Il calcioscommesse dietro la morte di Bergamini?

A 28 anni di distanza dalla tragica morte di Donato Bergamini, il centrocampista del COSENZA che la Procura di Castrovillari ritiene essere stato ucciso in concorso e con l’aggravante della crudeltà, il muro di gomma comincia a sgretolarsi. Dopo gli avvisi di garanzia alla fidanzata dell’epoca Isabella Internò e al camionista Raffaele Pisano e la riesumazione dei resti del calciatore del 10 luglio scorso, emergono i primi riscontri agghiaccianti su movente e modalità dell’omicidio. Gli investigatori sostengono, aiutati da alcuni super testimoni mai sentiti in anni di omissioni, che sia da escludere la pista passionale. Emergerebbe, secondo quanto fonti della Procura hanno affermato a Raisport, un vero sistema di partite oggetto di un vasto meccanismo illecito finalizzato al calcioscommesse che gli inquirenti ritengono gestito in campo da un gruppo del Cosenza di quegli anni, con la benedizione in qualche modo di clan dominanti. Donato Bergamini avrebbe chiesto l’immediata cessione dal Cosenza, impedita di fatto, da una sorta di clausola rescissoria del calcio dei quei tempi. Una clausola, come dicono gli ambienti investigativi, chiamata ricatto. Qualcuno del gruppo illecito di quel Cosenza minacciò il ragazzo di rivelazioni sulla sua vita privata, la frequentazione di donne legate a giri criminali. Il famigerato sabato pomeriggio del novembre del 1989 Bergamini cadde nel tranello: in macchina, in dolce compagnia, arriva in un posto dopo c’è qualcuno ad attenderlo, forse più persone. Gli inquirenti ipotizzano un soffocamento con sacchetto di plastica e, una volta stordito, un colpo al fianco sinistro con un attrezzo per lavoro di edilizia. Poi la presunta agonia, e forse nessun camion a schiacciarlo. «Prendo atto di quanto detto al servizio del Tg2 – ha commentato la sorella di Denis, Donata Bergamini – Sulla morte di mio fratello ne sono state dette tante. Dette poi smentite poi ridette. Non conosco le fonti del giornalista del servizio anche se vi si citano fonti della Procura. Quel che so è che apprezzo moltissimo il lavoro del Procuratore e dei suoi collaboratori. Mi fido del mio Avvocato. Di questo servizio e del suo contenuto non so nulla. Ognuno deve fare il suo mestiere. Io ho il mio ruolo. Denis era mio fratello ed è bene tenerlo sempre a mente».

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