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Il cineforum Falso Movimento di Rovito si conclude con “The Silent Partner”

ROVITO (CS) – Di nuovo quest’anno Falso Movimento chiude la sua lunga stagione con un Locandina "The silent partner"cineappuntamento che, come da tradizione, propone un film di ambientazione natalizia ma, comunque, distante dalla retorica delle festività. Si tratta, stavolta, di un noir molto apprezzato dai cultori del genere che, tuttavia, dopo la sua uscita nelle sale, pur nonostante la buona accoglienza di critica e pubblico, è stato dimenticato. Si parla di “L’amico sconosciuto” (titolo originale, “The silent partner”) del regista canadese Daryl Duke, uscito nel 1978. La programmazione è prevista per giorno martedì 22 dicembre alle ore 20,45 presso il Teatro Comunale di Rovito, nel cosentino.

La pellicola prende avvio da un romanzo, “Pensa un numero”, dello scrittore danese Anders Bedelsen, edito nel 1968: lo scrittore stesso si è occupato della sceneggiatura insieme a Curtis Hanson, regista americano, esperto di thriller e autore, successivamente, di “LA Confidential”, dalla tetralogia di Los Angeles di James Ellroy. Della colonna sonora si è occupato Oscar Peterson.

Un noir a tutti gli effetti, che mescola erotismo, ironia e suspense, con l’ausilio di un cast molto eterogeneo, a partire da Elliott Gould, protagonista della New Hollywood degli anni Settanta, l’attrice britannica Susannah York, il canadese Christopher Plummer e Celine Lomez, dalla bellezza profondamente esotica.

 

Jimi Hendrix celebrato a Rovito con film e concerto

jimi hendrix  all is by my sideROVITO (CS) – Riparte in rock anche quest’anno la stagione del Cineforum Falso Movimento.  Si ricomincia infatti con una serata speciale dedicata a Jimi Hendrix, l’artista mitico che fece della sua Fender Stratocaster il simbolo d’una generazione.
Per il quarantaquattresimo numero di “Flashback- il Cineappuntamento di Ugo G. Caruso” martedì 15 alle ore 21 al Teatro Comunale di Rovito è in programma il film “Jimi – All is on my side” (Irlanda- UK- USA 2014) diretto da John Ridley, sceneggiatore di “12 anni schiavo” al suo debutto da regista e interpretato da Andrè Benjamin, Imogen Poots, Burn Gorman, Hailey Atwell, Ruth Negga e Andrew Buckley.
La serata inaugurale sarà particolarmente ricca. Ugo G. Caruso, già fan adolescente del musicista di Seattle, prima di potersene assicicurare materialmente una copia, ha inseguito a lungo il film pressocchè sconosciuto da noi. Uscito il 18 settembre del 2014, in occasione dell’anniversario della morte del musicista, “All is on my side” è stato poi penalizzato da una scarsa circolazione, nè a tuttora esiste un dvd sul mercato italiano.
Dopo la consueta introduzione di Caruso, l’incontro proseguirà con una breve lezione-concerto di Roberto Cortese e Alfredo Cosenza che alla chitarra eseguiranno alcuni brani di Hendrix, illustrando la specificità stilistica e l’importanza avuta nell’evoluzione del rock dal musicista scomparso 45 anni fa, nel 1970.
Il film di Ridley più che essere un biopic atipico, come fu definito alla sua uscita, sceglie di raccontare il periodo più fecondo dell’artista, quello che va dagli esordi alla consacrazione ricevuta al Festival Pop di Monterey nel 1967 con la sua indimenticabile apparizione “incendiaria”. Turnista per King Curtis, Hendrix iniziò la sua attività di solista con il nome di Jimmi James. A scorgere il suo talento fu la modella Linda Keith, nota all’epoca per la sua liaison con Keith Richards dei Rolling Stones che scrisse per lei la celebre “Ruby Tuesday”. L’incontro tra i due porterà Hendrix dall’altra parte dell’oceano. Qui, grazie all’aiuto di Chas Chandler, ex bassista degli Animals, inizierà un giro di concerti nella Swinging London. Tra un flirt e una scenata, una seduta in sala d’incisione e l’esaltazione in scena il film di Ridley esplora l’Hendrix privato mostrando gli aspetti più contraddittori della sua personalità: il difficile rapporto con un padre distante, con le donne, con droghe, alcool e barbiturici.  Si accenna di sfuggita anche alla questione razziale degli afroamericani (l’artista era un meticcio nero-nativo) e al suo rapporto con Malcolm X. Manca drasticamente invece l’ultima parte della breve vita di Jimi, quella che va dallo scioglimento degli Experience e del trionfo di Woodstock nel ’69 con la sua sbalorditiva reinterpretazione acida dell’inno americano fino alle ultime fatiche discografiche, alla formazione della Band of Gipsyes, alla deludente performance all’Isola di Wight e alla morte a Londra, a soli 27 anni, la cui versione ufficiale lasciò molti dubbi. Ma tutto questo nel film di Ridley rimane fuori campo anche perché il rifiuto da parte della sorella dell’artista, Janie Hendrix, di concedere i diritti su gran parte del suo repertorio, priva gravemente il film di brani come “Hey Joe” o “Purple Haze”.  Se resta sorprendente l’aderenza fisica e vocale alla rockstar dell’interprete, Andrè Benjiamin, leader del gruppo rap degli OutKast, perfettamente calato nel ruolo, i momenti più forti del film, concepito come “un pezzo d’atmosfera”, sono senza dubbio nelle scene del  confronto con Eric Clapton e nella versione luciferina di Sergeant Pepper che Hendrix improvvisa di fronte agli sgomenti Paul McCartney e George Harrison, il limite palese è nell’assenza dei brani su cui si edificò il suo mito. Ma per quelli c’è sempre e comunque una montagna di dischi da poter riascoltare anche per verificare quanto sia ancora moderna e attuale la musica di Hendrix. Insomma, tanto per cambiare, una serata da non perdere!

