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Le sette vite di Ettore Majorana ne “L’atomo inquieto” di Mimmo Gangemi. Le attività culturali in programma

COSENZA – Un libro particolarmente intenso, tra la spy-story e il romanzo psicologico e interiore, e che cerca, senza pretese di esaustività, di dare un contributo di immaginazione e insieme di credibilità ad un mistero che si è sempre più infittito negli ultimi 85 anni e che riguarda la misteriosa scomparsa o sparizione del fisico Ettore Majorana, uno dei ragazzi di via Panisperna il cui mentore assoluto era Enrico Fermi.

Il libro è “L’atomo inquieto”, edito da Solferino e a scriverlo è stato Mimmo Gangemi, il noto scrittore di  Santa Cristina d’Aspromonte che ha regalato ai suoi lettori pagine interessanti in pubblicazioni come “25 nero”, “Il passo del cordaio” (suo primo grande successo), “Il giudice meschino” dal quale venne tratta la celebre fiction con Luca Zingaretti, “La signora di Ellis Island”, “Marzo per gli agnelli” e il più recente “Il popolo di mezzo”. La sua ultima fatica letteraria, “L’atomo inquieto” è stata presentata a Villa Rendano nell’ambito della programmazione condivisa dall’Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Franz Caruso con la Fondazione “Attilio e Elena Giuliani”, come ha ricordato il Presidente della stessa Fondazione  Walter Pellegrini nel suo indirizzo di saluto. Obiettivo  della sinergia è quello di dare, in occasione del decennale della Fondazione, nata il 13 luglio del 2013, un contributo fattivo  alla definizione di un vero e proprio Piano strategico di sviluppo culturale al quale si sta già lavorando (il prossimo incontro è fissato per il 10 marzo) con il coinvolgimento delle associazioni culturali del territorio. Walter Pellegrini ha ricordato, inoltre, la figura di Sergio Giuliani, “al quale – ha detto – dobbiamo dire grazie per l’atto donativo straordinario compiuto a suo tempo e che è nostro impegno portare avanti in sinergia con tutta la città”. Ad introdurre l’autore Mimmo Gangemi ed il suo libro è stata Antonietta Cozza, consigliera delegata alla cultura del Sindaco Franz Caruso. “L’atomo inquieto” prende le mosse dalla vicenda che ha riguardato il fisico Ettore Majorana che scomparve nel mistero il 26 marzo del 1938, all’età di 31 anni. Quella sera Majorana si imbarcò su un piroscafo Palermo-Napoli e da allora non si ebbero più notizie certe su di lui. Carattere ombroso, Majorana era ordinario di fisica all’Università di Napoli. Nel lasciare Napoli invia una lettera al  prof. Antonio Carelli, professore di Fisica Sperimentale presso la sua stessa Università e nella missiva adombra l’ipotesi di togliersi la vita gettandosi in mare. Ma il giorno seguente Carelli riceve prima un telegramma e poi una seconda lettera di Majorana nella quale il fisico scrive che il mare lo aveva rifiutato. Attorno al mistero che ancora oggi avvolge la scomparsa di Majorana  sono state formulate molte ipotesi e tra queste quelle contenute nel saggio di Leonardo Sciascia “La scomparsa di Majorana”, del 1975, nel quale lo scrittore di Racalmuto prospettava lo scenario che il fisico si fosse nascosto, cambiando vita, nella Certosa di Serra San Bruno, dopo aver intuito che le scoperte  cui erano pervenuti i Ragazzi di via Panisperna per arrivare al primo reattore nucleare, potessero avere sviluppi nefasti per l’umanità.

Nei precedenti libri, Mimmo Gangemi si esprime sempre in terza persona, ma mentre scriveva il nuovo libro qualcosa lo lasciava insoddisfatto, tant’è che, dopo diversi tentativi durante i quali  il libro si arenava dopo le prime quindici pagine, cambia registro ed utilizza la prima persona. Una modalità che sembra funzionare e avvincere, legando il lettore alla pagina.

