘ndrangheta nella stanza dei bottoni”, in modo non solo di decidere chi debba vincere gli appalti, ma persino se e quali opere debbano essere costruite.

Gratteri ha poi evidenziato come per i decenni successivi si è continuato a considerare la ‘ndrangheta una mafia poco influente. Ció le ha permesso di crescere come una “forma parassitaria all’interno del sistema legale”, continuamente in cerca del consenso sociale per far riconoscere potere e prestigio. Questo è avvenuto, per esempio, tramite l’acquisto di squadre di calcio o diventando imprenditori di successo grazie a operazioni di riciclaggio, rese possibili dalla collaborazione com commercialisti e professionisti capaci.

Il Procuratore ha quindi sottolineato come la ‘ndrangheta, nel perseguire “una forma di investimento e di pubblicità” si sia dimostrata estremamente generosa con la Chiesa, con molteplici azioni finalizzate a donare soldi per ottenere prestigio e consenso. Gratteri si è poi soffermato sulle modalità di ricerca di potere e credibilità anche tramite la politica, sottolineando che “i mafiosi vivono tra di noi, ci assomigliano sempre più e vivono nel territorio. Votano e fanno votare, chiedendo il consenso elettorale” in modo da acquisire crediti per cogestire la cosa pubblica.

A seguire è stato affrontato il tema delle estorsioni e dell’usura, azioni tramite le quali le mafie “marcano il territorio” per delimitare il confine del locale di ‘ndrangheta.

Tali metodi vengono utilizzati come veicolo per il riciclaggio tramite lo sfinimento dell’usurato che viene obbligato a cedere l’attività di sua proprietà, che verrà utilizzata per produrre false fatturazioni, garantendo al mafioso di riuscire a pagare le tasse e giustificare la propria ricchezza, che poi investe in altre attività o che gli permette di fare una vita lussuosa. Il Procuratore si è allora soffermato sulle modalità operative mafiose sempre più complesse e raffinate, che rendono difficoltoso provare sul piano investigativo il contrasto a tali attività criminali. A tale riguardo ha sottolineato anche il “lento sgretolamento delle azioni antimafia” che depotenzia la possibilità di agire nel contrasto alle mafie, anche a causa del numero non adeguato di magistrati e di forze dell’ordine.

Inoltre, le sfide odierne richiederebbero l’assunzione di hacker ed ingegneri, per un contrasto adeguato alle mafie che operano sempre di più attraverso il mondo digitale. Tale criticità risulta di particolare gravità a fronte delle ingenti somme messe a disposizione con il PNRR.
Gratteri ha quindi rilevato la necessità di investire in istruzione anche per rendere più efficace il contrasto alle mafie. Ha sottolineato come sia apparentemente più facile gestire “il popolo ignorante” e come il drastico abbassamento di etica e morale nella cultura occidentale “ci rende molto deboli, con il rischio di essere fagocitati da culture più forti, come quella musulmana e quella cinese”.

Stimolato dalle numerose domande degli studenti, il Procuratore ha affrontato numerose tematiche, legate anche a episodi di cronaca come quella relativa al mantenimento dell’anarchico Cospito al regime del 41bis. Gratteri ha sottolineato che, a suo parere, il Ministro della Giustizia abbia fatto bene a confermare il 41bis “per non cedere al ricatto e non permettere agli altri di percorrere la stessa strada”. “Bisogna verificare – ha aggiunto – che non siano le mafie ad appoggiare tale operazione e che non siano loro a sovvenzionare anche le manifestazioni fuori dal carcere”. A proposito di carceri, Gratteri le ha definite “una miniera dal punto di vista informativo”, rilevando la necessità di aumentare gli agenti della Polizia Penitenziaria preposti al monitoraggio dei detenuti mafiosi.

 

In merito all’intelligence ha, infine, sottolineato il grande contributo che i Servizi danno al Paese, contrariamente ad una idea diffusa che essi operino sempre in modo opaco. Per Gratteri, è sbagliato l’approccio da parte di alcuni commentatori nel descriverli poiché “sono indispensabili per l’esistenza stessa del Paese e mai dovrebbe essere messa in discussione la loro funzione”.