Pasażerka di Andrzej Munk, l’insopprimibile necessità della memoria

ROVITO (CS) – Martedì 27 gennaio alle ore 21 il Cineforum Falso Movimento come ogni anno celebra a Rovito (Cosenza) la Giornata della Memoria. L’appuntamento pensato e condotto da Ugo G. Caruso prevede la riproposizione di Pasażerka , (La passeggera Polonia 1961-1963), il capolavoro incompiuto di Andrzej Munk, scomparso nel ’61 in un incidente stradale tra Varsavia e Lodz durante le riprese del film, a quarant’anni non ancora compiuti. Il film venne rieditato due anni più tardi dai suoi collaboratori ed in seguito giudicato tra i migliori cento titoli della storia del cinema da una giuria internazionale di critici. In apertura di serata Ugo G. Caruso dialogherà brevemente con Marta Petrusewicz, ebrea polacca, docente di Storia moderna all’Università della Calabria e alla City University of New York.
Il film, come si diceva, è rimasto incompiuto e la versione oggi esistente è frutto della devota ricostruzione di un gruppo di amici cineasti sotto la direzione di Witold Lesiewicz, con un commento esplicativo sovrimpresso di Wictor Woroszylski letto dal celebre attore Tadeusz Lomnicki. Presentata a Varsavia due anni dopo la morte di Munk e poi a Cannes nel 1964, Pasażerka , opera di lancinante impatto emotivo, giudicata il capolavoro del regista a dispetto della sua incompiutezza, si apre con una serie di istantanee del regista sul set o a passeggio per la capitale, procedendo poi secondo le indicazioni della sceneggiatura cofirmata dall’autrice del radiodramma di partenza, Zofia Posmysz-Piasecka, su due piani temporali paralleli, alternati da un montaggio fluido, che li fa costantemente interagire.