L’autore si è detto orgoglioso di aver scritto il primo romanzo su Majorana, rivelando le fonti alle quali ha attinto: leggende, verità, mezze verità. Di Majorana dice che Fermi lo aveva indicato come un grande genio, forse il più dotato del gruppo dei ragazzi di via Panisperna, tant’è che lo aveva paragonato a Galileo Galilei e ad Isaac Newton. “Le sette vite di Majorana – avverte Gangemi – non sono staccate ma sono collegate tra loro e mantengono una conseguenza logica”. Il libro si apre con la figura di un clochard, sorta di reietto, colto, nel 1960, sulle rive del Mar Ionio calabrese e poi prosegue in un lungo flashback, dal 1960 a ritroso, fino agli attimi che ne precedono la scomparsa, nel 1938. Gangemi mantiene l’ipotesi dell’identità acquisita da Majorana all’interno della Certosa di Serra San Bruno “per una sorta di rispetto   – confessa – nei confronti di Sciascia che per primo l’aveva teorizzata”, ma è l’ipotesi che gli piace meno delle altre. “Ogni avvenimento che accade, durante i diversi momenti che ci restituiscono di Majorana, un’identità ogni volta diversa, e che non hanno una pretesa di verità – dice Gangemi – è appeso a storie e testimonianze che hanno una loro credibilità”. Nel profilo tracciato dallo scrittore reggino, il fisico è  un ossessivo-compulsivo che non sa vivere e che appartiene ad una famiglia agiata tra i quali si annoveravano anche alcuni ministri del Regno. Ed è per questo che Mimmo Gangemi non crede all’ipotesi del suicidio. “Non si suicida in mare uno che sa nuotare. Come non può decidere di farla finita chi, un attimo prima, ha in tasca 5 mesi di stipendio e, in più, una eredità paterna che sta per essere riscossa”. E allora, forse, in ciò che è avvenuto e nella sua misteriosa scomparsa c’è dell’altro. Un’ulteriore congettura può essere legata secondo Gangemi al fatto che pur essendo innegabile il suo amore per la scienza, Majorana rifiuta di rendere pubblico ciò che intuisce prima degli altri. “Vuole penetrare le tenebre dell’ignoto, ma non vuole pubblicare le risultanze dei suoi studi”, tanto è vero che, a fronte delle innumerevoli intuizioni, Majorana pubblicò solo 10 studi scientifici. Nelle sette vite del fisico c’è posto anche per un’altra ipotesi che lo vuole malato di tubercolosi, in un sanatorio localizzato probabilmente dalle parti di Chiaravalle centrale. Altre identità lo indicano in Argentina e poi in Venezuela. Il libro ricorda anche la fuga in Alto Adige dove ripara quando, dopo che nel 1938 iniziò la campagna antisemita in Italia con la pubblicazione delle leggi razziali,tutti gli scienzati, caduto Hitler, sono fatti prigionieri in Inghilterra. Gangemi racconta ancora che Majorana conosce, nel trasporto per una ricercatrice, l’amore e, finalmente , una sua dimensione più umana. Il libro, dopo questo lungo e vorticoso giro, torna all’inizio e si ricongiunge al clochard dalla cui storia era partito. Se il bel volume, intriso, come ha fatto notare Antonietta Cozza, di “attimi di lirismo che strappano l’anima” non dà un contributo risolutivo a decrittare il mistero di Ettore Majorana, è, però, alquanto appassionante e fa venir senz’altro voglia di continuare ad indagare e ad immergersi nelle sue pagine alla ricerca di una nuova chiave di volta che abbia il crisma della credibilità. 