Processo Rinascita Scott, Gratteri denuncia “i periti al bar con gli imputati”

LAMEZIA TERME – I periti incaricati dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia – dinanzi al quale si sta celebrando il maxiprocesso alla ‘ndrangheta nato dall’operazione Rinascita Scott – delle trascrizioni delle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, oltre che lavorare per i giudici avrebbero accettato consulenze di parte dagli avvocati delle difese degli imputati in relazione alle stesse intercettazioni. Una situazione grave e paradossale, denunciata ieri in aula dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri che insieme ai pm Andrea Mancuso, Annamaria Frustaci ed Antonio De Bernardo, rappresenta la pubblica accusa. Alcuni periti incaricati delle trascrizioni delle intercettazioni dai giudici del Tribunale sarebbero stati inoltre visti dal pm Frustaci in compagnia di alcuni imputati a piede libero.

Periti che chiedono una proroga di 24 mesi per portare a compimento, per conto del Tribunale di Vibo Valentia, le trascrizioni delle intercettazioni per il processo Rinascita ma che non disdegnano di farsi affidare incarichi da avvocati che difendono imputati nello stesso processo. Gratteri chiede che venga fatta chiarezza e vengano nominati anche nuovi periti.

Accuse a Gratteri, confermato il trasferimento per Lupacchini

ROMA – La Sezione disciplinare del Csm ha emesso la sentenza confermando il trasferimento d’ufficio di Lupacchini. La decisione rispecchia solo in parte le richieste della procura generale della Cassazione per la quale Lupacchini ha denigrato, con un’intervista a Tgcom 24, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, e che aveva chiesto per lui assieme alla conferma del trasferimento la condanna alla sanzione della censura. Lupacchini è stato invece assolto dall’accusa di aver denigrato anche il Csm per aver pubblicato sul suo profilo Facebook una petizione a sostegno di un magistrato del distretto, l’allora procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, che era stato trasferito d’ufficio dal Csm a seguito di un’indagine della procura di Salerno. L’avvocato del procuratore, Ivano Iai, ha spiegato che si sta valutando se impugnare la sentenza davanti alle sezioni unite della Cassazione dopo la lettura motivazioni”.

“Non hai mai contestato nulla a Gratteri”

Ieri, prima della decisione, Lupacchini si era difeso davanti alla sezione disciplinare del Cms spiegando di non aver voluto denigrare nessuno: “non ho mai contestato una violazione al dottor Gratteri” e l’esistenza di un “grave contrasto” con lui “è una favola nera inventata di sana pianta”.

L’ex Pg ha dichiarato di ritenere quell’accusa infondata: “Alla domanda a sorpresa nell’intervista di un’opinione su Rinascita Scott “ho risposto non ne penso nulla, perchè non ne so nulla. E non lo so perché non esiste una canale comunicativo, stante la buona abitudine del procuratore distrettuale di evitare questo tipo di contatti, quando in realtà il Pg deve essere informato” per poter esercitare “le attività di coordinamento ed evitare sovrapposizione di indagini”. L’accusa di aver denigrato e fatto del sarcasmo si lega in particolare al termine “evanescente” usato da Lupacchini a proposito di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro. Quel termine “era riferito a indagini antecedenti a Rinascita Scott e non a quell’operazione.

“Che risultassero evanescenti le precedenti indagini, ne parlavano anche i giornali. C’era una querelle sugli annullamenti delle misure cautelari operati dalla Cassazione. Non ho detto assolutamente nulla – ha spiegato Lupacchini – che non fosse già noto a tutti e che io non avessi precedentemente rappresentato al Comitato di presidenza del Csm, al Pg della Cassazione e al ministro della Giustizia, cioè ai titolari dell’azione disciplinare”.

Intelligence, Gratteri al master Unical: «Per combattere le mafie occorre sistema penale a livello europeo»

RENDE (CS) – Nicola Gratteri Procuratore della Repubblica di Catanzaro e Saggista, ha tenuto una lezione dal titolo “Ossigeno Illegale. Come le Mafie approfittano della crisi del Covid-19” nel corso del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Gratteri ha esordito affermando che nella lotta alle mafie è necessario avere un sistema penale unico in tutta Europa.
“Oggi, infatti, le mafie investono sempre di più all’estero, in paesi ricchi come la Germania, la Francia, la Svizzera ma anche nei Paesi dell’Est Europa, dove si stanno investendo consistenti fondi europei. Il problema dell’espansione delle mafie non riguarda solo il nostro Paese ma coinvolge tutto il mondo occidentale e l’economia globalizzata. Tuttavia molti Paesi Europei sono restii ad adottare una legislazione antimafia più forte. In primo luogo perché non considerano un vero allarme le mafie; in secondo luogo perché un sistema giudiziario più pervasivo potrebbe minare la privacy dei loro cittadini, e per alcuni Stati questo non è immaginabile; in terzo luogo una legislazione più rigorosa, ad esempio, sul riciclaggio di denaro, potrebbe limitare i commerci e gli affari.

