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Reggio Calabria, emergenza criminalità

REGGIO CALABRIA – L’esecuzione dell’imprenditore edile Giovanni Vilasi, freddato a colpi di pistola in pieno giorno a Reggio Calabria, ha riacceso i riflettori sull’escalation criminale che soffoca la regione, in particolare l’area dello Stretto. Il fatto di sangue, sul quale indagano polizia e carabinieri, si è consumato nel pomeriggio. L’uomo, ritenuto dagli investigatori vicino alla cosca Libri, era appena uscito da una pasticceria e mentre si accingeva ad entrare nella sua auto, è stato ucciso con tre colpi di pistola alla testa. Secondo una prima ricostruzione del fatto, il killer è giunto a bordo di un motorino sul quale si è poi dileguato insieme ad un complice. Non ci sarebbero testimoni. Immediatamente il prefetto Claudio Samartino ha convocato una seduta del comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica a cui hanno preso parte il Procuratore della della locale Direzione Distrettuale Antimafia, il Questore ed i Comandanti provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza.
Nei giorni scorsi il ripetersi degli attentati di ndrangheta, anche nei confronti di pubblici amministratori, aveva spinto il Ministro dell’Interno Alfano a presiedere a Reggio Calabria la Conferenza delle Autorità di Pubblica Sicurezza. Un segnale della presenza dello stato in un territorio che continua però a rimanere ostaggio della criminalità.

Operazione contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria. 16 arresti

Polizia: la volante della questura di AostaREGGIO CALABRIA – Si chiama Antibes l’operazione che la Squadra Mobile e l’aliquota Polizia di Stato della Sezione presso la Procura della Repubblica ha condotto questa mattina contro la ‘ndrangheta. 16 i fermi emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di soggetti legati alla “famiglia” Franco della frazione Pellaro del capoluogo reggino. Tra i reati contestati l’associazione mafiosa e l’estorsione in danno di operatori economici. Nel corso dell’operazione gli agenti della polizia di stato hanno eseguito anche numerose perquisizioni. L’operazione ha preso il nome della località turistica francese in cui, nel novembre 2013, venne arrestato il latitante Giovanni Franco nel corso di un’operazione congiunta della Squadra Mobile di Reggio Calabria e della Polizia francese, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia. Ad essere arrestati sono stati i fiancheggiatori della latitanza di Giovanni Franco. Le indagini della polizia sono state dirette dalla Dda di Reggio Calabria. Giovanni Franco fu arrestato nel novembre 2013, dopo che si era sottratto all’esecuzione di una condanna definitiva ad 11 anni e 4 mesi di reclusione per traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso delle indagini è emerso che i fiancheggiatori avrebbero raggiunto più volte Antibes, nel paese d’Oltralpe. Per sviare le indagini, durante alcuni viaggi, avrebbero spedito, con un corriere, i loro telefoni cellulari accesi, in una località turistica del Nord Italia che avrebbero raggiunto, con autovetture prese a noleggio, dopo aver incontrato il latitante in Francia, mentre in altri casi avrebbero affidato gli apparecchi telefonici ad altri affiliati, per simulare la loro presenza a Reggio Calabria.

Processo a Rosy Canale, chiesti sette anni di carcere

Rosy Canale 2LOCRI (CS) – A termine di una requisitoria di oltre tre ore il pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria, Francesco Tedesco, ha chiesto la condanna a sette anni di reclusione per Rosy Canale, la fondatrice dell’associazione antimafia “Movimento donne di San Luca” coinvolta nell’inchiesta chiamata Inganno. L’imputata è accusata di truffa e malversazione. Secondo l’accusa, avrebbe usufruito di finanziamenti pubblici destinati all’attività del movimento antimafia, utilizzandoli in realtà per scopi personali.

L’allarme dei magistrati della Dda: siamo rimasti in sei con mille udienze da presenziare

Bombardieri e lubertoCATANZARO – Dopo aver illustrato i particolari dell’operazione che ha consentito alla Direzione Distrettuale di Catanzaro di procedere alla confisca dei beni riconducibili alla cosca Tripodi, il procuratore aggiunto della Dda Vincenzo Luberto si è lasci uno sfogo davanti ai cronisti, denunciando in maniera determinata la carenza di organico dell’importante ufficio giudiziario. “La Dda di Catanzaro ha a disposizione solamente sei magistrati per far fronte a mille udienze cui i singoli pm devono presenziare. Si tratta di un numero esiguo di uomini che fronteggia in ogni modo possibile la criminalità organizzata ottenendo un successo insperato, se si considera la carenza di organico. Voglio ricordare che abbiamo competenza su due terzi del territorio regionale. Parliamo di zone come Lamezia, gestita con sacrificio inenarrabile vista la presenza radicata di cosche come quella dei Giampà e dei Torcasio che comunque siamo riusciti ad arginare con numerose operazioni come “Medusa” e “Perseo”, e non ultima “Dirty Soccer”, ma se analizziamo tutto il territorio di nostra competenza non sfugge che Vibo Valentia ha in ogni frazione piccole cosche che gestiscono le attività criminali che fanno capo a quelle più note. Anche lì – ha sottolineato Luberto – la nostra attività è stata determinante e parliamo sempre di un uomo solo a gestire tutto. La situazione non cambia a Cosenza e Crotone, dove ci si divide tra Paola e Castrovillari con il clan Rango-Zingari e dove siamo riusciti con la nostra attività a svelare le ramificazioni nazionali del clan Grande-Aracri, attività che ha portato all’operazione Aemilia. Infine c’è Catanzaro, che non è un’isola felice come tutti vogliono far credere o come si potrebbe pensare. Anche qui la ‘ndrangheta è permeata notevolmente. Se la ‘ndrangheta, quindi – ha concluso il procuratore aggiunto – è il nemico numero uno, come dicono, non è così che si combatte. Le forze sono insufficienti perché si finisce per trascurare alcune situazioni che possono essere importantissime. Lo sforzo della Procura è notevole, ma potrebbe alla lunga non bastare. Per questo ribadiamo che serve un incremento di organico”.