 

 

 

 

 

 

“La ‘Ndrangheta” di Anna Sergi in edicola col Corriere della Sera

CATANZARO – Si intitola “La ’Ndrangheta” il quarto volume della collana “Mafie”, pubblicata dalla “Gazzetta dello Sport” con il supporto del “Corriere della Sera”, e da domani sarà nelle edicole di tutta Italia. Autrice del volume è Anna Sergi, professoressa ordinaria di criminologia all’Università di Essex, nel Regno Unito, ma nata e cresciuta un Calabria, la quale si occupa particolarmente del fenomeno ’Ndrangheta in Italia e nel mondo.

“La ’Ndrangheta” è un volume snello, pensato per essere introduttivo dell’argomento, nato da un progetto editoriale della professoressa Barbara Biscotti che ha scelto la studiosa calabrese in quanto era venuta a conoscenza dei suoi lavori di ricerca. Negli ultimi anni, infatti, Sergi ha pubblicato numerosi saggisu riviste scientifiche ma anche libri riguardanti in particolarela mobilità della ’ndrangheta, in Australia, in Canada, negli Stati Uniti, e ha fatto soprattutto ricerca in Calabria, scrivendo di minori e mafia e di intrecci tra massoneria deviata e cosche. Tutto analizzato con le lenti della criminologia.

«Questo libro – ha dichiarato Anna Sergi – intende raccontare brevemente la storia della ’ndrangheta; la mobilità all’estero ma anche in Italia delle ’ndrine; i mercati illeciti e quelli leciti dei clan; einfinei rapporti con il territorio calabrese con tutto ciò che di contraddittorio ci può essere».

“Giustizia, società, conflitto” è l’ultimo libro di Antonio Mirko Dimartino

CATANZARO – È da poco uscito per Tab edizioni Giustizia, società, conflitto”, il secondo libro del sociologo Antonio Mirko Dimartino, assistente universitario alla cattedra di Conflitti e mediazioni presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro, autore di numerosi saggi e pubblicazioni scientifiche, membro dell’Associazione italiana di sociologia (AIS) e redattore capo della Rivista internazionale di Sociologia giuridica e diritti umani.

Il volume propone al lettore alcune riflessioni di analisi sociale sul tema della giustizia in uno sfondo costante di teoria di conflitto sociale. Un percorso che non ha pretese esaustive ma che non può ignorare come nel panorama vasto e complesso degli studi socio-giuridici fin qui prodotti, in realtà molti meno di quanto il tema e la crescente problematicità delle situazioni sociali a questo collegate che quotidianamente emergono meriterebbero, richiede di indagare ancora una volta i rapporti tra diritto e società, con un occhio scientifico più attento ad una maggiore fruibilità delle tematiche stesse piuttosto che a quello degli approfondimenti strettamente tecnici o procedurali.

L’idea della stesura di un secondo libro nasce nel Dimartino dal poter constatare da sociologo del diritto, dopo anni di approfondimenti tematici da cultore della materia, nonché la collaborazione in discipline importanti come la Sociologia dei conflitti, la Sociologia giuridica e della devianza ed i Conflitti e mediazioni, come il panorama nazionale e internazionale degli studi e delle analisi sulla “giustizia” e sul “conflitto sociale” sia progressivamente cresciuto. Se, infatti, per un verso è aumentata a dismisura la richiesta di giustizia, per altro verso si è dilatata l’esigenza di controllare questa domanda.

Il volume, dunque, dopo una ricostruzione teorica dei principali dibattiti, compie un’analisi strutturale e funzionale del conflitto sociale, confermando come il conflitto sia la normale modalità di interazione tra gli uomini. La solidità del rapporto sociale, difatti, deve essere misurata dalla presenza del conflitto e non dall’assenza dello stesso. Insomma un libro che offre finalmente la possibilità di comprendere come il conflitto sia un fenomeno ineliminabile della società, riflettendo su come la giustizia, in qualche modo, tenda a nutrirsi del conflitto stesso.  