L’Italia- ha affermato – nonostante abbia uno dei sistemi normativi più evoluti del mondo nel contrasto alla mafia ed una conoscenza molto approfondita del fenomeno, non riesce ad essere incisiva in Europa per fare adottare una legislazione antimafia omogenea, che sia più incisiva nel contrasto alle mafie. “Abbiamo grandi difficoltà – ha ribadito- ad essere ascoltati su questo tema fondamentale in Europa. Significativa è la circostanza, ad esempio, che le sedi dell’Eurojust,dell’Europol e dell’Interpol siano in Olanda”.

“Oggi – ha detto Gratteri- le mafie non si manifestano all’opinione pubblica e vengono identificate solo da chi ha un rapporto diretto con esse ossia dalle forze dell’ordine, dai magistrati e dagli usurati: per tutti gli altri non esistono.
Per questa ragione il problema delle mafie non è nell’agenda politica, perché non crea allarmismo sociale. La politica- ha spiegato – in genere si muove in funzione degli argomenti che i media di élite pongono all’attenzione in prima pagina dei quotidiani e nei titoli di testa dei telegiornali. Ed a volte il sistema mediatico diffonde notizie false che indeboliscono l’attività giudiziaria della magistratura”.

Gratteri ha poi suggerito una serie di riforme che servirebbero al nostro ordinamento giudiziario per meglio agire contro le mafie.

“Credo – ha detto – che sia arrivato il momento di creare una specializzazione per i magistrati e per le forze di polizia. Occorre potenziare gli uffici delle indagini preliminari e porvi a capo magistrati attivi e brillanti.
Per quanto riguarda la polizia giudiziaria, in particolare, andrebbe ridotta la scala gerarchica a livello burocratico, per renderla più snella e concentrarla nel lavoro sul territorio. Sarebbe importante, inoltre, per le forze dell’ordine prolungare il tempo di durata dei corsi di aggiornamento che riguardano, ad esempio, le tecniche dell’affiancamento, del pedinamento, degli appostamenti e della stesura delle informative. Bisognerebbe investire maggiori risorse per consentire ai sottoufficiali delle forze dell’ordine il trasferimento presso altre sedi al fine di evitare che restino in uno stesso posto per lungo tempo. Inoltre, è necessaria l’informatizzazione del sistema giudiziario perché ne riduce i costi e ne aumenta l’efficienza. E’ importante riflettere su questi argomenti- ha detto Gratteri- perché creare una legislazione più efficace e migliorare il funzionamento della giustizia sono condizioni indispensabili per persuadere che non è conveniente delinquere. Occorre quindi un sistema penale, investigativo e carcerario efficiente ed efficace.
A tal proposito ha ribadito che “agli ndranghetisti ed ai mafiosi detenuti è necessario presentare progetti credibili e convenienti. Per convincerli a collaborare con lo Stato non servono discorsi etici e morali ma è necessario che si instauri un sistema che non renda più conveniente delinquere.

Non basta tuttavia- ha affermato il Procuratore- cambiare solo le regole del gioco occorre anche molta generosità personale verso gli altri; occorre impegnarsi sempre di più. Evitare un approccio burocratico al problema e tenere conto che con la propria attività di magistrato, di operatore della giustizia e delle forze dell’ordine si incide sulla qualità della vita delle famiglie, delle persone, dei territori e delle istituzioni.

Parlando poi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha ricordato che si è giunti ad emetteresentenze definitive di condanna a carico di coloro che avevano partecipato alle stragi di Capaci e Via D’Amelio, per il lavoro incessante e serio svolto da grandi investigatori e grandi magistrati. “L’ omicidio di Falcone- ha detto-era imprevedibile perché da anni non era in prima linea. Mentre, forse, la morte di Borsellino poteva essere evitata. Sia Falcone che Borsellino si sono trovati di fronte ad una mafia violenta, rappresentata da Rina, che ha voluto lanciare un guanto di sfida, perché voleva dettare l’agenda allo Stato che ha reagito con forza”. A questo proposito ha detto ancora Gratteri “è bene ricordare che per proteggere i magistrati non basta solo la scorta. Altrettanto importante è la condivisione e la sinergia con gli altri apparati dello Stato. La lotta ed il contrasto ai fenomeni mafiosi non è un derby tra magistrati da un lato e mafia, ndrangheta e camorra dall’altro ma riguarda tutte le Istituzioni della Repubblica, che nei momenti importanti devono fare squadra, dimostrando una visione e una strategia comune”.

