PESARO – Un’esecuzione di stampo ‘ndranghetista nel centro storico di Pesaro. E’ la pista privilegiata dagli investigatori per l’uccisione di Marcello Bruzzese, 51 anni, calabrese e fratello di un collaboratore di giustizia.
Bruzzese era già scampato a un agguato nel 1995 a Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, persero la vita il padre Domenico e un cognato, il marito di una sorella, mentre lui rimase gravemente ferito.
Nel pomeriggio, verso le 18,30, due killer incappucciati hanno atteso che la vittima parcheggiasse l’auto in garage in via Bovio, dove abitava con la famiglia da tre anni, per scaricagli addosso una trentina di colpi di pistola calibro nove, di cui almeno 15 andati a segno, quando ancora era nell’abitacolo della vettura e apprestava a scendere.
Nelle ore successive all’ omicidio si è appreso che Bruzzese non viveva a Pesaro per scelta ma perché sottoposto a uno speciale programma di protezione in quanto appunto fratello di collaboratore di giustizia.
Abitava con la famiglia in un’abitazione pagata dal ministero degli Interni.
Nel pool di magistrati, che operano in via d’urgenza, con indagini affidate ai carabinieri, lavorano il procuratore di Pesaro Cristina Tedeschini, il pm Maria Letizia Fucci al fianco dei pm della Dda Daniele Paci e Paolo Gubinelli, coordinati con il procuratore distrettuale Monica Garulli. Dopo la fase d’urgenza, del fascicolo si occuperà la Distrettuale. Verranno disposte “tutte le attività investigative e gli accertamenti anche tecnici utili” a risalire all’individuazione dei responsabili e del movente dell’agguato.
NOTIZIA IN AGGIORNAMENTO – Pesaro sconvolta
«Non è giusto che una città venga sconvolta in questo modo. Quanti sono i collaboratori di giustizia a Pesaro? Quale è il livello di sicurezza richiesto? Cosa non ha funzionato ieri? Sono solo alcune delle domande che rivolgerò domani ufficialmente a Prefettura e Ministero del Interno». Queste le parole del sindaco di Pesaro Matteo Ricci in un post su Fb dopo l’omicidio del fratello di un collaboratore di giustizia da parte di due killer nel centro città.
«Già in passato Pesaro è stata sede di protezione per pentiti – osserva – ma ciò che è successo ieri è molto grave. Ora si creerà un’apprensione nuova e giustificata nella popolazione, stato d’animo che il sindaco deve provare a interpretare». «In questo caso non è la ‘ndrangheta che è venuta a Pesaro (cosa sempre possibile purtroppo; come sappiamo la criminalità non ha confini ), ma – aggiunge – è lo Stato che ha portato a Pesaro delle persone da proteggere dalla ‘ndrangheta, probabilmente perché considera questo territorio più slegato da certi fenomeni criminali».
L’ORDINE VENIVA DALLA CALABRIA
Intano gli inquirenti ritengono credibile che sia partito dalla Calabria l’ordine di uccidere Marcello Bruzzese. É quanto si é appreso in ambienti della Dda di Reggio Calabria, che sin dai primi momenti successivi all’omicidio si mantiene in stretto contatto con la Dda di Ancona e con la Procura della Repubblica di Pesaro.
L’ipotesi che il mandato di morte contro Bruzzese sia maturato in Calabria e che i due esecutori materiali dell’omicidio provenissero proprio da questa regione viene ritenuta “assolutamente fondata”.
I contatti in corso tra le Procure antimafia di Reggio Calabria e di Ancona hanno proprio lo scopo di ricostruire la personalità della vittima e del fratello, oltre che di verificare le modalità organizzative ed esecutive dell’uccisione di Marcello Bruzzese, che era a tutti gli effetti un collaboratore di giustizia, anche se non coperto da anonimato.