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Lamezia Terme (Cz): La settimana della scienza con Arpacal

IMG_1306Ha preso il via ieri a Lamezia Terme l’annuale appuntamento con “La settimana della Scienza” promosso dall’Istituto Comprensivo Don Milani di Lamezia Terme, diretto dalla professoressa Maria Antonietta Crea. La manifestazione, patrocinata anche dall’Arpacal (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria) presenta un’offerta didattica articolata in diversi percorsi modulari legati da un unico filo conduttore: la natura della luce, la sua fenomenologia, le sue interazioni con la materia, considerato che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2015 quale “Anno Internazionale della Luce e delle Tecnologie basate sulla Luce”. In particolare questi percorsi si dipanano a partire dall’osservazione di fenomeni propri dell’esperienza quotidiana di ciascun alunno, che hanno dato vita ad vera e propria esposizione scientifica come: il ripristino della serra presente nella scuola, la dimensione delle ombre con il “teatrino delle ombre”, i colori della luce e costruzione del disco di Newton, la rifrazione della luce, solari termici, solari fotovoltaici, macchina fotografica, materiali opachi, riflettenti, stampanti ecc. Ad attirare l’attenzione dei piccoli ragazzi della Don Milani è stato il tecnico del Servizio Suolo e Rifiuti del Dipartimento di Catanzaro, Michele Folino Gallo. “Abbiamo sempre più bisogno di energia – ha spiegato il tecnico dell’agenzia per l’ambiente – ma non sappiamo come fare per ottenerla, visto che più ne produciamo e più ce ne occorre. Viviamo in una società la cui economia è basata sugli idrocarburi, petrolio in testa, che coprono più della metà della richiesta di energia mondiale. IMG_1309Lo sfruttamento di tali fonti ha fatto la fortuna di una parte degli uomini, ma sta spingendo il pianeta in una crisi climatica di cui non conosciamo ancora la reale portata. Inoltre, ha continuato il tecnico Arpacal, bisogna considerare che sono fonti di energia in esaurimento, anche se non si sa di preciso quando finiranno. E, comunque, il vero problema è un altro. Nessuna fonte, rinnovabile o non, potrà sostenere la sete di energia della nostra società, senza considerare la domanda crescente delle economie nascenti di Cina, India e parte dell’Africa, miliardi di persone che se volessero consumare come le società ricche spingerebbero già il pianeta nel baratro. Allora la vera sfida da vincere è un’altra, ovvero consumare meno!” In questo scenario la scuola ha l’importante compito di educare gli alunni ad una partecipazione attiva facendo acquisire ai cittadini di domani abitudini sostenibili. A concludere la giornata, con tutti i bambini della quinta elementare, è stato l’intervento del dirigente del laboratorio chimico di Catanzaro, dottoressa Domenica Ventrice, che si è soffermata nello spiegare che “la luce è una particolare onda elettromagnetica ed al variare della sua lunghezza d’onda varia il colore che percepiamo.IMG_1315 Ad esempio, un’onda con la lunghezza di 400 nanometri crea il colore violetto, se invece è di 600 sarà gialla e se è di 750 avremo il rosso!”.  Partendo dallo spettro visibile la dott.ssa Ventrice, con l’aiuto di un prisma, ha spiegato cos’è un arcobaleno. “Ogni goccia d’acqua sospesa nell’aria si comporta come un piccolo prisma. Quando un raggio solare l’attraversa, la goccia può provocare tre fenomeni ottici: la rifrazione, se il raggio viene deviato dalla traiettoria; la dispersione, quando la luce solare è scomposta nei sette colori fondamentali; e infine la riflessione. In questo caso il raggio torna indietro perché la superficie interna della goccia agisce come uno specchio concavo. La forma dell’arcobaleno è dovuta al fatto che essendo le goccioline d’acqua sferiche, sicché tutte le riflessioni si compongono a forma ad arco”.

 

Amantea (Cs): A scuola con i Vigili del fuoco

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Emma Pati

Imparare a comportarsi in caso di incendio e soprattutto riuscire a mettere in pratica quelle direttive che, in caso di emergenza, possono fare la differenza tra la vita e morte. Nasce da questo presupposto la felice sinergia tra il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Monica Sabatino, l’associazione “Stefano Medaglia 78” e la dirigenza delle scuole dell’obbligo del comprensorio Nepetino. I Vigili del Fuoco, con la consueta maestria e professionalità, proporranno dei percorsi didattici che consentiranno agli alunni, ma anche agli insegnanti, di apprendere i comportamenti idonei da tenere quando si ha che fare con le fiamme, evitando così che il panico e l’ansia prendano il sopravvento. Questo particolare corso di sicurezza, intitolato “Non scherziamo con il fuoco lo domiamo con un gioco” si terrà il prossimo 8 maggio, a partire dalle ore 9,15, presso il parco della Grotta. Qui verranno create delle simulazioni che consentiranno di passare con immediatezza dalla teoria alla pratica. «L’iniziativa, spiega l’assessore all’istruzione,  Emma Pati  è stata fortemente voluta dall’associazione “Stefano Medaglia 78” nella persona di Massimo Ragusa, che ha seguito l’iter organizzativo passo dopo passo, facendo in modo che i Vigili del Fuoco potessero promuovere un incontro proprio ad Amantea. Il progetto in questione si è già svolto in molte città italiane, sotto la direzione dei comandi provinciali dei Vigili del Fuoco, raccogliendo ovunque approvazioni e consensi. Lo scopo principale è regalare ai bambini un vero e proprio corso semplificato, mostrando loro, ma anche ai genitori, le principali tecniche di prevenzione in materia di incendi. Le attività, poste sempre sotto forma di gioco, sono finalizzate a comprendere come bisogna comportarsi di fronte alle fiamme o a un incidente, cosa bisogna fare in caso di terremoto, come avviene l’evacuazione di una scuola o di un luogo pubblico e come si può aiutare un diversamente abile nel caso in cui si presenti una situazione di pericolo. L’auspicio è che l’iniziativa, realizzata anche con il supporto della Protezione civile, possa essere replicata anche negli anni successivi, nella piena consapevolezza che attraverso la giusta informazione è possibile contribuire alla crescita di persone migliori».