Ha ricordato poi che i rapporti tra Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra risalgono al XIX secolo quando nel carcere di Favignana venivano reclusi gli esponenti di queste tre consorterie malavitose e si realizzavano i primi scambi anche linguistici. Per esempio, i termini “picciotto” e “camorrista” nascono all’interno della camorra e poi vengono adattati ed utilizzati rispettivamente dalla mafia siciliana e dalla ‘ndrangheta.

“Quello mafioso – ha concluso Gratteri – è un fenomeno storico e per contrastarlo efficacemente abbiamo bisogno anche della politica ed in particolare di grandi politici, che siano in grado di disegnare scenari nuovi ed adottare strategie visionarie e lungimiranti”.

Cosenza, sequestrata piazza “Bilotti”. La Dda di Gratteri notifica 13 informazioni di garanzia

COSENZA – I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo dell’intera struttura di piazza “Carlo Bilotti” a Cosenza, disposto in relazione ai reati di falso, relativi agli atti della procedura di collaudo dei lavori di intervento di riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo- culturale della medesima piazza.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, su richiesta della Dda di Catanzaro, con il costituto procuratore Veronica Calcagno e il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e del procuratore della Repubblica Nicola Gratteri.

Il vincolo reale sulla piazza si è reso necessario al fine di scongiurare che, dal perdurante utilizzo della stessa, per manifestazioni pubbliche, potesse derivarne pericolo per la pubblica incolumità. L’attività (convenzionalmente denominata “Piazza Sicura”), è intervenuta nell’ambito delle investigazioni connesse alla gestione dell’appalto per la “riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo-culturale di Piazza “Carlo Bilotti” e realizzazione di un parcheggio interrato,” del valore di € 15.755.000 di cui € 11.993.778,35 di finanziamento pubblico ed € 3.761.221,65 a carico del privato imprenditore e relative alle ipotesi di reato, riguardanti pubblici amministratori, imprenditori, professionisti e pubblici dirigenti, indagati, a vario titolo, per falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, mancanza del certificato di collaudo, e con la previsione, per uno degli indagati, dell’aggravante di avere commesso il fatto per agevolare le attività della cosca “Muto” di Cetraro.

In particolare, le indagini, svolte mediante attività tecniche d’intercettazione e attività di riscontro documentale, hanno permesso di delineare le ipotesi di plurimi reati di falso, finalizzati ai finanziamenti per lavori complementari e per il rilascio del certificato di collaudo, di rivelazione di segreto, posta in essere da un pubblico dipendente in relazione ad attività ispettive che dovevano essere avviate sul cantiere, e affidamento e frammentazione di incarichi sotto soglia, in modo da aggirare gli obblighi posti dalla normativa vigente in materia di appalti.

Con riferimento specifico al provvedimento di sequestro eseguito oggi, dalle attività di indagine è emerso che, la cerimonia pubblica di inaugurazione di piazza Bilotti, al termine dei lavori di riqualificazione, avvenuta in data 17 dicembre 2016 con la presenza di migliaia di persone, è stata svolta in mancanza del certificato di collaudo, condizione imprescindibile all’apertura al pubblico della fruibilità della medesima opera pubblica.

Il collaudo dell’opera, formalmente eseguito in data successiva a detto evento inaugurale (ovvero il 30 dicembre 2016), dalla ricostruzione investigativa risulta effettuato sulla scorta di un certificato ritenuto ideologicamente falso, nel quale è stata attestata la corretta esecuzione delle opere a fronte di fessure e crateri riscontrate sulle travi portanti della piazza, non ancora effettivamente riparate a quella data.

Ciò scaturiva dalla necessità di corrispondere alle pressanti richieste dell’amministrazione comunale di Cosenza, legate anche alla volontà di non spostare in altro luogo il concerto di fine anno 2016 (evento effettivamente tenutosi). Dalla ricostruzione investigativa, risulta, inoltre, il deposito, presso i competenti uffici della Regione Calabria e del comune di Cosenza, di documentazione attestante prove tecniche su strutture e materiali, nella realtà non ancora effettuate.

