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Rapporto Censis: Unical prima per i servizi agli studenti e ai vertici tra i grandi atenei

RENDE (Cs) – La nuova edizione del Rapporto Censis dedicato alle Università italiane conferma l’Unical tra i migliori atenei del Paese. Il campus resta infatti stabile al quarto posto della classifica dei grandi atenei e vede migliorare il proprio punteggio complessivo che passa dall’89,5 del 2020 a 90,2. Perugia, che guida la classifica, ha una media di 93,3.

L’Università della Calabria conferma però il primato assoluto tra tutti gli atenei statali per i servizi per gli studenti: l’indicatore, che fa riferimento ai pasti garantiti, alle residenze e ai contributi alloggi, assegna all’Unical anche quest’anno il punteggio massimo di 110.

La performance dell’Unical, inoltre, migliora per le voci borse di studio (si passa da 97 a 98, terzo miglior punteggio assoluto della classifica) e strutture, indicatore che fa riferimento ai posti in aula, biblioteca, laboratori (si sale da 80 a 81). La crescita più significativa si registra per il parametro occupabilità, che rappresenta un indicatore ostico per l’ateneo, visto il contesto territoriale e la modalità di rilevazione (si prende in considerazione il tasso di occupazione dei laureati magistrali a un solo anno dal conseguimento del titolo). L’Unical quest’anno cresce di ben 4 punti, passando dal 76 del 2020 a 80.

In totale gli indicatori presi in considerazione dal Censis sono sei: servizi, borse, strutture, comunicazione e servizi digitali, internazionalizzazione, occupabilità. I punteggi fanno riferimento all’anno accademico 2019/2020, con l’eccezione delle categorie comunicazione e servizi digitali (2021) e occupabilità (rilevazione Almalaurea 2021 sui dati 2020).



Censis, le Università del meridione rischiano la chiusura

www.centrocampus.it
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COSENZA (CS) –  Entro dieci anni le università del meridione rischiano di chiudere a causa della mancanza di denaro e di sostegni allo studio. Il rapporto del Censis è preoccupante: la migrazione studentesca da Sud verso il nord e i paesi europei è ai massimi storici, mentre la spesa statale per incentivare i percorsi accademici è ferma a 160 milioni di euro: troppo pochi per una Nazione che dovrebbe far leva sulla valorizzazione delle eccellenze e sulla ricerca, come fonte primaria di sviluppo. Ecco, allora, che per far fronte a questa prospettiva catastrofica, regioni come la Calabria, approfittando dei prossimi fondi comunitari, che sono destinati proprio a favorire ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, potrebbero studiare una programmazione mirata che incentivi le attività delle Università.È quanto dichiara il Segretario questore del Consiglio regionale della Calabria e presidente nazionale del movimento il Coraggio di Cambiare l’Italia, Giuseppe Graziano, commentando gli ultimi dati diramati dal Centro studi investimenti sociali, relativi alle università italiane, che confermano per gli atenei del sud una perdita netta di oltre 5,5 miliardi di euro negli ultimi dieci anni.Il Mezzogiorno e la Calabria – dichiara Graziano – rischiano di perdere anche le loro università. Nell’ultimo decennio dal sud sono spariti 3,3 miliardi di investimenti in capitale umano e 2,5 miliardi di tasse. Questo perché negli atenei del Meridione, pur essendoci grandi potenzialità, non si investe. Va sostenuta la ricerca per migliorare e valorizzare le qualità già presenti all’interno dei poli universitari e vanno potenziati i servizi per gli utenti e gli studenti. Che altrimenti sono costretti ad emigrare al nord piuttosto che all’estero per approfondire il loro percorso di studi. Se a questa situazione di oggettiva difficoltà in cui vivono le università del Mezzogiorno nella loro gestione interna si aggiunge la mancanza di nuovi fondi statali per garantire il diritto allo studio, appare ovvia una prospettiva futura del tutto allarmante. Anche perché, paradossalmente, in alcuni casi, il costo della vita attorno alle università del meridione, proporzionato all’offerta delle città universitarie del centro-nord Italia, è raddoppiato. Ed è questo un aspetto sul quale dovrebbero meglio vigilare gli Enti locali. Quanto costano gli affitti delle case? Quanto costano i ticket del trasporto urbano? I sussidi allo studio sono proporzionati alle esigenze degli studenti?Ecco dunque – aggiunge il Segretario questore – che le regioni, ed in questo caso la Calabria, potrebbero intervenire innanzitutto chiedendo, in un momento storico caratterizzato dai tagli alle spese, un monitoraggio più attento dei redditi di quanti chiedono accesso allo studio. Ma soprattutto programmando, attraverso il nuovi fondi Por 2014-2020, delle iniziative a sostegno della ricerca e dello sviluppo. La Calabria, grazie ai canali comunitari, ha la possibilità nei prossimi sei anni di avviare una serie di progetti per la sperimentazione di nuove tecnologie, sia in ambito industriale che agricolo. E questa soluzione può avvenire solo attraverso il coinvolgimento diretto delle Università. Si pensi – precisa ancora il Segretario nazionale del CCI – a quanti benefici potrebbe trarre l’intera filiera socio-economica calabrese se tutti i passaggi programmatici dei fondi comunitari venissero posti al vaglio, allo studio e alla ricerca delle università calabresi. Penso, ad esempio, alle diverse e nuove sperimentazioni in ambito agricolo per la produzione delle eccellenze autoctone attraverso l’utilizzo di nuova strumentazione e attraverso lo studio dei territori e dei microclima che caratterizzano la nostra regione. Serve lungimiranza – conclude il Consigliere regionale – e soprattutto la capacità di saper investire il denaro pubblico consentendo, tra le altre opportunità, il rilancio delle sedi universitarie regionali.