 

Azienda vitivinicola cosentina seconda al Concours Mondial de Bruxelles. I complimenti di Caruso

COSENZA – Il sindaco di Cosenza Franz Caruso ha espresso le sue più vive congratulazioni all’azienda “Cerza Serra” di Donnici, dei fratelli Francesco e Michele Filice, per il riconoscimento ottenuto in occasione del Concours Mondial de Bruxelles, svoltosi di recente a Rende.

L’azienda cosentina appartenente ad una famiglia di viticoltori attiva da ben 4 generazioni, dal 1930 (con la produzione di uva e vino sfuso) e dedita all’imbottigliamento dal 2017, si è aggiudicata la Medaglia d’argento del prestigioso concorso, assegnata al vino “San Pietro”, di loro produzione, annata 2019.

“Il riconoscimento ai fratelli Filice, esponenti di una longeva tradizione in campo enologico – ha sottolineato Franz Caruso – è il giusto premio ai sacrifici di due giovani che, ispirandosi alle radici proprie di un territorio particolarmente vocato, come quello di Donnici, dal quale si ricavano vini di particolare pregio, hanno saputo cogliere i segni delle evoluzioni e utilizzando strumenti innovativi, hanno impresso una svolta importante alla loro produzione di contrada Fiego che si è lasciata apprezzare anche all’estero. L’Amministrazione comunale – ha aggiunto il Sindaco Franz Caruso – è orgogliosa del successo raccolto dall’azienda dei fratelli Filice alla quale, continuando di questo passo, nessun traguardo potrà essere precluso”.

Con più di novant’anni di vita, l’azienda di famiglia (i primi a puntare sulla viticoltura furono i bisnonni di Francesco e Michele) si è rifatta il look nel 2017, quando Cerza Serra, dal nome di una quercia secolare, ha iniziato l’attività di imbottigliamento e commercializzazione che oggi ha toccato quota 10 mila bottiglie l’anno, tra bianco, rosso e rosato.

Il fiore all’occhiello resta il “San Pietro”, un rosso magliocco in purezza che mutua il suo nome dalla zona dove ha attecchito questo vitigno pregiato che è contrada San Pietro, un borghetto con una piccola chiesa dedicata al santo, poi distrutta dal terremoto.

Accanto all’orgoglio di casa “Cerza Serra” ci sono altre due etichette: il bianco “Melina”, dal nome della nonna di Francesco e Michele, e il “Vasciu”, un rosato che evoca gli aperitivi d’antan, consumati dai contadini, prima di cena, nelle cantine delle abitazioni, appena di ritorno dai campi, dopo una giornata di lavoro. Per i due fratelli dell’azienda donnicese la Medaglia d’argento al Concours mondial de Bruxelles è stato qualcosa di inaspettato, considerato che in gara c’erano ben settemila vini. Un’emozione incredibile, la definiscono Francesco e Michele. La giuria era formata da sommelier e da giornalisti specializzati. Buona parte del merito i Filice lo attribuiscono al padre Peppino, uno dei primi sul territorio a puntare decisamente sul magliocco, e che ha trasmesso loro la passione per il vino. Pur restando il loro un prodotto di nicchia, diversi sono i canali di distribuzione aperti:  un distributore  in Calabria e due canali all’estero, uno vegano, negli Stati Uniti, e un altro a Portorico.  Il corridoio verso gli Stati Uniti è stato aperto quasi per gioco, inviando alcune campionature a dei wine blogger esperti in recensioni molto seguite.  L’utilizzo dei social si è rivelato vincente ed ora il prodotto di “Cerza Serra” negli Usa sta guadagnando consensi e credibilità. Nel mercato italiano una breccia è stata aperta  in Umbria, a Perugia, dove c’è un altro distributore, e a breve l’azienda dovrebbe iniziare la sua avventura in Brasile. Insomma, ci sono tutte le carte in regola per emergere e il vino cosentino è ponto a fare la differenza.