Ufficio stampa di Amantea – E. Pastore

A scuola non si parla! Una tre giorni per rivoluzionare la scuola

Locandina realizzata dagli allievi dell'Accademia di Belle Arti di Catanzaro
Locandina realizzata dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

BORGIA (CZ) – «Non è vero che i ragazzi non vogliono studiare. Non vogliono studiare come abbiamo studiato noi, ecco tutto». Era il 1970 e Gianni Rodari auspicava un cambiamento radicale dei metodi didattici sul modello di paesi come la Svezia. Ancora oggi molto resta da fare per costruire una scuola diversa e migliore, nemmeno i primi passi fatti dalla legislazione italiana sono sufficienti. Proprio con lo spirito di rivoluzionare i metodi didattici e di formarsi, da ieri, presso l’Istituto Comprensivo di Borgia, è cominciata ‘A scuola non si parla!’. Una tre giorni di laboratori per docenti, genitori e studenti di tutti gli ordini e gradi (saranno presenti anche gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro). Un’occasione unica per ripensare l’apprendimento e, quindi, la società.

Da questa mattina, esperti provenienti da tutta Italia tengono laboratori con un ampio ventaglio di temi e proposte di filosofia dialogica e didattica laboratoriale. Mercoledì 15, presentazione del premio nazionale ‘Mario Lodi’. Alle 18,30, presso la libreria Ubik di Catanzaro Lido, sarà inoltre presentata la rivista Amica Sofia. Giovedì 16 e venerdì 17, presso il liceo Galluppi di Catanzaro, gli alunni dello stesso Liceo saranno coinvolti nei laboratori di filosofia con i bambini per le scuole della rete Gutenberg.

Ci sarà spazio per la matematica e per il pensare insieme agli altri. Per la filosofia civile rivolta agli adulti e per la filosofia con i bambini. Per il multimediale in classe e per il teatro-immagine. Per la pittura e per il museo. Per le fiabe e per i miti. E ancora, l’archeologia, il cinema, il movimento e la musica. Discipline e percorsi che si inseriscono nel solco dei laboratori di filosofia con i bambini già realizzati da quattro anni in tutti i plessi dell’Istituto Comprensivo di Borgia.

La tre giorni, presentata nell’ultima edizione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna, è stata organizzata dall’Istituto Comprensivo Statale di Borgia ‘G.Sabatini’ in collaborazione con Amica sofia, Ufficio Scolastico Regionale, Fondazione San Carlo Di Modena e Associazione Culturale Di.Co. Marca. Rappresenta il punto di arrivo, e di partenza, di sperimentazioni e confronti sfociati nella costruzione di una rete di istituzioni scientifiche, universitarie e scolastiche di altissimo livello. Tra le altre: l’Osservatorio di Comunicazione Ortoformativa e Multimediale (OSCOM) dell’Università Federico II di Napoli, l’associazione nazionale Amica sofia dell’Università di Perugia, il Dipartimento di Filosofia dell’Università della Calabria, l’Università Magna Graecia di Catanzaro, il Liceo Classico P. Galluppi, la rete regionale di scuole “Progetto Gutenberg”. L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell’Accademia Di Belle Arti di Catanzaro, Provincia di Catanzaro e i Comuni di Borgia, Caraffa e San Floro. La locandina dell’evento è stata realizzata dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

Per maggiori info: www.icsabatiniborgia.it.

 

Rita Paonessa

Approvati a Catanzaro i progetti per il finanziamento dell’Edilizia scolastica

L’Amministrazione provinciale di Catanzaro ha partecipato all’avviso pubblico per l’accesso a finanziamenti in materia di Edilizia Scolastica  pubblicato dalla Regione Calabria. 

In tale ottica, con le deliberazioni del presidente 86-87-88 datate 01/04/2014, sono stati  approvati i progetti definitivi/esecutivi,  finalizzati a interventi di completamento, adeguamento strutturale e antisismico, efficientamento energetico e ristrutturazione dei seguenti edifici: Istituto Professionale Industria e Artigianato ( I.P.I.A.) ”Leonardo da Vinci” di Lamezia Terme; Istituto Professionale Statale Industria e Artigianato (I.P.S.I.A.)  “G. Ferraris” di Catanzaro;  Liceo Scientifico Statale “A. Guarasci” di Soverato, formulando così tre proposte di interventi riguardanti edifici scolastici,  situati nei tre più grandi comuni della Provincia di Catanzaro.BANCHI-DI-SCUOLA

I progetti, redatti dal settore edilizia scolastica diretto da Pantaleone  Narciso, ammontano a un totale di 2 milioni 400mila euro.  Il primo progetto  riguarda il “Completamento dei lavori di ristrutturazione e manutenzione straordinaria finalizzata all’adeguamento strutturale antisismico e adeguamento alle normative in materia vigenti in materia di sicurezza, igiene ed agibilità dell’edifico scolastico I.P.S.I.A. G. FERRARIS – Catanzaro”.

Il secondo progetto consiste nell’efficientamento energetico della centrale termica del complesso scolastico Liceo Scientifico “A. Guarasci” a Soverato, per un ammontare di circa 800 mila euro. Questa è l’occasione per utilizzare sistemi intelligenti in cui apparecchi, tecnologie e servizi si integrano perfettamente tra loro, oltre a rispondere appieno alle normative vigenti, consente di ottimizzare il funzionamento dell’impianto, di migliorarne le prestazioni. Il terzo progetto è relativo al completamento “Corpo B” di nuova costruzione Istituto Professionale Industria e Artigianato “Leonardo da Vinci” a Lamezia Terme riguarda il completamento del un nuovo corpo “B” dell’Istituto di Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci” di Lamezia Terme, attualmente dislocato in più sedi. Con il completamento del nuovo edificio, l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro potrà procedere al rilascio di superfici in affitto a titolo oneroso,  con un risparmio per l’Ente di €. 226.045,69 annui.

 “Si tratta di un obiettivo che si pone in linea con gli indirizzi posti dall’amministrazione provinciale, dal suo insediamento, sempre attenta alla risoluzione delle problematiche connesse all’edilizia scolastica – ha affermato il presidente della Provincia, Bruno -. Abbiamo già ottenuto risultati importanti che avremo modo di illustrare personalmente al sottosegretario alla Pubblica istruzione, l’on. Faraone, che sarà nella nostra città per una visita istituzionale il prossimo 16 aprile, e guardiamo al futuro con determinazione per garantire agli studenti ambienti salubri e sicuri dove esercitare il proprio diritto allo studio. Occorre ricordare che l’esiguità delle risorse provinciali disponibili, anche alla luce dei recenti pesanti tagli governativi agli enti intermedi, impone la massima attenzione verso le opportunità offerte dai bandi regionali e comunitari che, di fatto, rappresentano gli unici strumenti finanziari per poter far fronte alle necessità di interventi strutturali sull’intero patrimonio edilizio provinciale, incluso quello scolastico. L’aver presentato – conclude il presidente Bruno – tre proposte quasi tutte cantierabili ci dà credito per l’esito positivo dell’iter per l’attribuzione delle risorse richieste”.

