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Al Quirinale una delegazione del Credito Cooperativo italiano

ROMA  – Una delegazione del Credito Cooperativo italiano, guidata dal Presidente di Federcasse Alessandro Azzi è stata ricevuta questa mattina al Palazzo del Quirinale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a conclusione delle celebrazioni del 130mo anniversario della costituzione della prima Cassa Rurale italiana, avvenuta a Loreggia (Padova) nel 1883.
Nel rivolgere il proprio saluto ai partecipanti, il Presidente Giorgio Napolitano ha ribadito la sua vicinanza al mondo della cooperazione, incoraggiando il Credito Cooperativo a “coltivare” la differenza di banche locali, mutualistiche al servizio dei territori. “Le BCC sono una componente originale ed essenziale dell’economia italiana e vivono un rapporto speciale con l’opinione pubblica e con i cittadini” ha poi affermato. “Le Banche di Credito Cooperativo – ha aggiunto il Presidente della Repubblica – hanno la vocazione ad essere più vicine alle PMI, soprattutto in anni di crisi e possono favorire la crescita delle piccole imprese, aiutandole a lavorare in rete”. “E’ inoltre importante – ha concluso – che le BCC abbiano, nel rispetto delle regole prudenziali, un proprio “merito di credito”.
Dal canto suo, il Presidente di Federcasse ha in particolare ricordato il valore dell’esperienza originale e inimitabile delle banche cooperative mutualistiche che dalla loro nascita hanno accompagnato l’Italia e le diverse comunità delle quali sono autonoma espressione in un percorso di crescita economica, civile, sociale e culturale.
Oggi – ha ricordato Azzi – le BCC e Casse Rurali operano in 2.700 Comuni (in oltre 500 dei quali sono l’unica realtà bancaria). Sono caratterizzate da una particolare specializzazione produttiva in termini di sostegno ai piccoli operatori economici ed alle famiglie. Oggi, ha reso noto il Presidente, le BCC erogano quasi il 18% del totale dei finanziamenti alle micro e piccole imprese. Le quote di mercato sfiorano il 23 % del totale dei crediti alle imprese artigiane, il 18 % per le imprese agricole, il 12,5 % per le istituzioni del non profit, il 9% per le famiglie. Nei venti anni del Testo Unico Bancario (1994 – 2013) le BCC hanno accresciuto di sette volte gli impieghi, di quattro la raccolta diretta, di tre volte il patrimonio, oggi a 20 miliardi di euro (con un Tier 1 medio del 14 %).
“Le BCC in questi anni – ha sottolineato il Presidente di Federcasse – hanno attratto fiducia. Ed erogato fiducia. I soci sono cresciuti in venti anni di oltre due volte, raggiungendo quota 1 milione e 160 mila. Le nostre cooperative bancarie hanno contribuito al miglioramento del ben-essere inteso non solo come sviluppo ma anche coesione sociale, equità e qualità delle relazioni”.
Rispetto alla situazione attuale, Azzi ha ribadito come il Credito Cooperativo sia fortemente impegnato, in tutte le sedi, a promuovere e garantire la sostenibilità e lo sviluppo del modello di banca mutualistica. Contro i rischi del “pensiero unico” contro, in particolare, la tesi per cui la frammentazione dell’industria bancaria italiana sarebbe di per sé indice di debolezza) o contro i rischi di “omologazione” soprattutto in relazione alla normativa europea di settore, adottando criteri di proporzionalità ed adeguatezza nella sua definizione ed applicazione.
Il Credito Cooperativo, ha detto ancora il Presidente, è oggi impegnato ad investire sulla qualità delle persone, a qualificare la governance delle singole Banche (attraverso anche una profonda revisione statutaria), a rafforzare la coesione interna e la rete di protezione del sistema, a promuovere il coinvolgimento e la democrazia interna, con una attenzione particolare all’universo giovanile e alle donne.
In conclusione, Azzi ha ribadito come oggi, per innescare la vera ripartenza del Paese, occorra ricostruire fiducia, a tutti i livelli. “L’Italia ha pagato, e per alcuni versi sta ancora pagando, prezzi che derivano fondamentalmente da carenza di fiducia” ha detto. “Sono prezzi finanziari, con riferimento ai mercati internazionali, alla valutazione dell’affidabilità del nostro Paese. Sono prezzi civili, con riguardo all’allontanamento dei cittadini dalle istituzioni. Sono prezzi sociali, pensando alle difficoltà dei giovani di immaginare e costruire il proprio futuro. Sono prezzi economici, con riferimento all’assenza, che dura da almeno venti anni, di una politica industriale capace di orientare lo sviluppo di un Paese come il nostro, che è ancora la seconda manifattura europea, ma è rimasto fortemente ancorato a produzioni tradizionali, avendo investito molto meno di altri in innovazione, tecnologia, ricerca”.
“La ripartenza non può che innestarsi su un cambiamento reale. Su un’azione condivisa. Su un appoggio vero ai “produttori”. Su un’effettiva semplificazione. Su un forte investimento in ricerca e infrastrutture”. “Dobbiamo riprendere il disegno di un’Europa che sia veramente grande. Quindi l’Europa dei cittadini, più che delle strutture. L’Europa che sa miscelare sviluppo e rigore. Che sa valorizzare la ricchezza della biodiversità imprenditoriale, applicando davvero la proporzionalità ed il discernimento che servono”.
Della delegazione faceva parte anche il Presidente di Confcooperative Maurizio Gardini (Federcasse è difatti una delle articolazioni settoriali della centrale cooperativa). In un breve indirizzo di saluto, Gardini ha ricordato come il movimento cooperativo, a livello mondiale, sia impegnato a promuovere la partecipazione economica dei soci e più in generale un’economia sociale e partecipativa. Gardini, in particolare, ha ricordato il contributo che l’intero sistema cooperativo ha dato alla tenuta del sistema Paese ed al sostegno di famiglie ed imprese: “Nei sei anni di crisi già trascorsi – ha detto – le cooperative italiane hanno accresciuto l’occupazione del 5,4%. Se invece si fossero comportate come il resto della economia oggi mancherebbero all’appello 132 mila posti di lavoro, tra salvaguardati e creati. La funzione sociale inscritta nella Costituzione si realizza così in modo concreto e perfino misurabile”.