 

 

 

Intelligence e criminalità, Gratteri: «Contrasto globale alle mafie valorizzando l’esperienza italiana»

RENDE (CS) – «Perché i ladri di polli in Italia sono diventati mafia e altrove sono rimasti ladri di polli?». Con questo interrogativo il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri nei giorni scorsi ha avviato la sua lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria.

Il direttore del Master Mario Caligiuri ha introdotto la lezione commentando i libri del procuratore, gran parte dei quai scritti con Antonio Nicaso. Gratteri ha inquadrato storicamente il fenomeno, ricordando che nel 1869 il Comune di Reggio Calabria venne sciolto per brogli elettorali con minacce e vessazioni e metodi mafiosi, così come la criminalità sfruttó anche la ricostruzione dopo il terremoto del 1908. Per il Procuratore, il salto di qualità avvenne negli anni Settanta con la nascita della Santa, che può essere considerata «la più grande invenzione della ‘Ndrangheta, uno spartiacque poiché, per esempio, non si discuteva più chi dovesse vincere un appalto ma se dovesse essere costruita un’opera». Infatti «i sequestri di persona erano serviti per comprare ruspe, e camion e per costruire case». Ha poi ricordato che «per frenare la rivolta di Reggio capoluogo, il Pacchetto Colombo prevedeva la realizzazione di una serie di opere pubbliche, tra le quali la realizzazione del centro siderurgico a Gioia Tauro e dell’impianto della liquilchimica a Saline Joniche. La ‘Ndrangheta si è arricchita realizzando i lavori, maturando la consapevolezza di poter contare di più. Si è quindi adoperata per cambiare le regole del gioco. Infatti, i giovani boss hanno ucciso i vecchi rappresentanti delle ‘ndrine, come Antonio Macrì, che aveva un grande peso all’ateneo di Messina, e Domenico Tripodo». Ha proseguito dicendo che «invece di andare alla ricerca di alibi, il Sud deve essere consapevole della propria storia per ripartire, utilizzando le grandi risorse di cui dispone». Gratteri ha poi spiegato che «il problema degli appartenenti alla élite della ‘ndrangheta è come giustificare la ricchezza, tanto che sono tra quelli che pagano con più puntualità tutte le tasse», evidenziando che «le imprese mafiose hanno successo perché sono competitive, aggiudicandosi con alti ribassi i lavori pubblici e privati. In questo quadro, sono fondamentali i rapporti con la politica e la pubblica amministrazione». Per quanto riguarda la presenza nelle zone di origine, ha evidenziato che «i mafiosi sono presenti sul territorio 365 giorni all’anno, molto più della rappresentanza politica con la quale negli ultimi decenni il rapporto si è completamente ribaltato: prima ai politici si chiedeva il posto di bidello oppure il trasferimento del militare, mentre adesso si propongono pacchetti di voti in cambio di utilità. La ‘ndrangheta non ha ideologie perché punta sempre sul cavallo vincente per non rimanere mai all’opposizione. Inoltre, la legge Bassanini ha favorito oggettivamente le mafie, annullando i controlli esterni». Ha quindi ricordato che «la ‘ndrangheta opera sotto traccia a differenza della mafia siciliana che ha sfidato lo Stato sul piano militare». Ha poi affrontato il tema del traffico di droga, che consente utili enormi alla criminalità, evidenziando che i grandi produttori di cocaina allo stato naturale sono Colombia, Bolivia e Perù. La ‘ndrangheta acquista tutto ciò che è in vendita sul mercato per imporre il prezzo. Se intervenisse l’Onu, si potrebbe trattare direttamente con i coltivatori di piante di coca facendo la conversione delle culture, attraverso specifici incentivi. Si spenderebbe meno di un sesto di quanto adesso sta costando la lotta alla droga. Infatti, è impossibile contrastare la marijuana, che si può coltivare dovunque, oppure le droghe sintetiche, che si realizzano in laboratorio e sono particolarmente dannose. Negli Stati Uniti è ritornato preponderante il consumo di eroina, perché costa la metà della cocaina, e il fentanil, che sta decimando migliaia di giovani nei campus». Ha quindi evidenziato «il pericolo della mafia albanese che è in crescita nel Nord Italia, in Olanda, in Germania, in Belgio ed è particolarmente forte perché non viene adeguatamente combattuta nei territori di origine. È presente anche in Sud America, per ora insieme alla ‘ndrangheta ma è anche in grado di organizzare viaggi autonomi in Europa». La mafia nigeriana al momento è forte sul piano militare ma non è infiltrata con la politica e l’imprenditoria. Gratteri ha quindi sottolineato le evoluzioni rapidissime delle mafie che sono in costante trasformazione come la struttura sociale, rendendone difficile il contrasto. Ha concluso parlando dell’intelligence nazionale la cui presenza all’estero andrebbe rafforzata per contrastare l’immigrazione negli effettivi territori di partenza. L’Italia ha maturato una particolare esperienza nella lotta alle mafie sia come legislazione che come professionalità ma nessuna delle agenzie europee di contrasto alla criminalità si trova nel nostro Paese, segno della nostra debolezza sul piano internazionale (Eurojust ed Europol si trovano all’Aja, ndr). Così come quando si affronta a livello comunitario il tema dell’omologazione dei codici, come base di partenza non si sceglie mai il nostro sistema giudiziario, pur se riconosciuto il più avanzato nel campo della legislazione antimafia. L’unificazione comunitaria dei codici non può infatti avvenire partendo magari dal sistema lettone.