Guidare alle lettura. Rassegna e incontri con gli autori

Libri-per-bambiniCROSIA (CS) – Dal bisogno oggettivo di accrescere la formazione delle nuove generazioni alla necessità di pianificare azioni mirate. Ai ragazzi è giusto fornire gli strumenti per comprendere, a vari livelli, un’opera letteraria o un libro di divulgazione scientifica. Le statistiche sulla lettura forniscono dati sconfortanti. Si legge poco. Le differenze non sono soltanto di genere, ma anche geografiche e sociali. L’incoraggiamento alla lettura da parte dei genitori gioca un ruolo fondamentale.

Partendo da questi presupposti, Antonio Iapichino, sociologo e giornalista, nonché direttore del quotidiano on line IonioNotizie.it, ha avvertito il bisogno professionale, oltre che personale, di avviare un processo di sensibilizzazione e formazione, attraverso la pianificazione di azioni ad hoc in grado di lanciare nuovi input verso la comunità, per permettere ai ragazzi di avvicinarsi in modo affettivo ed emozionale al mondo del libro.

A tale scopo Iapichino ha pianificato una serie di appuntamenti fra i bambini e ragazzi di Mirto Crosia e vari autori. Attraverso una rassegna itinerante che toccherà le varie scuole del territorio comunale, i ragazzi potranno porre agli autori i quesiti che ritengono interessanti. Si dialogherà con i ragazzi, evidenziando loro come nascono i libri, come avvengono le pubblicazioni, le spese da affrontare e le difficoltà che si incontrano in questo tipo di lavoro.

La rassegna si terrà dal 23 marzo al 22 maggio. La giornata conclusiva sarà riservata alla formazione, anche, degli adulti. Agli insegnanti sarà offerta la possibilità, attraverso un momento di interazione e confronto con esperti, autori ed editori, di approfondire le strategie per affrontare successivamente in classe, con più semplicità, un fondamentale compito, vale a dire, sensibilizzare bambini e ragazzi alla lettura.

L’iniziativa ha ottenuto il patrocinio del Comune di Crosia, Assessorato alla Cultura e Pubblica istruzione, guidato dall’assessore Graziella Guido; dell’Istituto comprensivo cittadino, guidato dal dirigente scolastico Pina De Martino; della Sois, Società italiana di sociologia, sezione Calabria e della Banca popolare dell’Emilia Romagna. Inoltre, la rassegna verrà realizzata in partenariato con le parrocchie “San Giovanni Battista”, “Divino Cuore di Gesù”, “San Francesco d’Assisi” e “San Michele Arcangelo” di Crosia, l’Autoscuola “La Tecnica” agenzia pratiche auto Boccuti (nuova Delegazione Aci), Hobby Sport di Enzo Tedesco, Il Bottino “Enoteca è…cultura!”, Vision Ottica Scorpiniti, strutture operanti a Mirto Crosia. Media partners dell’evento il quotidiano on line IonioNotizie.it e il periodico “La Voce”.

Leopardi era davvero pessimista? Il parere dei docenti di Letteratura

internazionale_logoLeopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr__A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_LeopardiRecentemente, la rivista “Internazionale” ha pubblicato un articolo di una docente universitaria, Clizia Carminati, che parte dall’analisi del pensiero di Leopardi, suddiviso convenzionalmente in tre o quattro fasi di pessimismo, ma che la docente critica, poiché la ritiene errata, per estendere la critica ai metodi di insegnamento, liceali e universitari compresa la strutturazione del Corso di Studi in Lettere.

Abbiamo pensato quindi di sentire il parere di tre esperti di Letteratura Italiana: la docente Luciana Donato, del liceo “Lucrezia della Valle” di Cosenza; la docente Margherita Ganeri dell’Università della Calabria e il Dott. Giovanni Potente, docente a contratto di Laboratorio di Italiano Scritto dal 2001 al 2014 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria.

Link dell’articolo pubblicato giorno 02 febbraio 2015 della rivista Internazionale http://www.internazionale.it/opinione/clizia-carminati/2015/02/02/leopardi-non-era-pessimista-quello-che-sanno-e-non-sanno-i-futuri-insegnanti e a seguire le interviste

-Come si è avvicinato/a alla Letteratura italiana e come ha deciso di farla diventare la “scelta di una vita”? È stata una passione spontanea o è stato un autore in particolare che l’ha affascinato/a tanto da condizionare la sua scelta?

D: La mia passione per la letteratura italiana è frutto della sapiente stimolazione culturale ricevuta da parte di mia madre, saggia maestra elementare e grande appassionata di tutto ciò che concerneva azioni pedagogiche intensive e mirate. In casa mia i libri di letteratura infantile e poi quelli per giovani e adulti e anche le enciclopedie di ogni tipo, erano sempre disponibili e scelti con attenzione tra i più importanti e più adatti a contribuire alla formazione culturale di noi figli. Quale autore mi ha affascinata? Non so, trovavo affascinante ogni autore non solo italiano ma anche straniero: la Alcott; G.Sand; G.Verne; Dickens. Ma il primo, in assoluto, è stato Collodi e poi De Amicis letti dalla mia mamma.

G: Direi che la mia passione è stata spontanea e precoce. Fin da bambina mi piaceva molto leggere e scrivere, e già alle elementari sognavo di poter continuare a leggere e scrivere per tutta la vita. Dopo il liceo, però, avevo in mente di diventare archeologa. Mi ero iscritta a Lettere classiche con questo scopo. Le lezioni di Letteratura italiana di Romano Luperini all’università di Siena mi fecero cambiare idea. Ricordo che le prime che seguii erano sul Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga.