Eurodeputato Pirillo su emergenza carceri: necessario intervento tempestivo, soprattutto in Calabria

Le carceri italiane sono al collasso, le condizioni in cui vivono attualmente i detenuti della maggiorparte degli istituti di detenzione del nostro paese sono inaccettabili, spesso rasentano l’inciviltà.

Questo è un problema che viene posto di anno in anno, con il progressivo peggioramento della situazione che, di recente, ha richiamato anche l’attenzione dell’Unione Europea che si è esposta con un ammonimento nei confronti dello stato italiano.

In Italia a fronte di una capienza regolamentare di 45.568 posti, erano rinchiuse 66.271 persone, delle quali 23.773 stranieri. Degli oltre 66.000 detenuti, 25.970 erano ancora in attesa di giudizio mentre i condannati definitivi risultavano essere 38.906. Un’anomalia tutta italiana, se si tiene conto che in termini percentuali il sovraffollamento ha raggiunto il 157% contro una media europea del 97%. Nel 2012 nelle carceri italiane sono morti 117 detenuti, dei quali ben 40 per suicidio. Una situazione davvero allarmante, le cui criticità sono state evidenziate anche dal presidente della Repubblica napolitanoper cui bene ha fatto il Presidente Napolitano a evidenziarne le criticità.

A tal proposito, si è espresso l’on. Mario Pirillo, eurodeputato del gruppo S&D che ha messo l’accento su quanto questa problematica sia più acuta nelle carceri del Meridione e, soprattutto in Calabria, ove esistono case di reclusione di massima sicurezza, come ad esempio Palmi e Siano  più volte  al centro dell’attenzione per via delle precarie condizioni in cui vivono i detenuti.

“Si tratta di una situazione vergognosa – afferma Pirillo – che, insieme ad altri colleghi abbiamo già sottoposto con una interrogazione alla Commissione europea qualche mese fa. Una situazione davvero allarmante, per cui bene ha fatto il Presidente Napolitano a evidenziarne le criticità. Viviane Reding – fa sapere l’europarlamentare – a nome dell’Esecutivo europeo proprio il 22 gennaio 2013 rispose che “La Commissione attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti nell’Unione europea. Le condizioni detentive rientrano però nelle competenze degli Stati membri, a loro volta vincolati alle norme internazionali definite in materia dal Consiglio d’Europa. Ciononostante, lo scorso anno la Commissione ha pubblicato un “Libro verde” sul rafforzamento della fiducia reciproca nel settore della detenzione. Sul sito della Commissione è possibile consultare la sintesi delle risposte fornite in merito, da cui emerge che, nonostante l’ampio consenso sui problemi dovuti al ricorso eccessivo alla custodia cautelare, la maggior parte degli Stati membri non è favorevole a interventi normativi particolarmente incisivi a livello dell’UE. In base ai risultati del “Libro verde”, la Commissione intende concentrarsi sulla corretta attuazione degli strumenti di riconoscimento reciproco esistenti in materia di detenzione prima di mettere a punto nuove proposte legislative e pubblicherà, entro la metà del 2013, relazioni sull’attuazione delle tre decisioni quadro”. Come si evince il deficit è imputabile agli stati membri dell’Ue che non gradiscono stravolgimenti normativi su questioni interne. Nel caso italiano – conclude Pirillo – ci sarebbe da intervenire con tempestività cercando di trovare la giusta sintesi tra le esigenze della giustizia con il rispetto dei diritti fondamentali. L’Italia può fare molto per evitare il collasso soprattutto nei penitenziari meridionali e in Calabria”.

g.m.r.