Cosenza, scacco matto al clan Perna. Diciannove provvedimenti di fermo

carabinieri-3COSENZA – Diciannove provvedimenti di fermo emessi nei confronti di altrettanti esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei Perna sono stati eseguiti dai carabinieri di Cosenza nel corso di un’operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Secondo l’accusa, il clan dei Perna sarebbe a capo di un ampio traffico di sostanze stupefacenti articolato su una fitta rete di spaccio in grado di rifornire l’area urbana cosentina e gli altri comuni ad essa limitrofi. Tra i fermati spicca il nome di Marco Perna, di 41 anni, figlio del capo della cosca Franco, attualmente detenuto in regime di 41 bis. Dalle indagini è emerso il ruolo di leader che era stato assunto nel gruppo criminale da Marco Perna, che aveva di fatto assunto la guida della cosca dopo l’arresto del padre e che poteva contare anche sulla disponibilità di un deposito di armi, scoperto dai militari dell’Arma. All’interno di tale deposito, ubicato a Cosenza nel quartiere di Serraspiga, erano custoditi, tra l’altro, anche due revolver di grosso calibro. Per imporre il loro potere sul territorio, gli uomini della cosca, secondo quanto riferito dai carabinieri, si avvalevano di modalità tipicamente mafiose, specificamente contestate nel provvedimento di cattura. Secondo quanto si è appreso, l’attività di monitoraggio e controllo dei principali indagati da parte dei carabinieri ha riguardato un periodo di circa un anno, a partire dal mese di settembre del 2014. Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri e dal sostituto Pierpaolo Bruni e condotte dai carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Cosenza in collaborazione con i militari della compagnia.

33 fermi nella cosca che gestiva traffico di droga da sud a nord

COSENZA  – Dopo le indagini condotte dal Goa di Catanzaro e di Brescia, la Guardia di finanza, ha eseguito 33 provvedimenti di fermo, emessi dalla Dda di Catanzaro, contro gli elementi della cosca ‘degli zingari’ di Cassano allo Jonio, accusati di avere gestito un vasto traffico di droga, con diramazioni anche nel nord Italia.

Sequestrati beni per un valore di un Milione di euro a cosca di Corigliano

CORIGLIANO (CS) – La Guardia di finanza di Catanzaro ha sequestrato beni per un valore di un milione di euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal tribunale di Cosenza. Il provvedimento è stato richiesto da Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore della Dda di Catanzaro. I finanzieri del Gico hanno sequestrato ad un esponente della cosca di ‘ndrangheta di Corigliano un appartamento, una ditta individuale, automezzi, conti bancari e postali.

La ‘ndrangheta minaccia il pm Lombardo: 200 kg di tritolo pronti ad esplodere

Il pm della Dda di Reggio calabria Giuseppe Lombardo, titolare di controverse inchieste contro le più grandi cosche calabresi, ha ricevuto minacce pervenute in una telefonata ai centralini della Guardia di Finanza giorni fa. Nella chiamata si faceva allusione a 200 kg di tritolo pronti ad essere fatti esplodere contro Lombardo. La notizia è stata ripresa dal Quotidiano del Sud e La Repubblica, secondo cui l’anonima voce al telefono avrebbe detto “dite a Beppe Lombardo che se non la smette lo ammazziamo” , specificando addirittura alcune aree in cui l’attentato verrebbe posto in essere. La vicenda è stata confermata stamani all’ANSA da ambienti della Procura di Catanzaro.

Maxi operazione antidroga: arresti anche in Calabria

TORINO – La Dda di Torino, sotto la guida del pm Antonio Smeriglio, ha portato a termine in queste ore una maxi operazione contro un traffico di droga e armi tra Calabria, Emilia-Romagna e Piemonte.

Dodici le misure cautelari eseguite nelle province di Torino, Roma, Napoli e Reggio Calabria.

E’ l’ultimo atto di un’indagine durata due anni, che ha portato a misure restrittive nei confronti di 21 persone e all’arresto di un latitante appartenente alla ‘ndrangheta.

Spaccio e traffico di stupefacenti, 40 arresti

NAPOLI – I carabinieri stanno attuando quaranta arresti (14 in carcere e 26 ai domiciliari) nell’agro sarnese nocerino (Salerno), a Napoli, Bologna e Crotone, per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale di Salerno su richiesta della Dda. Gli accusati sono colpevoli a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti e di traffico e spaccio di hashish, cocaina e di marijuana.