Una coppia di tedeschi è in viaggio su un transatlantico che si appresta a varcare l’oceano. Lui, Walter, un borghese di mezza età, è emigrato da tempo negli Stati Uniti. Lei, Liza, più giovane, è arrivata invece in America dopo la fine della guerra. Durante la sosta in un porto inglese sale sulla nave una passeggera che risveglia nella donna i fantasmi di un recente passato. Liza crede infatti di riconoscere nella passeggera Marta, una prigioniera di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio in cui lei, militando allora nelle SS, aveva il ruolo di sorvegliante. In un coacervo di sentimenti in cui il rimorso si mescola alla falsa coscienza, racconta all’ignaro marito una versione edulcorata dei fatti, con cui cerca di giustificarsi e di sbarazzarsi del fardello delle sue responsabilità: in realtà l’algida Liza si era adoperata sadicamente a spezzare la dignità di Marta, giocando sul potere aggiunto che le conferiva la presenza nel lager di Tadeusz, fidanzato della ragazza. Poi, senza che le donne si siano mai incontrate, la passeggera scende dalla nave. Forse era Marta, forse no.

Fino a quel momento Andrzej Munk, uno dei più importanti registi della sua generazione, aveva firmato lungometraggi come Un uomo sui binari, Eroica e La fortuna strabica in cui mescolando lucidamente tragedia, commedia e farsa, aveva offerto un’interpretazione della storia polacca per certi versi complementare rispetto all’epos romantico e barocco di Andrzej Wajda. I livelli stilistici più alti in cui sono qui rappresentate la psicologia e la geometria dell’annientamento hanno sicuramente costituito fonte di ispirazione per Miklós Jancsó nel suo I disperati di Sandor con la relazione tra dominatore e succube che si colora di ambiguità sessuali neppure troppo latenti. Pasażerka  è stata definita una sorta di Nike di Samotracia della Shoah, sulla quale rimane “il film più bello e insostenibile” secondo la definizione di Raymond Bellour. Se la comune ambientazione in un lager rimanda immediatamente al documentario Nuit et bruillard di Alain Resnais, l’assonanza più significativa è con un altro titolo del regista francese, Hiroshima mon amour. Infatti anche il film di Munk rappresenta una tersa riflessione sulla storia cui perviene attraverso un’indagine sul passato. Pasażerka  in questo senso resta una delle testimonianze artistiche più alte dell’esigenza primaria che permeava il cinema mondiale del tempo, quella dell’insopprimibilità della memoria.

I segreti di Stanley Kubrik racchiusi in una stanza

ROVITO (CS) – A Rovito mercoledì 8 alle 20.45 Ugo G. Caruso apre la stagione 2014 del Cineforum Falso Movimento con Room 237, un documentario allucinato e stravagante di Rodney Asher su Shining (1980), controverso ed enigmatico film del grande regista newyorchese. Da Milano interviene Gianfranco Carpeoro, scrittore e studioso di simbologia.
Il documentario di Rodney Ascher, presentato nel 2012 prima al Sundance e poi a Cannes, indaga i simboli, i segreti, i messaggi occulti nascosti nel film di Kubrick tentando di darne un’interpretazione dopo aver passato in rassegna le tante ipotesi formulate finora. Il meno che si possa dire è che si tratta di un’opera maniacale e “paranoica” capace di individuare i canoni di un codice esoterico originale inventato da Kubrick ma pure di guidarci attraverso le ossessioni di una serie di spettatori rimasti a suo tempo indelebilmente impressionati dal film in un percorso di decifrazione oltremodo intrigante.
Si va dal riferimento allo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti durante la seconda guerra mondiale al genocidio dei nativi americani, dal mito di Teseo e del Minotauro nel labirinto ai messaggi erotici subliminali secondo le più sofisticate tecniche dei “persuasori occulti”, dalla metempsicosi del protagonista, Jack Torrence, alla metafora dell’Uomo costretto ad uccidere da una tragica coazione a ripetere, dagli sberleffi cifrati all’autore del romanzo, Stephen King, all’esame della planimetria “taroccata” dell’Overlook Hotel. E, per finire, alla presunta confessione del regista di aver confezionato il più grande falso di tutti i tempi, l’allunaggio dell’Apollo 11, secondo una diffusa diceria di marca complottista, commissionatogli dal governo americano, per il quale si sarebbe avvalso dei modellini usati in 2001 Odissea nello spazio (1968). Il segreto della colossale mistificazione sarebbe custodito per l’appunto nella Room 237, la “Moon Room”. Quel che è certo è che le polemiche e le interpretazioni di Shining non cesseranno dopo questo bizzarro tentativo di dissezione, fotogramma per fotogramma e di decrittazione. Anzi, c’è da scommettere che i tanti enigmi,racchiusi gli uni negli altri come in tante scatole cinesi, si moltiplicheranno e ci accompagneranno per chissà quanti anni ancora.

