Presentato a Cosenza “Giuditta-racconto dell’attesa” dello scrittore Nicodemo Vitetta per Pellegrini

Il racconto di una sofferenza che mette in subbuglio una vita, fino ad annientarla, ma anche gli affetti che la circondano e che al pari della prima ne rimangono travolti.

Ma un racconto che, partendo da un evento doloroso, segna le tappe successive per l’elaborazione del lutto, quasi a indicare la strada di come sia possibile dal dolore di un’assenza che pesa – e come se pesa! –  riaffermare, attraverso le parole giuste, delicate, emotivamente coinvolgenti, vergate sulle pagine di un libro, una presenza che continua a vivere e a far sentire la sua voce in ogni istante dell’esistenza di chi è rimasto ad eternarne il ricordo.

Il libro è “Giuditta – racconto dell’attesa” di Nicodemo Vitetta, autore raffinato, acuto, capace di suscitare in chi legge forti tempeste emotive. Lo ha pubblicato l’editore Luigi Pellegrini di Cosenza che ha voluto che il volume fosse presentato in anteprima al Terrazzo “Pellegrini”, autentico avamposto culturale della città bruzia dal quale passano le novità editoriali di buona parte della  pubblicistica calabrese. L’incontro con l’autore è stato introdotto e moderato, con la sua consueta grazia e professionalità, da Antonietta Cozza. Giuditta era – meglio dire è – la moglie di Nicodemo Vitetta, una maestra elementare piena di amore per i suoi allievi, così come lo era per i figli e tutta la sua famiglia. La sua ancor giovane esistenza (58 anni) è stata stroncata da un male incurabile. Nel libro Vitetta racconta il calvario della sua compagna di vita, ma anche il suo personale e quello della sua famiglia. Una storia drammatica, evidentemente triste che però assegna al libro una duplice missione: da un lato quella di eternare il ricordo e la memoria di Giuditta, dall’altro quella di elaborare il dolore e trovare la spinta per continuare a vivere, tesaurizzando la sofferenza e dando fondo a tutta la resilienza possibile per ridarsi forza e andare avanti. Quella di Nicodemo Vitetta è una scrittura che vive e si autoalimenta di una forte dimensione interiore. L’autore immagina di  entrare nel cuore e nella mente di Giuditta, affidandole la narrazione diretta anche del legame fortissimo con la famiglia e i tre figli, come nel più intimo dei diari. Il volume dell’autore di Gioiosa Jonica ricostruisce, senza cedimenti alla trappola della captatio benevolentiae, le diverse fasi attraverso le quali il calvario di Giuditta è passato. Ma non c’è, nelle pagine, solo la rappresentazione della malattia, sebbene il racconto di Vitetta fotografi anche la lotta impari contro il male, fatta di ricadute e di risalite, mostrando anche l’aspetto della convivenza con l’ospite inatteso, della contrapposizione ad esso e il tentativo di avere la meglio e di non essere sopraffatti.  “Giuditta” è, infatti, un libro che parla di amore, di affetti, di legami indissolubili che neanche la fine del percorso terreno può recidere, né ridimensionare.

Ad accompagnare al Terrazzo Pellegrini il racconto di Giuditta sono state le significative letture, apprezzatissime dal numeroso pubblico intervenuto,  dell’attrice  cosentina, ma a tutti gli effetti romana d’adozione, Diana Iaconetti. Di lei conosciamo a fondo il forte impegno nel teatro civile e nel sociale, così come il suo percorso immersivo nella solidarietà a favore di chi soffre, di chi vive ai margini e dei soggetti particolarmente a rischio di devianza. Per tacere della sua prevalente attività a sostegno delle donne vittime di violenza. E’ di tutta evidenza che un bagaglio del genere non può che condizionare positivamente ogni sua performance. Che è quella di un’attrice dotata di una capacità di immedesimazione fuori dal comune, circostanza niente affatto trascurabile e che, come nel caso delle pagine di “Giuditta”, viene fuori in tutta la sua forza e la sua espressività. Quando si immerge nella lettura di alcuni passi del libro di Nicodemo Vitetta, quelli maggiormente capaci di toccare nel profondo l’animo umano, come la lettera di commiato che Giuditta fa avere ai suoi alunni, la sala piomba in un religioso silenzio, la concentrazione sale e l’immaginazione si libera nel catturare le istantanee che la recitazione della Iaconetti suggerisce a più riprese, ripercorrendo le tappe di un dolore immenso che trasuda pathos, ma che al tempo stesso infonde in chi ascolta anche un sorprendente desiderio di andare avanti, sempre e comunque. Abbiamo sempre auspicato – e prima o poi questo momento arriverà – che l’Istituto del dramma antico possa accorgersi del talento di questa attrice e chiamarla al Teatro Greco di Siracusa. Sarebbe il suo habitat naturale e l’approdo di un percorso lastricato di sacrifici e di impegno che meriterebbe un giusto coronamento, anche perché Diana Iaconetti ha proprio le physique du rôle dell’attrice classica da tragedia greca. C’è nelle letture che danno corpo e anima al libro di Vitetta e a Giuditta un senso della resilienza molto forte, portata in qualche caso alle estreme conseguenze, quasi per aggrapparsi pervicacemente alla vita. Di quest’ultimo aspetto ha parlato, in occasione della presentazione del volume a Cosenza la psicologa e psicoterapeuta Susanna Fieromonte che ha messo in luce anche l’importanza della memoria come modus positivo per riuscire a vivere il dolore. Nel corso della presentazione è intervenuto anche l’editore Walter Pellegrini che non ha fatto mistero del suo legame affettivo con Nicodemo Vitetta dicendosi onorato di aver tenuto a battesimo, con la sua casa editrice, un libro dai contenuti così intimi, personali e sofferenti. Un libro che ha anche un valore aggiunto: il ricavato della vendita servirà, infatti, a finanziare l’Associazione “Angela Serra” per la ricerca sul cancro, con l’obiettivo di contribuire al progetto di rifunzionalizzazione della UOC di oncologia dell’Ospedale spoke di Locri, con la realizzazione di un’area , di circa 1000 metri quadri, dedicata all’accoglienza, alla cura e alla degenza dei pazienti oncologici. 

 

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