P: In quanto alla ‘passione spontanea’, sappiamo che la spinta alla conoscenza è un dáimon irrefrenabile e totalizzante, anzi, totalitario: esercita un dominio assoluto sull’esistenza di chi ne è preso. Nel mio caso si è manifestato prestissimo, e la lettura ha rappresentato la risposta più immediata. La mia infanzia e la mia adolescenza sono state segnate dalla letteratura. A cominciare da autori quali Jules Verne, Emilio Salgari, Jack London. Libri come Viaggio al centro della terra, Le tigri di Mompracem o Il richiamo della foresta ampliarono gli orizzonti della mia mente e del mio immaginario, intensificando ulteriormente la mia curiositas (nell’accezione classica: sete di conoscenza). E mi fornirono preziose coordinate storiografiche ed etiche: per esempio, grazie a Salgari iniziai già da allora a guardare con sospetto e col necessario senso critico all’imperialismo britannico e a quello dell’intero Occidente. In quel periodo il percorso formativo di bambini e adolescenti (perlomeno di quelli più attenti e predisposti) includeva una serie cospicua di fonti e opzioni, dai fumetti al teatro ai film. Allora era ancora vivo e vitale il grande cinema d’autore, e si poteva scegliere se andare a vedere Kubrick o Bertolucci, Wenders o Herzog. E la RAI mandava in onda in prima serata, tanto per dire, capolavori come L’asso nella manica, Fronte del porto, Viva Zapata! o Quarto potere, oltre ad importanti rappresentazioni teatrali e memorabili sceneggiati. La letteratura, tuttavia, per me restò a lungo il principale riferimento. Devo precisare però che questo avvenne senza distinzioni tra la tradizione italiana e quelle straniere. Così già i primi anni di università, tra l’impegno personale e quello legato agli studi, avevo completato un percorso di letture onnivoro e variegato, che includeva i più importanti capolavori della letteratura classica, di quella italiana e di quelle straniere. Ovviamente, alcuni autori e alcune opere hanno maggiormente segnato la mia formazione culturale e spirituale. Tra queste posso citare alla rinfusa l’Epopea di Gilgamesh, la Baghavad Gīta, l’Iliade e l’Odissea, le grandi tragedie greche (su tutte L’Edipo re, come grande discorso sul degrado della regalità sacra, e la Medea), Le Metamorfosi di Ovidio, L’Asino d’oro di Apuleio, i Trovatori, il ciclo di romanzi della Tavola Rotonda e quelli di Chretien de Troyes, naturalmente la Divina Commedia, poi il Don Chisciotte, quasi tutto Shakespeare compresi i Sonetti, i simbolisti francesi, Moby Dick, Kafka, l’Ulisse di Joyce, The Waste Land di T. S. Eliot, tutto Borges e poi ancora Conrad (in particolare La linea d’ombra e la memorabile denuncia del “cuore di tenebra” dell’Occidente. E a quel tempo risalgono i primi approcci – maturati in seguito – alla poesia mistica islamica del Medio Evo (Rūmī, Sana’i ecc.). Per quanto riguarda la letteratura italiana, invece, indimenticabile e decisivo è stato l’incontro con Torquato Tasso, in particolare con la Gerusalemme liberata, cui avrei in seguito dedicato la tesi di dottorato.

– In linea generale, è d’accordo su quanto afferma la docente che ha scritto l’articolo?

D: La docente, in linea generale, può essere condivisa; tuttavia, non è detto che la lettura diretta dei testi sia del tutto sparita dall’insegnamento della letteratura, anzi sarebbe privilegiata e ancor più affinata dall’introduzione di una tipologia di scrittura come l’analisi testuale, tra quelle proposte dal Ministero all’Esame di Stato.

G: Sono parzialmente d’accordo, ma credo i complessi problemi chiamati in causa nell’articolo avrebbero bisogno di analisi più approfondite.

P: L’articolo, lucido e pertinente, ‘fotografa’ la situazione. Non è opinabile: è semplicemente – e tristemente – oggettivo.

È d’accordo sul fatto che Leopardi non era pessimista? E se così fosse lei come lo definirebbe?

D: Leopardi sicuramente amava la vita e da essa fu drammaticamente deluso perché costretto a non veder mai realizzate le tante aspettative giovanili. L’ Autrice dell’articolo in questione rifiuta il fatto che si possa ridurre la conoscenza di Leopardi al saper incasellare ben bene i periodi della sua vita e la sua produzione poetica nelle varie fasi del pessimismo. Fino a questo è vero, è vero se si pretende di conoscere un autore tanto complesso e vivo tenendo a mente solo delle “formulette”; tuttavia chi dice che la lettura diretta dell’Autore non si usi più? Che la Scuola la abbia bandita totalmente e che gli insegnanti non la propongano più?

G: Sul fatto che Leopardi sia un pessimista non credo ci possano essere dubbi. Che non usasse il termine e non si autodefinisse tale non sono argomenti validi a smentire la definizione, derivante da un ampio dibattito filosofico e critico.

– Nella sua esperienza di docente liceale/universitario, ha avuto modo di osservare e verificare come gli studenti si rapportano a Leopardi e, in generale, alle Letteratura Italiana. Ritiene che comprendano davvero il pensiero del poeta o si limitano agli schemi che i manuali, e spesso i luoghi comuni, impongono? E per quanto riguarda la Letteratura Italiana in generale? Cosa pensa dell’utilizzo del manuale da parte degli studenti, che semplifica e schematizza i pensieri degli autori, invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana?

D: Nella mia lunga esperienza di docente ho sempre riscontrato molto efficaci le letture dirette degli autori e non mi sono mai fermata alla esposizione, più o meno schematica, di notizie su di loro. Ho sempre proposto la lettura di brani significativi dei diversi autori, variata il più possibile. Gli alunni seguono le letture e, in particolare, la poesia e Leopardi, per loro è sempre, come dire?, una bella sorpresa. Perché basta una attenta ed efficace “visita” nelle pieghe più nascoste dell’anima leopardiana, per far cadere gli stereotipi più radicati e duri a sparire. Se poi si riesce anche a far apprezzare, oltre al contenuto, anche la musicalità della lirica, leopardiana e non, il gioco è fatto. Più volte ho visto classi “chiacchierine” prestare attenzione e anche a lungo, se, come dicono i ragazzi ciò che si dice “è bello”; sarebbe bello poter proporre lo studio dell’opera più significativa degli autori studiati; per alcuni scrittori bisognerebbe renderlo obbligatorio: i narratori del Novecento, per esempio.

G: Non si può dare una risposta unica e valida per tutti i casi a questa domanda, perché gli studenti universitari, essendo adulti in larga parte già formati, sono difficilmente omologabili in un’entità unitaria. In generale posso dire che il rapporto tra l’attuale popolazione studentesca e il linguaggio della tradizione letteraria è diventato difficile. Chi studia oggi ha molte difficoltà persino nella comprensione letterale dei testi. Nella didattica universitaria contemporanea, i manuali sono ridotti al minimo e in molti casi sono addirittura scomparsi. I programmi degli esami di Letteratura italiana e di Letteratura italiana contemporanea contemplano classici e testi critici, solo in rari casi anche manuali storiografici. Il problema, però, è che il numero di classici che può far parte di un programma d’esame è limitato. Per questo molti laureati ignorano molti autori, opere, fenomeni, correnti. Dal mio punto di vista i manuali dovrebbero essere reintrodotti, perché sono gli unici strumenti utili a padroneggiare l’insieme di quello che si chiama il «canone letterario».

– Cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico? Tra l’altro, l’italiano moderno è sempre più brutalmente violentato dalle abbreviazioni e dagli errori grossolani. Cosa pensa di ciò? Nella sua esperienza di docente ha riscontrato, statisticamente, una buona conoscenza della lingua italiana nei suoi studenti?

D: La lettura guidata dall’insegnante può aiutare i ragazzi a superare le difficoltà che sicuramente riscontrano nella lettura dell’Italiano più antico che è faticosa per loro e richiede paziente applicazione per evitare fraintendimenti; le versioni facilitate possono essere utili per mantenere viva l’attenzione; è certo, comunque, che anche la lettura del testo originale è importante. Per quanto riguarda la conoscenza e padronanza della lingua moderna, devo ammettere di riscontrare un progressivo decadimento e un radicamento di usi errati difficili da estirpare.

G: Penso che sia vero, ma anche inevitabile, perché le lingue si evolvono e trasformano. La vera crisi contemporanea, a mio parere, non è tanto di natura linguistica, quanto di natura culturale. Ė la letteratura stessa a essere in declino, e per ragioni che non sono determinate dal sistema scolastico, come si sostiene nell’articolo, ma da un complesso insieme di fattori economici che si intrecciano alla cosiddetta «rivoluzione informatica». Lo scarso grado di padronanza della lingua italiana tra gli attuali studenti universitari è un dato ormai ampiamente certificato. Ciò che riscontro quotidianamente, purtroppo, è che all’impoverimento dell’espressione orale fa seguito un ben più grave impoverimento dell’espressione scritta.

P: In verità, nei 15 anni di didattica di Laboratorio di Italiano Scritto non ho registrato troppi casi di evidenti lacune grammaticali. Invece, ho dovuto verificare un drastico impoverimento tanto del repertorio lessicale degli studenti quanto della cosiddetta ‘cultura generale’. Il fenomeno deriva, in tutta evidenza, da una più articolata e complessa dinamica sociale, che coinvolge pure quella minoranza fortunata di giovani che ancora può iscriversi all’università: la sempre più rara familiarità delle persone con la lettura (con la lettura in senso lato, compresa quella di un semplice quotidiano). Il contesto generale da cui provengono e in cui continuano a muoversi i nostri studenti è quello di un Paese in cui, come riportano i dati e le statistiche, aumenta in modo esponenziale il cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, ed in cui, come attesta l’Istat proprio in questi giorni, il 26% dei giovani tra i 15 e i 30 anni non studia né lavora ( in Calabria questa percentuale già scabrosa sale ad un drammatico 35,6%), mentre solo il 42% delle persone raggiunge il diploma di scuola media. Del resto, di queste dinamiche i nostri giovani sono le vittime, non i protagonisti. Si tratta, a ben vedere, di una autentica e perversa ‘involuzione antropologica’ che ha investito il nostro Paese a partire da almeno gli anni Ottanta del Novecento, col diffondersi dei modelli culturali imposti dalle televisioni commerciali: una involuzione che ha stravolto il nostro sistema di valori, innescando una deriva consumistica ed edonistica che ha spazzato via, tra le altre cose, anche il rilievo e l’importanza che prima (fino a tutti gli anni Settanta) si annetteva all’istruzione e alla cultura, quindi alla lettura, ai saperi e alla loro condivisione. Chi abbia innescato e a chi abbia giovato questa ‘mutazione’ delle ‘strutture profonde’ della mentalità, del comune sentire e dei nostri valori mi sembra chiaro: definirlo genericamente ‘Potere’ può bastare. L’argomento è essenziale, ed ovviamente in questa sede non mi ci posso soffermare (l’ho trattato, però, più diffusamente nelle dispense del mio Laboratorio). Posso solo far notare come non solo il Potere, nella sua essenza, sia fatto esso stesso di linguaggio, ma anche come le Istituzioni del Potere (Governi, Stati, organismi sovranazionali) abusano quotidianamente e sistematicamente del linguaggio che ci circonda, attivando le prassi più bieche ed ingannevoli della peggiore propaganda. In questo senso, è sono prima di tutto le Istituzioni che ‘violentano brutalmente’ l’italiano. Oppure, semplicemente quanto perfidamente, lo rinnegano, adottando termini e formule stranieri. Per esempio, uno squallido anglismo come Jobs Act non rappresenta soltanto un oltraggio alla lingua di Dante e alla nostra identità culturale, ma cercando di evocare una sensazione di moderna efficienza anglosassone, aziendale e tecnocratica, serve a nascondere una ben più cruda verità: l’ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. Un attacco che comincia appunto con un atto supremamente linguistico.

– Uno fra gli scrittori presi a modello di riferimento dai giovani d’oggi è Moccia piuttosto che Leopardi, D’Annunzio, Montale, scrittori della Letteratura italiana che tradizionalmente si studiano a scuola. È d’accordo con questa affermazione? E se sì, pensa che si tratti di un’evoluzione o di un’involuzione? Se così fosse, pensa vi siano soluzioni?

D: Il modello di riferimento non per tutti è solo Moccia, la percentuale di giovani che non hanno letto nemmeno Moccia è abbastanza alta, tuttavia, tra i giovani che leggono c’è anche chi legge Montale e altri Autori. Bisognerebbe riportare i giovani alla lettura. Non so indicare soluzioni che non appaiano banali; forse la Scuola può agire, cercando di far amare agli studenti ciò che viene insegnato.

G: Probabilmente tra i giovani in età scolare o tra quelli che non intraprendono studi universitari quanto Lei afferma è vero. E certamente si tratta di un’involuzione, visto lo scarso livello di scrittori come Moccia. Le soluzioni dovrebbero essere cercate in primo luogo a scuola, ma servirebbe anche l’influenza di una società colta, di una società di lettori, che l’Italia non ha e che rischia di avere sempre meno, in questo momento di grave crisi.

P: Non so se il modello di riferimento dei giovani sia Moccia o Leopardi. Certo, una generazione di adolescenti e di giovani chiusa negli orizzonti svenevoli ed auto-referenziali di un autore come Moccia rappresenta esattamente la realizzazione di uno dei più intensi desideri del Potere: avere a che fare con una generazione il cui senso critico è disinnescato a monte, il cui potenziale ‘impegno’ sociale e politico è inibito in partenza, e la cui attenzione è distratta rispetto ai veri problemi della società, pertanto è facilmente suggestionabile e manovrabile. Esattamente come gli adulti, a loro volta distratti e impauriti dalle stringenti necessità della mancanza di lavoro e della ‘crisi’ (una crisi indotta a tavolino e innescata da politiche monetarie europee, come l’introduzione dell’euro). Insomma, è chiaro che un popolo di ignoranti è più facile da controllare, e che Moccia è parte integrante del rincretinimento generale in atto.