Lotta a narcotraffico, 45 misure cautelari nel cosentino

COSENZA – Un’organizzazione dedita al narcotraffico ed allo spaccio è stata sgominata dalla polizia con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Il gruppo faceva capo alla famiglia Presta, grazie al legame con il boss storico della ‘ndrangheta cosentina Franco Presta e controllava il territorio compreso tra Tarsia, Roggiano Gravina, San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Acri. L’organizzazione esercitava il proprio potere mediante la capillare e asfissiante imposizione dei propri spacciatori nelle varie piazze così come i canali di approvvigionamento e rifornimento della droga che arrivava, in particolare la cocaina, dalle cosche di Platì. Le accuse contestate alle 45 persone raggiunte dalla misura cautelare – 20 in carcere, 16 ai domiciliari, 7 con obbligo di dimora e 2 di presentazione alla pg – sono, a vario titolo, di vendita, cessione, distribuzione e commercio di ingenti quantitativi di droga. Ad alcuni indagati vengono contestati anche i reati di estorsione, ricettazione e detenzione abusiva di armi.

Manifestazione Catanzaro, Gratteri: «Promuovere nuova cultura che abbia il coraggio di denunciare il male»

CATANZARO – «In Calabria, e non solo, stiamo vivendo un periodo in cui la gente è disorientata e non sa più a chi rivolgersi e in chi avere fiducia. Auguriamoci che il risveglio delle coscienze porti tutte le agenzie educative a lavorare, con maggiore impegno, per promuovere una nuova cultura che, tra l’altro, abbia il coraggio di denunciare il male e riportare fiducia in tutte le Istituzioni». Queste le parole del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, contenute nel messaggio inviato ai promotori della manifestazione a suo sostegno svoltasi davanti il palazzo di giustizia del capoluogo calabrese.

Una manifestazione, che ha visto riempirsi questa mattina la piazza antistante il palazzo di giustizia di Catanzaro, promossa da un “Comitato spontaneo di prossimità” dopo le critiche rivolte al magistrato in ambienti politici e giudiziari per l’operazione “Rinascita Scott” che nelle settimane scorse ha portato all’arresto di oltre trecento persone.

Tanti i cittadini presenti, i giovani e gli studenti, oltre ai rappresentanti di associazioni ed esponenti della politica, che hanno partecipato alla manifestazione, esprimendo solidarietà e vicinanza al magistrato per il suo impegno contro la ‘ndrangheta e contro gli ambienti di potere a livello regionale e nazionale inquinati dall’organizzazione criminale.

Diversi gli striscioni esposti nel corso della manifestazione, con scritte a sostegno del Procuratore di Catanzaro, accompagnati dalle grida “Gratteri non si tocca”scandite soprattutto dagli studenti.

Operazione “Rinascita-Scott”, Gratteri: «La più grande dopo il maxi processo di Palermo»

CATANZARO – «E’ la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri sintetizza l’operazione, denominata “Rinascita-Scott”, che ha portato a 334 arresti tra i quali politici, avvocati, commercialisti e massoni. «Abbiamo disarticolato completamente le cosche della provincia di Vibo – ha aggiunto il procuratore – ma ha interessato tutte le regioni d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Nell’ordinanza ci sono 250 pagine di capi di imputazione. E’ stato un grande lavoro di squadra fatto dai carabinieri del Ros centrale, di quello di Catanzaro, e del Comando provinciale di Vibo Valentia».