La nuit de Belfagor a Rovito

ROVITO (CS) – Gran finale come ogni anno a Rovito con un evento speciale curato da Ugo G. Caruso in collaborazione con il Cineforum Falso Movimento. Dopo le serate-strenna delle passate edizioni ( Soirèe Tati; La via italiana alla pubblicità: Carosello 1957-1977, segni/disegni, sogni/bisogni,/costumi/consumi”;  Notte sconfinata, Una maratona Ai confini della realtà) domenica 29 a partire dalle 17.30 al Teatro Comunale è in programma la kermesse  La nuit de Belfagor. Sarà riproposto il film muto del 1927 Belphègor, cineromanzo in quattro episodi diretto da Henri Desfontaines e tratto dal romanzo di Arthur Bernède che ispirò pure il celeberrimo sceneggiato televisivo francese del 1965 diretto da Claude Barma, autentico “ terrore” negli anni di varie generazioni. Pochi sanno che il tenebroso personaggio, un tempo divinità adorata dai moabiti, ancor prima che sul piccolo schermo fu popolarissimo al cinema in un serial proiettato in quattro parti, come usava allora. Il suo fascino terrificante gli avrebbe garantito fama imperitura, seppure sinistra, tale da farlo riapparire pure di recente nel film di Jean Paul Salomè del 2001 e c’è da scommettere che non sarà l’ultima volta. Lo spunto di partenza tra film e sceneggiato è identico – apparizione di un lugubre fantasma nei padiglioni del Louvre dedicati alle civiltà antiche – ma mentre lo sceneggiato assumerà tonalità più esoteriche collegandosi alle vicende dei Rosacroce, il film, in linea con le atmosfere ed il gusto dell’intreccio tipico del feuilleton rimarrà su una linea, per così dire, più mondana, tra feste galanti di aristocratici e manieri nobiliari di campagna, ma sempre ritmata da continui colpi di scena, improvvise rivelazioni, frequenti rivolgimenti di fronte, frenetici inseguimenti per le vie o più spesso per i sotterranei della città, una Parigi al massimo dello splendore e del suo mito, quella percorsa dalle avanguardie, mecca degli artisti di tutto il mondo in cerca di fortuna, di esuli e profughi,aristocratici russi e scrittori americani, mescolati in una continua sarabanda, una festa mobile tra grandi  boulevards e brasserie. Il  film di Desfontaines fu coprodotto da Gaston Leroux, l’autore de Il fantasma dell’Opera  e della serie del giornalista-detective Rouletabille, insomma uno che di misteri parigini se ne intendeva. Ad interpretare il ruolo del celebre investigatore Chantecoq è Renè Navarre che nel 1913 aveva vestito i panni di Fantomas, autentico capostipite del feuilleton fantastique per la regia di Louis Fellade. Una serata imperdibile quindi – garantisce Caruso che ha già avuto modo di allestirla vari anni fa – da raccomandare non solo a cinefili raffinati o a cultori del genere mistery ma a quanti, riuscendo a sottrarsi ai consueti riti natalizi, vorranno a fine anno regalarsi un elegante brivido d’antan.

Sounds and Silence,di Peter Guyer e Norbert Wiedmer

Cosenza –  Cineforum Falso Movimento, al Teatro comunale di Rovito presenta, martedì 12 marzo alle 20.30,  Sounds and Silence, di Peter Guyer e Norbert Wiedmer.