– Ritiene che i criteri per iscriversi al Tfa siano validi e sufficienti?

D: Non conosco bene i criteri in questione, penso, però, che i TFA dovrebbero garantire l’accesso a chi ha già delle conoscenze specifiche.

G: Condivido l’idea che si possa accedere al Tfa solo dopo una laurea superiore. I processi di selezione affidati ai test, invece, non mi sembrano validi, perché non selezionano i candidati migliori.

– Cosa ne pensa dei corsi di laurea in Lettere che prevedono nel piano degli studi un solo esame di Letteratura italiana? Secondo lei come dovrebbe essere strutturato un Corso di Laurea in Lettere?

D: Il mio corso di laurea in Lettere Classiche, allora quadriennale, prevedeva due esami di letteratura italiana, due di letteratura greca, due di letteratura latina, per non parlare delle filologie, della storia ecc. Questi esami imponevano, oltre ai diversi corsi monografici, anche lo studio di una vasta scelta di autori ed opere: non basta un solo esame! È durante gli anni universitari che si approfondisce la conoscenza della disciplina studiata, quando altrimenti? Quindi, bisognerebbe riproporre un piano di studi strutturato in maniera simile a quello vecchio, quadriennale.

G: Ormai esistono moltissimi corsi di laurea, e in molti, secondo me, non serve più di un esame di Letteratura italiana. In generale credo che al centro della formazione universitaria odierna, nei percorsi di laurea in Lettere, dovrebbe essere posta la scrittura. Si dovrebbe scrivere molto, dal primo all’ultimo anno, perché oggi, come ho già detto, solo una minoranza esigua degli studenti mostra di saper scrivere in modo corretto.

P: Naturalmente, un corso di laurea in lettere che preveda un solo esame di letteratura italiana è inconcepibile. Quanto a come dovrebbe essere strutturato un corso di laurea in Lettere, non mi esprimo nel dettaglio. Posso solo dire che il mio ideale percorso formativo umanistico include categoricamente, in una prospettiva il più possibile interdisciplinare, studi di Letteratura italiana, latina e straniera, di Storia, Geografia, Storia dell’arte, Storia della filosofia, Storia del cinema, Antropologia culturale e Storia delle religioni.

– Studiare in modo approfondito tutti gli autori della Letteratura italiana sarebbe, purtroppo, impossibile, per mancanza di tempo. Quali sono gli autori, secondo lei, la cui conoscenza è imprescindibile per poter dire di conoscere la nostra Letteratura? Ritiene davvero che gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la Carminati?

D: La letteratura italiana è vasta e molto articolata, se si tentasse di approfondire anche un solo secolo sarebbe già una bella scommessa! Gli Autori non possono non essere quelli già studiati nei Trienni della Scuole Superiori (Petrarca deve essere letto e in modo approfondito, sono quasi d’accordo con la Carminati ma con la necessaria attenzione a non trascurare i Contemporanei, narratori e poeti. Non è completa la conoscenza della Letteratura Italiana se non si è letto, per esempio, Calvino, Pasolini, Bertolucci, Luzi, Fo, Sciascia, Maraini, Tomasi di Lampedusa, Ginzburg……..non continuo: la lista è lunga!

G: Un canone pur ristrettissimo dei classici fondamentali non può non prevedere: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Verga. Per il Novecento il discorso si complica, perché il canone non è ancora del tutto formato. Tuttavia, autori come Pirandello, Saba, Svevo, Montale, Ungaretti, Gadda, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Morante, Calvino, Pasolini dovrebbero essere noti a tutti gli studenti. E però ci sono parecchi “minori” che non mi sentirei di escludere. Le mie predilezioni di lettura, per esempio, mi fanno credere che se non si conosce l’opera di Federico De Roberto, non si conoscere la letteratura italiana post-unitaria.

P: Ritengo sia necessario seguire, più che i canoni e le mode, un criterio preciso. Che è quello valido in ogni aspetto della vita. Ossia ricercare ciò che ci aiuti nel compito precipuo dell’esistenza (almeno delle esistenze più evolute): “espandere la coscienza”. Ecco: anche nella scelta degli autori cui dedicare il nostro impegno, si vada ad individuare quelli che ci aiutano ad amplificare la nostra consapevolezza spirituale e sociale. In questo senso, Dante e Tasso sono i soli Maestri della nostra civiltà letteraria che considero assolutamente ineludibili.

– È d’accordo con la frase con cui la docente chiude l’articolo “Non si può quantificare la conoscenza, e tanto meno il pessimismo.”?

D: La conoscenza è fatta di tante cose che non si possono, però, confondere con le nozioni; il pessimismo non so se si possa quantificare, non credo si debba fare.

G: Che si tratta di una frase ad effetto, su cui non c’è bisogno di ragionare troppo.

– Ritiene che davvero gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la giornalista?

G: Per un esame o per una tesi su Petrarca, certamente sì. In altri casi credo che una selezione possa bastare.

– Cosa ne pensa del fatto che gli studenti leggano opere in italiano arcaico (come il Machiavelli citato dalla Carminati, ma come tanti altri) esclusivamente nella traduzione in italiano moderno?

G: Che sia come leggere Sofocle o Shakespeare o Tolstoj in italiano moderno. Non vedo quale sia il problema, a meno che non studino per diventare insegnanti di letteratura italiana.

– Cosa pensa del fatto che gli studenti utilizzano il manuale che semplifica e schematizza i pensieri degli autori invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana? E cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico?