Vittorio Scarpelli presenta il romanzo “Secondo tempo – Il calciatore incastrato”. Proventi in beneficenza

COSENZA – Una storia di calcio colorata di giallo, tra accadimenti reali e di fantasia. “Secondo tempo – Il calciatore incastrato
(Talos edizioni – Collana Polis) è il primo libro del giornalista di “Gazzetta del Sud”, Vittorio Scarpelli, scritto durante la fase di convalescenza post-ricovero da Covid.

I diritti della produzione saranno interamente devoluti al Reparto di Pneumologia dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza.

Le motivazioni che hanno spinto il giornalista cosentino a cimentarsi nella sua prima produzione editoriale saranno illustrate venerdì 10 giugno alle 10,30 nel Salone delle conferenze di Confindustria Cosenza (in via Tocci n.2/c). Nel corso della presentazione, oltre all’autore del libro, interverranno il presidente dell’Ance Calabria, Giovan Battista Perciaccante, il presidente del Circolo della Stampa “Maria Rosaria Sessa”, Franco Rosito, e il direttore dell’Uoc Pneumologia A.O. Cosenza, Albino Petrone. Modererà l’incontro il giornalista di Ten, Gianluca Pasqua.

La storia

Matteo Gemma è un predestinato. Di quelli che si riconoscono al primo controllo di palla. «Diventerà un campione, non c’è dubbio». La definizione “genio e sregolatezza”, da sola, non basta. C’è dell’altro. Porta con sé una sorta di maledizione. Ciò che il campo gli offre, glielo toglie la vita. Poi quel maledetto rigore calciato nella finale dei Mondiali: l’inizio della fine. E l’accusa pesantissima di essere invischiato nel giro del calcioscommesse. Domenico Sàngria (Sangrìa, per i più sbadati) è un sognatore. Aspirante giornalista da sempre, centralinista
nella vita reale. Destinato a un’esistenza piatta, piena di giornate insensate, quasi come se sul suo pianeta il sole non dovesse spuntare mai. Fino alla telefonata che gli cambia l’esistenza. Uno scoop offerto su un piatto d’argento: può ricominciare a inseguire un sogno. Il suo sogno. Ma qualcosa va storto. Le vite di Matteo Gemma e Domenico Sàngria sono come due rette parallele, destinate a non incrociarsi mai.
Eppure, nel finale della storia, si trovano di fronte. E hanno dannatamente bisogno l’uno dell’altro.

L’autore

Vittorio Scarpelli nasce a Cosenza il 16 maggio 1984. Giornalista della Gazzetta del Sud dal 2001, dal 2020 entra a far parte della redazione web. Redattore de La Giovane Italia, progetto nazionale che mette in vetrina i calciatori in erba più interessanti. Laureato in Scienze Politiche, amante dello sport (calcio e tennis i suoi “tormenti”) e dei libri gialli. Tiene corsi di giornalismo e scrittura creativa nelle scuole del capoluogo bruzio e della provincia. 

Secondo tempo

A Lamezia la prima presentazione de L’arazzo algerino, romanzo a tinte gialle di Antonio Pagliuso.

LAMEZIA TERME (CZ) – Giovedì 12 maggio al Chiostro caffè letterario di Lamezia Terme si svolgerà la prima presentazione ufficiale de L’arazzo algerino, il nuovo romanzo a tinte gialle di Antonio Pagliuso.

Il libro, di fresca pubblicazione per i tipi di Dialoghi, marchio editoriale del gruppo Utterson, racconta una storia di antichi pregiudizi, di meschini equilibri di paese, di “sorrisi intinti nella coppa verderame dell’ipocrisia” – di un Meridione che non esiste più? –, di un giallo che, come scrive Eleonora Carta nella prefazione all’opera, si presenterà come un vero rompicapo e causerà “la frattura dell’ordine sociale, portando dolore, sconcerto, paura”.

L’incontro partirà alle ore 18.30; a conversare con l’autore sarà Giorgia Gargano, assessore alla Cultura del comune di Lamezia Terme.