Con Manfred Eicher, Arvo Pärt, Eleni Karaindrou, Jan Garbareck, Dino Saluzzi, Anja Lechner, Anouar Brahem, Gianluigi Trovesi, Marilyn Mazur, Nik Bärtsch, Kim Kashkashian, François Couturier

Fondata nel 1969 dal produttore Manfred Eicher, la ECM ha pubblicato un migliaio di album abbracciando generi musicali diversi, dal jazz alla musica antica e contemporanea, a musiche di varia provenienza geografica. Dopo aver costruito i primi successi ed essere arrivata alla notorietà in ambito jazz con gli album di musicisti come Keith Jarrett, Paul Bley, Jan Garbarek, Chick Corea, Pat Metheny e l’Art Ensemble of Chicago, l’etichetta bavarese ha infatti cominciato ad includere, nel suo catalogo, alla fine degli anni ’70, la composizione contemporanea.

La qualità degli album ECM si manifesta a tutti i livelli, dando risalto alle abilità musicali ma senza sottovalutare gli aspetti della produzione, del suono e della grafica. Tutto ciò è stato riconosciuto negli anni tramite i premi che l’etichetta ha ricevuto. Il background di Manfred Eicher, come musicista attivo sia in ambito classico che jazz, gli permette di intendere e interpretare i generi musicali attraverso una visione più ampia, tale da venir accreditato come il produttore adatto a dare, da un lato, “forma” alla musica improvvisata e dall’altro un’idea di flessibilità “improvvisativa” alle registrazioni di musica contemporanea.

I registi svizzeri Norbert Wiedmer e Peter Guyer hanno seguito per cinque anni Manfred Eicher durante le sessioni di registrazioni in tutto il mondo: il documentario che ne è scaturito, “Sounds and Silence”, è stato presentato al Festival di Locarno e in altri festival.

In un’ora e mezza sfilano musicisti e paesaggi di diverse parti del mondo: solo un piccolo assaggio della incredibile quantità di artisti che incidono per l’etichetta di Eicher.

Ci si sofferma su Arvo Pärt, Eleni Karaindrou, Dino Saluzzi, Anouar Brahem, Gianluigi Trovesi, Marilyn Mazur, Nik Bärtsch, Kim Kashkashian e Jan Garbarek. La prima sensazione che colpisce è la qualità audio e video del film:complici le musiche di Arvo Pärt, il primo personaggio ad essere presentato, e l’apertura è mozzafiato.

I dubbi che prima della visione erano prevedibili, un ritratto pomposo e agiografico del produttore, si stemperano abbastanza velocemente: come nei dischi, la preminenza è data alla musica e ai rapporti umani con i musicisti. Tutti gli altri musicisti che compaiono nel film lasciano una traccia.

La proiezione è prevista per martedì 12 marzo alle ore 20.30 presso i locali del Teatro Comunale di Rovito. Introduce Amedeo Furfaro.

 

Falso Movimento presenta Flashback #29, il cineappuntamento di Ugo G. Caruso con il film SANATORIUM POD KLEPSYDRA (Il Sanatorio all’insegna della clessidra)

Falso Movimento presenta  Flashback #29 Il cineappuntamento di Ugo G. Caruso con il film SANATORIUM POD KLEPSYDRA (Il Sanatorio all’insegna della clessidra) di Wojciech J. Has V.O.S.I che verrà proiettato martedì 5 febbraio alle ore 20,30 a Rovito. Il film, che ha ricevuto il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes 1973, è tratto dall’omonimo racconto di Bruno Schulz; Regia e Sceneggiatura: Wojciech Has; Fotografia:Witold Sobocinski; Interpreti: Jan Nowicki, Gustaw Holoubek, Tadeusz Kondrat, Irena Orska, Halina Kowalska, Bozena Adamek. Polonia 1973.

Il film si raccomanda ad una particolare e minoritaria cerchia di ammiratori del cinema fantastico più raffinato, lontano anni luce dall’odierna produzione mainstream, un cinema che attinge all’inconscio, commercia con l’oltretomba, esplora gli abissi della memoria.

Qualcuno ha definito Has una sorta di “Fellini sommerso del cinema polacco”, molto più cupo, aggiungiamo noi, in linea con la tradizione letteraria ed iconica del suo paese.
Un autore propenso a stupire lo spettatore guidandolo in un “viaggio salvifico e carroliano”, per abbandonarlo alla fine del film esausto ma consapevole di avere assistito ad un capolavoro.