P: Posso iniziare a rispondere a queste due domande – strettamente interconnesse – citando proprio l’articolo della Carminati, che giustamente rileva come sia un problema il fatto che tanto nelle scuole quanto nelle università i docenti insistono troppo sulla “critica” e sui manuali (la “bibliografia secondaria”) rispetto alla lettura diretta dei testi (la “bibliografia primaria”). Questo scompenso è assolutamente pernicioso. Messi troppo poco a confronto con i testi, gli studenti non sono adeguatamente allenati ad operare in senso filologico, quindi a praticare la comprensione letterale dei testi e la loro parafrasi (la ‘traduzione’ dal loro italiano in quello corrente). E in effetti, fu anche per ovviare a queste mancanze che, come sanno i miei ex studenti, proprio la comprensione e la parafrasi di testi in prosa e in versi erano parte del programma del Primo Livello del mio Laboratorio di Italiano Scritto. In effetti, ritengo che nell’insegnamento della letteratura italiana si dovrebbe seguire sempre il metodo di cui ho potuto usufruire come studente della Facoltà di Lettere dell’Unical. La parte monografica dei due corsi di Letteratura italiana da me seguiti, tenuti dal prof. Roberto Mercuri, era dedicata alla Divina Commedia. Le lezioni consistevano principalmente in una puntuale e mirata disamina filologica dei canti sui quali era maggiormente concentrata l’attenzione. Il testo era analizzato parola per parola, verso per verso. Quindi si procedeva alla sua corretta comprensione letterale e alla sua parafrasi. Solo a questo punto si passava al disvelamento dei livelli semantici del testo, inclusi i suoi più profondi significati simbolici e allegorici, ricollegandoli al complesso della cultura filosofica e teologica dell’autore e al contesto generale della civiltà medioevale. Ebbene, penso che un corso di Letteratura italiana vada sempre tenuto in questo modo. E ciò vale prima di tutto per il metodo: qualunque sia l’autore trattato, gli studenti vanno messi a diretto rapporto con i testi, prima che con la critica, e vanno guidati nell’analisi filologica, quindi nella comprensione letterale e nella parafrasi. Ma il discorso riguarda anche il merito del testo su cui operare: sono convinto che almeno uno dei due corsi di Letteratura italiana essenziali per una laurea in Lettere debba essere categoricamente destinato alla Divina Commedia, opera fondamentale della moderna civiltà letteraria occidentale, unico capolavoro della letteratura italiana che il più grande critico vivente, Harold Bloom, ha inserito nel suo The Western Canon. E vale giusto la pena ricordare come il capolavoro di Dante sia al tempo stesso eterno e attualissimo. Eterno come solo un classico universale può esserlo, nella misura in cui conferisce al lettore saperi e significati di ordine metafisico (in questo senso la Divina Commedia è un testo che rientra pienamente nella Tradizione, nell’accezione che alla Tradizione assegnava René Guénon). Attualissimo per come resta pertinente e all’ordine del giorno la sua critica di fondo alle degenerazioni della ‘civiltà borghese’. Per esempio, a fronte del degrado sociale e morale indotto nel contesto globale dal dominio plutocratico esercitato dall’élite finanziaria, i versi che nell’Inferno Dante dedica al peccato di usura, di cui denuncia la dimensione oltremodo oscena e contro-natura, restano illuminanti e, appunto, di pregnante attualità. Infine, relativamente alla parte della domanda in cui Lei fa riferimento al fatto che i nostri studenti dovrebbero leggere almeno una delle opere maggiori dei nostri più importanti autori, ricordo che solitamente, a prescindere dallo studio delle parti monografiche, il resto dei due esami di letteratura italiana consisteva appunto nella lettura di buona parte dei capolavori della nostra tradizione. Laddove oggi così non fosse, si tratterebbe di un clamoroso errore di impostazione.     

– Ha mai riscontrato questi “equilibri di potere” di cui parla la giornalista all’interno delle Università?

P: Già da studente mi resi conto che l’Università non è il “tempio del sapere”, il luogo d’elezione di una nobile congrega di sapienti che ritenevo fosse. Comunque, vorrei rispondere in parte riprendendo un articolo che dedicai tempo fa all’argomento. L’Università è un luogo “del” Potere per il fatto stesso di essere una Istituzione: come la Scuola, le caserme, le banche e le carceri. Ora, noi abbiamo imparato dal Foucault di Sorvegliare e punire che il Potere svolge un doppio ruolo: “reprimere” e “produrre”. Ed il Potere “produce” innanzi tutto se stesso, determinando, mettendo in atto e dispiegando l’immateriale “impalcatura culturale” che lo sorregge. In altri termini, il Potere “produce” il sistema di valori che lo legittima, la visione del mondo condivisa dalle persone, il linguaggio che lo rappresenta (propaganda, slogan). In ultima analisi, ancora ha ragione Foucault: il Potere “produce” le persone, attraverso, si intende, la trama di condizionamenti (culturali, linguistici, mediatici ed etici) che mette in campo. Per questo la sua funzione repressiva è perfino secondaria: quando il Potere reprime, lo fa nei confronti di persone che sono già, in buona parte, sue emanazioni. Così, laddove la “caserma” (il comparto poliziesco-militare) reprime e il carcere punisce (la punizione senza redenzione della galera), l’Università è luogo “del” Potere in quanto è lì che il Potere “produce” e ribadisce se stesso attraverso la propria “rappresentazione” in termini di idee e concezioni del mondo. Più precisamente, l’Università è luogo “del” Potere perché in definitiva ne è un logo . Proprio come un logo o un brand “raccontano” e manifestano una azienda o un prodotto, così l’Università “narra” il Potere, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, nella misura in cui procede alla “grande narrazione” o “meta-narrazione” (la definirebbe Lyotard) della Kultur occidentale, raccontando e letteralmente “pubblicizzando” (nel senso di presentare – ed imporre – ad un pubblico: gli studenti) il prodotto di se stesso: l’impalcatura ideologica che lo riafferma e giustifica, legittimando la “realtà” così com’è. Insomma: alle persone che sono in larga misura già un suo “prodotto”, il Potere offre la “struttura” (inverto volutamente la terminologia marxiana) dei valori e delle credenze che esso stesso “produce” e che simultaneamente lo identifica, nel senso che gli conferisce la sua identità, attraverso la quale si fa riconoscere e si impone al mondo. In ogni caso, la “grande narrazione” della “cultura ufficiale” accademica si offre e ci offre l’immagine di un “mondo così com’è” conciliato con se stesso, congruo, auto-fondato, coerente. Quindi giustificato e legittimato culturalmente in ciò che è: la versione moderna dell’inesausto Imperialismo dell’Occidente. Ma l’Università non è solo una Istituzione “del” Potere. Essa stessa è intimamente costituita “di” Potere. Come tutto ciò che è fatto da e di relazioni umane. Perché il Potere non consiste solo nelle Istituzioni che lo incarnano e rappresentano. Piuttosto, come ancora vuole Foucault, esso è (anche) una sorta di aura immateriale: è ovunque, impersonale e anonimo; si «esercita a partire da innumerevoli punti e nel gioco di relazioni diseguali e mobili» (La volontà di sapere). Questa dimensione del Potere, la più sottile e subdola, nell’Università si respira assieme all’aria, appunto perché vibra nelle relazioni interpersonali: trionfa nel sussiego superbo di uno sguardo; dilaga nell’autocompiacimento intellettuale mal dissimulato di certi discorsi; si distende in un sorriso di superiore accondiscendenza; giace nella deferenza subalterna di qualcuno; si scuote nelle gratuite impennate autoritarie di altri; insiste nelle prassi nepotistiche; si palesa nel mobbing e nel bossing quotidiano; si dispiega nelle stanze, negli uffici e negli studi. Insomma, vive nella struttura gerarchica stessa che costituisce l’accademia. E che poi questo Potere si manifesti in forma di torbidi giochi ed “equilibri di potere” (per i quali a volte persino qualche corso o qualche Laboratorio viene fatto scomparire), ciò è purtroppo inscritto nella natura stessa dell’Università, che riflette problemi e contraddizioni di ogni ambito di una società in crisi: in crisi etica, prima che economica.