La trama del romanzo

Può un pregiudizio indirizzare il corso di una vita? Riaccendersi per bruciare nuove esistenze?

Longadonna – la cornice in cui si svolge il romanzo – è un piccolo paese del Sud, un teatro mobile dove le giornate scorrono lente tra le chiacchiere al caffè. Tuttavia, l’apparente serenità del borgo è improvvisamente scossa da un efferato delitto: Polina, la giovane e brillante primogenita dei Lemoine, una famiglia di origini francesi, viene trovata morta nella sua cameretta. Ettore Meli, lʼombroso e inquieto commissario della vicina Valbenedetto, cercherà di risolvere il caso, affidandosi da un lato alla sua esperienza, dallʼaltro al vociare del popolo che, inevitabilmente, ne orienterà le indagini. Mai sottovalutare, però, la “violenza sotterranea che alberga nella società”; la vicenda si caratterizzerà di inattesi incastri e colpi di scena fino a condurre a una verità molesta e sconvolgente. Una verità che non ammetterà alcuna redenzione.

L’appuntamento rientra nel cartellone del Maggio dei libri 2022 organizzato da Sistema bibliotecario lametino in collaborazione con Chiostro caffè letterario.

“La scomparsa di un agente”, in italiano l’ebook del romanzo di Philip G. Henley

È disponibile in versione ebook la tradizione in italiano di “La Scomparsa di un agente (Trilogia di una scomparsa)”, pubblicato per Babelcube Inc. da Philip G. Henley, rinomato autore inglese di romanzi gialli e noir. 340 pagine di spionaggio, misteri e verità taciute.

Il romanzo è stato tradotto in italiano dalla giovane ma già esperta traduttrice ed interprete reggina Valentina Cuzzocrea, 32 anni,  laureata in Lingue e Letterature straniere all’Università della Calabria (con un master in Intelligence). Il suo nome è infatti legato anche alla traduzione del romanzo frantascientico di fattura francese “Felicittà” di Chris Red

SINOSSI

“Scomparsa di un agente” è un thriller complesso basato sull’inizio e la continuazione della Seconda guerra irachena.

Gli analisti e gli agenti di intelligence stanno scomparendo, alcuni potrebbero essere stati uccisi. La stampa e la polizia sospettano ci sia un serial killer a piede libero. John Slater era vicino all’ultima vittima, è evasivo, sembra non avere passato, e potrebbe essere il killer. La seconda guerra irachena e la rete di intelligence potrebbero collegare le vittime e anche le Forze Speciali della Polizia Metropolitana sta indagando, con l’aiuto o l’intralcio delle Agenzie di Intelligence. Gli errori fatti nel costruire i dossier usati a supporto della guerra si suppone siano stati insabbiati da entrambe le sponde dell’Atlantico, ma ancora il killer colpisce e… stanno dicendo tutti la verità?

 

“Caterinetta e la stecca di cioccolata”: il romanzo della cirotana Domenica Milena Arcuri Rossi tra il covid e la guerra

Quelle sirene che rimbombano nelle orecchie della protagonista e riportano alla memoria i momenti terribili della Guerra. Le ambulanze che percorrono le strade deserte con a bordo i malati di Covid, il virus che, ora, attanaglia il mondo intero, e quel suono che, durante la seconda Guerra Mondiale, annunciava l’imminente pericolo a causa dei bombardamenti. E’ “Caterinetta e la stecca di cioccolata”, il libro di Domenica Milena Arcuri Rossi, a riportare alla mente la stessa sofferenza, la stessa paura, la necessità di scappare – da una parte – e di stare in casa – dall’altra. La stessa conta dei morti. Lo stesso batticuore e gli stessi sospiri di sollievo. «Potrebbe essere anche una metafora della guerra al Covid per i lettori – dichiara l’autrice – che, leggendo, si immergono in un’altra realtà, ma inevitabile è che debbano tenere in mano, ben stretto il filo della speranza. Ogni epoca ha la sua guerra e bisogna lottare per, almeno, provare a vincere».

