‘ndrangheta, tentavano di riorganizzare clan Giampà. Sono 12 gli arresti

LAMEZIA TERME (CZ) – Le nuove leve del clan Giampà di Lamezia Terme stavano riorganizzando le attività criminali della cosca, decimata dagli arresti dopo il pentimento dei capi, rendendosi responsabili di atti intimidatori. Bottiglie incendiarie collocate nei pressi delle attività commerciali e attentati dinamitardi dovevano piegare gli operatori commerciali della quarta città della Calabria, dimostrando loro che la “famiglia” era ancora in grado di dettare legge. E’ stata, perciò, chiamata in codice “nuove leve” l’operazione della squadra mobile di Catanzaro che stamane ha eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettante persone ritenute affiliate alla cosca lametina. I destinatari del provvedimento sono ritenuti colpevoli, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso e di numerose estorsioni a carico di esercizi commerciali ed imprenditori operanti nella città di Lamezia Terme. I proventi delle estorsioni servivano, tra l’altro, al sostegno economico per le famiglie dei detenuti. Il lavoro degli inquirenti avrebbe evidenziato l’attività di elementi emergenti della cosca che si adoperavano per rinsaldare le fila del gruppo con l’intento di continuare nell’esercizio delle attività criminali sul territorio per conto dei boss finiti in galera. Tra le contestazioni mosse ad alcuni degli arrestati, l’ordigno ad alto potenziale fatto esplodere davanti al cancello d’ingresso della villa dell’imprenditore Vincenzo Perri con l’intento di costringerlo a restituire la somma di 100mila euro al capostipite della famiglia Arcieri, alleata dei Giampà. Sarebbe, inoltre, emerso il coinvolgimento della cosca in una capillare attività estorsiva, finalizzata al sostentamento economico delle famiglie degli associati detenuti, nei confronti dei commercianti ambulanti che accorrevano a Lamezia Terme in occasione dell’annuale festa di San Giovanni. E ancora, sarebbe stata fatta luce fatta luce sulla matrice estorsiva di una bottiglia molotov lasciata nei pressi di una frequentata palestra del centro. Dalle investigazioni, condotte con l’impiego di strumenti tecnologici e con l’analisi delle dichiarazioni dei più recenti collaboratori di giustizia della cosca, sarebbe emerso il ruolo svolto da Domenico Giampà, 36 anni, alias “Buccacciello”, ora a sua volta pentito, riconosciuto come rappresentante esterno della cosca dopo il pentimento di Giuseppe Giampà, tanto da essere considerato il riferimento del clan rispetto a tutte le altre famiglie di ‘ndrangheta calabresi. Molti degli arrestati hanno rapporti di parentela con le persone arrestate nelle diverse operazioni di Polizia condotte negli anni scorsi contro la cosca. Fra questi Francesca Allegro, 32 anni, moglie di Giuseppe Chirico, 35 anni, detto “u batteru”, considerato elemento di vertice della cosca, che sta espiando in carcere una pena definitiva. Alla donna viene contestato di aver svolto il ruolo di portaordini del marito che le affidava, durante i colloqui in carcere, le direttive destinate agli associati in libertà. Uno dei destinatari del provvedimento restrittivo risulta irreperibile per cui sono in corso le ricerche.

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