Angela Francesca Mandarino

Anche il Liceo “Campanella” protesta contro la “Buona Scuola” di Renzi

LAMEZIA TERME (CZ) – Una rappresentanza di docenti e alunni del Liceo “T. Campanella”, esprime netta contrarietà alla Riforma della “Buona Scuola” di Renzi e Giannini, con uno scatto fotografico che li ritrae con in mano uno striscione con su scritto: “No alla Riforma Renzi, la Buona Scuola siamo noi”

Renzi ha più volte ribadito che il lancio ufficiale del Piano Scuola avverrà il 22 Febbraio e che, dopo questa data, si procederà con una decretazione d’urgenza per accelerare sulle innovazioni, ma questa Riforma è stata respinta più volte, nel nostro Paese, da docenti e alunni, sia in piazza e sia in sede collegiale. La “Buona Scuola” di Renzi, con l’orario dei docenti, gli stipendi bloccati, gli scatti negati, la discriminazione dei docenti da dividere in categorie, la riforma del sostegno che punta ad eliminarlo, il DS Manager, i precari da arruolare a condizioni dubbie, il merito senza incentivi, l’intervento finanziario dei privati, che prevede, è argomento di materia contrattuale da affrontare in sede sindacale e non a colpi di maggioranza.

Tutto all’insegna dei tagli e della spending review, fuorché quello di cui ha veramente bisogno la Scuola Statale Pubblica: cioè, come è emerso dalla recente inchiesta condotta dalla trasmissione Presa Diretta, fondi di funzionamento delle scuole con il saldo del debito che lo Stato ha con le scuole per  coprire i buchi di bilancio.

Per questi motivi docenti, alunni e genitori hanno depositato in Parlamento, per la seconda volta, la ormai nota LIP (legge d’iniziativa popolare) che propone una Scuola alternativa a quella di Renzi, che però viene costantemente ignorata, poiché costringe lo Stato ad investire in Istruzione.

Il Premier Renzi punta inoltre all’inserimento dei privati che diventano sponsor, a scapito della qualità della didattica.

Il presidente Bruno presente stamani al dibattito al “Galilei” si esprime per riforme a favore della scuole calabresi

LAMEZIA TERME (CZ)– Stamattina, al liceo scientifico “Galileo Galilei”, si è tenuta un’iniziativa durante la quale sono stati proiettati video e diapositive realizzati dagli alunni del liceo relativi alla situazione della città della Piana su cui si è concentrato il dibattito. Questo è stato guidato dalla dirigente scolastica Caterina Calabrese a cui ha partecipato il presidente della Provincia di Catanzaro, Enzo Bruno, e alla presenza dell’ex ministro degli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta, del sindaco Gianni Speranza, e il vescovo di Lamezia, monsignor Luigi Cantafora.

Il presidente Bruno ha in questa sede dichiarato: “Non possiamo continuare a parlare di scuola inserendola in un ragionamento di bilancio, procedendo per continui tagli orizzontali: la scuola non può essere questo. La scuola deve essere innovazione, capacità di costruire una classe dirigente che trovi subito lavoro partendo anche dal connubio con il territorio, senza produrre professionalità che poi si vedono costrette a partire per andare a lavorare all’estero. La Calabria deve ricostruire il suo tessuto connettivo partendo dalle eccellenze, umane prima di tutto, che significa professionalità e competenze che i licei nostri e l’università sanno produrre. Nei prossimi mesi credo debba essere rivisto anche  il percorso del ridimensionamento scolastico che non ha nulla a che vedere con  la capacità innovativa del sistema scuola, ma spinge a ragionare solo su tagli e dirigenze. Se si mantiene questa impostazione normativa, non riusciremo a garantire servizi alle scuole, e non mi riferisco solo al mantenimento di edifici più belli e sicuri ma anche all’accensione dei riscaldamenti”.

Bruno ha rivolto anche un appello al Governo nazionale, al sottosegretario Delrio – “che ha dato il nome ad una legge molto contorta” –  e al premier Renzi: “Si rivedano sia le vicende legate alle autonomie locali che alle politiche scolastiche”.

Prima giornata di studi sull’emigrazione tra passato e presente

ROSSANO (Cs) –

L’iniziativa “Prima giornata di studi sull’emigrazione tra passato e presente”, che prende le mosse dal progetto “Il mecenatismo a scuola per un giorno”, si svolgerà sabato 24 Gennaio alle ore 10.30, presso il Liceo delle Scienze Umane “San Pio X”. Il tutto si svolgerà alla presenza del dirigente scolastico, Dott.ssa Maria Antonietta Salvati. Il progetto, sintesi di un dibattito culturale e di ricerca iniziato ad opera degli studenti proprio di questa scuola, è finanziato dalle attività commerciali presenti sul territorio di Rossano, Corfiliano, Bocchigliero, Mirto-Crosia. All’iniziativa prenderanno parte anche la Prof.ssa Pina Amarelli, la dott.ssa Olga Kisseleva, Don George Viju e il Prof. Giuseppe Ferraro e tre assessori alla cultura dei comuni di Rossano (Prof.ssa Stella Pizzuti), di Corigliano (Prof. Tommaso Mingrone) e di Mirto Crosia (Dott.ssa Graziella Giudo). I lavori saranno coordinati dalla prof.ssa Irene Collia. La giornata di studi sarà articolata con intermezzi musicali cura della scuola.

Educazione alimentare tra i banchi di scuola

SORBO SAN BASILE (CZ) – Si terrà venerdì 10 ottobre alle ore 10:00, presso il Parco Didattico “La Valle d’Isidoro”, a Sorbo San Basile, l’incontro sull’importanza dell’educazione alimentare nell’età scolare. L’evento, organizzato da “Coldiretti Donne Imprese Calabria” e “Campagna Amica”, con la partecipazione dell’Associazione italiana Dietetica e Nutrizione Clinica, ha come obiettivo l’acquisizione di un adeguato grado di consapevolezza in tema di alimentazione. Coldiretti elabora questo progetto nella scuola per affrontare i temi legati alle cattive abitudini alimentari e allo stile di vita poco sano, cause dell’aumento del numero di bambini in sovrappeso.