L’autrice, originaria di Cirò Marina (Crotone) e residente a Lestizza (Udine), è docente di Spagnolo e Francesce, e autrice di 26 libri di diverso genere, dalla grammatica ai romanzi. Una vita in cui la scrittura è sempre stato un impulso e mai qualcosa di studiato a tavolino. «Mi recavo su un albero di nespole, da bambina – racconta Domenica Milena Arcuri Rossi – per scrivere poesie che erano veri raccontini. Certo che è un’esigenza dell’anima, mi sveglio nel cuore della notte per scrivere versi; interrompo i pasti, a volte, per scrivere e riverso, sui fogli bianchi, fiumi di emozioni e sentimenti, sentiti, improvvisi, propri e senza filtri».

Si tratta di una storia vera, raccontata con dovizia di particolari dove, nonostante tutto, si cerca la normalità, si vive una storia d’amore e si esalta la bellezza dei luoghi naturali. Proprio da qui, infatti, l’esigenza di dar voce ai racconti ascoltati da bambina e «agli aneddoti che hanno caratterizzato – afferma l’autrice –  la vita di mia madre, per renderle omaggio e immortalare con le parole la sua esistenza inquadrata in un periodo storico reale, ma durante il quale i migliori sentimenti non sono venuti a mancare. La mia fantasia ha, poi, provveduto a rendere vivi personaggi, storie, luoghi e avvenimenti».

Il romanzo – pubblicato nella collana “I Diamanti – Narrativa” della Aletti editore -nonostante i ricordi di dolore e quelle sirene nelle orecchie, è un inno alla vita. «La protagonista, in ogni caso, insegna a tenere accesa la fiammella dell’amore, quelle della solidarietà e della speranza. Il solo ricordo di aver ricevuto in dono la cioccolata dagli americani le riempiva e le riempie il cuore di dolcezza e di gratitudine».

 

“La sentenza della fenice” è il nuovo libro di Vittoria Scola

COSENZA – “La sentenza della fenice” è il nuovo emozionante libro della calabrese Vittoria Scola. Un mondo in poche pagine, un percorso, interiorità ed emozioni.

Edito da Il giardino della cultura, “La sentenza della fenice” con parole, colore e arte, veste e sveste i sentimenti delle donne esprimendo le manifestazioni dell’anima delle donne tra lessico e cromia.

Una carrellata di aforismi e immagini perché la donna possa rinascere con l’energia creativa che ognuno ha in sé affinché una nuova rinascita consenta un nuovo percorso di felicità.

Giacomo Runco alias 24carati lancia “Affogo”

COSENZA – “Affogo” è il nuovo singolo di 24carati (nuovo nome d’arte di Giacomo Runco), brano d’esordio con la distribuzione Artist First e la produzione Tape Lab Studio. La canzone è uno sfogo totalmente autobiografico, una relazione finita che sembra spaccare il petto talmente forte è il dolore.

Il brano sfrutta gli stili indie, pop e hardcore per legare batterie elettroniche, chitarre minimali e una voce graffiante che sostiene il brano per tutta la sua durata.

“Questa “love-hate story” è coincisa con un periodo in cui ero in forte crisi, non mi bastava più ciò che mostravo di me musicalmente perciò mi sono buttato a capofitto nella scrittura per esorcizzare il dolore e trovare una nuova strada finché non ho tirato fuori qualcosa che mi somigliasse.”

Giacomo Runco, in arte 24carati, cantautore e autore multiplatino è già attivo da molti anni nella scena musicale italiana. Dopo aver calcato le scene pop con il suo progetto Giacomo EVA (Amici, X-factor) ora si dedica ad un progetto totalmente nuovo, dal sound fresco e crudo, perfettamente in tema con il nuovo panorama musicale italiano.

https://24carati.lnk.to/Affogo